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Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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L’EPoCa DELLa gLoBaLIzzazIoNE<br />

popolo nemico alla decadenza o, peggio, alla fine dei suoi dèi. Gli<br />

«dèi vinti» avranno invece nuova vita a Roma: ospitati a Roma,<br />

riceveranno quegli onori che evidentemente non hanno avuto dal<br />

popolo sconfitto. Nulla più <strong>della</strong> presenza di tanti «dèi ospiti» (e<br />

non esuli!) attesta la potenza universale romana. «Evocati dalle<br />

loro città d’origine, parteciperanno tutti, alla fine, dell’eterna<br />

renovatio dell’Urbe» 13 . Un politeismo assolutamente pluralistico<br />

contrassegna la storia dello stesso impero, almeno fino all’epoca<br />

postcostantiniana, e non vi è dubbio che l’idea di «religione di<br />

Stato» sia il prodotto dell’affermazione <strong>politica</strong> del cristianesimo.<br />

È sulla base di questi principi, di questa idea di concordia, così<br />

come <strong>della</strong> nozione tutta romana di populus 14 come riunione di<br />

una moltitudine unita «iuris consensu et utilitatis communione»<br />

(Cicerone, De re publica I, 39), che la civitas augescens allargherà<br />

progressivamente il diritto di cittadinanza fino a comprendere,<br />

con la Conslitutio Antonina, pressoché tutti i liberi residenti nei<br />

confini dell’impero. Roma è ormai davvero Orbis, e la ricchezza<br />

semantica di questo nome si manterrà anche nella lingua <strong>della</strong><br />

nuova civiltà per secoli egemone nel Mediterraneo, quella islamica.<br />

Rum continueranno ad essere chiamati i territori dell’antico<br />

impero 15 . Rum verrà chiamato lo stesso territorio una volta<br />

13 Sulla evocatio, cfr. G. Dumézil, L’oubli de l’homme et l’honneur des dieux,<br />

Paris1985, pp. 135-150. Tra i capolavori di Livio, accanto al discorso di Camillo per<br />

scongiurare l’abbandono di Roma dopo l’incendio gallico (S. Mazzarino, Il pensiero<br />

storico classico, vol. III, Bari, 1983, p. 44), collocherei anche le pagine, dove campeggia<br />

Camillo, dedicate appunto a questo tema (V, 21-22). Prima di scatenare l’assalto finale<br />

a Veio, il dittatore invoca Iuno Regina, «quae nunc Veios colis», di seguire i vincitori<br />

nella loro città e di eleggerla a propria nuova dimora. Dopo il sacco <strong>della</strong> città, «quando<br />

tutte le ricchezze umane erano già state portate via da Veio» e si tratta di rimuovere<br />

«deum dona ipsosque deos», l’atteggiamento dei romani non è più quello di predoni,<br />

ma piuttosto di devoti. Giovani lavati e purificati, in veste candida, ricevono l’incarico<br />

di trasportare a Roma il simulacro di Giunone. Essi entrano nel tempio con grande<br />

rispetto e prima di osare toccare la statua uno di loro dice: «Visne Romam ire, Iuno?»<br />

La fabula, aggiunge Livio, racconta che una voce rispose acconsentendo.<br />

14 P. Catalano, Papulus Ronranus Quiritas, Torino, 1974; Id., Una civitas<br />

communis, in Studia et documenta Historiae et Iuris, LXI/1995.<br />

15 V. Poggi, Rum, dalla prima alla seconda Roma, in Da Roma alla Terza Roma,<br />

Xl Seminario internazionale di studi storici, Roma, 1994.<br />

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