Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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03.06.2013 Views

IL RuoLo DELLE TEoRIE PoLITIChE NELLa gLoBaLIzzazIoNE 247 aggettivo che ci sta a cuore, l’aggettivo “democratico”? Perché un despota benevolo potrebbe darci un corpus di regole tra loro coerenti, sistematiche, funzionali e che incontrano pure il nostro consenso; ma noi vogliamo anche che in qualche modo questo insieme di regole, di norme, oltre alla coerenza e al consenso, sia anche in qualche modo il prodotto della nostra volontà: questo intendiamo per rule of law, per Stato di diritto democratico. Se applichiamo questo metro allo stato delle relazioni internazionali oggi, vediamo quanto sia carente, non solo nell’area dell’interazione economica. Pio Marconi citava una serie di cose sulla circolazione delle persone e non solo delle merci, sulla disuguaglianza; ma direi che troviamo insufficiente anche quell’area centrale che sono i diritti fondamentali, ossia la concezione e la giustificazione dei diritti umani; anche lì, nel cuore, non solo nella regolazione dell’attività economica, della circolazione etc., ma anche proprio nel nucleo di quali sono i diritti fondamentali e che cosa ne giustifica l’universalità. Penso che non riuscirò a parlare del terzo punto, ma preferisco parlare di più dei diritti umani. Due concezioni interessanti sono state avanzate negli ultimi dieci anni: una da Rawls e una da Habermas e presentano una distribuzione simmetrica di punti di forza e di punti di debolezza: parlerò soltanto di quella di Rawls che illustra bene dove sta il dilemma. Per Rawls i diritti umani sono il benchmark minimo della legittimità politica e il loro rispetto è condizione indispensabile perché un regime possa essere considerato almeno decente ed il popolo che viene retto da questo regime possa essere ammesso ad una ipotetica società dei popoli; mentre violazioni continuative e gravi dei diritti umani costituiscono un motivo sufficiente, per Rawls, per sospendere il dovere del non intervento negli affari interni di un altro paese. Tuttavia, a questa centralità dei diritti umani, i quali pongono dei limiti al pluralismo fra i popoli, non sembra corrispondere un adeguato grado di elaborazione del loro statuto normativo. Due punti sono in particolare carenti e sono interessanti per noi da esaminare: l’identificazione dei diritti umani, quali sono i diritti umani e la loro giustificazione. Rawls prende spunto dalla Dichiarazione Universale del 1948 e dice che al-

248 aLESSaNDRo fERRaRa cuni tra i diritti elencati, tra i trenta di questo documento, vanno considerati diritti umani propriamente detti, in particolare quelli menzionati all’art. 3 (diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza della persona), all’art. 5 (il diritto a non essere sottoposto a tortura o a punizioni crudeli e degradanti) e tutti quelli compresi negli articoli tra il 3 il 18. L’intero gruppo dei diritti, invece, elencati tra gli articoli dal 19 al 30 della Dichiarazione, non sono per Rawls veri diritti umani, per la motivazione che spesso presuppongono delle istituzioni che esistono solo in alcune parti del mondo e non in altre, per cui non sono affatto universali. Tali sono, per esempio, il diritto alla sicurezza sociale (art. 22) o il diritto all’uguale retribuzione per uguale lavoro (art. 23). Rawls sostiene che presuppongono dei tipi specifici di istituzioni e, quindi, non fanno parte di questo nucleo di diritti veramente universali. Qui si pone il problema su quale base è tracciata questa linea, all’interno di un documento che non pone alcuna gerarchizzazione tra diritti di serie A e diritti di serie B; per bocca dello stesso Rawls, apprendiamo che si tratta di una non meglio identificata base morale dell’universalità dei diritti umani e questo è un discorso potenzialmente esplosivo per la teoria politica. Prima di tutto introduce un elemento di grande tensione all’interno della costruzione rawlsiana, ma questo è un problema per Rawls, potrebbe non esserlo per altri. Questi diritti umani sfondano il suo quadro contrattualistico, intanto perché le parti che contraggono nella posizione originaria non sanno quali diritti esattamente sottoscrivono; in secondo luogo, questi diritti, sostiene Rawls, si applicano anche a quegli Stati fuori legge, i quali non sono ammessi nel consesso della società dei popoli, in quanto non li rispettano, quindi, non hanno evidentemente una base contrattuale, se hanno una normatività che si impone anche a quelli che non li sottoscrivono, ma questo potrebbe essere un problema soltanto di Rawls. Quello che non è soltanto un problema di Rawls è il fatto che ci troviamo, come anche in Habermas, con la necessità di distinguere diritti umani in senso forte, fondamentali, da una serie di altri diritti che pure sono elencati in fonti giuridiche del diritto

IL RuoLo DELLE TEoRIE PoLITIChE NELLa gLoBaLIzzazIoNE<br />

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aggettivo che ci sta a cuore, l’aggettivo “democratico”? Perché<br />

un despota benevolo potrebbe darci un corpus di regole tra loro<br />

coerenti, sistematiche, funzionali e che incontrano pure il nostro<br />

consenso; ma noi vogliamo anche che in qualche modo questo<br />

insieme di regole, di norme, oltre alla coerenza e al consenso, sia<br />

anche in qualche modo il prodotto <strong>della</strong> nostra volontà: questo<br />

intendiamo per rule of law, per Stato di diritto democratico. Se<br />

applichiamo questo metro allo stato delle relazioni internazionali<br />

oggi, vediamo quanto sia carente, non solo nell’area dell’interazione<br />

economica. Pio Marconi citava una serie di cose sulla circolazione<br />

delle persone e non solo delle merci, sulla disuguaglianza;<br />

ma direi che troviamo insufficiente anche quell’area centrale che<br />

sono i diritti fondamentali, ossia la concezione e la giustificazione<br />

dei diritti umani; anche lì, nel cuore, non solo nella regolazione<br />

dell’attività economica, <strong>della</strong> circolazione etc., ma anche proprio<br />

nel nucleo di quali sono i diritti fondamentali e che cosa ne giustifica<br />

l’universalità. Penso che non riuscirò a parlare del terzo<br />

punto, ma preferisco parlare di più dei diritti umani.<br />

Due concezioni interessanti sono state avanzate negli ultimi<br />

dieci anni: una da Rawls e una da Habermas e presentano una<br />

distribuzione simmetrica di punti di forza e di punti di debolezza:<br />

parlerò soltanto di quella di Rawls che illustra bene dove sta il dilemma.<br />

Per Rawls i diritti umani sono il benchmark minimo <strong>della</strong><br />

legittimità <strong>politica</strong> e il loro rispetto è condizione indispensabile<br />

perché un regime possa essere considerato almeno decente ed il<br />

popolo che viene retto da questo regime possa essere ammesso ad<br />

una ipotetica società dei popoli; mentre violazioni continuative<br />

e gravi dei diritti umani costituiscono un motivo sufficiente, per<br />

Rawls, per sospendere il dovere del non intervento negli affari<br />

interni di un altro paese. Tuttavia, a questa centralità dei diritti<br />

umani, i quali pongono dei limiti al pluralismo fra i popoli, non<br />

sembra corrispondere un adeguato grado di elaborazione del loro<br />

statuto normativo. Due punti sono in particolare carenti e sono<br />

interessanti per noi da esaminare: l’identificazione dei diritti umani,<br />

quali sono i diritti umani e la loro giustificazione. Rawls prende<br />

spunto dalla Dichiarazione Universale del 1948 e dice che al-

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