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Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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Agata Amato<br />

DIBaTTITo<br />

Delle osservazioni rapidissime. Oggi è emerso in tutte le relazioni<br />

che c’è questo disagio, ne parlava anche Cubeddu, <strong>della</strong><br />

scienza giuridica e delle teorie politiche nell’epoca <strong>della</strong> <strong>globalizzazione</strong>.<br />

In <strong>realtà</strong>, penso che sia soprattutto un problema di linguaggio;<br />

il linguaggio giuridico-politico non è all’altezza delle sfide<br />

e delle aspettative contemporanee, che sono un portato sempre<br />

<strong>della</strong> <strong>globalizzazione</strong> e anche <strong>della</strong> virtualizzazione. Ieri si è parlato<br />

<strong>della</strong> virtualizzazione dell’economia, <strong>della</strong> virtualizzazione dei<br />

testi, oggi si è accennato alla virtualizzazione dei corpi, pensiamo<br />

alle ricostruzioni di Heim sullo spazio cibernetico come luogo<br />

del platonismo realizzato. Finalmente il cibernauta si libera <strong>della</strong><br />

prigione del corpo. Virtualizzazione e <strong>globalizzazione</strong> entrambe<br />

accumunate dal fatto che non c’è confine, non c’è qualche cosa<br />

che delimita; la virtualizzazione, forse, ancor di più perché, come<br />

ricostruisce Levy, fluidifica immediatamente ogni differenza appena<br />

costituita, fluidifica, aumenta naturalmente i gradi di libertà<br />

e fa, ovviamente, del vuoto, che scava l’elemento motore, l’elemento<br />

chiave del tutto.<br />

Forse, però, è mancato in questi giorni un’attenzione verso la<br />

caratteristica prima <strong>della</strong> <strong>globalizzazione</strong>, che è la generalizzazione<br />

<strong>della</strong> categoria dello straniero. Nella <strong>globalizzazione</strong> si assiste<br />

a questa estraneità universale; è stata ripresa attraverso il richiamo<br />

alla modernità riflessiva di Beck, c’è il fuori dal C di Michel<br />

Serres. Ieri si parlava di comunità settoriali, proprio la presenza<br />

di comunità settoriali fa perdere di senso quella prima normatività<br />

condivisa dai partecipanti alla rete. Forse, però, il termine comunità<br />

è improprio, potremmo parlare non più di comunità, ma,<br />

come usa dire Bauman, semplicemente di folle residuali nella rete,<br />

oppure di tribù rudimentali e monotematiche che stanno attorno<br />

ad un argomento come se fosse un nuovo totem. È un problema<br />

di linguaggio naturalmente, perché non si tratta più, in questo<br />

caso, del linguaggio degli algoritmi, dei diagrammi di flusso e<br />

così via, <strong>della</strong> teoria <strong>della</strong> complessità computazionale. Si tratta,<br />

invece, di un linguaggio che adesso deve essere adeguato a folle<br />

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