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Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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DIBaTTITo<br />

riguarda il principio di identità, sono pienamente d’accordo nel<br />

ritenere che esso si presenti assolutamente inadeguato, almeno se<br />

assunto nella sua valenza più strettamente formalistica, adialettica<br />

e irrelata, perché il principio dell’identità, così inteso, implica necessariamente<br />

una logica dell’esclusione dell’aut aut, del terzo escluso.<br />

Non a caso il principio di identità, di non contraddizione si associa<br />

tradizionalmente al principio del terzo escluso. Per quanto riguarda<br />

il principio <strong>della</strong> differenza, proporrei invece – vorrei sapere il<br />

professor Menghi che cosa ne pensa – una distinzione fra differenza<br />

e diversità; se riduciamo la differenza in termini di diversità, effettivamente<br />

anch’essa si presenta come inadeguata a una simile operazione<br />

di fondazione di un diritto pubblico transnazionale, perché<br />

in questo caso anche il principio di differenza implicherebbe una<br />

forma di esclusione e comunque sarebbe, a ben vedere, una reiterazione<br />

<strong>della</strong> logica formale in chiave appunto di diversità. Se invece<br />

ci riferiamo ad una differenza riscontrabile a mio parere nello stesso<br />

Hegel non come differenza immediata, irrelata, cioè non come<br />

diversità, ma come differenza proprio dialetticamente intesa, allora<br />

penso che la logica <strong>della</strong> differenza possa contribuire efficacemente<br />

alla fondazione di un nuovo modello di <strong>globalizzazione</strong>. Forse il<br />

nostro problema è quello di avere ridotto la differenza a diversità.<br />

Vorrei un’opinione del professore in proposito.<br />

Luca Baccelli<br />

Vorrei rivolgere una domanda alla professoressa Ferrarese.<br />

Ritornando un attimo sullo scambio di ieri con il prof. Irti, è<br />

emersa piuttosto bene una sorta di dialettica tra processi spontanei<br />

di autoformazione del diritto, di diritto autoprodotto, da un<br />

lato, e intervento autoritativo dei poteri pubblici dall’altro. Ora<br />

la sollecitazione è questa: mi domando se non si rischi di operare<br />

un’eccessiva riduzione <strong>della</strong> complessità, nell’immagine che qui è<br />

emersa, che in qualche modo tendiamo a dare dei processi spontanei,<br />

una tendenza ad identificare spontaneità e mercato; sono<br />

molto schematico perché voglio sollecitare l’idea che questa sia<br />

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