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Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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L’EPoCa DELLa gLoBaLIzzazIoNE<br />

immune da altre genti e altri dèi, non è più impero nell’accezione<br />

romana. E tuttavia proprio in questa contrapposizione sta la relazione;<br />

l’idea di translatio è costitutivamente «in dubbio»: essa può<br />

declinarsi, secondo la sua origine, come espressione <strong>della</strong> «mobilità»<br />

di Roma, <strong>della</strong> sua capacità di distribuire il proprio potere<br />

senza ridurlo, ma anzi rafforzandolo, ma può anche significare<br />

la sua semplice ri-collocazione, una sua nuova determinazione<br />

spaziale. La concordia romana, che si produce sempre attraverso<br />

conflitti, che è sempre il risultato di accordi, patti politici, che intanto<br />

sussiste in quanto sa rinnovarsi, non può «concordare» con<br />

una concezione autocratica dell’impero – e tuttavia l’«arresto» di<br />

Roma all’interno di confini «statuali» (che possono poi esprimere<br />

ogni mira «imperialistica») è certamente una possibilità da sempre<br />

compresa nell’idea di translatio.<br />

L’utopia teologico-<strong>politica</strong> di Solov’ëv, ma, per tanti versi, anche<br />

di Berdjaev e Bulgakov, a cavallo dell’«apocalisse», potrebbe<br />

esser letta come «provocazione» alla Rus affinché faccia ritorno<br />

nel vero solco di Roma. Roma è il «centro immutabile», ma<br />

romano non significa latino 22 ! Il «centro» è autore instancabile<br />

di modificazioni e traslazioni del potere, del suo articolarsi ed<br />

estendersi a nuovi luoghi e soggetti. Un «centro» arroccato in se<br />

stesso genera scisma; la concordia che proclama è quella dell’universale<br />

costrizione, <strong>della</strong> corda comune. Il «centro» romano di<br />

cui parla Solov’ëv è invece una paternità universale, non vive se<br />

non nella vita autonoma dei figli, che mai potrebbero richiudersi<br />

in forme autocratiche, se riconoscessero quella comune origine<br />

– se si riconoscessero in quella civitas communis che, in quanto<br />

tale, non appartiene a nessuno, a nessuna etnia, cultura, confessione,<br />

ma in-forma la vita di ciascuno. Solo in quanto irradiante<br />

e accogliente Roma può non inaridirsi, raggelarsi – e frantumarsi<br />

in Stati separati tanto più opposti all’imperium populi romani<br />

quanto più «imperialistici».<br />

22 V.S. Solov’ëv, Lettera a Strossmayer (1886): L’idea russa (1888), in Il problema<br />

dell’ecumenismo, trad. it. a cura di P. Modesto, Milano, 1973. Cfr. T. Spidlik, L’idea<br />

russa, Roma, 1996, in particolare cap. IV.<br />

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