Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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03.06.2013 Views

DIBaTTITo fettamente equipaggiati a studiare l’ordinamento giuridico in termini di effettività e non sarà certo questo a coglierci di sorpresa. La quarta e ultima cosa che volevo dire riguarda il diritto giurisprudenziale, inteso non come Richterrecht ma come Juristenrecht. Il tema dello Juristenrecht ha avuto una sventura, cioè che è stato trattato da me in modo così esauriente che è diventato tema unius auctoris. Da quando è uscito nel ’67 quel saggio, i teorici del diritto hanno completamente cessato di occuparsi della questione. Quindi si sente parlare sempre di diritto dei giudici, di precedenti, ecc., ma nessuno se ne più è occupato. Ora, mi è sembrato di cogliere da quello che è stato detto da alcuni e soprattutto da Galgano, che il diritto che può governare questa globalizzazione è uno ius comune di natura Juristenrechtlich. Quando sento dire che Unidroit ha collegato le consuetudini mercatorie ai principi generali, cioè in fondo a quelli che Palombella ha chiamato i valori costituzionali e i diritti umani, questo è un lavoro che soltanto i giuristi possono fare. Può un legislatore mettersi lì e collegare le pratiche ai valori costituzionali, ai diritti umani? Credo di no. Lo può fare un giudice, caso per caso, forse sì; ma l’organo a ciò deputato è la giurisprudenza. La giurisprudenza ha questo compito storico: collegare le pratiche dettate dalla globalizzazione, dalla modernizzazione, ai princìpi umanistici supremi del diritto e ai princìpi, diciamo, della stessa razionalità giuridica immanente, à la Fuller; se accettiamo questo, allora chiariamo anche, secondo me, il problema della certezza e della legittimazione. Mi ricordo che il libro Saggio sul diritto giurisprudenziale – che è sparito dal mondo – ha un unico autore, perché nemmeno io me ne sono più occupato. Quell’unico autore è Luigi Lombardi del 1967, non certo quello contemporaneo. Ricordo perfettamente che alla fine discutevo esattamente su che tipo di certezza giuridica può fornire il diritto giurisprudenziale, che è di tipo diverso, ma non meno interessante, per esempio diacronicamente, della certezza fornita dallo State of law. E quindi, sotto il profilo della certezza e sotto il profilo della legittimazione, ricordo che quel tale Luigi Lombardi – ormai diciamo che non c’è più, non c’è più lui, non c’è più nemmeno il libro materialmente – diceva che la legittimazione era quella di un quarto potere, era il potere della 197

198 DIBaTTITo ragione giuridica in sé, cioè della ragionevolezza, e questa ragionevolezza ha un suo potere. Bruno Romano Solo alcune considerazioni sulla relazione di Galgano e presentate con lo stile di una domanda, del domandare. Galgano lega la globalizzazione alla crisi della statualità, alla crisi della legittimazione, si pone il problema di una nuova base della legittimazione. Poi, nella fase centrale, nel momento centrale, anche temporalmente centrale della relazione, annuncia quella che gli appare e che ci mostra essere la sua tesi, che a me pare di aver inteso così: il diritto è perfettività. Egli chiarisce questo concetto dicendo che è perfettività perché il diritto è ciò che viene poi riconosciuto. Nella parte finale della relazione, poi esplicitamente afferma questo darsi di uno shopping giuridico; quanti convengono, acquistano il diritto nel luogo che a loro può essere più utile. Si pongono alcune domande. Una prima domanda è che se quanti convengono, stabiliscono una relazione giuridica perché gli effetti transitano su altri che convengono, solo allora la relazione è giuridica, solo allora interessa il diritto; senza che gli effetti del convenire possano transitare in altri non si dà vita a nessuna relazione giuridica. Sono rapporti affettivi, che tendono all’amicizia, all’amore, alla simpateticità, ma non accedono alla giuridicità. C’è una soglia fenomenologicamente diversa, distinta, che segna il momento giuridico, quando il convenire, sia pure funzionale, produce effetti che hanno una transitività negli altri. Allora la domanda comincia ad acquistare un contenuto. Sembrerebbe che nello shopping giuridico tutti i contenuti possono accedervi; c’è il filtro dell’Unidroit, del materiale elaborato nell’Unidroit; però questo filtro può anche produrre effetti che continuano, come pare accada, ad essere forme di esclusione. C’è un autore francese, Pierre Legendre, che allude a qualche cosa di simile allo shopping giuridico; lo fa in termini diversi e con atteggiamento critico assai rigoroso; dice che il diritto tende

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fettamente equipaggiati a studiare l’ordinamento giuridico in termini<br />

di effettività e non sarà certo questo a coglierci di sorpresa.<br />

La quarta e ultima cosa che volevo dire riguarda il diritto giurisprudenziale,<br />

inteso non come Richterrecht ma come Juristenrecht.<br />

Il tema dello Juristenrecht ha avuto una sventura, cioè che è stato<br />

trattato da me in modo così esauriente che è diventato tema unius<br />

auctoris. Da quando è uscito nel ’67 quel saggio, i teorici del diritto<br />

hanno completamente cessato di occuparsi <strong>della</strong> questione. Quindi<br />

si sente parlare sempre di diritto dei giudici, di precedenti, ecc., ma<br />

nessuno se ne più è occupato. Ora, mi è sembrato di cogliere da<br />

quello che è stato detto da alcuni e soprattutto da Galgano, che il<br />

diritto che può governare questa <strong>globalizzazione</strong> è uno ius comune<br />

di natura Juristenrechtlich. Quando sento dire che Unidroit ha collegato<br />

le consuetudini mercatorie ai principi generali, cioè in fondo<br />

a quelli che Palombella ha chiamato i valori costituzionali e i diritti<br />

umani, questo è un lavoro che soltanto i giuristi possono fare. Può<br />

un legislatore mettersi lì e collegare le pratiche ai valori costituzionali,<br />

ai diritti umani? Credo di no. Lo può fare un giudice, caso<br />

per caso, forse sì; ma l’organo a ciò deputato è la giurisprudenza.<br />

La giurisprudenza ha questo compito storico: collegare le pratiche<br />

dettate dalla <strong>globalizzazione</strong>, dalla modernizzazione, ai princìpi<br />

umanistici supremi del diritto e ai princìpi, diciamo, <strong>della</strong> stessa<br />

razionalità giuridica immanente, à la Fuller; se accettiamo questo,<br />

allora chiariamo anche, secondo me, il problema <strong>della</strong> certezza e<br />

<strong>della</strong> legittimazione. Mi ricordo che il libro Saggio sul diritto giurisprudenziale<br />

– che è sparito dal mondo – ha un unico autore,<br />

perché nemmeno io me ne sono più occupato. Quell’unico autore<br />

è Luigi Lombardi del 1967, non certo quello contemporaneo. Ricordo<br />

perfettamente che alla fine discutevo esattamente su che tipo<br />

di certezza giuridica può fornire il diritto giurisprudenziale, che è<br />

di tipo diverso, ma non meno interessante, per esempio diacronicamente,<br />

<strong>della</strong> certezza fornita dallo State of law. E quindi, sotto il<br />

profilo <strong>della</strong> certezza e sotto il profilo <strong>della</strong> legittimazione, ricordo<br />

che quel tale Luigi Lombardi – ormai diciamo che non c’è più, non<br />

c’è più lui, non c’è più nemmeno il libro materialmente – diceva che<br />

la legittimazione era quella di un quarto potere, era il potere <strong>della</strong><br />

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