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Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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aLESSaNDRo fERRaRa<br />

tite come più urgenti sono le questioni di relazioni internazionali,<br />

di quale possa essere un ordine politico internazionale equo e che<br />

non sia soltanto il precipitato dei rapporti di forza. Collocandomi<br />

all’interno di questa interpretazione complessiva dei compiti che<br />

la <strong>globalizzazione</strong> pone alla teoria <strong>politica</strong>, vorrei però ritagliare<br />

tre punti specifici: dell’11 settembre, il discorso dei diritti umani,<br />

il discorso <strong>della</strong> possibilità, che emerge per la prima volta, di pensare<br />

un concetto di umanità che non sia solo un’idea regolativa,<br />

che non sia solo qualche cosa di astratto, ma che sia, per usare un<br />

altro linguaggio, un universale concreto.<br />

Vengo al primo punto, l’11 settembre, perché riguarda il modo<br />

in cui noi teorici politici possiamo pensare questa transizione auspicata,<br />

da uno stato di quasi naturalità, se non vogliamo usare il<br />

termine stato di natura, che naturalmente nessuno userebbe per<br />

ritrarre lo stato delle relazioni internazionali, ad uno stato di giuridicizzazione<br />

completa, i modi in cui questo può avvenire (qui la<br />

riflessione sull’11 settembre è un qualche cosa che s’impone). Anche<br />

da un punto di vista scientifico, non solo da un punto di vista,<br />

a cui tutti noi teniamo, di attualità <strong>politica</strong>, di discussione <strong>politica</strong>,<br />

bisogna interrogarsi su che cosa è cambiato; io appartengo a quelli<br />

che pensano che è cambiato qualche cosa di profondo da quel momento<br />

e vorrei porre alla vostra attenzione tre elementi di rottura.<br />

Un primo elemento di rottura riguarda la perdita da parte dello<br />

Stato-nazione di un’altra prerogativa, che si aggiunge alle altre<br />

già perse: la perdita di quello che, parafrasando Weber, potremmo<br />

chiamare il monopolio dell’uso <strong>della</strong> forza nei rapporti esterni,<br />

ossia il monopolio del muovere guerra. Da sempre sono stati<br />

gli Stati a fare guerra ad altri Stati e nel corso del secolo appena<br />

finito abbiamo assistito ad una importante variante di questo: i<br />

movimenti di liberazione. Nel processo di decolonizzazione abbiamo<br />

assistito a lotte di liberazione in cui ci sono movimenti<br />

partigiani, più tardi di guerriglia, organizzati militarmente che si<br />

sono battuti contro Stati-nazione esterni che non volevano ritrarsi<br />

dal dominio coloniale (l’Algeria e il Vietnam sono i due esempi<br />

canonici). Ma non era mai accaduto che una formazione né statale,<br />

né di movimento di liberazione, come Al Qaeda, riuscisse

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