Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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03.06.2013 Views

DIBaTTITo viduato alcune tesi – ma naturalmente è un’interpretazione, una lettura personale – da presentare a questo uditorio, omettendo per ragioni di brevità la parte introduttiva. Innanzitutto, credo di aver colto una prima tesi centrale nella relazione, là dove si dice: “il secondo dopoguerra assume, per rifondare i diritti umani, il concetto essenzialmente politico di democrazia.” Quindi i diritti umani non vanno fondati, la loro fondazione si dà per scontata, vanno tutelati; penso alla tesi di Norberto Bobbio nei saggi compresi nella raccolta L’età dei diritti, nella quale sosteneva apertamente che oggi i diritti umani non hanno bisogno di fondazione e penso anche alle obiezioni fatte da Sergio Cotta, visto che il Presidente ieri ci ha ricordato questi due maestri insieme, anche in ragione della loro storia. L’altra tesi di estrema suggestione, proprio sulla linea di questa coppia libertà e controllo: l’Europa come rete micropolitica di spiriti anarchici ed insieme di istanze antidemocratiche; quindi l’individualismo radicale, (penso a lavori di alcuni anni fa di Menghi), che singolarmente si sposa con minacce alla democrazia, con una democrazia che finisce per essere così articolata e gonfiata da divenire irriconoscibile. Si assiste a una commistione tra promesse di differenza, magari artificiali, e identità virtual-finanziaria globale; un’identità che, secondo Menghi, è più identitaria dell’identità classica, dello Stato nazionale. La dromocrazia al posto della democrazia, secondo la riscrittura felice del concetto di Paul Virilio. È di estrema suggestione la nuova volontà globale come volontà di certezza. Oggi molti dicono, invece, che la globalizzazione sia priva di volontà e, quindi, priva di volontà di certezza. Essa è connessa da Menghi al concetto di sperimentazione, anche in senso tecnologico, al limite anche biotecnologico, secondo l’antropologia filosofica che credo di cogliere nel testo di Menghi, antropologia che non contempla principi esterni all’agire, quindi legge a se stessa. Vengono qui ad emergere nella relazione di Menghi i concetti di identità e differenza; apprezzo molto il profilo speculativo, dal momento che è un congresso di filosofi del diritto, dove sono stati invitati i giuristi perché ci diano spunti per pensare filosoficamente la ripresa della coppia concettuale identità-differenza. 143

144 DIBaTTITo Mi avvio alla domanda, anche se ci sarebbero molte altre cose da sottolineare proprio riguardo al profilo teoretico, anche in considerazione degli studi che Menghi ha fatto (penso a La Società dei desideri del 1990): nel momento in cui si configura un’identità più identitaria dell’identità classica dello Stato nazionale, un’identità che si rende poco riconoscibile scientemente e in fondo invisibile, la cui presa identitaria su di noi è difficilmente avvertibile, nel momento in cui si coglie questa identità, che però è perfettamente compatibile con le differenze, allora, rispetto a questa identità, la rivendicazione delle differenze è non soltanto priva di capacità oppositiva, ma del tutto già assimilata e metabolizzata. Chiedo a Menghi, interprete anche del pensiero della differenza: non c’è una singolare consonanza anche con il pensiero della differenza che ha preparato la molecolarizzazione della società dissolvendo completamente il concetto di identità, con la preparazione anche funzionale di certe esigenze, di certe attese del capitalismo finanziario? La preparazione di questa identità virtuale, globale, che è al fondo di certe differenze, ma sempre come differenze virtuali, è la dissoluzione in nome di una differenza radicale dell’identità, quindi anche di una certa forma di soggettività in senso filosoficamente alto? Essa non ha in qualche modo preparato culturalmente l’affermarsi, sul piano storico-istituzionale, di quella che lui definisce un’identità più identitaria di quell’identità che già conoscevamo? Vincenzo Greco Mi ha interessato il riferimento al principio di non contraddizione nella relazione del prof. Menghi; vorrei però meglio capire qual è la coppia contraddittoria, perché per il principio di non contraddizione, almeno come lo conosciamo, non si può postulare la compresenza di A e non A. Che cosa è A nelle categorie della globalizzazione? Potrebbe trattarsi, nelle interpretazioni che vengono usualmente date, di Stato e società civile? Non mi convince la compresenza di spazio reale e spazio virtuale perchè il virtuale

DIBaTTITo<br />

viduato alcune tesi – ma naturalmente è un’interpretazione, una<br />

lettura personale – da presentare a questo uditorio, omettendo per<br />

ragioni di brevità la parte introduttiva. Innanzitutto, credo di aver<br />

colto una prima tesi centrale nella relazione, là dove si dice: “il secondo<br />

dopoguerra assume, per rifondare i diritti umani, il concetto<br />

essenzialmente politico di democrazia.” Quindi i diritti umani non<br />

vanno fondati, la loro fondazione si dà per scontata, vanno tutelati;<br />

penso alla tesi di Norberto Bobbio nei saggi compresi nella raccolta<br />

L’età dei diritti, nella quale sosteneva apertamente che oggi i diritti<br />

umani non hanno bisogno di fondazione e penso anche alle obiezioni<br />

fatte da Sergio Cotta, visto che il Presidente ieri ci ha ricordato<br />

questi due maestri insieme, anche in ragione <strong>della</strong> loro storia.<br />

L’altra tesi di estrema suggestione, proprio sulla linea di questa<br />

coppia libertà e controllo: l’Europa come rete micro<strong>politica</strong><br />

di spiriti anarchici ed insieme di istanze antidemocratiche; quindi<br />

l’individualismo radicale, (penso a lavori di alcuni anni fa di<br />

Menghi), che singolarmente si sposa con minacce alla democrazia,<br />

con una democrazia che finisce per essere così articolata e<br />

gonfiata da divenire irriconoscibile. Si assiste a una commistione<br />

tra promesse di differenza, magari artificiali, e identità virtual-finanziaria<br />

globale; un’identità che, secondo Menghi, è più identitaria<br />

dell’identità classica, dello Stato nazionale. La dromocrazia<br />

al posto <strong>della</strong> democrazia, secondo la riscrittura felice del concetto<br />

di Paul Virilio. È di estrema suggestione la nuova volontà<br />

globale come volontà di certezza. Oggi molti dicono, invece, che<br />

la <strong>globalizzazione</strong> sia priva di volontà e, quindi, priva di volontà<br />

di certezza. Essa è connessa da Menghi al concetto di sperimentazione,<br />

anche in senso tecnologico, al limite anche biotecnologico,<br />

secondo l’antropologia filosofica che credo di cogliere nel testo di<br />

Menghi, antropologia che non contempla principi esterni all’agire,<br />

quindi legge a se stessa.<br />

Vengono qui ad emergere nella relazione di Menghi i concetti<br />

di identità e differenza; apprezzo molto il profilo speculativo, dal<br />

momento che è un congresso di filosofi del diritto, dove sono stati<br />

invitati i giuristi perché ci diano spunti per pensare filosoficamente<br />

la ripresa <strong>della</strong> coppia concettuale identità-differenza.<br />

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