Il licenide dei gerani - GenerazioneA
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ISTITUTO D’ ISTRUZIONE SUPERIORE<br />
“Ignazio Calvi”<br />
sez. Agraria - sez. Geometri<br />
Via Digione n. 20 - 41034 Finale Emilia (MO)<br />
Tel. 0535-760054/5 - Fax 0535-91603<br />
www.iis-calvi.it e-mail : info@itacalvi.com<br />
<strong>Il</strong> <strong>licenide</strong> <strong>dei</strong> <strong>gerani</strong><br />
Lavoro svolto nell’ambito del progetto “Generazione A” a cura della BASF dagli studenti delle classi IV :<br />
Golinelli Francesco, Trevisani Federico, Orlandini Vanny, Sartini Alessandro, Polacchini Stefano<br />
Coordinatori: Accetta Giovanni, Bonfatti Luca, Maini Carlo, Vancini Davide<br />
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-INTRODUZIONE<br />
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Le temperature in crescita stanno spingendo molte specie animali e vegetali verso le<br />
latitudini più settentrionali, avendo come effetto il rimescolamento degli ecosistemi<br />
questo nomadismo forzato sta determinando anche in Italia la comparsa di nuove<br />
malattie e come conseguenza la difficoltà di contrastarle per mancanza di antagonisti<br />
naturali. Molte farfalle con larve fitofage ad esempio dalla regione etiopica hanno<br />
trovato in molte nazioni europee l’habitat ideale di crescita e riproduzione. Ne è un<br />
esempio il <strong>licenide</strong> <strong>dei</strong> <strong>gerani</strong> cacyreus marshalli (Butler) arrivato anche nella<br />
regione Emilia Romagna da pochissimi anni rendendo difficoltosa la coltivazione <strong>dei</strong><br />
<strong>gerani</strong> del genere pelargonium.<br />
La farfallina sembra provenire dalle zone del Sud-Africa, e si è diffusa nella nostra<br />
regione in seguito all’importazione di piantine in vaso.<br />
-CONTESTO CLIMATICO<br />
L’aumento della temperatura a livello globale e le previsioni future.<br />
Sono diversi gli studi che dimostrano l’aumento <strong>dei</strong> valori di temperatura del pianeta.<br />
I dati dell’IPCC 1 contenuti nel 3° rapporto in merito alle variazioni climatiche<br />
dimostrano come tali variazioni, imputabili alle attività antropiche, siano già in atto e<br />
risultino significative. <strong>Il</strong> riscaldamento globale misurato in un arco temporale di circa<br />
140 anni è pari circa ad 1°C; gli anni ’90 del secolo scorso risultano essere stati i più<br />
caldi dell’intero millennio.<br />
1 L’IPCC ( International Panel of Climate Change) è un comitato di scienziati di tutti i paesi istituito dal<br />
segretariato delle Nazioni Unite nel 1988 con il compito di studiare i cambiamenti climatici.<br />
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In Italia gli studi condotti da varie agenzie portano a confermare questa tendenza. <strong>Il</strong><br />
servizio meteorologico dell’Arpa Emilia-Romagna ha rilevato un aumento<br />
tendenziale della temperatura, negli ultimi 40 anni pari a circa + 0,03 °C/anno.<br />
La stima fatta dall’IPCC dell’incremento medio globale di temperatura dell’aria dal<br />
2000 al 2100 è compreso tra 1,5 e 6 °C in relazione ai diversi scenari di emissione <strong>dei</strong><br />
gas serra per i prossimi anni.<br />
La stima delle anomalie termiche<br />
a scala regionale è molto meno<br />
accurata di quanto non sia il<br />
segnale globale. Per quanto<br />
riguarda l’area del mediterraneo le simulazioni<br />
fornite dagli AOGCM 2 ipotizzano che il<br />
2 AOGCM studi relativi alla Circolazione Generale dell’Atmosfera e dell’Oceano.<br />
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riscaldamento sia superiore all’aumento globale, in particolare nei mesi estivi.<br />
Rimane confermato che l’entità dell’incremento dipenderà direttamente dalla<br />
riduzione o dall’incremento <strong>dei</strong> gas serra in atmosfera.<br />
<strong>Il</strong> clima in Emilia Romagna<br />
<strong>Il</strong> clima della regione risulta strettamente<br />
legato ed in buona parte determinato dalla<br />
meteo-climatologia del Bacino Padano<br />
Adriatico. <strong>Il</strong> territorio della regione Emilia<br />
Romagna risulta in gran parte occupato<br />
dalla vallata alluvionale della Pianura<br />
Padana, circondata dalla catena alpina a Nord e Nord Ovest e dagli Appennini a Sud<br />
mentre ad Est è bagnata dal mare Adriatico. La disomogeneità del territorio<br />
determina situazioni meteorologiche molto varie che si ripercuotono sul clima a<br />
livello locale e regionale.<br />
<strong>Il</strong> clima della bassa pianura modenese<br />
La bassa pianura modenese fa parte della estesa<br />
area pianeggiante che si estende dal fiume Po a<br />
Nord sino alle propaggini dell’Appenino a Sud. In<br />
questa area, cessate le influenze esercitate sul<br />
clima dai rilievi appenninici, si vanno definendo<br />
progressivamente quelle caratteristiche tipiche del<br />
clima padano. In particolare tutta l’area in<br />
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vicinanza del fiume Po e collocata all’interno <strong>dei</strong> corsi d’acqua Secchia a Ovest e<br />
Panaro ad Est risente di una scarsa circolazione aerea con frequente ristagno di aria<br />
sia durante il periodo invernale che estivo. La formazione di dense nebbie frequenti e<br />
persistenti anche durante le ore diurne rappresenta un fenomeno tipico non solo<br />
invernale ma anche tardo primaverile e nelle ore più fresche anche estivo.<br />
<strong>Il</strong> gradiente termico risulta in parte condizionato anche da questo così che durante<br />
l’inverno e in presenza di basse temperature sono frequenti le galaverne estese e<br />
persistenti anche diversi giorni, mentre durante l’estate le elevate temperature<br />
associate ad un abbondante tasso di umidità relativa determino le condizioni di afa. In<br />
inverno la nevosità molto irregolare è poco<br />
abbondante poiché spesso l’aria più calda ristagna al<br />
suolo, non ricambiata per la scarsa circolazione<br />
dell’aria, mantiene la temperatura di 2-3 gradi<br />
centigradi al di sopra dello 0 termico impedendo di<br />
fatto il deposito della coltre bianca. Le condizioni<br />
nevose si realizzano in seguito alla irruzione dai<br />
quadranti di Est-Nord Est di correnti fredde<br />
provenienti dai Balcani che creano un cuscino di<br />
aria fredda stagnante che in presenza di aria più calda e umida in quota determina<br />
precipitazioni nevose al suolo.<br />
Le precipitazioni risultano più consistenti nel periodo primaverile e autunnale anche<br />
se non mancano durante l’inizio e la tarda estate fenomeni di rovescio o temporali<br />
anche di forte intensità, spesso associati a fenomeni grandinigeni che localmente<br />
assumono forte intensità.<br />
In generale la piovosità annua cumulata tende a decrescere da Ovest verso Est.<br />
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Analisi <strong>dei</strong> dati meteo climatici del territorio di Finale Emilia.<br />
La stazione meteorologica di Finale Emilia è situata a 44° 50’ 24” N di latitudine e<br />
11° 17’ 06” E di longitudine e si trova a 13 metri sul livello del mare. Dal 1968 al<br />
1984 la stazione era dotata solamente di strumenti meccanici: pluviografo,<br />
termoigrografo, barografo e anemografo, dal 1985 grazie alla regione Emilia<br />
Romagna la stazione è fornita anche di sensori elettronici che fanno parte della<br />
stazione automatica di rilievo del sistema meteorologico regionale.<br />
I dati presenti in archivio vanno dal 1968 a tutt’oggi.<br />
Dalla elaborazione <strong>dei</strong> dati di temperatura media mensile massima e minima è<br />
possibile notare la tendenza ad un aumento progressivo <strong>dei</strong> valori, questo in linea con<br />
quanto caratterizza globalmente il clima a livello mediterraneo e più in generale<br />
mondiale concordemente con quanto dimostrato scientificamente. <strong>Il</strong> riscaldamento<br />
progressivo è altresì associato ad una progressiva diminuzione delle precipitazioni<br />
cumulate annualmente che risultano peraltro distribuite meno uniformemente durante<br />
l’arco dell’anno.<br />
6
Temperatura in gradi centigradi<br />
Temperatura in gradi centigradi<br />
35,0<br />
30,0<br />
25,0<br />
20,0<br />
15,0<br />
10,0<br />
0,0<br />
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TEMPERATURA MASSIMA MENSILE - MEDIE DECENNALI<br />
5,0<br />
temperatura in gradi centigradi<br />
20,0<br />
15,0<br />
10,0<br />
5,0<br />
0,0<br />
-5,0<br />
1968-1977<br />
1978-1987<br />
1988-1997<br />
1998-2007<br />
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12<br />
mese<br />
TEMPERATURA MINIMA MENSILE - MEDIE DECENNALI<br />
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12<br />
mese<br />
1968-1977<br />
1978-1987<br />
1988-1997<br />
1998-2007<br />
L’impatto climatico<br />
Dagli studi finora<br />
disponibili risulta assai<br />
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articolato e complesso l’impatto delle variazioni climatiche sugli ecosistemi.<br />
L’Emilia Romagna al pari di altre regioni è interessata da un fenomeno di<br />
integrazione della propria biodiversità ad opera di organismi “alieni” provenienti da<br />
altri continenti. Le variazioni in aumento delle temperature favoriscono<br />
indubbiamente la migrazione di nuove specie di insetti e il loro adattamento in nuovi<br />
territori. L’assenza di antagonisti naturali in grado di contenerne lo sviluppo<br />
costituisce la condizione di sviluppo e diffusione in aree sempre più vaste.<br />
-CARATTERISTICHE DELL’INSETTO<br />
L’adulto di cacyreus marshalli (Butler 1898)<br />
appartenente all’ordine <strong>dei</strong> Lepidotteri, alla<br />
famiglia <strong>dei</strong> licenidi, è di colore bruno nella<br />
parte superiore con frangie che disegnano<br />
tasselli bianchi e marroni. <strong>Il</strong> lato inferiore<br />
presenta tonalità più chiare (Daniela Lupi,<br />
Costanza Jucker). Le dimensioni vanno dai 15mm nel maschio fino a 27mm nella<br />
femmina.<br />
Le uova presentano forma sferoidale depressa<br />
di 0,3-0,5mm (Clark e Dickson) e rivelano un<br />
reticolo poligonale scolpito sulla superficie<br />
del corion con lobi prominenti in<br />
corrispondenza <strong>dei</strong> vertici fra i poligoni e<br />
l’emisfero superiore.<br />
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I bruchi sgusciati in circa mezz’ora si<br />
introducono nei tessuti vegetali sottostanti,<br />
scavando gallerie fino a raggiungere i fusticini.<br />
Successivamente gli steli vengono interamente<br />
svuotati e riempiti di escrementi.<br />
Durante la quarta età i bruchi si nutrono della<br />
parte esterna della pianta ospite.<br />
Sarto i Monteys V.(1993), nelle isole Baleari hanno calcolato un periodo di 8 giorni<br />
dello stadio pupale e sei generazioni all’anno.<br />
-SEGNALAZIONI IN EUROPA<br />
<strong>Il</strong> primo avvistamento in Europa è avvenuto in Gran Bretagna (1978) quando<br />
vennero scoperte accidentalmente due larve a Cheshunt nello Hertfordshire, su<br />
piantine di pelargonium della varietà “Fever Cascade”, importate dal Sud Africa. La<br />
pericolosità dell’ evento portò i responsabili del laboratorio ministeriale di<br />
Harpenden, nello Hertfordshire, a confiscare e distruggere il materiale (Sarto i<br />
Monteys, 1992 / informatore fitopatologico 7-8/1997).<br />
Invece la prima infestazione si ha nell’ isola di Maiorca, nelle Baleari (Eitschberger e<br />
Stamer 1990). Da li, il lepidottero, si è diffuso nelle coste spagnole (Sarto i Monteys<br />
1992) - (Honey 1993) - (Luy 1996)), poi si è diffuso in Italia passando prima per il<br />
Belgio e l’Olanda attraverso l’importazione di piantine di <strong>gerani</strong>o. <strong>Il</strong> primo<br />
avvistamento si è verificato nel Lazio nel 1996 (Trematerra e al.), poi si è diffuso, in<br />
breve tempo, in quasi tutte le regioni come Liguria, Emilia Romagna, Marche,<br />
Abruzzo, Molise e Puglia dove è stato segnalato tra il 2003 e il 2005.<br />
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-CICLO BIOLOGICO<br />
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Le uova sono deposte singolarmente su diverse parti della pianta, quali fusti, foglie e<br />
apici fiorali e sono di colore bianco giallastro. Le larve, appena nate, sono biancastre<br />
con capo nero lucido e solitamente lunghe 1mm; alla fine dello stadio larvale, queste<br />
compaiono riccamente ricoperte da lunghe setole. Queste larve sono adatte a superare<br />
anche periodi freddi con gelate notturne cessando però ogni attività.<br />
Lo stadio larvale successivo è di colore giallo-verde, e questa presenta sempre una,<br />
due strisce dorsali di colore lilla .<br />
La crisalide lunga circa 9 mm ha la stessa colorazione virando al bruno. L’adulto si<br />
nutre di nettare di un’ampia varietà di specie spontanee e coltivate (Favilli e<br />
Manganelli) Vicia sativa, Trifoglium hybridum, Viola sp, Convolvolus arvensis,<br />
Verbascum sp, Linaria vulgaris, Bellis perennis e Anthemis tinctoria.<br />
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<strong>Il</strong> ciclo vitale è influenzato dall’aumento della temperatura ambientale che accelera la<br />
proliferazione di questa specie. Con una temperatura di 20 °C, infatti, la larva<br />
impiega circa 30 giorni per svilupparsi e lo stadio di crisalide dura un paio di<br />
settimane e quindi l’intero ciclo biologico dura circa 60 giorni, mentre invece a 30 °C<br />
la durata del ciclo si riduce alla metà. Nell'ultima età le larve fuoriescono dalla pianta<br />
e iniziano a nutrirsi anche delle foglie e <strong>dei</strong><br />
fiori: in questa fase della loro vita sono <strong>dei</strong><br />
bruchi di colore verde con bande dorsali di<br />
colore lilla. Le larve del Cacyreus sembra<br />
riescano a tollerare anche temperature basse<br />
pur con un’attività biologica più ridotta.<br />
Leonardo Favilli e Giuseppe Manganelli<br />
hanno studiato il ciclo biologico del <strong>licenide</strong> vicino a Siena con questi risultati:<br />
-MATERIALI E METODI DI RICERCA<br />
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Per i nostri esperimenti abbiamo utilizzato gabbie di legno provviste di rete a maglie<br />
fitte, in queste si sono deposte le piante<br />
di <strong>gerani</strong>o, infestate da cacyreus<br />
marshalli, in un luogo luminoso e<br />
protetto. L’idea è nata dal grave<br />
attacco del parassita nell’estate 2007<br />
in molti quartieri di Finale Emilia<br />
(MO) con danni particolarmente<br />
evidenti verso fine giugno. Le piantine<br />
in vaso si presentavano molto sofferenti con fusti interamente svuotati e pieni di<br />
escrementi, le poche foglie rimaste si presentavano con i bordi mangiati dalle larve o<br />
bucate nel centro.<br />
Prelevati e isolati i campioni abbiamo osservato il comportamento dell’insetto da fine<br />
giugno 2007 a maggio 2008. Le piantine sono state posizionate all’interno <strong>dei</strong> locali<br />
suddetti con temperature interne prossime ai 20 °C durante il periodo invernale.<br />
Si è osservato che l’attività larvale non è mai cessata durante il periodo invernale , le<br />
larve hanno continuato a svuotare i fusti venendo in superfice alla ripresa della<br />
vegetazione (circa metà febbraio), per circa dieci giorni il danno si è spostato sulle<br />
foglie e a fine febbraio si sono incrisalidate nella biforcazione <strong>dei</strong> fusticini. Lo<br />
sfarfallamento è avvenuto il 7 marzo, la vita media degli adulti è stata di 4 giorni per<br />
mancanza di sostanze nutritive in quanto la piantina era priva di fiori. Le uova sono<br />
state deposte nelle anfrattuosità <strong>dei</strong> rami. Le larve nate a metà marzo sono entrate nei<br />
tessuti interni per completare lo stadio larvale nel periodo aprile-maggio.<br />
giugno luglio ottobre febbraio marzo aprile<br />
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Su una piantina lasciata alle intemperie si è osservato lo svernamento come crisalide<br />
di colore molto scuro con sfarfallamento avvenuto il 26 aprile.<br />
giugno luglio ottobre febbraio marzo maggio<br />
-NEMICI NATURALI<br />
Nel suo paese di origine il Cacyreus non è considerato pericoloso ma in Italia la<br />
presenza potrebbe avere effetti molto dannosi per la mancanza di specifici predatori<br />
in grado di contrastarne lo sviluppo.<br />
In Africa meridionale viene contrastato da notevoli predatori quali Imenotteri del<br />
genere Apanteles (Clark e Dikson 1971), in Europa viene contrastato da<br />
Trichogramma evanescens ( Sarto i Monteys e Gabarra 1998).<br />
-CONCLUSIONI<br />
Per la diffusione in Italia del Cacyreus marshalli<br />
risulta determinante la combinazione delle<br />
condizioni climatiche favorevoli (notevole<br />
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innalzamento delle temperature) con la disponibilità di sostanza nutritiva<br />
(coltivazione <strong>dei</strong> pelargoni). In effetti da noi, in seguito al cambiamento climatico, le<br />
larve si sviluppano principalmente su singole piante coltivate a scopo ornamentale sui<br />
balconi di tutta Italia.<br />
L’ISTAT ha stimato che la vendita di piantine di <strong>gerani</strong>, è di circa 30.000.000 ogni<br />
singolo anno a cui vanno aggiunte le piante coltivate per l’estrazione degli olii<br />
essenziali.<br />
E’ altresì noto che nell’ambito florovivaistico intratteniamo scambi commerciali<br />
principalmente con Spagna, Germania e Olanda produttori o importatori di piantine<br />
dai paesi Sudafricani. E’ chiaro che con queste premesse diventa facile anche<br />
importare specie esotiche che oggi trovano le condizioni ideali per lo sviluppo ma<br />
non gli antagonisti naturali importanti per l’equilibrio biologico.<br />
<strong>Il</strong> <strong>licenide</strong> <strong>dei</strong> <strong>gerani</strong> nel nostro paese è diventato un vero killer: nelle regioni<br />
d’origine l’European Plant Protection Organization (EPPO) lo ha già inserito<br />
nell’elenco A2 delle specie da quarantena.<br />
____________________________________________________________________<br />
-BIBLIOGRAFIA<br />
-AA.VV. Metodologie e strumenti per la pianificazione e la gestione durevole<br />
dell’irrigazione in condizioni di siccità. ARPA SM , Bologna 2008.<br />
-AA.VV. <strong>Il</strong> territorio della provincia di Modena – analisi delle caratteristiche<br />
climatiche. Servizio Meteorologico Regionale, Bologna 1993.<br />
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-AA.VV. Cambiamenti climatici in valori medi ed estremi di temperatura e<br />
precipitazione in Emilia-Romagna. Quaderno tecnico ARPA-SMR n° 11/2003.<br />
- Camillo Pignataro, Salvatore Vicidomini. Progetto Cacyreus Italia.<br />
Museo naturalistico degli Alburni.<br />
- Leonardo Favilli, Giuseppe Manganelli. Life history of Cacyreus marshalli,south<br />
african species recently introduced into Italy (Lepidoptera Lycaenidae). In Bollettino<br />
Società Entomologica Italiana, 30 aprile 2006.<br />
- Pasquale Trematerra, Paolo Parenzan. Cacyreus marshalli, lepidottero in rapida<br />
diffusione sui <strong>gerani</strong>. In l’informatore agrario n° 31, Verona 2003.<br />
- Pasquale Trematerra, Alberto Zilli, Valentino Valentini, Paolo Mazzei. Cacyreus<br />
marshalli, un lepidottero sud africano dannoso ai <strong>gerani</strong> in Italia. In l’informatore<br />
fitopatologico 7-8- 1997.<br />
- Danila Lupi, Costanza Juicker. <strong>Il</strong> lepidottero Cacyreus marshalli minaccia le<br />
colture di <strong>gerani</strong>o. In Clamer informa n. 51-54.<br />
- Clark G. C. & Dickson C.G.C. Life histories of the South African Licaenid<br />
Butterflies Purnell. Cape town, 1971.<br />
- Sarto I Monteys V. & Masò A. Confirmacion de Cacyreus marshalli butler como<br />
nueva especie para la fauna Europea. Boletin de Sanidada vegetal, 1991.<br />
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