Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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03.06.2013 Views

DIBaTTITo 203 Ma mi sembra che siano tutti e due, appunto, forme di diritto, per così dire, dialogico. In questo senso esse pongono probabilmente l’inclinazione verso non solo quella ragionevolezza di cui più volte si è detto, che a me sembra un dato, come dire, al quale applaudire, non invece un dato da rigettare, come qualcuno questa mattina sembra aver detto, anche se l’idea di ragionevolezza è esposta a qualche rischio. Dall’altra parte, mi sembra che la produzione di diritto giudiziario postuli anche una specifica rule of law, per tornare a un tema toccato da Palombella. Perché nell’esperienza statunitense la presenza molto forte del formante giudiziario ha portato anche ad un rafforzamento di cautele procedurali conseguente, fino ad arrivare a quello che viene detto il “delirio della procedura americana”. Questo, tuttavia, non è che sia un argine contro quello che Palombella chiamava il “diritto naturale”. Tutto sommato, anche gli argini delle procedure possono essere costruiti in modo da filtrare contenuti molto diversi. Ad esempio, la mia idea è che la procedura negli Stati Uniti abbia funzionato diversamente che per l’esperienza europea, come uno strumento per porre, sì degli argini all’energie sociali della società civili straripanti, però anche in modo da non mortificarle, quindi da permetterle; mentre io credo che la costruzione della procedura europea sia avvenuta molto di più avendo presente l’ingombrante presenza del potere statale. Quindi, credo che le due esperienze di procedura, americana ed europea, svolgano in qualche modo due funzioni diverse. Ecco, da questo punto di vista, mi sembra che la rule of law – che è un tema che pure agita il dibattito giuridico anche nella produzione transnazionale –, non risparmia anche possibilità, non tanto di fare argine a quello a cui noi oggi vogliamo far argine, ma quanto semplicemente di dargli delle direttive un po’ più ordinate. L’ultimo aspetto, molto brevemente (mi scuso di essere così sintetica, ma non voglio togliere molto tempo). Torniamo al medioevo, cioè torniamo alle radici. Devo dire che ho qualche perplessità nel tratteggiare – come Palombella ha fatto –, tutto quello che viene dopo l’epoca medievale come un guadagno tutto senza ombra, tutto pieno di luci. E voglio venire a un’esperienza

204 DIBaTTITo molto concreta. Padoa Schioppa, nell’ultimo libro che ha scritto sull’Europa, non esita a ricorrere all’espressione “dispotismo illuminato” per dire quello che è accaduto in Europa e che non sarebbe mai accaduto se non ci fosse stato, appunto, un tipo di volontà sganciata dagli altri stati affidati a poche volontà, ma anche competenze e ragioni che volevano affermare una ragione comunitaria. In questo dispotismo illuminato, trovo un “contrappeso” rispetto a un eccesso di volontà statalistica che avrebbe sicuramente impedito anche l’impresa europea. Questo non ci deve far velo di pensare che un analogo ruolo possa essere svolto dalla produzione di analoghe isole di illuminato dispotismo che si possano, qui e lì, stabilire e che possono ridisegnare anche il volto della legittimazione. Così, come del resto ci si attende dall’indagine storica; mi riferisco qui, per esempio, ad alcuni lavori di Fioravanti sulle Costituzioni e così via. Giovanni Costantini Avrei una domanda per gli informatici giuridici; il mio problema è questo: l’utente navigando nella rete è davanti a delle opzioni nel senso che può scegliere, quali pagine andare a visitare o meno; dall’altra parte, questo suo percorso è in qualche modo predisposto da chi ha realizzato queste pagine. Allora il problema, che lei professor Sartor aveva prima definito, è il concetto di riduzione delle possibilità e pensavo a quello che è successo in Cina nel momento in cui il governo ha limitato a chi accedeva alla rete la possibilità di visitare determinati siti, praticamente dal punto di vista semplicemente tecnico. Il mio problema è se la libertà è semplicemente una forma quantitativa di opzioni possibili; allora i cinesi sono liberi perché comunque la loro possibilità rimane tale; oppure no, nel senso che hanno minori possibilità di navigare, perché comunque il loro è un navigare predisposto dagli altri; se non sono liberi, allora in questo senso non è libero neanche l’utente nella sua navigazione.

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Ma mi sembra che siano tutti e due, appunto, forme di diritto,<br />

per così dire, dialogico. In questo senso esse pongono probabilmente<br />

l’inclinazione verso non solo quella ragionevolezza di cui<br />

più volte si è detto, che a me sembra un dato, come dire, al quale<br />

applaudire, non invece un dato da rigettare, come qualcuno questa<br />

mattina sembra aver detto, anche se l’idea di ragionevolezza è<br />

esposta a qualche rischio.<br />

Dall’altra parte, mi sembra che la produzione di diritto giudiziario<br />

postuli anche una specifica rule of law, per tornare a un<br />

tema toccato da Palombella. Perché nell’esperienza statunitense<br />

la presenza molto forte del formante giudiziario ha portato anche<br />

ad un rafforzamento di cautele procedurali conseguente, fino ad<br />

arrivare a quello che viene detto il “delirio <strong>della</strong> procedura americana”.<br />

Questo, tuttavia, non è che sia un argine contro quello<br />

che Palombella chiamava il “diritto naturale”. Tutto sommato,<br />

anche gli argini delle procedure possono essere costruiti in modo<br />

da filtrare contenuti molto diversi. Ad esempio, la mia idea è che<br />

la procedura negli Stati Uniti abbia funzionato diversamente che<br />

per l’esperienza europea, come uno strumento per porre, sì degli<br />

argini all’energie sociali <strong>della</strong> società civili straripanti, però anche<br />

in modo da non mortificarle, quindi da permetterle; mentre io credo<br />

che la costruzione <strong>della</strong> procedura europea sia avvenuta molto<br />

di più avendo presente l’ingombrante presenza del potere statale.<br />

Quindi, credo che le due esperienze di procedura, americana ed<br />

europea, svolgano in qualche modo due funzioni diverse.<br />

Ecco, da questo punto di vista, mi sembra che la rule of law<br />

– che è un tema che pure agita il dibattito giuridico anche nella<br />

produzione transnazionale –, non risparmia anche possibilità, non<br />

tanto di fare argine a quello a cui noi oggi vogliamo far argine, ma<br />

quanto semplicemente di dargli delle direttive un po’ più ordinate.<br />

L’ultimo aspetto, molto brevemente (mi scuso di essere così<br />

sintetica, ma non voglio togliere molto tempo). Torniamo al<br />

medioevo, cioè torniamo alle radici. Devo dire che ho qualche<br />

perplessità nel tratteggiare – come Palombella ha fatto –, tutto<br />

quello che viene dopo l’epoca medievale come un guadagno tutto<br />

senza ombra, tutto pieno di luci. E voglio venire a un’esperienza

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