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Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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aLESSaNDRo fERRaRa<br />

tava fuori la rivendicazione, la risoluzione strategica. Non c’è più<br />

la rivendicazione, il «che vuoi?», non c’è qualche cosa di concreto<br />

e tangibile che si vuole ottenere, non c’è trasferimento di beni<br />

materiali che motivi questa guerra e neppure ci sono rivendicazioni<br />

politiche classiche come il riconoscimento di autonomia, di<br />

indipendenza, di diritti, neppure l’acquisizione di una posizione<br />

negoziale più favorevole in future trattative, un altro dei motivi<br />

di azioni belliche. È un atto di guerra prevalentemente espressivo,<br />

cioè che esprime odio radicale verso una forma di vita, una guerra<br />

in cui l’elemento strategico strumentale è interamente al servizio<br />

di quello espressivo, almeno nei confronti del nemico principale,<br />

perché poi degli elementi strategici classici permangono nei confronti<br />

di obiettivi secondari: sicuramente c’è l’obiettivo di mettere<br />

in difficoltà la leadership dei paesi arabi moderati, di conquistare<br />

un’egemonia nel radicalismo islamico. Questi sono tutti obiettivi,<br />

ma collaterali: nei confronti del nemico principale, non c’è nulla<br />

che assomigli ai vecchi obiettivi di un’azione di guerra.<br />

L’idea huntingtiana di guerra di civiltà è una formulazione in<br />

<strong>realtà</strong> fuorviante di una tendenza la cui origine dovrebbe interessare<br />

i filosofi <strong>della</strong> <strong>politica</strong> e i teorici <strong>della</strong> <strong>politica</strong> e che parte da<br />

più lontano: è una tendenza, potremmo chiamarla all’espressivizzazione<br />

del conflitto bellico come corollario di una più generale<br />

espressivizzazione <strong>della</strong> vita <strong>sociale</strong> nella tarda modernità.<br />

Il terzo e più inquietante aspetto dell’11 settembre è la risposta<br />

che ha generato: l’acuirsi <strong>della</strong> spinta unilateralista in un paese che<br />

pro tempore è governato dalla sua componente più conservatrice.<br />

È nata una nuovissima costellazione che dopo neanche 5 anni<br />

ha già reso obsoleta la nuova costellazione post-nazionale di cui<br />

parlava Habermas nel 1998. Si è venuto a creare un quadro internazionale,<br />

lo leggiamo sui giornali ogni mattina, in cui non esiste<br />

opposizione o contrappeso geo-politico di nessuna consistenza all’interpretazione<br />

<strong>della</strong> congiuntura internazionale che viene data<br />

dall’Amministrazione americana in carica pro tempore.<br />

Quindi, se dobbiamo trovare un’etichetta, userei, senza peli<br />

sulla lingua, quella di neo-imperiale, come attributo di costellazione,<br />

piuttosto che quella post-nazionale. Paradossalmente, l’unico

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