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Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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aLESSaNDRo fERRaRa<br />

<strong>politica</strong> non possono tradire il loro profondo legame con la dimensione<br />

pratica, ossia tracciano in qualche modo un orizzonte<br />

del desiderabile, alla luce di una diagnosi su ciò che è e discutono<br />

dei possibili cammini per raggiungere il desiderabile. Questo<br />

aspetto è rimasto sostanzialmente inalterato; invece, la materia<br />

su cui si esercita la riflessione <strong>della</strong> teoria <strong>politica</strong> ha subito, secondo<br />

me, dei grandi sconvolgimenti. Siamo in un’epoca storica<br />

in cui è diffusa la sensazione, tra chi si occupa di teoria <strong>politica</strong>,<br />

di vedere l’emergere di una costellazione completamente nuova,<br />

dopo il tramonto definitivo di una fase che è durata tre secoli e<br />

che possiamo sintetizzare in tre nomi che cominciano tutti tre per<br />

V: Vestfalia, Vienna, Versailles. Nella pace di Vestfalia (1648)<br />

raggiunge la sua maturità il sistema degli Stati-nazione; Vienna<br />

(1815) è il suo apogeo; Versailles, dopo il 1918, è, forse, il canto<br />

del cigno del sistema degli Stati-nazione, l’ultima Conferenza di<br />

pace veramente indistinguibile dal Congresso di Vienna del 1815,<br />

perché ad essa poi segue il tentativo wilsoniano, il primo tentativo<br />

di una Lega delle Nazioni. Poi c’è la II Guerra mondiale, che si<br />

conclude non con una Pace di Versailles, ma con una Conferenza<br />

di Yalta, di cui tutti noi abbiamo visivamente l’immagine dei tre<br />

leader: Stalin, Roosvelt e Churchill; quella Conferenza di Yalta è<br />

lontana anni luce dalla Conferenza di Versailles. È un Conferenza<br />

in cui il mondo si spacca in due blocchi, in cui ciascun blocco<br />

demonizza l’altro come l’antagonista assoluto, qualche cosa<br />

di profondamente diverso da quell’equilibrio che si era visto a<br />

Vienna e a Versailles e poi, naturalmente, storia dei giorni nostri,<br />

quando la Guerra fredda finisce non c’è più nessuna Conferenza<br />

di pace, neanche una Yalta chiude la Guerra fredda. Si ha,<br />

invece, l’esplosione dei nazionalismi etnici, la ripresa del fondamentalismo,<br />

l’inizio di un terrorismo su vasta scala e vediamo<br />

lo Stato-nazione perdere un numero sempre più consistente delle<br />

sue prerogative sotto la spinta di alcune tendenze. L’elenco è infinito:<br />

l’accrescersi dell’interdipendenza economica globale, del<br />

peso <strong>della</strong> finanza nell’economia, nuove dimensioni del rischio<br />

ambientale che superano i confini nazionali, il crescere anche nelle<br />

metropoli <strong>della</strong> <strong>globalizzazione</strong>, il crescere di una spinta alla

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