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Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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gIaMPaoLo azzoNI<br />

Secondo Seneca, quelle relative alle Grazie sono questioni<br />

«quae ad rem non pertinent» 140 ; «argomenti che sono così<br />

estranei al tema da non sfiorarlo nemmeno» 141 ; «sciocchezze<br />

[ineptiae]» da lasciare ai poeti 142 ; «futili discorsi basati su riferimenti<br />

mitologici» 143 ; «argomenti da donnette» 144 . E si chiedeva:<br />

«quid ista nos scientia iuvat?», «a che cosa ci giova questa<br />

conoscenza?» 145 . Secondo Seneca, solo una persona oltremodo<br />

“servilmente grecizzante” potrebbe ritenere rilevante il senso <strong>della</strong><br />

figura delle Grazie 146 . Seneca è, dunque, deluso da Crisippo:<br />

Persino Crisippo, che possiede quella ben nota capacità di analisi che arriva<br />

al nocciolo dei problemi e che, se parla, mira a concludere e si serve solo<br />

di quelle parole necessarie per farsi capire, proprio lui riempie un intero suo<br />

libro di queste futilità, al punto che dice pochissimo sulla natura del beneficio,<br />

e sul reciproco rapporto fra chi dà, chi riceve e chi ricambia un beneficio: non<br />

intercala a simili problemi qualche storiella [fabulae], ma qualche problema a<br />

simili storielle 147 .<br />

E Seneca prosegue:<br />

disprezzo nei confronti dell’esegesi del mito stoica e istituisce un netto discrimen tra<br />

filosofia e poesia. [...] Con uno spirito che è ben diverso da quello degli allegoristi stoici<br />

i quali vedono nella poesia l’espressione <strong>della</strong> verità per via simbolica, Seneca distingue<br />

ancora radicalmente tra la poesia che ha il solo scopo di piacere e non di istruire, e la<br />

filosofia, che deve invece giovare alla vita umana” (I. Ramelli, Anneo Cornuto neostoico<br />

ed esegeta del mito greco su base etimologico-allegorica, in Cornuto, [Lucio]<br />

Anneo, Compendio di teologia greca. Milano 2003, p. 91).<br />

140 Lucio Anneo Seneca, De Beneficiis, I, iii, 2, trad. it. I benefici, Bologna 1967,<br />

p. 13.<br />

141 Ivi, I, iv, 1, trad. it. p. 17.<br />

142 Ivi, I, iv, 5, trad. it. p. 19.<br />

143 Ivi, I, iv, 6, trad. it. p. 19.<br />

144 Ibid.<br />

145 Ivi, I, iii, 4, trad. it. p. 13.<br />

146 Ibid. Come scrive Ilaria Ramelli, il riferimento di Seneca ad una persona<br />

oltremodo “servilmente grecizzante” si attaglierebbe molto bene a Lucio Anneo Cornuto<br />

che aveva forti elementi in comune con Seneca (l’appartenenza alla medesima gens<br />

Annea, la condivisione <strong>della</strong> dottrina stoica, la quasi contemporaneità), ma che è stato<br />

autore di un Compendio di teologia greca scritto in greco e nel cui capitolo 15 recepisce<br />

acriticamente l’analisi delle Grazie fatta da Crisippo (cfr. I. Ramelli, Anneo Cornuto<br />

neo-stoico ed esegeta del mito greco su base etimologico-allegorica, cit., p. 92).<br />

147 Ivi, I, iii, 8, trad. it. p. 15.

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