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<strong>da</strong> <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong><br />

dell’arte<br />

di Arnold Hauser<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 1


Edizione di riferimento:<br />

Arnold Hauser, <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte. Volume secondo.<br />

Rinascimento. Manierismo. Barocco, trad. <strong>it</strong>.<br />

di Anna Bovero, Einaudi, Torino 1955, 1956 e<br />

1987<br />

T<strong>it</strong>olo originale:<br />

Sozialgeschichte der Kunst und L<strong>it</strong>eratur, C. H. Beck,<br />

München<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 2


Indice<br />

IL RINASCIMENTO<br />

I. Il concetto di Rinascimento 4<br />

II. Pubblico di corte e pubblico borghese<br />

nel Quattrocento 18<br />

III. La posizione <strong>sociale</strong> dell’artista<br />

nel Rinascimento 56<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 3


il rinascimento<br />

Cap<strong>it</strong>olo primo<br />

Il concetto di Rinascimento<br />

Quanto di arb<strong>it</strong>rario ci sia nell’uso di dividere il<br />

Medioevo <strong>da</strong>ll’età moderna e quanto fluido sia il concetto<br />

di Rinascimento, lo si avverte soprattutto nella difficoltà<br />

che si incontra nell’inserire nell’una o nell’altra<br />

categoria personal<strong>it</strong>à come Petrarca e Boccaccio, Gentile<br />

<strong>da</strong> Fabriano e il Pisanello, Jean Fouquet e Jan van<br />

Eyck. Se si vuole, Dante e Giotto appartengono già al<br />

Rinascimento, Shakespeare e Molière, ancora al Medioevo.<br />

Né si può metter senz’altro <strong>da</strong> parte l’opinione che<br />

la vera e propria svolta si compia solo nel Settecento e<br />

l’età moderna cominci con l’Illuminismo, l’idea del progresso<br />

e l’industrializzazione 1 . Converrà piuttosto anticipare<br />

questa fon<strong>da</strong>mentale cesura s<strong>it</strong>uandola fra la<br />

prima e la secon<strong>da</strong> metà del Medioevo, cioè alla fine del<br />

secolo xii, quando rinasce l’economia monetaria, sorgono<br />

le nuove c<strong>it</strong>tà e la moderna borghesia acquista i suoi<br />

caratteristici lineamenti: in nessun modo comunque sarà<br />

<strong>da</strong> porre nel Quattrocento, epoca in cui molte cose giungono<br />

a maturazione, ma non comincia quasi nulla di<br />

nuovo. La nostra concezione naturalistica e scientifica<br />

è in sostanza una creazione del Rinascimento, ma il<br />

primo impulso a quel nuovo orientamento, nel quale<br />

questa nuova concezione ha la sua radice, è stato <strong>da</strong>to<br />

<strong>da</strong>l nominalismo medievale. L’interesse per l’individual<strong>it</strong>à,<br />

la ricerca della legge naturale, il senso della fedeltà<br />

alla natura nell’arte e nella letteratura non cominciano<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 4


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

affatto con il Rinascimento. Il naturalismo quattrocentesco<br />

non fa che continuare il naturalismo gotico, in cui<br />

già è manifesta l’interpretazione individuale delle cose<br />

individuali. E se gli apologeti del Rinascimento vogliono<br />

vederne un preannuncio o una prefigurazione in tutto<br />

quanto nel Medioevo è spontaneo, progressivo e personale,<br />

se per il Burckhardt già la poesia dei vagantes è una<br />

prima manifestazione rinascimentale, e Walter Pater<br />

scorge un’espressione del Rinascimento in un’opera<br />

ancor cosí intimamente medievale come il chante-fable<br />

di Aucassin et Nicolette, questo modo di interpretare<br />

non fa che mettere in luce, sia pure <strong>da</strong>l lato opposto,<br />

l’intima connessione e continu<strong>it</strong>à esistenti fra Medioevo<br />

e Rinascimento.<br />

Nel suo quadro del Rinascimento, il Burckhardt insiste<br />

soprattutto sul naturalismo e indica nel volgersi alla<br />

realtà empirica, nella «scoperta del mondo e dell’uomo»<br />

l’elemento essenziale della «rinasc<strong>it</strong>a». Cosí egli, come<br />

i piú dei suoi seguaci, non ha visto che nell’arte rinascimentale<br />

non il naturalismo in sé e per sé era nuovo,<br />

bensí solo il suo aspetto scientifico, metodico, integrale;<br />

che non l’osservazione e l’analisi della realtà superavano<br />

i concetti medievali, ma solo la coerente consapevolezza<br />

con cui il <strong>da</strong>to empirico era registrato e analizzato;<br />

che il fatto rilevante del Rinascimento è stato<br />

insomma non che l’artista sia diventato un osservatore<br />

della natura, bensí che l’opera d’arte sia diventata uno<br />

«studio della natura». Il naturalismo gotico comincia<br />

quando le rappresentazioni dell’arte cessano di essere<br />

esclusivamente simboli e acquistano senso e valore<br />

anche senza un preciso rapporto con la realtà trascendente,<br />

come pure riproduzioni delle cose terrene. Le<br />

sculture di Chartres e di Reims – per quanto fosse<br />

ancora cosí palese in esse la visione oltremon<strong>da</strong>na – si<br />

distinsero <strong>da</strong>lle opere romaniche per il loro senso immanente,<br />

separabile <strong>da</strong>lla loro significazione metafisica.<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 5


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

violento perverso, quale lo dipinge la storia del costume<br />

rinascimentale; e se questo «malvagio tiranno» sia mai<br />

stato altro che il sedimento di reminiscenze lasciato<br />

<strong>da</strong>lle letture classiche degli umanisti 12 .<br />

In questa concezione sensualistica del Rinascimento<br />

amoralismo ed estetismo s’intrecciavano in una maniera<br />

piú propria della psicologia ottocentesca che di quella<br />

rinascimentale. La visione estetica del mondo, che fu<br />

tipica dell’età romantica, non si esauriva affatto in un<br />

culto dell’arte e dell’artista, implicava anzi una nuova<br />

impostazione, secondo cr<strong>it</strong>eri estetici, di tutti i problemi<br />

della v<strong>it</strong>a. Ogni <strong>da</strong>to reale diveniva per essa il substrato<br />

di un’esperienza artistica, e la v<strong>it</strong>a stessa un’opera<br />

d’arte, in cui ogni elemento non era che uno stimolo<br />

per i sensi. I peccatori, i tiranni e i malvagi del Rinascimento<br />

apparivano ad essa come grandi, p<strong>it</strong>toresche,<br />

impressionanti figure, protagonisti a<strong>da</strong>tti al color<strong>it</strong>o<br />

sfondo dell’epoca. Quella generazione che, ebbra di bellezza<br />

e avi<strong>da</strong> di morte, voleva morire «incoronata di<br />

pampini», era ben pronta e disposta a perdonare ogni<br />

cosa di un’epoca che si avvolgeva nell’oro e nella porpora,<br />

trasformava la v<strong>it</strong>a in una splendi<strong>da</strong> festa, e in cui,<br />

come si pretendeva, anche il semplice popolo si entusiasmava<br />

per le piú squis<strong>it</strong>e opere d’arte. La realtà storica<br />

corrispondeva ben poco a questo sogno d’esteti, e<br />

ancor meno all’immagine del superuomo in figura di<br />

tiranno. Il Rinascimento fu duro e freddo, pratico e<br />

tutt’altro che romantico; anche sotto questo rispetto<br />

non differiva troppo <strong>da</strong>l tardo Medioevo.<br />

I caratteri che l’individualismo liberale e l’estetismo<br />

sensualistico hanno attribu<strong>it</strong>o al Rinascimento, in parte<br />

non gli si a<strong>da</strong>ttano affatto, in parte convengono anche<br />

al tardo Medioevo. Pare che il lim<strong>it</strong>e sia qui piuttosto<br />

geografico e nazionale che storico. Nei casi discutibili<br />

– ad esempio, quelli del Pisanello e dei van Eyck – si<br />

riferiranno al Rinascimento i fenomeni del Sud, al<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 6


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

Medioevo quelli del Settentrione. Le spaziose rappresentazioni<br />

dell’arte <strong>it</strong>aliana, con il libero movimento<br />

delle loro figure pur nell’impianto un<strong>it</strong>ario della costruzione,<br />

appaiono rinascimentali; l’angustia spaziale della<br />

p<strong>it</strong>tura fiamminga, le sue figure timide, un po’ goffe, i<br />

suoi accessori meticolosamente accumulati, la sua leggiadra<br />

tecnica mil<strong>it</strong>aristica, <strong>da</strong>nno invece senz’altro<br />

l’impressione di qualcosa di medievale. Ma se anche qui<br />

si può concedere un certo peso ai fattori costanti dello<br />

sviluppo, cioè al carattere etnico e nazionale dei gruppi<br />

che gui<strong>da</strong>no la cultura, non si dovrebbe dimenticare<br />

che l’ammissione di un fattore di questo genere significa<br />

in sostanza una rinunzia al proprio ufficio di storici:<br />

ed è rinuncia questa cui si deve consentire piú<br />

tardi possibile. Per lo piú si scopre infatti che tali fattori<br />

presunti costanti non sono che sedimentazioni di<br />

certi stadi dello sviluppo storico, o il frettoloso surrogato<br />

di condizioni storiche che non si sono in<strong>da</strong>gate, ma<br />

che sono perfettamente in<strong>da</strong>gabili. Comunque, il carattere<br />

individuale delle razze e delle nazioni ha nelle singole<br />

epoche della storia un significato di volta in volta<br />

diverso. Nel Medioevo è insignificante, poiché in quell’epoca<br />

la grande collettiv<strong>it</strong>à cristiana è cosa ben piú<br />

reale che non l’individual<strong>it</strong>à dei singoli popoli. Ma sul<br />

finire del Medioevo, al feu<strong>da</strong>lesimo, comune a tutto<br />

l’Occidente, e alla cavalleria internazionale, alla Chiesa<br />

universale e alla sua cultura un<strong>it</strong>aria, subentrano la<br />

borghesia nazionale con il suo patriottismo c<strong>it</strong>tadino, le<br />

sue forme economiche e sociali diverse <strong>da</strong> luogo a luogo,<br />

le anguste sfere d’interessi delle c<strong>it</strong>tà e delle province,<br />

il particolarismo dei principati e le varietà del volgare.<br />

Solo allora il carattere nazionale ed etnico emerge piú<br />

decisamente come fattore distintivo; e il Rinascimento<br />

appare come quella forma storica particolare in cui lo<br />

spir<strong>it</strong>o della nazione <strong>it</strong>aliana si individua <strong>da</strong>l fondo dell’un<strong>it</strong>à<br />

culturale europea.<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 7


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

Col Rinascimento le cose cambiano solo nel senso che<br />

il simbolismo metafisico svanisce del tutto e l’artista si<br />

lim<strong>it</strong>a sempre piú risolutamente e coscientemente a rappresentare<br />

il mondo sensibile. Nella misura in cui la<br />

società e l’economia si sciolgono <strong>da</strong>lle catene della dottrina<br />

ecclesiastica, anche l’arte si volge sempre piú libera<br />

all’immediata realtà; ma il naturalismo non è certo<br />

una nov<strong>it</strong>à del Rinascimento, cosí come non lo è l’economia<br />

mercantile.<br />

Fu il liberalismo ottocentesco ad affermare che il<br />

Rinascimento ha scoperto la natura: in realtà quando<br />

esso contrappose al Medioevo quest’epoca schietta e<br />

amante della natura, lo fece anz<strong>it</strong>utto per polemica contro<br />

il Romanticismo. Quando il Burckhardt sostiene che<br />

la «scoperta del mondo e dell’uomo» è opera del Rinascimento,<br />

la sua tesi è un attacco alla reazione romantica<br />

e insieme una difesa contro la propagan<strong>da</strong> ch’essa<br />

conduceva servendosi del Medioevo. La teoria dello<br />

spontaneo naturalismo rinascimentale ha la stessa fonte<br />

di quella che considera conquiste del Quattrocento la<br />

lotta contro lo spir<strong>it</strong>o di autor<strong>it</strong>à e di gerarchia, l’ideale<br />

della libertà di pensiero e di coscienza, l’emancipazione<br />

dell’individuo e il principio democratico. In questo<br />

quadro la luce dei tempi nuovi contrasta <strong>da</strong>ppertutto<br />

con le tenebre medievali.<br />

Il rapporto di questo concetto del Rinascimento con<br />

l’ideologia del liberalismo, appare, ancor piú chiaramente<br />

che in Burckhardt, in Michelet; a lui si deve la<br />

formula della «découverte du monde et de l’homme» 2 .<br />

Già il modo in cui egli sceglie i suoi eroi – unendo Rabelais,<br />

Montaigne, Shakespeare e Cervantes a Colombo,<br />

Copernico, Lutero e Calvino 3 ; il fatto che persino in<br />

Brunelleschi egli ve<strong>da</strong> solo il distruttore del gotico, e<br />

consideri il Rinascimento essenzialmente come l’inizio<br />

di quel processo evolutivo che si concluderà con la v<strong>it</strong>toria<br />

dell’idea di libertà e ragione, mostra che ciò che<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 8


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

gl’importava era anz<strong>it</strong>utto trovarvi l’albero genealogico<br />

del liberalismo. Anche per lui si trattava della lotta contro<br />

il clericalismo e di quella lotta per il libero pensiero<br />

che già aveva rivelato agli illuministi del secolo xviii il<br />

loro contrasto con il Medioevo e la loro affin<strong>it</strong>à con il<br />

Rinascimento. Infatti tanto per Bayle (Dict. hist. et cr<strong>it</strong>.,<br />

IV) quanto per Voltaire (Essai sur les moeurs et l’espr<strong>it</strong> des<br />

nations, cap. 121), il Rinascimento era indiscutibilmente<br />

irreligioso, e tale si è continuato a considerarlo fino<br />

ad oggi, benché in realtà fosse soltanto anticlericale,<br />

antiscolastico, antiascetico, ma niente affatto miscredente.<br />

Le idee sulla salvezza, sulla v<strong>it</strong>a futura, sulla<br />

redenzione, sul peccato originale, che impegnavano tutta<br />

la v<strong>it</strong>a spir<strong>it</strong>uale dell’uomo medievale, diventano, sí,<br />

«puramente secon<strong>da</strong>rie» nel Rinascimento 4 , ma dell’assenza<br />

di ogni sentimento religioso non si può certo parlare.<br />

Perché «se si tenta, – come nota Ernst Walser, –<br />

di considerare con metodo puramente induttivo la v<strong>it</strong>a<br />

e il pensiero delle personal<strong>it</strong>à piú significative del Quattrocento,<br />

come Coluccio Salutati, Poggio Bracciolini,<br />

Leonardo Bruni, Lorenzo Valla, Lorenzo il Magnifico o<br />

Luigi Pulci, di regola si dà il caso strano che quelli che<br />

si considerano i segni caratteristici [dell’irreligios<strong>it</strong>à del<br />

Rinascimento] non si r<strong>it</strong>rovano nella persona studiata...»<br />

5 . Il Rinascimento non era neppur cosí ostile all’autor<strong>it</strong>à,<br />

come affermarono illuministi e liberali. Si attaccavano<br />

i chierici, ma si risparmiava la Chiesa come ist<strong>it</strong>uzione,<br />

e nella misura in cui la sua autor<strong>it</strong>à si restringeva,<br />

la si sost<strong>it</strong>uiva con quella degli antichi.<br />

Il radicalismo della concezione illuministica del Rinascimento<br />

si acuì ancora verso la metà del secolo scorso,<br />

per influsso delle lotte per la libertà 6 . La battaglia contro<br />

la reazione ricorreva al ricordo delle repubbliche <strong>it</strong>aliane<br />

del Rinascimento e incoraggiava l’idea che il loro<br />

splendore culturale fosse in rapporto con l’emancipazione<br />

dei loro c<strong>it</strong>tadini 7 . In Francia fu il giornalismo<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 9


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

antinapoleonico, in Italia quello anticlericale ad aiutare<br />

l’acuirsi e il diffondersi di questa concezione 8 , e ad essa<br />

poi si attennero tanto gli storici borghesi-liberali quanto<br />

quelli socialisti. Il Rinascimento ancor oggi si celebra<br />

nei due campi come la grande lotta della ragione per la<br />

libertà e come il trionfo dello spir<strong>it</strong>o individuale 9 , mentre,<br />

in ver<strong>it</strong>à, né l’idea del «libero esame» fu un portato<br />

del Rinascimento 10 , né l’idea della personal<strong>it</strong>à era<br />

completamente estranea al Medioevo; l’individualismo<br />

del Rinascimento era nuovo, non come fenomeno, ma<br />

solo come programma cosciente, come strumento di<br />

lotta e grido di guerra.<br />

Nel suo concetto di Rinascimento il Burckhardt collega<br />

l’individualismo a una visione sensuale della v<strong>it</strong>a,<br />

l’idea dell’autodeterminazione della personal<strong>it</strong>à all’accentuata<br />

protesta contro l’ascesi medievale, l’esaltazione<br />

della natura al nuovo vangelo della gioia di vivere e<br />

dell’«emancipazione della carne». Da questa connessione<br />

di concetti sorge – in parte sotto l’influsso dell’immoralismo<br />

romantico di Heinse e anticipando Nietzsche<br />

e il suo amorale culto dell’eroe 11 – l’immagine ben<br />

nota del Rinascimento come età senza scrupoli, violenta<br />

e gaudente, un’immagine i cui tratti libertini non<br />

hanno veramente alcun diretto rapporto con la visione<br />

liberale del Rinascimento, ma sarebbero inconcepibili<br />

senza il liberalismo e l’individualismo ottocentesco.<br />

Infatti è proprio <strong>da</strong>l disagio della morale borghese e<br />

<strong>da</strong>lla ribellione contro di essa, che venne quella corrente<br />

di esuberante paganesimo che trovava nella rappresentazione<br />

degli eccessi del Rinascimento un surrogato<br />

a piaceri mancati. In tale quadro il condottiere, con la sua<br />

demoniaca brama di piaceri e la sua sfrenata volontà di<br />

potenza, diventava il prototipo del peccatore irresistibile,<br />

che nella fantasia dei moderni consumava tutte le<br />

impossibili mostruos<strong>it</strong>à del sogno borghese. Ci si è<br />

doman<strong>da</strong>to con ragione se sia esist<strong>it</strong>o in realtà questo<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 10


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

I tratti piú caratteristici dell’arte del Quattrocento<br />

<strong>it</strong>aliano sono la libertà e scioltezza nei modi espressivi,<br />

originali sia rispetto al Medioevo sia rispetto al Nord,<br />

la grazia e l’eleganza, il rilievo statuario, la linea ampia,<br />

piena di v<strong>it</strong>a. Tutto vi è chiaro e sereno, r<strong>it</strong>mico e melodico.<br />

La rigi<strong>da</strong>, misurata solenn<strong>it</strong>à dell’arte medievale<br />

svanisce per cedere il posto a un linguaggio libero, limpido,<br />

ben articolato; e in confronto persino l’arte franco-borgognona<br />

dell’epoca pare abbia «un tono fon<strong>da</strong>mentalmente<br />

fosco, un fasto barbarico, forme bizzarre<br />

e sovraccariche» 13 . Con il suo vivo senso per i rapporti<br />

semplici e grandiosi, per la misura e l’ordine, la plastic<strong>it</strong>à<br />

monumentale e la sal<strong>da</strong> costruzione, il Quattrocento<br />

anticipa – nonostante occasionali durezze e una certa<br />

dispersione che spesso ancora non riesce a superare – i<br />

principî stilistici del pieno Rinascimento. E proprio questa<br />

immanenza del «classico» nel preclassico divide nettamente<br />

le creazioni del primo Rinascimento <strong>it</strong>aliano<br />

<strong>da</strong>ll’arte del tardo Medioevo e <strong>da</strong>lla contemporanea arte<br />

del Nord. Quello «stile ideale» che unisce Giotto a Raffaello,<br />

domina l’arte di Donatello e di Masaccio, di<br />

Andrea del Castagno e di Piero della Francesca, di<br />

Signorelli e del Perugino; e nessun artista <strong>it</strong>aliano del<br />

primo Rinascimento sfugge del tutto al suo influsso.<br />

L’elemento essenziale di questa concezione artistica è il<br />

principio dell’un<strong>it</strong>à, la forza dell’effetto complessivo –<br />

o almeno la tendenza all’un<strong>it</strong>à e l’aspirazione a un effetto<br />

un<strong>it</strong>ario, pur moltiplicando forme e colori. Di fronte<br />

alle creazioni artistiche del tardo Medioevo, un’opera<br />

del Rinascimento par sempre una cosa di getto, nella<br />

quale un carattere di continu<strong>it</strong>à lega l’insieme, e la rappresentazione,<br />

per quanto ricca, appare sostanzialmente<br />

come qualcosa di semplice e di omogeneo.<br />

La forma tipica dell’arte gotica è invece l’addizione.<br />

Sia che l’opera consti di piú parti relativamente indipendenti,<br />

o che di parti non si possa propriamente par-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 11


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

lare, che si tratti di p<strong>it</strong>tura o di scultura, di poema o di<br />

dramma, prevale sempre l’espansione sull’accentramento,<br />

la coordinazione sulla subordinazione, la serie aperta<br />

sulla chiusa forma geometrica. Le opere gotiche, o le<br />

parti di esse, sono come tappe e momenti di una via che<br />

ci porta a una visione per cosí dire panoramica della<br />

realtà, quasi una rassegna, e non già un’immagine unilaterale,<br />

coerente, dominata <strong>da</strong> un unico ed esclusivo<br />

punto di vista. La p<strong>it</strong>tura predilige la rappresentazione<br />

ciclica, il dramma tende a mettere in scena tutti gli episodi<br />

della vicen<strong>da</strong> e favorisce, anziché l’accentrarsi dell’azione<br />

in pochi momenti cr<strong>it</strong>ici, il succedersi delle<br />

scene, dei personaggi e dei temi. Quel che conta nell’arte<br />

gotica non è il punto di vista soggettivo, non la volontà<br />

creatrice, che si afferma nel piegare decisamente a sé la<br />

materia, ma proprio la ricchezza dei motivi che si trovano<br />

dispersi nella realtà e di cui artista e pubblico non<br />

arrivano mai a saziarsi. L’arte gotica conduce l’occhio <strong>da</strong><br />

un particolare all’altro e, come si è notato, lo porta a leggere<br />

l’una dopo l’altra le parti della scena; l’arte del<br />

Rinascimento, invece, non consente indugi sul particolare,<br />

non lascia separare alcun elemento <strong>da</strong>l complesso<br />

figurativo, obbliga anzi a cogliere simultaneamente tutte<br />

le parti 14 . Come la prospettiva centrale nella p<strong>it</strong>tura,<br />

cosí nel dramma l’un<strong>it</strong>à spaziale e temporale della scena<br />

è il mezzo specifico della visione simultanea. Il nuovo<br />

modo di concepire lo spazio, e quindi l’arte in generale,<br />

si rivela soprattutto nella consapevolezza improvvisa<br />

dell’incompatibil<strong>it</strong>à dell’illusione artistica con lo scenario<br />

medievale, fatto di quadri indipendenti 15 . Il<br />

Medioevo, che pensava lo spazio come un aggregato di<br />

elementi e quindi scomponibile in questi, non solo presentava<br />

l’una accanto all’altra le diverse scene di un<br />

dramma, ma permetteva agli attori di rimaner sul palco<br />

per tutta la durata della rappresentazione, cioè anche<br />

quando non erano di scena. Infatti lo spettatore, come<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 12


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

non guar<strong>da</strong>va il tratto di palcoscenico sul quale in un<br />

certo momento non si rec<strong>it</strong>ava, cosí trascurava la presenza<br />

degli attori che in quel momento non agissero. Al<br />

Rinascimento pare impossibile che si possa sezionare in<br />

questo modo l’attenzione. Il mutamento di sensibil<strong>it</strong>à si<br />

palesa in modo inequivocabile nello Scaligero, che trova<br />

appunto ridicolo che «i personaggi non lascino mai il palcoscenico<br />

e quelli che tacciono non sian considerati presenti»<br />

16 . Per la nuova estetica l’opera d’arte cost<strong>it</strong>uisce<br />

un tutto indivisibile: l’intero campo d’azione del palcoscenico<br />

deve offrirsi allo spettatore alla prima occhiata,<br />

appunto come lo spazio di un dipinto costru<strong>it</strong>o secondo<br />

la prospettiva centrale 17 . Ma l’evolversi dell’arte <strong>da</strong>lla<br />

successione alla simultane<strong>it</strong>à implica una minor comprensione<br />

per quelle «regole del gioco» tac<strong>it</strong>amente<br />

accettate su cui, in ultima analisi, riposa ogni illusione<br />

artistica. Perché, se il Rinascimento trova assurdo che<br />

sulla scena «si faccia come se non si potesse udire ciò che<br />

l’uno dice dell’altro» 18 , benché i personaggi siano gli uni<br />

accanto agli altri, questo può considerarsi segno di un<br />

piú evoluto verismo, ma senza dubbio implica un certo<br />

declino dell’immaginazione. Comunque, l’arte del Rinascimento<br />

deve soprattutto a questa un<strong>it</strong>arietà della rappresentazione<br />

l’effetto di total<strong>it</strong>à, cioè l’apparenza di un<br />

mondo naturale, equilibrato, autonomo, e quindi la sua<br />

maggior ver<strong>it</strong>à rispetto al Medioevo. L’evidenza della<br />

rappresentazione, la sua verosimiglianza, la sua forza di<br />

persuasione risiedono anche qui – come spesso avviene<br />

– nell’intima logica dell’immagine, nella concor<strong>da</strong>nza<br />

di tutti gli elementi, ben piú che nella loro corrispondenza<br />

con la realtà esteriore.<br />

L’Italia con la sua arte un<strong>it</strong>ariamente concep<strong>it</strong>a anticipa<br />

il classicismo rinascimentale, come anticipa l’evoluzione<br />

cap<strong>it</strong>alistica dell’Occidente con il suo razionalismo<br />

economico. Infatti il Quattrocento è essenzialmente<br />

<strong>it</strong>aliano, mentre sono comuni a tutta l’Europa il Cin-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 13


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

quecento e il Manierismo. La nuova cultura artistica si<br />

afferma prima in Italia, perché questo paese precede<br />

l’Occidente anche sul piano economico e <strong>sociale</strong>: di qui<br />

infatti s’inizia la rinasc<strong>it</strong>a dell’economia, qui trovano la<br />

loro organizzazione tecnica, soprattutto per quanto<br />

riguar<strong>da</strong> il finanziamento e i trasporti, le Crociate 19 ; qui<br />

comincia a svilupparsi la libera concorrenza in contrasto<br />

con la struttura corporativa del Medioevo, e qui<br />

nasce la prima organizzazione bancaria d’Europa 20 . Non<br />

solo, ma qui la borghesia urbana si emancipa prima che<br />

altrove anche perché fin <strong>da</strong>ll’inizio feu<strong>da</strong>lesimo e cavalleria<br />

vi erano meno sviluppati che al Nord, e la nobiltà<br />

terriera molto presto si è trasfer<strong>it</strong>a in c<strong>it</strong>tà, assimilandosi<br />

completamente all’aristocrazia del denaro; infine, qui<br />

dove i monumenti superst<strong>it</strong>i sono visibili a tutti non si<br />

è mai interamente perduta la tradizione classica. Si sa<br />

quale importanza sia stata attribu<strong>it</strong>a a quest’ultimo fattore<br />

nelle teorie sull’origine del Rinascimento. Sembrava<br />

infatti la cosa piú semplice ricondurre a un unico,<br />

diretto influsso esteriore l’inizio di quel nuovo stile cosí<br />

difficilmente definibile. Si dimenticava per altro che<br />

nella storia un influsso esterno non è mai la ragione<br />

ultima di un mutamento spir<strong>it</strong>uale, perché un influsso<br />

diventa attivo solo quando già esistono le premesse per<br />

accoglierlo. La sua stessa attual<strong>it</strong>à dev’essere spiegata:<br />

non è quindi un influsso a poter spiegare come diventino<br />

attuali i fenomeni concom<strong>it</strong>anti. Se dunque l’antich<strong>it</strong>à<br />

<strong>da</strong> un certo momento cominciò a essere ben altrimenti<br />

efficace che prima non fosse, occorre anz<strong>it</strong>utto<br />

chiederci perché sia avvenuto questo mutamento, perché<br />

a un tratto la stessa cosa abbia prodotto reazioni<br />

nuove. Ma questa doman<strong>da</strong> è altrettanto ampia, generica<br />

e difficile quanto quella iniziale, cioè perché e come<br />

il Rinascimento sia diverso <strong>da</strong>l Medioevo. La sensibil<strong>it</strong>à<br />

all’antico fu solo un sintomo, essa aveva radici profonde<br />

in fenomeni sociali, esattamente come il rifiuto del-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 14


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

l’antico al principio dell’era cristiana. Ma neppure il<br />

suo valore di sintomo dovrà esser sopravvalutato. Certo<br />

gli uomini dell’epoca avevano chiara coscienza di una<br />

rinasc<strong>it</strong>a e, con essa, il senso del rinnovamento provocato<br />

<strong>da</strong>llo spir<strong>it</strong>o classico, ma questo lo aveva anche il<br />

Trecento 21 . Invece di c<strong>it</strong>ar Dante e Petrarca come precursori,<br />

sarà meglio – come hanno fatto gli avversari<br />

della teoria classicista – rintracciare l’origine medievale<br />

di questa idea di rinasc<strong>it</strong>a e dedurne la continu<strong>it</strong>à fra<br />

Medioevo e Rinascimento.<br />

I piú noti sosten<strong>it</strong>ori di uno sviluppo ininterrotto <strong>da</strong>l<br />

Medioevo al Rinascimento assegnano un valore decisivo<br />

al movimento francescano, collegando la sensibil<strong>it</strong>à<br />

lirica, il senso della natura e l’individualismo, di Dante<br />

e di Giotto, e anche dei maestri piú tardi, con il soggettivismo<br />

e l’interior<strong>it</strong>à del nuovo spir<strong>it</strong>o religioso; e<br />

contestano che la «scoperta» dell’antich<strong>it</strong>à classica abbia<br />

potuto provocare, nel Quattrocento, una frattura nell’evoluzione<br />

che già era in corso 22 . Questa connessione<br />

del Rinascimento con la cultura della cristian<strong>it</strong>à medievale<br />

e il passaggio senza fratture <strong>da</strong>l Medioevo ai tempi<br />

nuovi, è stata sostenuta anche partendo <strong>da</strong> altre posizioni.<br />

Per Konrad Bur<strong>da</strong>ch il cosiddetto fon<strong>da</strong>mento<br />

pagano del Rinascimento è pura leggen<strong>da</strong> 23 , e Carl Neumann<br />

non solo afferma che esso sorge «<strong>da</strong>lle immense<br />

energie susc<strong>it</strong>ate <strong>da</strong>ll’educazione cristiana», che l’individualismo<br />

e il realismo del Quattrocento sono «l’ultima<br />

parola dell’uomo medievale giunto a matur<strong>it</strong>à», ma<br />

sostiene anche che l’im<strong>it</strong>azione dell’arte e della letteratura<br />

classiche, che già aveva portato all’irrigidimento<br />

della civiltà bizantina, anche nel Rinascimento fu piú<br />

una remora che uno stimolo 24 . Infine Louis Courajod<br />

giunge a negare ogni intimo rapporto fra antich<strong>it</strong>à classica<br />

e Rinascimento, e interpreta questo come lo spontaneo<br />

rinnovarsi del gotico franco-fiammingo 25 . Neppur<br />

questi studiosi, però, che pure affermano la prosecuzio-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 15


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

ne senza fratture del Medioevo nel Rinascimento, si<br />

rendono conto che la connessione delle due epoche sta<br />

essenzialmente nella continu<strong>it</strong>à del loro sviluppo economico-<strong>sociale</strong>,<br />

né intendono che lo spir<strong>it</strong>o francescano,<br />

messo in evidenza <strong>da</strong>l Thode, l’individualismo medievale<br />

del Neumann, o il naturalismo del Courajod hanno<br />

la loro origine prima in quel dinamismo <strong>sociale</strong> che segna<br />

la fine dell’economia curtense e muta il volto dell’Occidente.<br />

Il Rinascimento intensifica questo processo di sviluppo<br />

dell’economia e della società medievale verso il<br />

cap<strong>it</strong>alismo solo per l’indirizzo razionalistico che vi<br />

porta, indirizzo che d’ora in poi sarà predominante in<br />

tutta la v<strong>it</strong>a intellettuale e materiale. E ad esso si ispirano<br />

anche i principî che di qui in avanti saranno normativi<br />

per l’arte: la coerente un<strong>it</strong>à dello spazio e delle<br />

proporzioni, l’accentrarsi della rappresentazione su di un<br />

solo tema principale e l’ordinarsi della composizione in<br />

una forma immediatamente afferrabile. Vi si esprime la<br />

stessa avversione per tutto quel che sfugge al calcolo e<br />

alla prova, che si r<strong>it</strong>rova nell’economia del tempo, che<br />

appezza il metodo, il calcolo, la convenienza; lo stesso<br />

spir<strong>it</strong>o che pervade l’organizzazione del lavoro, la tecnica<br />

commerciale e bancaria, la contabil<strong>it</strong>à a part<strong>it</strong>a<br />

doppia, i metodi di governo, la diplomazia e la strategia<br />

26 . Tutta l’evoluzione artistica s’inserisce nel generale<br />

processo razionalizzatore. L’irrazionale perde ogni<br />

efficacia. «Bello» appare l’accordo logico fra le singole<br />

parti di un tutto, l’armonia dei rapporti che si esprime<br />

in numeri, il r<strong>it</strong>mo matematico della composizione, la<br />

scomparsa delle contraddizioni nei rapporti tra le figure<br />

e lo spazio e tra le singole parti di esso. E <strong>da</strong>to che la<br />

prospettiva centrale non è in sostanza che la riduzione<br />

dello spazio in termini matematici, e la giusta proporzione<br />

un ordinare in sistema le singole forme di un quadro,<br />

cosí a poco a poco tutti i cr<strong>it</strong>eri del valore artistico<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 16


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

e le leggi dell’arte si subordinano a motivi razionali.<br />

Questa tendenza non è affatto peculiare dell’arte <strong>it</strong>aliana;<br />

ma al Nord assume aspetti piú grossolani che in Italia,<br />

si fa piú materiale, piú ingenua. Un caratteristico<br />

esempio transalpino della nuova concezione artistica è<br />

la Madonna londinese di Robert Campin: nel fondo,<br />

l’orlo superiore di un parafuoco è anche il nimbo della<br />

Vergine. Il p<strong>it</strong>tore sfrutta una coincidenza formale per<br />

accor<strong>da</strong>re con la realtà consueta un elemento irrazionale<br />

e irreale, e sebbene sia evidente ch’egli è fermamente<br />

persuaso tanto della realtà soprasensibile del nimbo<br />

quanto della realtà sensibile del parafuoco, il solo fatto<br />

ch’egli cre<strong>da</strong> di far piú attraente l’opera sua <strong>da</strong>ndo al<br />

fenomeno una giustificazione naturale, è il segno di<br />

un’epoca nuova, se pur già <strong>da</strong> tempo in gestazione.<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 17


Cap<strong>it</strong>olo secondo<br />

Pubblico di corte e pubblico borghese<br />

nel Quattrocento<br />

L’arte del Rinascimento ha il suo pubblico nella borghesia<br />

urbana e nella società delle corti principesche.<br />

Quanto al gusto, i due ceti hanno molti punti di contatto,<br />

nonostante l’originaria differenza. L’arte borghese<br />

conserva ancora elementi cortesi del gotico; e, in piú,<br />

con il rinnovarsi dei costumi cavallereschi, che del resto<br />

mai avevano perduto una loro attrattiva per i ceti inferiori,<br />

nuove forme di tipico gusto cortese vengono accolte<br />

<strong>da</strong>lla borghesia. D’altro canto neppure gli ambienti di<br />

corte possono sottrarsi al dominante realismo razionalistico<br />

della borghesia e finiscono per collaborare al cost<strong>it</strong>uirsi<br />

di una visione del mondo e dell’arte che ha le sue<br />

piú profonde radici nella v<strong>it</strong>a urbana. Alla fine del Quattrocento<br />

le due correnti sono cosí commiste, che anche<br />

un’arte profon<strong>da</strong>mente borghese, come quella fiorentina,<br />

finisce per assumere un carattere piú o meno aulico.<br />

Ma questo fenomeno non fa che riflettere la generale<br />

evoluzione e lascia intravvedere il cammino che <strong>da</strong>lla<br />

democrazia comunale porta al principato assoluto.<br />

Già nel secolo xi sorgono in Italia piccole repubbliche<br />

marinare, come Venezia, Amalfi, Pisa e Genova,<br />

indipendenti <strong>da</strong>i feu<strong>da</strong>tari circostanti. Nel secolo<br />

seguente si cost<strong>it</strong>uiscono altri liberi Comuni, fra gli altri<br />

Milano, Lucca, Firenze, Verona, e si formano organismi<br />

statali socialmente piuttosto indifferenziati, retti <strong>da</strong>l<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 18


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

principio dell’uguaglianza fra i c<strong>it</strong>tadini, che eserc<strong>it</strong>ano<br />

il commercio o le industrie. Ma presto divampa la lotta<br />

fra i Comuni e i feu<strong>da</strong>tari del contado, lotta che finisce<br />

con la v<strong>it</strong>toria dei c<strong>it</strong>tadini. La nobiltà terriera s’inurba<br />

e cerca di adeguarsi alla struttura <strong>sociale</strong> ed economica<br />

della c<strong>it</strong>tà. Ma quasi contemporaneamente s’accende<br />

anche un’altra lotta, assai piú dura e non cosí presto<br />

decisa. È la duplice lotta di classe, <strong>da</strong> un lato fra l’alta<br />

e la piccola borghesia, <strong>da</strong>ll’altro fra la borghesia nel suo<br />

complesso e il proletariato. La c<strong>it</strong>tadinanza, che nella<br />

lotta contro il nemico comune, la nobiltà, era ancora<br />

un<strong>it</strong>a, non appena l’avversario pare sconf<strong>it</strong>to si scinde<br />

in gruppi mossi <strong>da</strong> opposti interessi, che si fan guerra nel<br />

modo piú spietato. Le prim<strong>it</strong>ive democrazie già alla fine<br />

del secolo xii si sono trasformate in autocrazie mil<strong>it</strong>ari.<br />

Non sappiamo esattamente quale sia stata la causa di tale<br />

evoluzione né si può dire con sicurezza se siano state le<br />

faide delle furenti fazioni nobiliari, o i confl<strong>it</strong>ti di classe<br />

all’interno della borghesia, o forse i due fenomeni<br />

insieme, a rendere necessaria l’ist<strong>it</strong>uzione del «podestà»,<br />

di un magistrato cioè superiore ai part<strong>it</strong>i; <strong>da</strong>ppertutto,<br />

comunque, a un periodo di lotte di parte, prima o poi<br />

succede la signoria. I signori o eran membri di locali<br />

dinastie, come gli Estensi a Ferrara; o vicari imperiali,<br />

come i Visconti a Milano; o condottieri, come il loro successore,<br />

Francesco Sforza; o nipoti di papi, come i Riario<br />

a Forlí e i Farnese a Parma; o c<strong>it</strong>tadini autorevoli,<br />

come i Medici a Firenze, i Bentivoglio a Bologna, i<br />

Baglioni a Perugia. In molti luoghi la signoria si fa ered<strong>it</strong>aria<br />

fin <strong>da</strong>l Duecento; altrove, specie a Firenze e a<br />

Venezia, si mantiene l’antico ordinamento repubblicano,<br />

almeno nella forma; ma <strong>da</strong>ppertutto il sorgere delle<br />

Signorie segna la fine dell’antica libertà. Il libero Comune<br />

appare una forma pol<strong>it</strong>ica antiquata 27 . I c<strong>it</strong>tadini,<br />

impegnati negli affari, non sono piú avvezzi alle armi e<br />

affi<strong>da</strong>no la guerra a impresari mil<strong>it</strong>ari e a sol<strong>da</strong>ti di<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 19


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

mestiere, come sono appunto i condottieri e le loro truppe.<br />

Dappertutto il signore è il coman<strong>da</strong>nte diretto o<br />

indiretto delle truppe 28 .<br />

La storia di Firenze è tipica per tutte le c<strong>it</strong>tà <strong>it</strong>aliane<br />

dove non si giunge ancora a una soluzione dinastica<br />

e quindi non si sviluppa una v<strong>it</strong>a di corte. Non che l’economia<br />

cap<strong>it</strong>alistica a Firenze si sia sviluppata prima<br />

che in molte altre c<strong>it</strong>tà, ma qui i singoli stadi dell’evoluzione<br />

si distinguono piú nettamente e le cause dei<br />

confl<strong>it</strong>ti di classe che ne conseguono risultano con piú<br />

evidenza che altrove 29 . Anz<strong>it</strong>utto nel caso di Firenze si<br />

può seguire con piú esattezza che in altri Comuni il processo<br />

attraverso il quale l’alta borghesia, per mezzo delle<br />

Arti, giunge a impadronirsi del potere pol<strong>it</strong>ico, usandolo<br />

poi per accrescere la sua preponderanza economica.<br />

Dopo la morte di Federico II le Arti, protette <strong>da</strong>i Guelfi,<br />

conquistano il Comune e strappano il governo al<br />

podestà. Si cost<strong>it</strong>uisce il «primo popolo», «la prima<br />

associazione pol<strong>it</strong>ica consciamente illeg<strong>it</strong>tima e rivoluzionaria»<br />

30 che elegge il proprio «cap<strong>it</strong>ano». Formalmente<br />

questi è sottoposto al podestà, ma di fatto è il piú<br />

influente funzionario dello stato: non solo dispone di<br />

tutta la milizia popolare, non solo decide tutte le controversie<br />

in materia di tasse, ma eserc<strong>it</strong>a anche «una specie<br />

di dir<strong>it</strong>to tribunizio di protezione e di inchiesta» in<br />

tutti i casi di lagnanze contro la prepotenza di un nobile<br />

31 . Cosí si spezza il predominio della gente di spa<strong>da</strong> e<br />

la nobiltà feu<strong>da</strong>le viene esclusa <strong>da</strong>l governo della repubblica.<br />

È la prima decisiva v<strong>it</strong>toria della borghesia nella<br />

storia moderna, un avvenimento che ricor<strong>da</strong> il trionfo<br />

della democrazia greca sulla tirannide. Dieci anni dopo<br />

la nobiltà riesce a riprendersi il potere, ma ormai la borghesia<br />

non ha che <strong>da</strong> affi<strong>da</strong>rsi alla corrente del tempo,<br />

che la risolleva sempre sulle onde tempestose. Verso il<br />

1270 si ha la prima alleanza fra l’aristocrazia del sangue<br />

e quella del denaro, e si prepara cosí il regime di quel<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 20


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

ceto plutocratico che determinerà tutta la storia di<br />

Firenze.<br />

Intorno al 1280 l’alta borghesia dispone interamente<br />

del potere, ch’essa eserc<strong>it</strong>a principalmente attraverso<br />

il consiglio dei Priori delle Arti. Questi dominano<br />

tutto il meccanismo pol<strong>it</strong>ico e tutto l’apparato amministrativo<br />

e, poiché formalmente sono i rappresentanti<br />

delle Arti, Firenze può dirsi una c<strong>it</strong>tà corporativa 32 . Le<br />

corporazioni economiche si son trasformate intanto in<br />

leghe pol<strong>it</strong>iche. Tutti i dir<strong>it</strong>ti effettivi del c<strong>it</strong>tadino si<br />

fon<strong>da</strong>no ormai sull’appartenenza a una delle corporazioni<br />

legalmente riconosciute. Chi non appartiene ad<br />

alcuna organizzazione professionale non è c<strong>it</strong>tadino di<br />

pieno dir<strong>it</strong>to. I magnati sono esclusi <strong>da</strong>l priorato, qualora<br />

non eserc<strong>it</strong>ino un’industria come i borghesi, o almeno<br />

pro forma non appartengano a un’Arte. Il che certo<br />

non vuol dire che tutti i c<strong>it</strong>tadini di pieno dir<strong>it</strong>to abbiano<br />

pol<strong>it</strong>icamente lo stesso peso; la signoria delle Arti non<br />

è che la d<strong>it</strong>tatura della borghesia cap<strong>it</strong>alistica raccolta<br />

nelle sette Arti maggiori. Come veramente sia nata la<br />

distinzione di grado fra le Arti non sappiamo; certo è<br />

che la si trova già defin<strong>it</strong>a nei primi documenti della storia<br />

economica fiorentina 33 . I confl<strong>it</strong>ti qui non scoppiano,<br />

come per lo piú nelle c<strong>it</strong>tà tedesche, fra le Arti e il<br />

ceto, non organizzato, dei patrizi, ma fra l’uno e l’altro<br />

gruppo delle Arti 34 . Di fronte a quello del Nord, il patriziato<br />

di Firenze ha fin <strong>da</strong>ll’inizio il vantaggio d’essere<br />

fortemente organizzato, alla pari dei ceti medi. Le Arti,<br />

in cui sono associati il commercio all’ingrosso, la grande<br />

industria e le banche, si sviluppano in vere società di<br />

imprend<strong>it</strong>ori, in cartelli. Data la grande potenza di queste<br />

Arti l’alta borghesia può servirsi dell’intero apparato<br />

dell’organizzazione corporativa per opprimere le classi<br />

inferiori e anz<strong>it</strong>utto per ribassare i salari.<br />

Il Trecento è pieno dei confl<strong>it</strong>ti di classe fra la borghesia<br />

che è padrona delle Arti e il proletariato che ne<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 21


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

è escluso. Questo è toccato nel punto piú sensibile <strong>da</strong>l<br />

divieto d’associazione che ostacola ogni azione collettiva<br />

per la difesa degli interessi e qualifica come atto rivoluzionario<br />

ogni movimento di sciopero. L’operaio è ora<br />

il sudd<strong>it</strong>o, privo di ogni dir<strong>it</strong>to, di uno stato classista in<br />

cui la classe cap<strong>it</strong>alistica, priva di scrupoli morali, è piú<br />

inumana di quanto sia mai stata prima o dopo nella storia<br />

occidentale 35 . La condizione è tanto piú disperata, in<br />

quanto non si ha assolutamente coscienza che si tratta<br />

di vera e propria lotta di classe, non si intende il proletariato<br />

come una classe <strong>sociale</strong> e si definiscono i salariati<br />

senza mezzi semplicemente come i «poveri», «che ci<br />

debbono pur essere». La floridezza economica, che in<br />

parte si deve a questa oppressione dei ceti inferiori, fra<br />

il 1328 e il ’38 tocca l’apogeo; poi segue la bancarotta<br />

dei Bardi e dei Peruzzi che provoca una grave crisi<br />

finanziaria e un generale ristagno. Il prestigio dell’oligarchia<br />

ne subisce un contraccolpo gravissimo: essa deve<br />

piegarsi prima alla signoria del duca d’Atene, poi a un<br />

governo popolare essenzialmente piccolo-borghese – il<br />

primo del genere in Firenze. Come già era accaduto ad<br />

Atene tanti secoli prima, poeti e scr<strong>it</strong>tori parteggiano<br />

per la classe signorile, parlando con il massimo disprezzo<br />

– come fanno Boccaccio e Villani – del regime dei<br />

bottegai e dei manovali. I quarant’anni successivi, fino<br />

alla repressione del tumulto dei Ciompi, sono l’unico<br />

momento <strong>da</strong>vvero democratico della storia di Firenze –<br />

breve intermezzo fra due lunghi periodi di plutocrazia.<br />

Veramente, anche ora è soltanto la volontà del medio<br />

ceto che riesce a imporsi, le grandi masse operaie debbono<br />

ricorrere ancora agli scioperi e alle rivolte. Il<br />

tumulto dei Ciompi del 1378 è il solo di tali moti rivoluzionari<br />

di cui si abbia precisa notizia; e certo è anche<br />

il piú importante. Soltanto con esso si raggiungono le<br />

condizioni fon<strong>da</strong>mentali della democrazia economica. Il<br />

popolo caccia i priori, crea tre nuove Arti che rappre-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 22


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

sentano gli operai e i piccoli borghesi, e instaura un<br />

governo popolare che procede anz<strong>it</strong>utto a una revisione<br />

delle tasse. Il tumulto, che in sostanza è una sollevazione<br />

del quarto stato e tende a una d<strong>it</strong>tatura del proletariato<br />

36 , in due mesi viene sconf<strong>it</strong>to <strong>da</strong>gli elementi moderati,<br />

coalizzati con l’alta borghesia, ma ancora per tre<br />

anni assicura ai ceti inferiori l’effettiva partecipazione<br />

al governo. La storia di questo tempo non solo prova che<br />

gli interessi del proletariato erano inconciliabili con quelli<br />

della piccola borghesia, ma permette di riconoscere<br />

quale grave errore abbia commesso la classe operaia,<br />

proponendosi un mutamento rivoluzionario della produzione<br />

nel quadro ormai antiquato delle Arti 37 . I grandi<br />

commercianti invece e i grandi industriali riconobbero<br />

assai piú rapi<strong>da</strong>mente che le Arti eran diventate un<br />

ostacolo al progresso e cercarono di affrancarsene. Cosí<br />

esse verranno assumendo funzioni sempre piú culturali<br />

e sempre meno pol<strong>it</strong>iche, finché non saranno del tutto<br />

sacrificate alla libera concorrenza.<br />

Rovesciato il governo popolare, si r<strong>it</strong>orna al punto di<br />

prima. Torna a predominare il «popolo grasso», con l’unica<br />

differenza che il potere non è piú eserc<strong>it</strong>ato <strong>da</strong>ll’intera<br />

classe, ma solo <strong>da</strong> alcune potenti famiglie e che<br />

il loro predominio non verrà piú seriamente minacciato.<br />

Nel secolo seguente, appena si avverte un moto sovversivo,<br />

anche minimamente pericoloso per la classe<br />

dominante, lo si reprime sub<strong>it</strong>o e, in ver<strong>it</strong>à, senza fatica<br />

38 . Dopo il dominio relativamente breve degli Alberti,<br />

dei Capponi, degli Uzzano, degli Albizzi e della loro<br />

fazione, il potere passa infine ai Medici. D’ora in poi<br />

parlare di democrazia sarà ancor meno giustificato.<br />

Anche se finora solo una parte della borghesia godeva<br />

di veri dir<strong>it</strong>ti pol<strong>it</strong>ici e privilegi economici, questo ceto<br />

tuttavia, almeno nell’amb<strong>it</strong>o proprio, eserc<strong>it</strong>ava il potere<br />

con una certa equ<strong>it</strong>à e in complesso con mezzi corretti.<br />

I Medici invece sopprimono anche questa demo-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 23


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

crazia pur cosí lim<strong>it</strong>ata, snaturandola intimamente. Ora,<br />

quando si tratta degli interessi della classe dominante,<br />

non si mutano piú le ist<strong>it</strong>uzioni, ma semplicemente se<br />

ne abusa; si manipolano le elezioni, si corrompono o si<br />

intimidiscono i funzionari, si fan muovere i priori come<br />

marionette. Si parla di democrazia, ma è in realtà la d<strong>it</strong>tatura<br />

non ufficiale del capo di una d<strong>it</strong>ta familiare, che<br />

si spaccia per un semplice c<strong>it</strong>tadino e si nasconde dietro<br />

le forme impersonali di un’apparente repubblica. Nel<br />

1433 Cosimo è costretto <strong>da</strong>i suoi rivali all’esilio, fatto<br />

ben noto nella storia fiorentina; ma l’anno dopo, tornato<br />

in c<strong>it</strong>tà, riprende a eserc<strong>it</strong>are il suo potere senza il<br />

minimo impedimento. Si fa rieleggere gonfaloniere per<br />

due mesi, dopo aver già due volte ricoperto tale ufficio;<br />

cosí che la sua attiv<strong>it</strong>à pubblica di governo ha in tutto<br />

la durata di sei mesi. In realtà, attraverso uomini di<br />

paglia, stando fra le quinte, egli domina la c<strong>it</strong>tà senza<br />

dign<strong>it</strong>à speciali, né t<strong>it</strong>oli, né uffici, né autor<strong>it</strong>à, semplicemente<br />

con mezzi illegali. Cosí a Firenze già nel Quattrocento<br />

all’oligarchia succede una larvata tirannide, <strong>da</strong><br />

cui nasce piú tardi senz’alcun attr<strong>it</strong>o il principato vero<br />

e proprio 39 . Il fatto che i Medici nella lotta contro i loro<br />

rivali si alleino alla piccola borghesia, non muta nulla<br />

nella sostanza. La signoria medicea può anche camuffarsi<br />

in forme patriarcali, ma per natura è piú faziosa e arb<strong>it</strong>raria<br />

del governo oligarchico. Lo stato continua ad essere<br />

il sostegno di interessi privati; la democrazia di Cosimo<br />

sta tutta nel fatto ch’egli lascia che altri governi per<br />

lui e, se possibile, impiega energie fresche e giovani 40 .<br />

Con la calma e la stabil<strong>it</strong>à, benché imposte a forza<br />

alla maggioranza della popolazione, cominciò per Firenze,<br />

<strong>da</strong>ll’inizio del Quattrocento, una nuova floridezza<br />

economica, che durante la v<strong>it</strong>a di Cosimo non fu interrotta<br />

<strong>da</strong> alcuna crisi importante. Qua e là ci furono<br />

sospensioni di lavoro, ma insignificanti e di breve durata.<br />

Firenze toccò l’acme della sua potenza economica. Di<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 24


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

qui s’inviavano ogni anno sedicimila pezze di stoffa a<br />

Venezia, in trans<strong>it</strong>o; inoltre gli esportatori fiorentini<br />

usavano anche il porto di Pisa, ormai soggiogata, e <strong>da</strong>l<br />

1421 quello di Livorno, acquistato per centomila fiorini.<br />

È naturale che Firenze an<strong>da</strong>sse fiera della sua potenza<br />

e che il ceto dominante, che ne traeva gran prof<strong>it</strong>to,<br />

ci tenesse, come già la borghesia ateniese, a far mostra<br />

del proprio potere e della propria ricchezza. Dal 1425<br />

Ghiberti lavora alla splendi<strong>da</strong> porta orientale del Battistero;<br />

nell’anno dell’acquisto di Livorno, s’incarica Brunelleschi<br />

di progettare la cupola del duomo. Firenze<br />

deve diventare una secon<strong>da</strong> Atene. I mercanti fiorentini<br />

si fanno boriosi, vogliono affrancarsi <strong>da</strong>ll’estero, pensano<br />

all’autarchia, cioè a elevare il consumo interno adeguandolo<br />

alla produzione 41 .<br />

L’originaria struttura del cap<strong>it</strong>alismo <strong>it</strong>aliano è<br />

sostanzialmente mutata nel corso del Tre e del Quattrocento.<br />

Sulla prim<strong>it</strong>iva avid<strong>it</strong>à di gua<strong>da</strong>gno è venuta<br />

prevalendo l’idea della convenienza, del metodo, del<br />

calcolo, e il razionalismo, che fin <strong>da</strong>gli inizi distingueva<br />

l’economia di prof<strong>it</strong>to, si è fatto assoluto. Lo spir<strong>it</strong>o di<br />

intraprendenza dei pionieri ha perduto i suoi caratteri<br />

romantici, avventurosi, pirateschi; il predone è diventato<br />

un organizzatore e un computista, un mercante<br />

previdente nei calcoli e circospetto nella condotta degli<br />

affari. Nell’economia del Rinascimento non era nuovo<br />

in sé il principio di organizzare razionalmente l’attiv<strong>it</strong>à<br />

economica, né il semplice fatto di abbandonare prontamente<br />

un sistema tradizionale di produzione non appena<br />

se ne sperimentasse uno migliore, piú rispondente<br />

allo scopo; nuova invece fu la sistematica coerenza con<br />

cui la tradizione venne sacrificata alla razional<strong>it</strong>à, la<br />

spregiudicatezza con cui ogni fattore della v<strong>it</strong>a economica<br />

venne obiettivamente valutato e trasformato in<br />

una part<strong>it</strong>a di contabil<strong>it</strong>à. Solo questa completa razionalizzazione<br />

permise di far fronte ai nuovi comp<strong>it</strong>i crea-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 25


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

ti <strong>da</strong>ll’aumento degli scambi. L’incremento della produzione<br />

esigeva un piú intenso sfruttamento della mano<br />

d’opera, una piú precisa divisione del lavoro e la graduale<br />

meccanizzazione dei metodi: non si trattava soltanto<br />

d’introdurre macchine, ma anche di rendere<br />

impersonale il lavoro umano, valutando il lavoratore<br />

unicamente a secon<strong>da</strong> del rendimento. Nulla meglio<br />

rivela la mental<strong>it</strong>à economica del nuovo tempo di questo<br />

realismo che riduce l’uomo al suo rendimento e questo<br />

al suo valore in denaro, al salario; il realismo per cui,<br />

in altre parole, l’operaio si riduce a semplice elemento<br />

di un complicato sistema d’investimenti e prof<strong>it</strong>ti, di<br />

possibil<strong>it</strong>à di gua<strong>da</strong>gno o di perd<strong>it</strong>a, di attiv<strong>it</strong>à e passiv<strong>it</strong>à.<br />

Ma il razionalismo del tempo si esprime anche e<br />

soprattutto nel carattere in complesso commerciale che<br />

ha assunto ormai l’economia della c<strong>it</strong>tà, un tempo essenzialmente<br />

artigiana. E questa trasformazione consiste<br />

non soltanto nel fatto che nell’attiv<strong>it</strong>à dell’imprend<strong>it</strong>ore<br />

il fattore manuale perde importanza e prevalgono<br />

invece il calcolo e la speculazione 42 ; ma anche nell’affermarsi<br />

del principio per cui non è necessario produrre<br />

altre merci per produrre altri valori. Ciò che è caratteristico<br />

della nuova economia è quel senso che essa ha<br />

della natura f<strong>it</strong>tizia, mutevole, del prezzo di mercato<br />

sempre legato alle congiunture, la consapevolezza che il<br />

valore di una merce non è affatto una costante, anzi fluttua<br />

di continuo, e che il suo livello non dipende <strong>da</strong>lla<br />

buona o <strong>da</strong>lla cattiva volontà del mercante, ma <strong>da</strong> congiunture<br />

obiettive. Come dimostra il concetto del «giusto<br />

prezzo» e gli scrupoli sul <strong>da</strong>re a interesse, nel<br />

Medioevo si considerava il valore come una qual<strong>it</strong>à<br />

sostanziale, stabilmente inerente alla merce; solo con il<br />

cost<strong>it</strong>uirsi di un’economia commerciale se ne scopre la<br />

reale natura, la sostanziale relativ<strong>it</strong>à e il carattere estraneo<br />

ad ogni considerazione morale.<br />

Nello spir<strong>it</strong>o cap<strong>it</strong>alistico del Rinascimento entrano<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 26


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

insieme la passione degli affari e le cosiddette «virtú<br />

borghesi»: amor del gua<strong>da</strong>gno e operos<strong>it</strong>à, frugal<strong>it</strong>à e<br />

rispettabil<strong>it</strong>à 43 . Ma anche il nuovo sistema etico non fa<br />

che rispecchiare la generale tendenza razionalizzatrice.<br />

Il borghese infatti segue pos<strong>it</strong>ive considerazioni d’interesse<br />

anche là dove pare che si tratti solo del suo prestigio;<br />

e per rispettabil<strong>it</strong>à egli intende solid<strong>it</strong>à commerciale<br />

e buon nome; lealtà, nel suo linguaggio, significa<br />

solvibil<strong>it</strong>à. Soltanto nella secon<strong>da</strong> metà del Quattrocento<br />

questi principî di v<strong>it</strong>a pos<strong>it</strong>iva e razionale cedono<br />

all’ideale del rentier e solo allora la v<strong>it</strong>a del borghese assume<br />

caratteri signorili. Il processo si svolge in tre tappe.<br />

Al «tempo eroico del cap<strong>it</strong>alismo» l’aspetto saliente dell’imprend<strong>it</strong>ore<br />

è quello del combattivo predone, dell’au<strong>da</strong>ce<br />

avventuriero che fi<strong>da</strong> solo in se stesso e non si<br />

a<strong>da</strong>tta alla relativa sicurezza dell’economia medievale.<br />

L’ab<strong>it</strong>ante delle c<strong>it</strong>tà a quei tempi combatte realmente<br />

contro la nobiltà nemica, i Comuni rivali e le inosp<strong>it</strong>i<br />

c<strong>it</strong>tà marinare. Quando a queste lotte segue una relativa<br />

tranquill<strong>it</strong>à e i traffici convogliati per vie sicure permettono<br />

ed esigono una produzione piú sistematica e piú<br />

intensa, il tipo del borghese perde a poco a poco i suoi<br />

caratteri romantici; tutta la sua v<strong>it</strong>a si disciplina in una<br />

regola ragionevole, coerente, metodica. Ma, consegu<strong>it</strong>a<br />

la sicurezza economica, la disciplina della morale borghese<br />

si allenta, e si cede con soddisfazione crescente<br />

agli ideali dell’ozio e della bella v<strong>it</strong>a. Il borghese si avvicina<br />

a uno stile di v<strong>it</strong>a irrazionale proprio quando i principi,<br />

che ormai pensano secondo cr<strong>it</strong>eri fiscali, cominciano<br />

ad ispirarsi a norme non diverse <strong>da</strong> quelle professionali<br />

di un solido mercante, probo e solvibile 44 . La<br />

corte e la borghesia s’incontrano a mezza stra<strong>da</strong>. I principi<br />

diventano sempre piú progressisti, mostrandosi<br />

anche nella loro attiv<strong>it</strong>à culturale non meno innovatori<br />

dell’alta borghesia; questa per contro si fa sempre piú<br />

conservatrice e favorisce un’arte che torna agli ideali<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 27


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

della cavalleria e dello spir<strong>it</strong>ualismo gotico, o per meglio<br />

dire – poiché essi non sono mai scomparsi del tutto <strong>da</strong>ll’arte<br />

– torna a metterli in rilievo.<br />

Giotto è il primo maestro del naturalismo in Italia.<br />

Gli antichi autori, Villani, Boccaccio, e anche Vasari,<br />

non senza ragione sottolineano l’irresistibile efficacia<br />

della sua fedeltà al vero sui contemporanei; e non per<br />

nulla contrappongono il suo stile alla rigidezza e all’artificio<br />

della maniera bizantina, allora ancor largamente<br />

diffusa. Noi siamo ab<strong>it</strong>uati a confrontare la chiarezza e<br />

la semplic<strong>it</strong>à, la logica e la precisione del suo linguaggio<br />

con il naturalismo ulteriore, piú frivolo e meschino; ci<br />

sfugge cosí l’immenso progresso che l’arte di Giotto ha<br />

significato nella rappresentazione immediata delle cose,<br />

com’egli cioè abbia saputo <strong>da</strong>r forma e narrare tutto<br />

quello che prima di lui era semplicemente inesprimibile<br />

con mezzi p<strong>it</strong>torici. Cosí egli è divenuto per noi il rappresentante<br />

della grande forma classica, severamente<br />

regolare, mentre in realtà egli fu anz<strong>it</strong>utto il maestro di<br />

un’arte borghese, semplice, logica, sobria, che trae la sua<br />

classic<strong>it</strong>à <strong>da</strong>ll’ordine e <strong>da</strong>lla sintesi che sa imporre alle<br />

impressioni immediate, <strong>da</strong>lla sua visione razionale e<br />

semplificatrice della realtà e non già <strong>da</strong> un astratto idealismo.<br />

Si è voluto scoprire nell’opera sua una volontà di<br />

ricreare l’antico, ma egli in realtà non volle esser che un<br />

narratore breve e preciso, e il suo rigore formale non si<br />

deve interpretare come fred<strong>da</strong> astrazione, ma come incisiva<br />

drammatic<strong>it</strong>à. La sua visione artistica nasce <strong>da</strong> un<br />

mondo borghese relativamente ancor modesto, sebbene<br />

già ben consoli<strong>da</strong>to in senso cap<strong>it</strong>alistico. La sua attiv<strong>it</strong>à<br />

si svolge nel periodo di floridezza economica che sta fra<br />

l’avvento delle Arti al potere e la bancarotta dei Bardi<br />

e dei Peruzzi, in quel primo grande periodo di civiltà<br />

borghese che vide sorgere gli edifici piú splendidi della<br />

Firenze medievale: Santa Maria Novella e Santa Croce,<br />

Palazzo Vecchio, il Duomo e il Campanile. L’arte di<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 28


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

Giotto è rigorosa e obiettiva come la mental<strong>it</strong>à dei suoi<br />

comm<strong>it</strong>tenti che vogliono prosperare e dominare, ma<br />

non <strong>da</strong>nno ancora uno speciale valore alla pompa e allo<br />

sfarzo. L’arte fiorentina dopo di lui è diventata piú<br />

naturale nel senso moderno, perché piú scientifica; ma<br />

nel Rinascimento nessun artista è stato mai piú onesto<br />

di lui nello sforzo di essere vero e diretto nella rappresentazione<br />

del reale.<br />

Tutto il Trecento è sotto il segno del naturalismo<br />

giottesco. Veramente qua e là ci sono ancora manifestazioni<br />

di stile arretrato che non sanno liberarsi <strong>da</strong>lle<br />

forme stereotipe dell’antica tradizione pre-giottesca; ci<br />

sono correnti in r<strong>it</strong>ardo, anzi reazionarie, che si attengono<br />

allo stile ieratico del Medioevo, ma l’orientamento<br />

naturalistico è quello prevalente nel gusto dell’epoca.<br />

La prima grande rielaborazione del naturalismo giottesco<br />

avviene a Siena, donde esso penetra nel Nord, specialmente<br />

per il tram<strong>it</strong>e di Simone Martini e dei suoi<br />

affreschi nel Palazzo papale di Avignone 45 . Per un<br />

momento Siena è alla testa dell’evoluzione artistica,<br />

mentre Firenze perde assai terreno. Giotto muore nel<br />

1337; la crisi finanziaria provocata <strong>da</strong>i grandi fallimenti<br />

comincia nel 1339; la squalli<strong>da</strong> tirannide del duca<br />

d’Atene è degli anni 1342-43; nel 1346 ha luogo una<br />

grave sommossa; il 1348 è l’anno della grande pestilenza,<br />

che infuria a Firenze ancor piú tremen<strong>da</strong> che altrove;<br />

fra la peste e il tumulto dei Ciompi, sono anni<br />

inquieti, pieni di torbidi e di rivolte; per l’arte è un<br />

tempo sterile. A Siena, dove la media borghesia ha maggior<br />

peso e dove le tradizioni sociali e religiose hanno<br />

radici piú profonde, l’evoluzione culturale non è turbata<br />

<strong>da</strong> crisi o <strong>da</strong> catastrofi, e il sentimento religioso può<br />

rivestire forme piú adeguate al tempo e suscettibili di<br />

maggiore sviluppo, appunto perché è ancora un sentimento<br />

vivo. Il maggior progresso sulla via aperta <strong>da</strong><br />

Giotto lo fa il senese Ambrogio Lorenzetti, il creatore<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 29


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

del paesaggio naturalistico e della veduta illusionistica di<br />

c<strong>it</strong>tà. Di fronte allo spazio di Giotto, che è, sí, un<strong>it</strong>ario<br />

e continuo, ma non mai piú profondo di uno scenario,<br />

egli crea, nella sua veduta di Siena, una prospettiva che<br />

supera ogni precedente del genere, non solo per la sua<br />

ampiezza, ma anche per il naturale collegamento delle<br />

diverse parti in un unico spazio. L’immagine di Siena è<br />

cosí fedele, che si riconosce ancora la parte della c<strong>it</strong>tà<br />

che serví come tema al p<strong>it</strong>tore; e sembra di poter camminare<br />

per quelle vie che fra i palazzi dei nobili e le case<br />

dei borghesi, fra le botteghe e i fon<strong>da</strong>chi si sno<strong>da</strong>no su<br />

per la collina.<br />

A Firenze l’evoluzione <strong>da</strong> principio non solo è piú<br />

lenta, ma anche meno un<strong>it</strong>aria che a Siena 46 . Essa si<br />

muove essenzialmente nel solco del naturalismo, ma<br />

certo non sempre nella stessa direzione dei Lorenzetti e<br />

della loro p<strong>it</strong>tura d’ambiente. Taddeo Gaddi, Bernardo<br />

Daddi, Spinello Aretino sono narratori ingenui quanto<br />

Ambrogio Lorenzetti; anch’essi con la loro tendenza<br />

all’ampiezza si rifanno alla tradizione giottesca e perseguono<br />

soprattutto la profond<strong>it</strong>à spaziale. Ma, accanto a<br />

questa corrente, a Firenze ce n’è un’altra importante,<br />

quella di Andrea Orcagna, Nardo di Cione e scolari,<br />

che, invece dell’intimo e spontaneo modo lorenzettiano,<br />

rimangono fedeli alla solenn<strong>it</strong>à ieratica del pieno<br />

Medioevo, conservandone la rigi<strong>da</strong> simmetria e il r<strong>it</strong>mo<br />

severo, il decorativismo piatto e la frontal<strong>it</strong>à, il principio<br />

dell’allineamento e dell’addizione. Tuttavia si è giustamente<br />

contestata la tesi che in tutto ciò sia <strong>da</strong> vedere<br />

soltanto una reazione al naturalismo 47 e si è ricor<strong>da</strong>to<br />

che il naturalismo in p<strong>it</strong>tura non sta tutto nella<br />

profond<strong>it</strong>à spaziale e nella forma libera <strong>da</strong>gli schemi<br />

geometrici: tra le sue conquiste sono anche quei «valori<br />

tattili», che il Berenson pregia appunto anche nell’Orcagna<br />

48 . Per il plastico rilievo e il peso statuario che<br />

dà alle sue figure, l’Orcagna rappresenta nella storia<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 30


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

dell’arte una corrente progressiva quanto quella dei<br />

Lorenzetti o di Taddeo Gaddi, con la loro ricerca di<br />

ampiezza e profond<strong>it</strong>à spaziale. La supposizione che qui<br />

si tratti di un arcaismo programmatico, <strong>da</strong> connettere<br />

all’influsso dei Domenicani, è sment<strong>it</strong>a nel modo piú<br />

palese <strong>da</strong>gli affreschi della Cappella degli Spagnoli nel<br />

chiostro di Santa Maria Novella: per quanto dedicate<br />

alla gloria dell’ordine domenicano, queste p<strong>it</strong>ture sono,<br />

per molti aspetti, tra le opere piú evolute dell’epoca.<br />

Nel Quattrocento Siena perde la sua posizione di<br />

gui<strong>da</strong> nella storia dell’arte. In primo piano torna Firenze,<br />

all’acme ora della sua potenza economica. Questa<br />

s<strong>it</strong>uazione invero, se non è la causa immediata della presenza<br />

e della singolar<strong>it</strong>à dei suoi grandi maestri, spiega<br />

comunque l’ininterrotto flusso delle ordinazioni e quindi<br />

l’emulazione attraverso la quale essi si fanno stra<strong>da</strong>.<br />

Ora Firenze è, con Venezia – che tuttavia ha uno sviluppo<br />

tutto particolare e resta un’eccezione – l’unico<br />

luogo in Italia dove si esplichi una cospicua attiv<strong>it</strong>à<br />

artistica di tendenze moderne, in complesso indipendente<br />

<strong>da</strong>llo stile tardogotico e aulico dell’Occidente<br />

europeo. Nella Firenze borghese <strong>da</strong> principio l’arte<br />

cavalleresca, importata di Francia, trova lim<strong>it</strong>ata comprensione,<br />

mentre viene adottata alle corti dell’alta Italia.<br />

Anche geograficamente questa regione è piú vicina<br />

all’Occidente, anzi confina direttamente con terr<strong>it</strong>ori di<br />

lingua francese. I romanzi cavallereschi di Francia vi si<br />

diffondono già nella secon<strong>da</strong> metà del Duecento e non<br />

solo vengono tradotti – come negli altri paesi d’Europa<br />

– e im<strong>it</strong>ati nell’idioma del paese, ma anche ripresi e<br />

sviluppati nella lingua originale. Si scrivono poemi epici<br />

in francese, come liriche nella lingua dei trovatori 49 . Le<br />

grandi c<strong>it</strong>tà mercantili dell’Italia centrale non sono<br />

certo isolate <strong>da</strong>ll’Occidente e <strong>da</strong>l Nord, e i loro mercanti,<br />

che reggono i traffici con la Francia e le Fiandre,<br />

introducono gli elementi della cultura cavalleresca<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 31


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

anche in Toscana; ma qui manca un pubblico veramente<br />

interessato sia ad una vera epopea cavalleresca,<br />

che ad una p<strong>it</strong>tura ispirata al romanticismo<br />

cortese-cavalleresco. Invece alle corti dei principi pa<strong>da</strong>ni,<br />

a Milano, Verona, Padova, Ravenna e in molte altre<br />

c<strong>it</strong>tà minori, dove dinasti e tiranni si uniformano strettamente<br />

agli esempi di Francia, non solo si continua a<br />

leggere con immutato entusiasmo il romanzo cavalleresco<br />

francese, non solo lo si copia e lo si im<strong>it</strong>a, ma lo si<br />

illustra nel gusto d’oltralpe 50 . L’attiv<strong>it</strong>à p<strong>it</strong>torica di queste<br />

corti per altro non si lim<strong>it</strong>a ai manoscr<strong>it</strong>ti miniati,<br />

ma si eserc<strong>it</strong>a anche in grandi cicli decorativi, che ugualmente<br />

traggono ispirazione <strong>da</strong>gli ideali cavallereschi di<br />

quei romanzi e attingono argomenti <strong>da</strong>lla stessa v<strong>it</strong>a di<br />

corte: battaglie e tornei, cacce e cavalcate, scene di<br />

gioco e di <strong>da</strong>nza, favole m<strong>it</strong>ologiche, soggetti biblici e<br />

storici, immagini di eroi antichi e moderni, allegorie<br />

delle Virtú cardinali, delle Arti liberali e soprattutto<br />

dell’amore, figurato o adombrato in mille modi. Queste<br />

p<strong>it</strong>ture seguono, nell’impostazione generale, i modi<br />

dell’arazzo <strong>da</strong> cui principalmente derivano, e al pari di<br />

questo mirano a un effetto di festoso splendore, soprattutto<br />

con lo sfarzo delle vesti e il contegno di cerimonia<br />

dei personaggi. Le figure sono rappresentate in pose<br />

convenzionali, ma non senza una relativa giustezza<br />

d’osservazione e una notevole disinvoltura di disegno:<br />

cosa che si comprende se si pensa che tale p<strong>it</strong>tura ha le<br />

sue radici in quello stesso naturalismo gotico <strong>da</strong> cui<br />

deriva anche l’arte borghese del tardo Medioevo. Basta<br />

pensare al Pisanello per intendere quanto il naturalismo<br />

rinascimentale deve a questi affreschi, ai loro sfondi di<br />

verzura, a quelle piante e a quegli animali colti con<br />

tanta vivac<strong>it</strong>à e dipinti con tanta sapienza. I pochi<br />

esempi che ancora si conservano in Italia di piú antica<br />

p<strong>it</strong>tura decorativa profana forse non risalgono oltre il<br />

primo Quattrocento, ma i cicli trecenteschi non dove-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 32


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

vano essere sostanzialmente diversi. Tali resti si trovano<br />

in Piemonte e in Lombardia, e tra essi sono <strong>da</strong> ricor<strong>da</strong>re<br />

quelli del castello della Manta, presso Saluzzo, e<br />

di casa Borromeo a Milano. Da fonti contemporanee<br />

sappiamo tuttavia che anche molte altre sedi principesche<br />

dell’alta Italia possedevano una ricca e fastosa<br />

decorazione p<strong>it</strong>torica; tra queste, la rocca di Cangrande<br />

a Verona e il castello dei Carraresi a Padova 51 .<br />

A differenza di quanto accadeva alle corti, nelle c<strong>it</strong>tà<br />

a governo comunale l’arte del Trecento era di carattere<br />

prevalentemente sacro. Solo nel Quattrocento ne mutano<br />

lo spir<strong>it</strong>o e lo stile; solo ora, rispondendo alle nuove<br />

esigenze dei privati e al generale orientamento razionalistico,<br />

essa prende carattere mon<strong>da</strong>no. Non solo si<br />

diffondono nuovi generi, come la p<strong>it</strong>tura di storia e il<br />

r<strong>it</strong>ratto, ma anche i soggetti sacri si riempiono di motivi<br />

profani. Certo anche cosí l’arte dei Comuni mantiene<br />

con la Chiesa e con la religione legami piú stretti che<br />

non l’arte delle Signorie e, almeno in questo, la borghesia<br />

è piú conservatrice della società di corte. Ma a<br />

metà del secolo anche nei Comuni, specialmente a Firenze,<br />

si possono notare nell’arte elementi cortesi e cavallereschi.<br />

I romanzi, diffusi <strong>da</strong>i giullari, penetrano fra la<br />

gente piú umile e in forma popolare giungono anche<br />

nelle c<strong>it</strong>tà toscane; frattanto essi perdono il loro idealismo<br />

originario diventando semplice letteratura amena 52 .<br />

È questa anz<strong>it</strong>utto a destar l’interesse dei p<strong>it</strong>tori locali<br />

con i suoi soggetti romanzeschi; vi si aggiunga poi il<br />

diretto influsso di artisti come Domenico Veneziano e<br />

Gentile <strong>da</strong> Fabriano, che provenendo <strong>da</strong>ll’alta Italia<br />

diffondono a Firenze il gusto di corte delle regioni settentrionali.<br />

Infine l’alta borghesia, ormai ricca e potente,<br />

comincia a far propri i costumi del mondo aristocratico<br />

e nella materia del romanzo cavalleresco non vede<br />

piú soltanto qualcosa di esotico, ma anche, in certo<br />

senso, dei modelli di v<strong>it</strong>a.<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 33


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

All’inizio del Quattrocento questa evoluzione in<br />

senso aulico si nota appena. I maestri della prima generazione,<br />

sopra tutti Masaccio e Donatello, son piú vicini<br />

all’arte severa di Giotto, tutta intesa all’un<strong>it</strong>à dello<br />

spazio e al rilievo statuario delle figure, che non al gusto<br />

prezioso delle corti o, anche, alle forme leggiadre e spesso<br />

indisciplinate della p<strong>it</strong>tura trecentesca. Dopo le scosse<br />

della crisi finanziaria, della peste e del tumulto dei<br />

Ciompi, questa generazione deve, si può dire, rifarsi <strong>da</strong>l<br />

principio. La borghesia, nei costumi come nel gusto, si<br />

mostra ora piú semplice, piú sobria e pur<strong>it</strong>ana di prima.<br />

A Firenze torna a dominare una mental<strong>it</strong>à obiettiva e<br />

realistica, aliena <strong>da</strong>l romanzesco; e contro la concezione<br />

aristocratica e cortese dell’arte un nuovo, fresco,<br />

robusto naturalismo riesce ad affermarsi, man mano che<br />

la borghesia torna a consoli<strong>da</strong>rsi. Quella di Masaccio e<br />

di Donatello giovane è l’arte di una società ancora in<br />

lotta, benché profon<strong>da</strong>mente ottimista e sicura della<br />

v<strong>it</strong>toria, è l’arte di un nuovo tempo eroico del cap<strong>it</strong>alismo,<br />

di una nuova epoca di conquistatori. Come nei<br />

provvedimenti pol<strong>it</strong>ici di quegli anni, cosí nel grandioso<br />

realismo dell’arte si esprime un fiducioso, se pur non<br />

sempre sereno, senso di forza. Scompare la fatua sensibil<strong>it</strong>à,<br />

il capriccioso linearismo, il decorativismo calligrafico<br />

della p<strong>it</strong>tura trecentesca. Le figure ridiventan piú<br />

solide, ferme, massicce, stan piú salde sulle gambe, si<br />

muovono piú libere e naturali nello spazio. Piuttosto<br />

compatte che fragili, rudi piuttosto che leggiadre, esprimono<br />

forza, energia, dign<strong>it</strong>à e serietà. Il senso del<br />

mondo e della v<strong>it</strong>a in quest’arte è sostanzialmente antigotico,<br />

cioè alieno <strong>da</strong>lla metafisica e <strong>da</strong>l simbolismo,<br />

<strong>da</strong>l romanzo e <strong>da</strong>l cerimoniale. Questa, almeno, è la<br />

tendenza prevalente, anche se non l’unica. La cultura<br />

artistica del Quattrocento <strong>it</strong>aliano in effetti è già cosí<br />

complicata, vi partecipano ceti cosí diversi per origine<br />

e per educazione, che è impossibile chiuderla in una<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 34


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

definizione che sia un<strong>it</strong>aria e possa valere per tutti i suoi<br />

aspetti. Accanto allo stile «rinascimentale», classicamente<br />

statuario, di Masaccio e di Donatello, sopravvive<br />

la tradizione dello spir<strong>it</strong>ualismo gotico, del decorativismo<br />

medievale: e non solo nell’arte dell’Angelico o di<br />

Lorenzo Monaco, ma anche nelle opere di artisti pur cosí<br />

innovatori come Andrea del Castagno e Paolo Uccello.<br />

In una società cosí economicamente differenziata e spir<strong>it</strong>ualmente<br />

complessa come quella del Rinascimento,<br />

una tendenza stilistica non scompare <strong>da</strong>ll’oggi al domani,<br />

anche quando il ceto a cui in origine eran destinati<br />

i suoi prodotti perde la sua potenza economica e pol<strong>it</strong>ica<br />

e deve cedere a un altro ceto la sua egemonia culturale<br />

o, mantenendola, ne muta l’orientamento. Lo stile<br />

spir<strong>it</strong>ualistico del Medioevo poteva anche apparire antiquato<br />

e brutto alla maggioranza della borghesia, ma era<br />

ancor quello che meglio rispondeva al sentimento religioso<br />

di una minoranza assai considerevole. In ogni<br />

civiltà evoluta accade che ceti sociali assai diversi fra<br />

loro e artisti ugualmente diversi, legati a questi ceti,<br />

generazioni differenti di consumatori e di produttori<br />

d’arte, giovani e vecchi, precursori ed epigoni vivano gli<br />

uni accanto agli altri, gli uni distinti <strong>da</strong>gli altri; ma in<br />

una civiltà relativamente antica come il Rinascimento le<br />

singole tendenze non arrivano a esprimersi in gruppi<br />

defin<strong>it</strong>i, esponenti di una sola tendenza, senza contaminazioni.<br />

La presenza di ant<strong>it</strong>etiche tendenze non può<br />

spiegarsi soltanto con la contigu<strong>it</strong>à delle generazioni, «la<br />

coesistenza degli uomini di età diversa» 53 ; spesso i dissidi<br />

si verificano all’interno di una stessa generazione:<br />

Donatello e l’Angelico, Masaccio e Domenico Veneziano<br />

son quasi coetanei, mentre Piero della Francesca, che<br />

è l’artista piú affine a Masaccio, è distinto <strong>da</strong> lui <strong>da</strong>llo<br />

spazio di una mezza generazione. Le antinomie si rivelano<br />

anche nello spir<strong>it</strong>o del singolo. In un artista come<br />

l’Angelico, Chiesa e mondo, Gotico e Rinascimento si<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 35


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

r<strong>it</strong>rovano indissolubilmente legati tra di loro, come nel<br />

Castagno, in Pesellino e nel Gozzoli razionalismo e fantasia<br />

romanzesca, gusto borghese e gusto aulico. È molto<br />

incerto il confine fra gli epigoni del gotico e i precursori<br />

di quel gusto romanzesco caro alla borghesia, che per<br />

tanti aspetti è ancora affine al gotico.<br />

Il naturalismo, che cost<strong>it</strong>uisce la tendenza fon<strong>da</strong>mentale<br />

dell’arte quattrocentesca, piú volte cambia stra<strong>da</strong>,<br />

in corrispondenza con gli sviluppi dell’evoluzione<br />

<strong>sociale</strong>. Il naturalismo di Masaccio, monumentale, antigoticamente<br />

semplice, teso anz<strong>it</strong>utto alla chiarezza dei<br />

rapporti spaziali e delle proporzioni, quello ridon<strong>da</strong>nte<br />

del Gozzoli, quasi p<strong>it</strong>tura di genere, e la sensibil<strong>it</strong>à psicologica<br />

del Botticelli corrispondono a tre diversi stadi<br />

nella storia della borghesia, che <strong>da</strong>lla semplic<strong>it</strong>à delle origini<br />

assurge via via a vera aristocrazia del denaro. Un<br />

motivo colto direttamente sul vero come l’«ignudo che<br />

triema» di Masaccio nella scena del battesimo alla cappella<br />

Brancacci è una rar<strong>it</strong>à al principio del Quattrocento,<br />

ma verso la metà del secolo sarebbe del tutto normale.<br />

Allora infatti questo gusto per ciò che è individuale,<br />

caratteristico e curioso, assume per la prima volta<br />

grande importanza e nasce allora l’idea di un mondo<br />

composto <strong>da</strong> pet<strong>it</strong>s fa<strong>it</strong>s vrais, che finora la storia dell’arte<br />

aveva ignorato. Episodi della v<strong>it</strong>a d’ogni giorno, scene<br />

di stra<strong>da</strong> e interni domestici, stanze di puerpere e fi<strong>da</strong>nzamenti,<br />

la nasc<strong>it</strong>a di Maria e la Vis<strong>it</strong>azione viste come<br />

scene di società, san Girolamo in un interno di casa borghese<br />

e le storie dei santi che si svolgono in mezzo al<br />

trambusto delle c<strong>it</strong>tà mercantili: ecco i soggetti del<br />

nuovo naturalismo. Ma sarebbe errato presumere che<br />

con tali figurazioni si volesse significare che «i santi non<br />

sono che uomini», e che la predilezione per i temi di v<strong>it</strong>a<br />

borghese fosse un segno di modestia; al contrario, si era<br />

fieri e soddisfatti di mostrar ogni particolare di quell’esistenza.<br />

Tuttavia i ricchi borghesi che ora s’interessa-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 36


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

no all’arte benché non disconoscano affatto la propria<br />

importanza, non vogliono apparire piú di quel che sono.<br />

Solo dopo la metà del secolo appaiono segni di un<br />

mutamento. Piero della Francesca rivela già una certa<br />

inclinazione alla solenne frontal<strong>it</strong>à e una preferenza per<br />

le forme auliche e di cerimonia. D’altronde egli lavora<br />

molto per i principi e subisce direttamente l’influsso<br />

delle convenzioni di corte. A Firenze però l’arte si mantiene,<br />

fino alla fine del secolo, libera in complesso <strong>da</strong><br />

convenzioni e <strong>da</strong> eccessivi formalismi, anche se indulge<br />

sempre piú a leggiadrie e preziosismi e tende innegabilmente<br />

a un tono sempre piú elegante e squis<strong>it</strong>o. È vero<br />

comunque che il pubblico di Antonio Pollaiolo e di<br />

Andrea del Verrocchio, del Botticelli e del Ghirlan<strong>da</strong>io<br />

non ha piú nulla in comune con quella borghesia pur<strong>it</strong>ana<br />

per cui avevano lavorato Masaccio e Donatello giovane.<br />

La differenza che corre fra Cosimo e Lorenzo de’<br />

Medici, la divers<strong>it</strong>à dei principî secondo cui essi eserc<strong>it</strong>ano<br />

il potere e organizzano la loro v<strong>it</strong>a privata ci <strong>da</strong>nno<br />

la misura della distanza che separa le due generazioni.<br />

Come, <strong>da</strong>i tempi di Cosimo, la repubblica, sia pur solo<br />

apparentemente democratica, si è venuta trasformando<br />

in vero e proprio principato, come il «primo c<strong>it</strong>tadino»<br />

e il suo segu<strong>it</strong>o sono diventati un principe e una corte,<br />

cosí pure <strong>da</strong>ll’antica borghesia proba e intenta al prof<strong>it</strong>to<br />

si è sviluppata una classe che vive di rend<strong>it</strong>a, disprezza<br />

il lavoro e il gua<strong>da</strong>gno e vuole godersi nell’ozio la ricchezza<br />

ered<strong>it</strong>ata <strong>da</strong>i padri. Cosimo era ancora essenzialmente<br />

un uomo d’affari; amava l’arte e la filosofia,<br />

si faceva costruir belle case e ville, si circon<strong>da</strong>va di artisti<br />

e di dotti, e, quando occorreva, non ignorava nemmeno<br />

il cerimoniale; ma il centro della sua v<strong>it</strong>a erano la<br />

banca e l’ufficio. Lorenzo non ha piú interesse agli affari<br />

del nonno e degli avi, li trascura e li man<strong>da</strong> in rovina;<br />

lo interessano solo gli affari di stato, i rapporti con<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 37


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

i monarchi d’Europa, la sua corte principesca, il suo<br />

ruolo di gui<strong>da</strong> intellettuale, l’accademia neoplatonica e<br />

quella artistica, la sua attiv<strong>it</strong>à di poeta e di mecenate.<br />

Esteriormente tutto ciò si svolge ancora in forme borghesi<br />

e patriarcali. Lorenzo non permette che alla sua<br />

persona e alla sua casa si attribuiscano pubblici onori; i<br />

r<strong>it</strong>ratti dei membri della famiglia servono sempre a usi<br />

privati, non altrimenti <strong>da</strong> quelli di ogni cospicuo c<strong>it</strong>tadino,<br />

e non sono destinati al pubblico, come, cent’anni<br />

piú tardi, le statue dei granduchi 54 .<br />

Il tardo Quattrocento è stato defin<strong>it</strong>o come la cultura<br />

di una «secon<strong>da</strong> generazione», la generazione cioè dei<br />

figli viziati e dei ricchi eredi; e il contrasto con la prima<br />

metà del secolo parve cosí deciso, che si credette di<br />

poter parlare di una cosciente reazione, di una voluta<br />

«restaurazione del gotico» e insomma di un «antirinascimento»<br />

55 . A questa tesi si obiettò giustamente che la<br />

tendenza che essa indicava come un r<strong>it</strong>orno al gotico<br />

non fa la sua comparsa solo nella secon<strong>da</strong> metà del Quattrocento,<br />

ne cost<strong>it</strong>uisce invece un aspetto piú o meno<br />

palese, ma costante 56 . Ma per quanto sia innegabile il<br />

perdurare anche nel Quattrocento delle tradizioni<br />

medievali e un persistente contrasto tra spir<strong>it</strong>o borghese<br />

e ideali gotici, non si può disconoscere che nella borghesia<br />

fino a metà del secolo è prevalente un atteggiamento<br />

intellettuale avverso al gotico, realistico e antiromantico,<br />

liberale e democratico; e che solo al tempo<br />

di Lorenzo lo spir<strong>it</strong>ualismo, il gusto delle convenzioni e<br />

le tendenze conservatrici prendono il sopravvento. Tuttavia<br />

non ci si può immaginare l’evoluzione come una<br />

rinuncia improvvisa e totale dello spir<strong>it</strong>o borghese alla<br />

sua struttura dinamica e dialettica. Il dominio delle tendenze<br />

conservatrici, spir<strong>it</strong>ualistiche, cavalleresche e cortigiane<br />

nella secon<strong>da</strong> metà del Quattrocento incontra<br />

naturalmente contrasti e opposizioni, non meno che la<br />

prevalenza, nella prima metà del secolo, dello spir<strong>it</strong>o<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 38


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

innovatore della borghesia. Come in quei primi anni<br />

accanto agli ambienti progressisti ce n’erano altri che<br />

servivano a r<strong>it</strong>ar<strong>da</strong>re il generale sviluppo, cosí ora accanto<br />

ai gruppi conservatori qua e là si affermano elementi<br />

progressivi.<br />

Il r<strong>it</strong>iro degli antichi ceti, ormai sazi, <strong>da</strong>lla v<strong>it</strong>a economica<br />

attiva e il farsi avanti di elementi nuovi, finora<br />

esclusi <strong>da</strong>lla possibil<strong>it</strong>à di grandi prof<strong>it</strong>ti, verso i posti<br />

vacanti, o, in altre parole, l’assurgere di ceti poveri alla<br />

condizione di agiati e degli agiati a quella di aristocratici<br />

rappresenta il r<strong>it</strong>mo costante dell’evoluzione cap<strong>it</strong>alistica<br />

57 . I ceti colti, ieri ancora inclini a innovare, oggi<br />

sentono e pensano <strong>da</strong> conservatori; ma prima che possano<br />

trasformare l’intera v<strong>it</strong>a intellettuale secondo la<br />

loro nuova mental<strong>it</strong>à, ecco che riesce a impadronirsi<br />

degli strumenti della cultura, <strong>da</strong> cui ancora durante la<br />

precedente generazione era escluso, un altro ceto forte<br />

di una sua capac<strong>it</strong>à dinamica, che a sua volta, alla generazione<br />

successiva, si porrà come remora al naturale sviluppo,<br />

prima di cedere defin<strong>it</strong>ivamente ad altri. Nella<br />

secon<strong>da</strong> metà del Quattrocento sono veramente gli elementi<br />

conservatori a <strong>da</strong>re il tono a Firenze, ma l’avvicen<strong>da</strong>mento<br />

<strong>sociale</strong> non è affatto cessato; ci sono sempre,<br />

notevolmente attive, forze dinamiche che ev<strong>it</strong>ano<br />

l’irrigidirsi dell’arte nel preziosismo aulico, nell’artificio<br />

e nella convenzional<strong>it</strong>à. Malgrado l’inclinazione a sottigliezze<br />

manierate e a un’eleganza spesso vacua, continuano<br />

ad affermarsi nuovi impulsi naturalistici. Anche<br />

se assume molti aspetti aulici, e prende toni formalistici<br />

e artificiosi, l’arte di questo tempo non si preclude mai<br />

la possibil<strong>it</strong>à di rinnovare e ampliare la sua visione.<br />

Rimane un’arte innamorata della realtà, aperta a nuove<br />

esperienze: espressione di una società forse un po’ affettata<br />

e schizzinosa, ma non certo contraria ad accogliere<br />

nuovi impulsi. Da questo miscuglio di realismo e convenzione,<br />

di razionalismo e romanticismo escono a un<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 39


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

tempo la rispettabil<strong>it</strong>à borghese del Ghirlan<strong>da</strong>io e l’aristocratica<br />

raffinatezza di Desiderio, il robusto senso del<br />

reale del Verrocchio e la poetica fantasia di Piero di<br />

Cosimo, la lieta amabil<strong>it</strong>à del Pesellino e la malinconica<br />

bizzarria di Botticelli. Le cause sociali di questo mutamento<br />

stilistico verso la metà del secolo sono <strong>da</strong> cercare<br />

in parte nella diminuzione della clientela. La signoria<br />

medicea, con la sua oppressione fiscale ha sensibilmente<br />

ridotto il volume degli affari, costringendo molti<br />

imprend<strong>it</strong>ori a lasciare Firenze trasportando altrove le<br />

loro aziende 58 . Sintomi del declino industriale, quali l’emigrazione<br />

dei lavoratori e il regresso della produzione,<br />

si fanno già sentire ai tempi di Cosimo 59 . Sempre piú la<br />

ricchezza si accentra in poche mani. Il pubblico dei<br />

comm<strong>it</strong>tenti d’arte, che nella prima metà del secolo tendeva<br />

sempre piú ad estendersi fra i privati c<strong>it</strong>tadini,<br />

mostra ora una tendenza a restringersi. Le ordinazioni<br />

provengono principalmente <strong>da</strong>i Medici e <strong>da</strong> poche altre<br />

famiglie; la produzione, già per questo fenomeno, assume<br />

un carattere piú esclusivo e raffinato.<br />

Nei Comuni <strong>it</strong>aliani, durante gli ultimi due secoli,<br />

diretti comm<strong>it</strong>tenti di arch<strong>it</strong>etture ecclesiastiche e di<br />

opere d’arte non erano per lo piú i prelati, ma i laici che<br />

ne rappresentavano e ne curavano gli interessi, cioè <strong>da</strong><br />

un lato il Comune, le grandi Corporazioni e le confratern<strong>it</strong>e<br />

religiose, <strong>da</strong>ll’altro le fon<strong>da</strong>zioni private, le<br />

famiglie ricche e illustri 60 . L’attiv<strong>it</strong>à edilizia e artistica<br />

dei Comuni giunse all’apice nel Trecento, col primo fiorire<br />

dell’economia urbana; in quel tempo l’ambizione<br />

dei c<strong>it</strong>tadini si manifestava ancora in forme collettive<br />

e solo piú tardi cominciò a esplicarsi in iniziative individuali.<br />

I Comuni <strong>it</strong>aliani in questa attiv<strong>it</strong>à artistica<br />

profusero tesori, come già le poleis greche. E non solo<br />

Firenze e Siena, ma anche Comuni minori, come Lucca<br />

e Pisa, vollero non essere <strong>da</strong> meno e quasi si dissanguarono<br />

in questa orgogliosa rival<strong>it</strong>à di costruttori.<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 40


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

Nella maggior parte dei casi i signori c<strong>it</strong>tadini, giungendo<br />

al potere, proseguirono l’attiv<strong>it</strong>à artistica dei<br />

Comuni e, se possibile, la superarono in prodigal<strong>it</strong>à.<br />

Fecero cosí la piú efficace propagan<strong>da</strong> a se stessi e al<br />

loro governo, lusingando la van<strong>it</strong>à dei c<strong>it</strong>tadini e regalando<br />

opere d’arte a quegli stessi che poi, di regola,<br />

dovevano pagarle. Questo, ad esempio, avvenne per la<br />

costruzione del duomo di Milano, mentre le spese per<br />

la Certosa di Pavia vennero sostenute <strong>da</strong>lla cassa privata<br />

dei Visconti e degli Sforza 61 .<br />

In Italia le Arti non si lim<strong>it</strong>arono, come in altri paesi,<br />

a costruire e abbellire i loro oratori e le loro sedi sociali,<br />

ma parteciparono alle imprese artistiche del Comune,<br />

specie alla costruzione delle grandi chiese. Tali comp<strong>it</strong>i<br />

del resto erano fin <strong>da</strong> principio di competenza delle<br />

Arti, che sempre piú li vennero sviluppando, via via che<br />

diminuiva il loro influsso pol<strong>it</strong>ico ed economico. Ma di<br />

sol<strong>it</strong>o esse si lim<strong>it</strong>avano a fornire dei com<strong>it</strong>ati di esperti<br />

e degli organi di controllo alle autor<strong>it</strong>à comunali cosí<br />

come queste spesso non facevano che amministrare<br />

donazioni private. In nessun modo le Arti possono considerarsi<br />

alla stregua di fabbricieri, e neppure sono <strong>da</strong><br />

r<strong>it</strong>enere promotrici di tutte le imprese artistiche <strong>da</strong> loro<br />

dirette; per lo piú amministravano soltanto le somme<br />

messe a disposizione per gli edifici e, al massimo, le integravano<br />

con prest<strong>it</strong>i o con contributi volontari di membri<br />

dell’Arte 62 . Per la sorveglianza delle opere loro affi<strong>da</strong>te,<br />

le corporazioni eleggevano propri com<strong>it</strong>ati edilizi<br />

che potevano contare <strong>da</strong> quattro a dodici membri («operai»),<br />

a secon<strong>da</strong> dell’impresa. Tali com<strong>it</strong>ati bandivano<br />

concorsi, affi<strong>da</strong>vano gl’incarichi, approvavano i progetti,<br />

sorvegliavano i lavori, procuravano i materiali e corrispondevano<br />

i salari. Quando la stima di certe prestazioni<br />

artistiche o tecniche richiedeva una particolare<br />

competenza, essi nominavano un com<strong>it</strong>ato di esperti 63 .<br />

Con simili poteri e attribuzioni l’Arte della Lana, a<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 41


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

Firenze, condusse la costruzione del Duomo e del Campanile,<br />

l’Arte di Calimala i lavori del Battistero e della<br />

chiesa di San Miniato, l’Arte della Seta la costruzione<br />

dell’Ospe<strong>da</strong>le degli Innocenti. Quale fosse la procedura<br />

consueta dei concorsi, si ricava chiaramente <strong>da</strong>lla storia<br />

delle porte bronzee del Battistero. Nell’anno 1401 l’Arte<br />

di Calimala bandí per esse un pubblico concorso. Fra<br />

i concorrenti, si designarono sei artisti per un vaglio<br />

ulteriore: fra essi Brunelleschi, Ghiberti e Jacopo della<br />

Quercia. Si diede loro un anno per eseguire un rilievo<br />

di bronzo, il cui soggetto, a giudicar <strong>da</strong>ll’analogia tematica<br />

nei lavori conservati, deve essere stato esattamente<br />

prescr<strong>it</strong>to. Alle spese vive e al mantenimento degli<br />

artisti durante il periodo di prova provvide l’Arte stessa.<br />

Sui modelli presentati deliberò infine un collegio di<br />

giudici nominato <strong>da</strong>ll’Arte, composto <strong>da</strong> trentaquattro<br />

artisti di grido.<br />

Al principio le ordinazioni della borghesia consistevano<br />

soprattutto in doni per chiese e conventi; solo<br />

verso la metà del secolo si cominciò a ordinare in maggior<br />

numero opere profane per uso privato. Da allora<br />

anche le case dei ricchi c<strong>it</strong>tadini, non solo i castelli e i<br />

palazzi dei principi e dei nobili, cominciano a ornarsi di<br />

quadri e di statue. Anche qui evidentemente considerazioni<br />

di prestigio, il desiderio di brillare e di farsi un<br />

monumento, giocano un ruolo non minore, e forse piú<br />

rilevante, dell’esigenza estetica. Certo, questi moventi<br />

non erano estranei nemmeno alle donazioni di opere<br />

d’arte alle chiese. Ma le condizioni sono ora mutate, cosí<br />

che i piú cospicui c<strong>it</strong>tadini, gli Strozzi, i Quaratesi, i<br />

Rucellai si curano molto piú dei loro Palazzi che delle<br />

cappelle di famiglia. Giovanni Rucellai è forse il tipo piú<br />

rappresentativo di questi nuovi mecenati interessati<br />

soprattutto all’arte profana 64 . Di famiglia patrizia arricch<strong>it</strong>asi<br />

nell’industria della lana, egli appartiene a quella<br />

generazione gaudente che, sotto Lorenzo de’ Medici,<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 42


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

comincia a r<strong>it</strong>irarsi <strong>da</strong>gli affari. Nelle sue note autobiografiche,<br />

uno dei celebri zibaldoni del tempo, egli scrive<br />

che per cinquant’anni altro non ha fatto che gua<strong>da</strong>gnare<br />

e spendere e ha compreso che lo spendere è anche<br />

piú piacevole del gua<strong>da</strong>gnare. Delle sue fon<strong>da</strong>zioni ecclesiastiche<br />

egli dice che gli hanno <strong>da</strong>to e gli <strong>da</strong>nno la massima<br />

soddisfazione, perché tornano a gloria di Dio e a<br />

onore della c<strong>it</strong>tà e anche perpetuano la sua memoria. Ma<br />

Giovanni Rucellai non si lim<strong>it</strong>a a doni e a fabbriche, è<br />

anche un collezionista: possiede opere di Andrea del<br />

Castagno, Paolo Uccello, Domenico Veneziano, Antonio<br />

Pollaiolo, Verrocchio, Desiderio <strong>da</strong> Settignano e<br />

altri. Questo trasformarsi dell’amatore d’arte <strong>da</strong> donatore<br />

in collezionista lo vediamo anche meglio con i<br />

Medici. Cosimo è ancora soprattutto il fabbriciere delle<br />

chiese di San Marco, Santa Croce, San Lorenzo e della<br />

Badia di Fiesole; suo figlio Piero è già un collezionista<br />

sistematico, e Lorenzo è esclusivamente un collezionista.<br />

C’è una correlazione storica fra la figura del collezionista<br />

e quella dell’artista che lavora indipendentemente<br />

<strong>da</strong>lle ordinazioni; nel corso del Rinascimento essi<br />

appaiono contemporaneamente, l’uno accanto all’altro.<br />

L’apparizione non è tuttavia repentina, è anzi il risultato<br />

di un lento processo. L’arte del Quattrocento conserva<br />

ancora nell’insieme un carattere artigianale per cui<br />

di volta in volta si adegua alla natura della commissione,<br />

cosí che spesso bisogna cercare l’origine dell’opera<br />

non nell’impulso creativo, nella soggettiva volontà di<br />

espressione e nell’idea spontanea dell’artista, ma nelle<br />

precise richieste del cliente. Quindi, a determinare il<br />

mercato artistico non è ancora l’offerta, ma la doman<strong>da</strong><br />

65 . Ogni opera ha ancora la sua destinazione ben precisa<br />

e la sua concreta connessione con la v<strong>it</strong>a pratica. Si<br />

ordina una pala d’altare per una cappella ben nota al p<strong>it</strong>tore,<br />

un quadro di devozione per un ambiente determinato,<br />

il r<strong>it</strong>ratto di un congiunto per una certa parete;<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 43


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

ogni scultura è progettata in vista di una collocazione<br />

ben defin<strong>it</strong>a, ogni mobile di pregio è disegnato per una<br />

determinata stanza. In questi nostri tempi di grande<br />

libertà artistica si ammette come un articolo di fede che<br />

la costrizione <strong>da</strong>ll’esterno, a cui allora l’artista doveva,<br />

ma anche sapeva, sottostare, fosse un fattore indubbiamente<br />

favorevole e addir<strong>it</strong>tura benefico. I risultati paiono<br />

giustificare quest’opinione, ma gli artisti la pensavano<br />

altrimenti. E difatti essi cercarono di liberarsi <strong>da</strong> ogni<br />

vincolo, non appena le condizioni del mercato lo permisero.<br />

E questo accadde appunto quando al semplice<br />

comm<strong>it</strong>tente subentrò l’amatore, l’esperto, il collezionista,<br />

cioè quel moderno tipo di cliente che non ordinava<br />

piú quel che gli occorreva, ma comprava quel che gli<br />

veniva offerto. La sua apparizione sul mercato artistico<br />

significò la fine della produzione determinata unicamente<br />

<strong>da</strong> comm<strong>it</strong>tenti e compratori, e assicurò alla libera<br />

offerta possibil<strong>it</strong>à nuove e insospettate.<br />

Dopo l’antich<strong>it</strong>à classica, il Quattrocento è la prima<br />

epoca che di nuovo offra una produzione rilevante d’arte<br />

profana, e non soltanto esempi numerosi dei generi<br />

già noti, come affreschi e quadri di cavalletto, arazzi,<br />

ricami, oreficerie e armature, ma anche molti di generi<br />

nuovi, creati anz<strong>it</strong>utto per abbellire la casa del ricco<br />

borghese, che al fastoso tono di rappresentanza delle<br />

corti preferisce per l’ab<strong>it</strong>azione un tono confortevole e<br />

intimo: ecco quindi spalliere lignee, riccamente ornate,<br />

<strong>da</strong> fissare ai muri, cassoni dipinti e intagliati, lettiere<br />

di splendido lavoro, piccoli quadri di devozione in leggiadre<br />

cornici circolari («tondi»), deschi <strong>da</strong> parto figurati,<br />

oltre alle sol<strong>it</strong>e maioliche e ai molti altri prodotti<br />

dell’artigianato. In tutto questo ancora si mantiene una<br />

grande affin<strong>it</strong>à fra arte e artigianato, fra pura opera<br />

d’arte e semplice suppellettile; le cose cambiano solo<br />

dopo che viene riconosciuta l’autonomia della grande<br />

arte, libera <strong>da</strong> ogni fine pratico, e questa viene con-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 44


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

trapposta al carattere meccanico dell’artigianato. Solo<br />

allora l’artista si differenzia <strong>da</strong>ll’artigiano e il p<strong>it</strong>tore<br />

comincia a fare i suoi quadri con animo diverso <strong>da</strong> quello<br />

con cui dipinge cassoni e pannelli decorativi, bandiere<br />

e gualdrappe, piatti e boccali. Ma allora egli<br />

comincia pure a sentirsi libero <strong>da</strong>i desideri del comm<strong>it</strong>tente,<br />

e a trasformarsi <strong>da</strong> produttore per il cliente<br />

in produttore di merce, aprendo cosí la via all’amatore,<br />

all’esperto e al collezionista. Questo d’altro canto<br />

presuppone nell’acquirente una concezione formalistica<br />

dell’opera, sí che l’apprezzi a prescindere <strong>da</strong> una precisa<br />

destinazione pratica, insomma una, sia pur embrionale,<br />

concezione dell’«art pour l’art». Concom<strong>it</strong>ante<br />

all’apparizione del collezionista è l’altro fenomeno<br />

nuovo del mercato artistico, conseguenza diretta del<br />

rapporto impersonale che si stabilisce tra compratore e<br />

opera d’arte, tra compratore e artista. Nel Quattrocento,<br />

quando la raccolta sistematica d’arte è un caso<br />

sporadico, il commercio a sé di opere d’arte, scisso <strong>da</strong>lla<br />

produzione, si può dir sconosciuto; esso nasce soltanto<br />

nel secolo seguente, quando diventa ab<strong>it</strong>uale la ricerca<br />

di opere del passato e l’acquisto di opere di contemporanei<br />

celebri 66 . Il primo mercante d’arte di cui ci sia<br />

noto il nome compare ai primi del Cinquecento: è il fiorentino<br />

Giovan Battista della Palla. Nella sua c<strong>it</strong>tà natale<br />

egli dà commissioni agli artisti e compra anche presso<br />

i privati per conto del re di Francia. Presto si dà<br />

anche il caso di mercanti che commissionano opere per<br />

speculazione, rivendendole con prof<strong>it</strong>to 67 . Nell’età<br />

comunale i c<strong>it</strong>tadini ricchi e illustri volevano assicurarsi<br />

almeno la gloria, <strong>da</strong>to che, per riguardo verso i conc<strong>it</strong>tadini,<br />

non potevano mettersi in mostra con il loro<br />

tenore di v<strong>it</strong>a e dovevano anzi vivere con moderazione<br />

ev<strong>it</strong>ando ogni lusso eccessivo. I doni alle chiese erano<br />

il miglior modo per acquistarsi fama eterna, senza incorrere<br />

nel biasimo pubblico. Ciò spiega in parte la spro-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 45


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

porzione fra l’arte sacra e quella profana ancora nella<br />

prima metà del Quattrocento, quando cioè la pietà non<br />

era piú il maggior movente delle donazioni. Castello<br />

Quaratesi voleva far costruire a sue spese la facciata<br />

della chiesa di Santa Croce, ma quando non gli fu concesso<br />

di apporvi il suo stemma non volle piú saperne di<br />

mettere in opera il progetto 68 . Persino ai Medici parve<br />

saggio coprire il loro mecenatismo con un’apparenza di<br />

devozione. Certo, Cosimo era ancora preoccupato piú<br />

di nascondere che di mettere in mostra le sue personali<br />

iniziative artistiche. I Pazzi, i Brancacci, i Bardi, i<br />

Sassetti, i Tornabuoni, gli Strozzi, i Rucellai perpetuarono<br />

il loro nome costruendo e decorando le loro cappelle<br />

di famiglia. Per questo si servirono dei migliori<br />

artisti del tempo. La cappella dei Pazzi fu costru<strong>it</strong>a <strong>da</strong>l<br />

Brunelleschi, le cappelle Brancacci, Sassetti, Tornabuoni,<br />

Strozzi vennero decorate <strong>da</strong> p<strong>it</strong>tori come Masaccio,<br />

Baldovinetti, Ghirlan<strong>da</strong>io e Filippino Lippi. È<br />

molto dubbio che fra tutti questi mecenati fossero i<br />

Medici i piú generosi e intelligenti. Fra i due piú illustri<br />

della casa, comunque, pare che sia stato Cosimo ad<br />

avere il gusto piú saldo ed equilibrato. O forse l’equilibrio<br />

si doveva al tempo? Egli impiegò Donatello, Brunelleschi,<br />

Ghiberti, Michelozzo, Fra’ Angelico, Luca<br />

della Robbia, Benozzo Gozzoli, Filippo Lippi. Ma<br />

Donatello, il piú grande di tutti, ebbe in Roberto Martelli<br />

un amico e protettore ben piú fervido. Perché mai<br />

avrebbe lasciato piú volte Firenze, se Cosimo avesse<br />

saputo apprezzare convenientemente il suo valore?<br />

Cosimo fu grande amico di Donatello e di tutti i p<strong>it</strong>tori<br />

e gli scultori, dicono i ricordi di Vespasiano <strong>da</strong> Bisticci;<br />

e poiché gli parve che per questi ultimi ci fosse poco<br />

lavoro e gli rincresceva che Donatello dovesse restare<br />

inattivo, gli ordinò i pulp<strong>it</strong>i di San Lorenzo e le porte<br />

della sacrestia 69 . Ma perché in quel tempo aureo delle<br />

arti un Donatello doveva correr pericolo di restare ino-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 46


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

peroso? Perché un incarico a Donatello doveva esser<br />

considerato un favore?<br />

Altrettanto, o piú difficile ancora, è <strong>da</strong>re una giusta<br />

valutazione del gusto di Lorenzo in fatto d’arte. Gli si<br />

attribuì sempre a mer<strong>it</strong>o personale l’altezza e la varietà<br />

degl’ingegni che lo circon<strong>da</strong>vano; e si considerò quella<br />

ricca v<strong>it</strong>al<strong>it</strong>à che si esprime nell’opera dei poeti, filosofi<br />

e artisti suoi favor<strong>it</strong>i come irradiata <strong>da</strong>lla sua persona.<br />

Da Voltaire in poi il suo tempo si annovera fra le<br />

epoche felici dell’uman<strong>it</strong>à, insieme con l’età di Pericle,<br />

il principato di Augusto e il Grand Siècle. Egli stesso fu<br />

poeta, filosofo, collezionista e fondò la prima accademia<br />

d’arte. Si sa qual parte il neoplatonismo avesse nella sua<br />

v<strong>it</strong>a e quanto questo movimento dovesse a lui personalmente.<br />

Sono noti i particolari dell’amicizia fra Lorenzo<br />

e gli artisti del suo ambiente. È noto che il Verrocchio<br />

restaurò per lui cose antiche, Giuliano <strong>da</strong> Sangallo gli<br />

costruì la villa di Poggio a Caiano e la sacrestia di Santo<br />

Spir<strong>it</strong>o; per lui lavorò molto Antonio Pollaiolo, amici<br />

intimi gli erano Botticelli e Filippino Lippi. Ma quali<br />

altri nomi mancano a questa lista! Lorenzo non solo<br />

rinunziò ai servigi di Benedetto <strong>da</strong> Maiano, il creatore<br />

di palazzo Strozzi, e del Perugino, che durante il suo<br />

governo passò molti anni a Firenze, ma rinunciò anche<br />

all’opera di Leonardo, il maggior artista dopo Donatello,<br />

che, a quanto sembra, incompreso, dovette lasciar<br />

Firenze ed emigrare i Milano. Egli era lontanissimo del<br />

neoplatonismo 70 , e questo forse spiega l’indifferenza del<br />

Magnifico per lui. Il neoplatonismo, come del resto già<br />

l’idealismo platonico, comportava un atteggiamento<br />

puramente contemplativo di fronte al mondo, e, come<br />

ogni filosofia che ponga come soli principî della v<strong>it</strong>a le<br />

idee pure, esso significava la rinunzia ad ogni intervento<br />

nelle cose della «comune» realtà. Il destino di questa<br />

realtà veniva rimesso a coloro che di fatto detenevano<br />

il potere poiché il vero filosofo, secondo il Ficino, aspi-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 47


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

ra a morire alle cose della terra e a vivere soltanto nel<br />

mondo eterno delle idee 71 . È naturale che una filosofia<br />

come questa fosse grata a un uomo come Lorenzo che<br />

osteggiò ogni forma di attiv<strong>it</strong>à pol<strong>it</strong>ica dei c<strong>it</strong>tadini e<br />

distrusse l’ultimo resto delle libertà democratiche 72 .<br />

D’altronde la dottrina di Platone, cosí facile a tradursi<br />

e diluirsi in poesia, doveva anche di per se stessa rispondere<br />

al suo gusto.<br />

La natura del mecenatismo di Lorenzo si rivela chiarissima<br />

nei rapporti con Bertoldo. L’autore delle piccole<br />

sculture, eleganti ma alquanto superficiali, gli era piú<br />

caro di tutti gli altri artisti contemporanei. Ab<strong>it</strong>ava in<br />

casa sua, sedeva ogni giorno alla sua tavola, lo accompagnava<br />

nei viaggi, era il suo confidente il suo consigliere<br />

artistico e il direttore dell’accademia <strong>da</strong> lui fon<strong>da</strong>ta.<br />

Pieno di spir<strong>it</strong>o e di tatto, anche nei rapporti amichevoli<br />

Bertoldo sapeva tenere le distanze; di fine cultura,<br />

aveva il dono di intuire perfettamente i gusti e i<br />

desideri del suo protettore. Era uomo di alto valore personale,<br />

eppure pronto a una completa subordinazione:<br />

insomma, l’ideale dell’artista di corte 73 . Lorenzo, certo,<br />

trovava molto gusto ad aiutare Bertoldo nel suo lavoro<br />

«elaborando m<strong>it</strong>i classici e allegorie complicate e strane,<br />

o talvolta anche banali» 74 , vedeva cosí prendere corpo e<br />

figura la sua cultura umanistica, i suoi sogni m<strong>it</strong>ologici<br />

e le sue fantasie poetiche. Lo stile di Bertoldo, il suo servirsi<br />

esclusivamente del bronzo, materiale raffinato,<br />

malleabile e pur cosí duraturo, la predilezione per le<br />

figure piccole, per le composizioni leggiadre ed eleganti:<br />

tutti elementi fatti apposta, si direbbe, per compiacere<br />

al gusto di Lorenzo che senza dubbio prediligeva<br />

l’arte «minore». Molto poco infatti possedeva della<br />

grande scultura fiorentina 75 ; il nucleo della sua raccolta<br />

era cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o <strong>da</strong> gemme e cammei, <strong>da</strong> cinque a seimila 76 .<br />

Era un genere di derivazione classica e già per questo<br />

Lorenzo lo preferiva. A rendergli grata l’arte di Bertol-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 48


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

do certo contribuiva anche il fatto che si servisse di una<br />

tecnica tipicamente classica e di soggetti tratti <strong>da</strong>ll’antico.<br />

Tutta l’attiv<strong>it</strong>à di Lorenzo collezionista e mecenate<br />

non era che diletto di gran signore; come la sua raccolta<br />

conservava molti caratteri di un principesco gabinetto<br />

di curios<strong>it</strong>à, cosí tutto il suo gusto, la sua predilezione<br />

per il leggiadro e il prezioso, per il capriccio e l’artificio,<br />

aveva molti punti di contatto con i gusti<br />

«rococò» di tanti principotti europei.<br />

Nel Quattrocento accanto a Firenze, che fino alla<br />

fine del secolo rimane il massimo centro artistico della<br />

penisola, altri notevoli se ne sviluppano, specialmente<br />

alle corti di Ferrara, Mantova e Urbino. Queste si<br />

modellano sull’esempio delle corti trecentesche dell’alta<br />

Italia, <strong>da</strong> cui derivano i loro ideali cavallereschi e lo<br />

stile di v<strong>it</strong>a formalistico e antiborghese. Tuttavia il<br />

nuovo spir<strong>it</strong>o razionale, pratico, ant<strong>it</strong>radizionale, non<br />

risparmia neppure la v<strong>it</strong>a delle corti. Si continua a leggere<br />

gli antichi romanzi di cavalleria, ma con atteggiamento<br />

nuovo, con distacco un po’ ironico. Non solo<br />

Luigi Pulci nella Firenze mercantile, ma anche il Boiardo<br />

alla corte di Ferrara tratta la materia cavalleresca nel<br />

nuovo tono disinvolto e semiserio. Gli affreschi dei<br />

castelli e dei palazzi conservano l’intonazione già nota<br />

nel secolo precedente, e ancora vengono prefer<strong>it</strong>i i temi<br />

m<strong>it</strong>ologici e classici, le allegorie delle Virtú e delle Arti<br />

liberali, i personaggi della famiglia regnante e le scene<br />

della v<strong>it</strong>a di corte; ma l’antico repertorio cavalleresco<br />

viene lasciato cadere 77 . La p<strong>it</strong>tura non si presta alla<br />

trattazione ironica del soggetto. Ci rimangono, del<br />

Quattrocento, in due luoghi illustri, monumenti ben<br />

significativi dell’arte di corte: nel palazzo di Schifanoia<br />

a Ferrara, gli affreschi di Francesco del Cossa, e quelli<br />

di Mantegna a Mantova. Mentre a Ferrara prevalgono<br />

le affin<strong>it</strong>à con l’arte tardogotica francese, a Mantova si<br />

accentuano quelle con il naturalismo <strong>it</strong>aliano; ma in<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 49


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

entrambi i casi la differenza rispetto all’arte borghese<br />

del tempo sta piú nel soggetto che nella forma. Il Cossa<br />

non si distingue sostanzialmente <strong>da</strong>l Pesellino, e il Mantegna<br />

r<strong>it</strong>rae la v<strong>it</strong>a alla corte di Ludovico Gonzaga quasi<br />

con l’immediato naturalismo di un Ghirlan<strong>da</strong>io, quando<br />

dipinge la v<strong>it</strong>a dei patrizi fiorentini. Nel gusto artistico<br />

i due diversi ambienti si sono ormai largamente<br />

assimilati.<br />

La funzione della v<strong>it</strong>a di corte è in fondo di propagan<strong>da</strong><br />

e di prestigio. I principi del Rinascimento non<br />

solo vogliono abbagliare il popolo, ma anche imporsi alla<br />

nobiltà e legarla alla corte 78 . Ma non possono contare soltanto<br />

sul servigi e sulla presenza dei nobili; anzi, possono<br />

e vogliono servirsi di chiunque – nobile o plebeo –<br />

sia loro utile 79 . Quindi le corti del Rinascimento <strong>it</strong>aliano<br />

si distinguono già nella loro composizione <strong>da</strong> quelle<br />

del Medioevo; esse accolgono avventurieri fortunati e<br />

mercanti arricch<strong>it</strong>i, umanisti plebei e artisti maleducati<br />

proprio come se fossero persone di società. In contrasto<br />

con la comun<strong>it</strong>à, fon<strong>da</strong>ta su principî morali e quindi<br />

esclusiva, che fu propria del mondo cavalleresco, si sviluppa<br />

in queste corti una social<strong>it</strong>à «<strong>da</strong> salotto» relativamente<br />

libera, essenzialmente intellettuale, che, pur<br />

continuando la cultura dei piú raffinati ambienti borghesi,<br />

com’è descr<strong>it</strong>ta nel Decameron e nel Paradiso degli<br />

Alberti, non di meno anticipa quei salotti letterari che<br />

nel Sei e nel Settecento avranno tanta parte nella v<strong>it</strong>a<br />

intellettuale d’Europa. Nel «salotto» della corte rinascimentale<br />

la donna non è ancora il vero centro, benché<br />

essa partecipi fin <strong>da</strong>ll’inizio alla v<strong>it</strong>a letteraria del gruppo;<br />

e anche quando, piú tardi, al tempo dei salotti borghesi,<br />

avrà raggiunto questa posizione predominante<br />

sarà tuttavia un predominio ben diverso <strong>da</strong> quello dei<br />

tempi della cavalleria. D’altronde, anche l’importanza<br />

culturale che il Quattrocento riconosce alla donna non<br />

è che una manifestazione del razionalismo rinascimen-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 50


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

tale. Questo le attribuisce una par<strong>it</strong>à intellettuale con<br />

l’uomo, ma non la solleva al di sopra di lui. «Tutte le<br />

cose che possono intendere gli omini, le medesime possono<br />

intendere anche le donne», dice il Cortegiano 80 ;ma<br />

la galanteria che il Castiglione esige <strong>da</strong>ll’uomo di corte<br />

non ha piú nulla a che fare col servigio della <strong>da</strong>ma richiesto<br />

al cavaliere. Il Rinascimento è un’epoca virile; sono<br />

eccezioni donne come Lucrezia Borgia, che tenne corte<br />

a Nepi, o come Isabella d’Este, che fu il centro delle<br />

corti di Ferrara e di Mantova, e non solo incoraggiò i<br />

poeti del suo ambiente, ma pare sia stata anche esperta<br />

d’arte. Ma quasi <strong>da</strong>ppertutto i maggiori mecenati e protettori<br />

delle arti sono uomini.<br />

La civiltà cavalleresca medievale aveva creato un<br />

nuovo sistema etico, nuovi ideali di eroismo e di uman<strong>it</strong>à;<br />

le corti <strong>it</strong>aliane del Rinascimento non mirano cosí<br />

in alto, e nella formulazione di ideali per la v<strong>it</strong>a e nei<br />

rapporti di società non vanno oltre quel concetto di<br />

signoril<strong>it</strong>à che, ulteriormente elaborato nel secolo successivo<br />

sotto l’influsso spagnolo, si diffonde in Francia<br />

dove cost<strong>it</strong>uisce la base di quella civiltà di corte che sarà<br />

esemplare per tutta l’Europa. Quanto all’arte, le corti<br />

del Quattrocento non hanno apportato nessun elemento<br />

propriamente originale. Le opere commissionate o<br />

ispirate <strong>da</strong>i principi di quel tempo non sono né meglio<br />

né peggio di quelle promosse <strong>da</strong>lla borghesia delle c<strong>it</strong>tà.<br />

La scelta degli artisti dipende forse piú spesso <strong>da</strong>lla<br />

s<strong>it</strong>uazione locale che <strong>da</strong>l gusto personale e <strong>da</strong>lle preferenze<br />

dei comm<strong>it</strong>tenti; non si deve però dimenticare che<br />

Sigismondo Malatesta, uno dei piú crudeli tiranni del<br />

Rinascimento, impiega il piú gran p<strong>it</strong>tore del suo tempo,<br />

Piero della Francesca; e Mantegna, l’artista piú significativo<br />

della generazione successiva, non lavora per il<br />

grande Lorenzo de’ Medici, ma per un principotto come<br />

Ludovico Gonzaga. Con ciò non si vuol affatto dire che<br />

questi principi fossero infallibili esperti d’arte. Anche<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 51


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

nelle loro collezioni, come in quelle del mecenate borghese,<br />

c’erano opere di secondo e di terzo ordine. La tesi<br />

di una universale intelligenza dell’arte nel Rinascimento<br />

si rivela, a una in<strong>da</strong>gine piú serrata, una leggen<strong>da</strong><br />

altrettanto insostenibile dell’altra di un livello universalmente<br />

alto di tutta la produzione artistica. Neppure<br />

nei ceti elevati si giunse a una relativa uniform<strong>it</strong>à nei<br />

principî del gusto; tanto meno ciò avvenne per i ceti<br />

inferiori. Nulla può illuminarci sul gusto dominante del<br />

tempo, meglio del fatto che il Pinturicchio, decoratore<br />

elegante, ma anche routinier, fu l’artista piú occupato del<br />

suo tempo. Si può almeno parlare di un generale interesse<br />

per l’arte, nel senso in cui ne parlano le pubblicazioni<br />

correnti sul Rinascimento? Ci si appassionava <strong>da</strong>vvero,<br />

«in alto e in basso», agli avvenimenti artistici? Era<br />

proprio «tutta Firenze» che si ag<strong>it</strong>ava per il progetto<br />

della cupola del duomo? Era proprio «un avvenimento<br />

per tutto il popolo» il compimento di un’opera d’arte?<br />

Di quali ceti si componeva «tutto il popolo»? Anche dei<br />

proletari affamati? Non è molto verosimile. Anche dei<br />

piccoli borghesi? Forse. Ma, in ogni modo, l’interesse<br />

dei piú per le cose dell’arte doveva essere piú che altro<br />

religioso e campanilistico. Non dobbiamo dimenticare<br />

che a quel tempo gli avvenimenti pubblici si svolgevano<br />

ancora in gran parte per le vie. Un corteo carnevalesco,<br />

l’arrivo di un’ambasceria, un funerale certo attiravano<br />

la folla non meno del cartone di Leonardo esposto<br />

al pubblico, <strong>da</strong>vanti al quale, a quanto si narra, il popolo<br />

si affollò per due giorni. I piú non avevano idea del<br />

divario di qual<strong>it</strong>à fra l’arte di Leonardo e quella dei<br />

suoi contemporanei, se pure l’abisso fra qual<strong>it</strong>à e popolar<strong>it</strong>à<br />

non era allora cosí profondo come oggi. Ma l’abisso<br />

cominciava proprio allora a scavarsi; in qualche<br />

caso poteva ancora esser superato in quanto il giudizio<br />

artistico non era ancora divenuto esclusiva prerogativa<br />

degli iniziati. Che gli artisti del Rinascimento godesse-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 52


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

ro di una certa popolar<strong>it</strong>à è indubbio; lo dimostra, non<br />

foss’altro, il gran numero di storie e aneddoti correnti<br />

sul loro conto. Ma questo interesse si rivolgeva probabilmente<br />

non all’artista come tale, ma piuttosto al personaggio<br />

che lavorava ad opere destinate al pubblico,<br />

partecipava a pubblici concorsi, esponeva l’opera sua,<br />

riceveva commissioni <strong>da</strong>lle Arti e già si faceva notare per<br />

le sue «geniali» original<strong>it</strong>à.<br />

Nel Rinascimento, benché fosse relativamente grande<br />

la richiesta di opere d’arte in c<strong>it</strong>tà come Firenze e<br />

Siena, non si può parlar di arte popolare come si parla<br />

di poesia popolare a propos<strong>it</strong>o degl’inni religiosi, delle<br />

«sacre rappresentazioni» e dei romanzi cavallereschi<br />

scaduti a genere <strong>da</strong> fiera. C’era probabilmente un’arte<br />

rustica, e anche una larga produzione di roba <strong>da</strong> pochi<br />

soldi destinata al popolo, ma le vere opere d’arte, benché<br />

non molto care, costavano sempre troppo per la<br />

gran maggioranza. Si è accertato che intorno al 1480 a<br />

Firenze c’erano 84 laboratori per intagli in legno e lavori<br />

d’intarsio, 54 botteghe per decorazioni in marmo e<br />

pietra, 44 officine di orafi e argentieri 81 ; per i p<strong>it</strong>tori e<br />

gli scultori mancano <strong>da</strong>ti relativi a quello stesso periodo,<br />

ma la matricola dei p<strong>it</strong>tori fiorentini tra il 1409 e il<br />

1499 registra 41 nomi 82 . Il confronto di queste cifre con<br />

il numero degli artigiani occupati nelle altre industrie,<br />

il fatto, ad esempio, che in Firenze c’erano in uno stesso<br />

periodo 84 intagliatori in legno e 70 macellai 83 , basta<br />

per farsi un’idea della richiesta di oggetti d’arte. Gli artisti<br />

identificabili, tuttavia, rappresentano solo un terzo<br />

o un quarto dei maestri elencati nei registri 84 . È probabile<br />

che i piú non avessero una spiccata personal<strong>it</strong>à e,<br />

come un Neri di Bicci, si dedicassero soprattutto a una<br />

produzione per cosí dire di serie. Gli affari di simili<br />

aziende, sul cui an<strong>da</strong>mento c’informano esattamente i<br />

ricordi di Neri di Bicci 85 , provano che il gusto del pubblico<br />

era lungi <strong>da</strong>ll’essere cosí sicuro come di sol<strong>it</strong>o si<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 53


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

proclama. Per lo piú si acquistava roba scadente. Secondo<br />

quanto si legge nei manuali, si dovrebbe ammettere<br />

che allora il possesso di opere d’arte fosse indispensabile<br />

per il decoro, e se ne trovassero ab<strong>it</strong>ualmente, almeno<br />

nelle case dei c<strong>it</strong>tadini agiati. Ma, a quanto pare, non<br />

era cosí. L’Armenini, trattatista della secon<strong>da</strong> metà del<br />

Cinquecento, dice di conoscer molte case distinte, in cui<br />

non c’è un quadro passabile 86 .<br />

Quello che noi chiamiamo Rinascimento non fu certo<br />

una civiltà di mercantucci e di artigiani, e nemmeno la<br />

civiltà di una borghesia agiata e mediocremente colta; fu<br />

piuttosto il patrimonio d’idee, gelosamente riservato ed<br />

esclusivo, di una él<strong>it</strong>e imbevuta di cultura latina. Vi<br />

avevano parte principalmente le sfere collegate al movimento<br />

umanistico e neoplatonico: classe intellettualmente<br />

omogenea, in complesso concorde come, ad esempio,<br />

non fu mai il clero nella sua total<strong>it</strong>à. Le opere piú<br />

significative dell’arte eran destinate a tale cerchia. Gli<br />

ambienti piú larghi non ne sapevano nulla, oppure le giudicavano<br />

con cr<strong>it</strong>eri inadeguati, non estetici, e per sé<br />

s’accontentavano di prodotti di scarso valore. Fu allora<br />

che si determinò quella distanza, insuperabile e decisiva<br />

per tutto lo sviluppo successivo, fra una minoranza<br />

colta e una maggioranza incolta, distanza che in questa<br />

misura le epoche precedenti avevano ignorato. Non si<br />

può dire neppure della civiltà del Medioevo che abbia<br />

conosciuto un generale livellamento di cultura; nell’antich<strong>it</strong>à<br />

poi i ceti colti erano perfettamente consci della<br />

loro superior<strong>it</strong>à; ma in queste epoche nessuno mai, ad<br />

eccezione di piccoli gruppi occasionali, si propose di<br />

creare una cultura programmaticamente riservata a una<br />

él<strong>it</strong>e e <strong>da</strong> cui la maggioranza dovesse essere esclusa. Le<br />

cose cambiano appunto nel Rinascimento. Nel Medioevo<br />

la lingua della cultura ecclesiastica era il latino, perché<br />

la Chiesa era legata direttamente e organicamente<br />

con la tar<strong>da</strong> civiltà romana; gli umanisti invece scrivo-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 54


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

no in latino, perché rompono ogni continu<strong>it</strong>à con le correnti<br />

culturali popolari, che si esprimono nei diversi<br />

idiomi, e tendono a crearsi un monopolio della cultura,<br />

quasi fossero una casta sacerdotale. Gli artisti si pongono<br />

sotto la protezione e la tutela intellettuale di questa<br />

cerchia. Insomma, si emancipano <strong>da</strong>lla Chiesa e <strong>da</strong>lla<br />

corporazione per soggiacere a un’autor<strong>it</strong>à che pretende<br />

per sé la competenza di entrambe. Infatti ormai gli umanisti<br />

non soltanto sono autor<strong>it</strong>à indiscusse in tutte le<br />

questioni iconografiche di tipo storico e m<strong>it</strong>ologico, ma<br />

diventano anche intend<strong>it</strong>ori di questioni formali e tecniche.<br />

Gli artisti finiscono col sottomettersi al loro giudizio<br />

anche per questioni in cui prima valevan soltanto<br />

la tradizione e i precetti della corporazione, e nelle quali<br />

nessun profano poteva interloquire. Il prezzo della loro<br />

indipendenza <strong>da</strong>lla Chiesa e <strong>da</strong>lla corporazione, il prezzo<br />

ch’essi debbono pagare per la loro ascesa <strong>sociale</strong>, per<br />

l’applauso e la gloria, è l’accettazione degli umanisti<br />

come cr<strong>it</strong>ici. Questi veramente non hanno tutti la vocazione<br />

del cr<strong>it</strong>ico e dell’esperto, ma fra loro si trovano i<br />

primi laici che intuiscano i cr<strong>it</strong>eri del valore artistico e<br />

sappiano giudicare dell’opera <strong>da</strong> un punto di vista puramente<br />

estetico. Con loro, in quanto osservatori veramente<br />

capaci di giudizio, nasce, si può dire, in un senso<br />

moderno, il pubblico dell’artista 87 .<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 55


Cap<strong>it</strong>olo terzo<br />

La posizione <strong>sociale</strong> dell’artista nel Rinascimento<br />

L’accresciuta richiesta di opere d’arte finisce per elevare<br />

l’artista <strong>da</strong>lla condizione di artigiano piccolo-borghese<br />

a quella di libero lavoratore intellettuale. Se tali<br />

potevano essere anche prima gli artisti, ma a condizione<br />

di apparire degli spostati, ora invece cominciano a<br />

formare un ceto economicamente sicuro e socialmente<br />

consoli<strong>da</strong>to, se pur non una classe omogenea. Gli artisti<br />

del primo Quattrocento sono ancora gente modesta;<br />

si r<strong>it</strong>engono artigiani piú raffinati degli altri ma, né per<br />

origine né per educazione, si distinguono <strong>da</strong>i piccoli<br />

borghesi delle Arti. Andrea del Castagno è figlio di un<br />

contadino, Paolo Uccello di un barbiere, Filippo Lippi<br />

di un macellaio, i Pollaiolo sono appunto figli di un vend<strong>it</strong>ore<br />

di polli. Il loro nome è tratto <strong>da</strong>ll’occupazione<br />

paterna, o <strong>da</strong>l luogo di nasc<strong>it</strong>a, o <strong>da</strong>l nome del maestro,<br />

e all’artista si dà del tu come ai domestici. Egli è soggetto<br />

alla corporazione e non è certo il suo talento che<br />

gli dà il dir<strong>it</strong>to di eserc<strong>it</strong>are il mestiere, ma il tirocinio<br />

compiuto nel modo prescr<strong>it</strong>to. La sua educazione si<br />

fon<strong>da</strong> sui comuni rudimenti dell’artigianato; egli non va<br />

a scuola, ma a bottega; non viene istru<strong>it</strong>o teoricamente,<br />

ma praticamente. Dopo aver imparato piú o meno a leggere,<br />

scrivere e far di conto, ancor bambino va come<br />

apprendista <strong>da</strong> un maestro e per lo piú vi resta molti<br />

anni. Sappiamo che ancora per il Perugino, Andrea del<br />

Sarto, Fra’ Bartolomeo il tirocinio durò <strong>da</strong> otto a dieci<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 56


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

anni. Gli artisti del Quattrocento – fra gli altri Brunelleschi,<br />

Donatello, Ghiberti, Paolo Uccello, Antonio Pollaiolo,<br />

Verrocchio, il Ghirlan<strong>da</strong>io, Botticelli, il Francia<br />

– provenivano in gran parte <strong>da</strong>ll’oreficeria, che giustamente<br />

fu detta la scuola d’arte del secolo. Molti scultori<br />

cominciavano a lavorare come scalpellini in cantiere,<br />

o presso gli intagliatori di ornati, come già nel Medioevo<br />

i loro predecessori. Donatello è ricevuto nella compagnia<br />

di San Luca come «orafo e lapici<strong>da</strong>» e quel che<br />

egli pensi dell’arte e dell’artigianato lo mostra ottimamente<br />

il fatto che il gruppo di Giud<strong>it</strong>ta e Oloferne, una<br />

delle ultime e piú importanti opere sue, è stato ideato<br />

per una fontana, destinata al cortile di palazzo Medici.<br />

Ma le piú rinomate botteghe del Quattrocento, nonostante<br />

l’organizzazione ancor sostanzialmente artigiana,<br />

seguono già metodi di<strong>da</strong>ttici piú individuali. Ciò vale<br />

anz<strong>it</strong>utto per le botteghe del Verrocchio e dei Pollaiolo<br />

a Firenze, per quella di Francesco Squarcione a Padova<br />

e di Giovanni Bellini a Venezia, dove il capo è ugualmente<br />

famoso come maestro e come artista. Gli allievi<br />

non vanno piú in una qualsiasi bottega, ma presso un<br />

maestro determinato, che li accoglie tanto piú numerosi,<br />

quanto maggiore è la sua fama di artista. Sono appunto<br />

questi ragazzi la mano d’opera, se non sempre migliore,<br />

certo piú a buon mercato. Sarà questo anche il motivo<br />

principale di quell’intensificarsi del discepolato artistico<br />

che d’ora in poi si può osservare, e non già l’ambizione<br />

degli artisti di esser r<strong>it</strong>enuti buoni maestri.<br />

Il tirocinio, secondo la tradizione ered<strong>it</strong>ata <strong>da</strong>l<br />

Medioevo, comincia con lavori manuali d’ogni sorta:<br />

macinar colori, pulir pennelli, preparar le tavole e le tele;<br />

si passa poi a trasportare certe composizioni <strong>da</strong>l cartone<br />

al quadro, ad eseguir panneggi e parti secon<strong>da</strong>rie di<br />

figure, e si finisce con l’esecuzione di intere opere sulla<br />

traccia di semplici schizzi e indicazioni verbali. Cosí<br />

l’apprendista diventa aiuto, piú o meno indipendente,<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 57


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

che dev’essere, in genere, tenuto distinto <strong>da</strong>llo scolaro.<br />

Infatti non tutti gli aiuti di un maestro sono allievi suoi,<br />

né tutti gli allievi rimangono in bottega come aiuti.<br />

L’aiuto è spesso un artista che val quanto il maestro, ma<br />

può essere anche uno strumento impersonale nelle sue<br />

mani. Dalla mutevole combinazione di queste possibil<strong>it</strong>à<br />

e <strong>da</strong>lla frequente collaborazione fra maestro, aiuti e<br />

discepoli alla stessa opera viene non solo un miscuglio<br />

stilistico spesso difficile <strong>da</strong> analizzare, ma talvolta anche<br />

un effettivo livellamento delle differenze individuali,<br />

una forma comune, fon<strong>da</strong>ta anz<strong>it</strong>utto sulla tradizione<br />

artigiana. Il caso ben noto nelle biografie rinascimentali<br />

– sia esso realtà o finzione – del maestro che rinunzia<br />

alla p<strong>it</strong>tura perché uno dei suoi allievi lo ha superato<br />

(Cimabue-Giotto, Verrocchio-Leonardo, Francia-Raffaello)<br />

potrebbe rappresentare uno stadio ulteriore dello<br />

sviluppo, quando la comun<strong>it</strong>à della bottega sta ormai per<br />

dissolversi, oppure – come nel caso del Verrocchio e di<br />

Leonardo – potrebbe avere una spiegazione piú realistica<br />

di quella forn<strong>it</strong>a <strong>da</strong>gli aneddoti. Probabilmente Verrocchio<br />

cessa di dipingere, e attende esclusivamente alla<br />

scultura, dopo che si è persuaso di potere lasciare tranquillamente<br />

le commissioni di p<strong>it</strong>tura a un aiuto come<br />

Leonardo 88 .<br />

Nella bottega dell’artista quattrocentesco domina<br />

ancora lo spir<strong>it</strong>o collettivo del cantiere e della corporazione;<br />

l’opera non è ancora l’espressione di una personal<strong>it</strong>à<br />

indipendente, che accentua la propria original<strong>it</strong>à<br />

e si chiude a tutto ciò che le è estraneo. L’esigenza di<br />

condur l’opera di propria mano <strong>da</strong>l principio alla fine e<br />

l’impossibil<strong>it</strong>à di una collaborazione fecon<strong>da</strong> con allievi<br />

e aiuti si rivelano solo in Michelangelo, che anche per<br />

questo aspetto è il primo artista moderno. Per tutto il<br />

Quattrocento il lavoro artistico conserva il suo carattere<br />

di collaborazione 89 . Per realizzare le grandi opere,<br />

soprattutto di scultura, si fon<strong>da</strong>no vasti laboratori di<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 58


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

tipo industriale con molti aiuti e manovali. Cosí nella<br />

bottega del Ghiberti, quando eseguiva le porte del Battistero,<br />

una fra le massime imprese artistiche del Quattrocento,<br />

lavoravano circa venti aiuti. Fra i p<strong>it</strong>tori, un<br />

Ghirlan<strong>da</strong>io e un Pinturicchio, per l’esecuzione dei grandi<br />

cicli di affreschi, impiegavano intere équipes di aiutanti.<br />

La bottega del Ghirlan<strong>da</strong>io, in cui collaborano stabilmente<br />

anz<strong>it</strong>utto i fratelli e il cognato del maestro, è<br />

una delle grandi aziende familiari del secolo, accanto a<br />

quelle dei Della Robbia e dei due Pollaiolo. Alcuni<br />

padroni di botteghe sono impresari piú che artisti e di<br />

sol<strong>it</strong>o si assumono le ordinazioni per poi farle eseguire<br />

<strong>da</strong> un p<strong>it</strong>tore a<strong>da</strong>tto. A questa categoria pare che appartenesse<br />

anche Evangelista de Predis a Milano, che fra<br />

gli altri impiegò per qualche tempo Leonardo. Ma troviamo<br />

altre forme ancora di lavoro artistico collettivo<br />

nel Quattrocento: ad esempio la bottega tenuta in<br />

società <strong>da</strong> due artisti, sol<strong>it</strong>amente ancor giovani, che non<br />

potrebbero altrimenti affrontarne le spese. Cosí lavorano<br />

Donatello e Michelozzo, Fra’ Bartolomeo e Mariotto<br />

Albertinelli, Andrea del Sarto e il Franciabigio. Sono<br />

ancora nel complesso forme di organizzazione collettiva,<br />

che impediscono l’atomizzarsi delle tendenze artistiche.<br />

Questa soli<strong>da</strong>rietà e continu<strong>it</strong>à di forme si fa sentire<br />

in senso verticale, oltre che orizzontale. Le personal<strong>it</strong>à<br />

piú in vista infatti formano lunghe dinastie di<br />

maestri e allievi, come ad esempio la catena Fra’ Angelico<br />

- Benozzo Gozzoli - Cosimo Rosselli - Piero di Cosimo<br />

- Andrea del Sarto - Pontormo - Bronzino, dove la<br />

linea di sviluppo prende forma di un’ininterrotta tradizione.<br />

Lo spir<strong>it</strong>o che domina ancora nel Quattrocento si<br />

rivela anz<strong>it</strong>utto negli incarichi di modesto artigianato<br />

spesso assunti <strong>da</strong>lle botteghe degli artisti. Dai ricordi di<br />

Neri di Bicci sappiamo quali oggetti potessero uscire <strong>da</strong><br />

una fiorente bottega di p<strong>it</strong>tore: oltre i quadri, vi si face-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 59


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

vano stemmi, bandiere, insegne, intarsi, intagli in legno<br />

policromo, modelli per tappezzieri e ricamatori, decorazioni<br />

per feste e molte altre cose. Antonio Pollaiolo,<br />

anche quando è già illustre come p<strong>it</strong>tore e scultore, continua<br />

a tenere una bottega di orafo, e in essa, oltre a<br />

sculture e oreficerie, si fanno cartoni per arazzi e disegni<br />

per incisioni in rame. Il Verrocchio, anche all’apice<br />

della sua carriera, accetta i piú vari lavori di terracotta<br />

e d’intaglio. Donatello per il suo protettore Martelli<br />

non esegue solo il celebre stemma, ma anche uno specchio<br />

d’argento. Luca della Robbia fabbrica formelle di<br />

maiolica per chiese e case private, Botticelli fornisce<br />

disegni per ricami e lo Squarcione tiene una bottega di<br />

ricamatore. Il tipo di questi lavori varierà, naturalmente,<br />

secondo l’epoca e il nome del singolo artista, e non<br />

s’immagini comunque che il Ghirlan<strong>da</strong>io e Botticelli<br />

dipingessero le insegne al fornaio o al macellaio della<br />

cantonata; simili incarichi certo non si accettavano piú<br />

nelle loro botteghe. Invece gonfaloni, cassoni nuziali e<br />

deschi <strong>da</strong> parto, fino alla fine del Quattrocento si r<strong>it</strong>ennero<br />

lavori non indegni di un artista. Botticelli, Filippino<br />

Lippi, Piero di Cosimo ancor nel Cinquecento mettono<br />

mano a p<strong>it</strong>ture di cassoni. Una svolta fon<strong>da</strong>mentale<br />

nella valutazione del lavoro artistico si nota solo a<br />

partire <strong>da</strong>i tempi di Michelangelo. Per il Vasari incarichi<br />

di tipo artigiano non possono piú conciliarsi con la<br />

dign<strong>it</strong>à di un artista. Questo significa in pari tempo la<br />

fine della soggezione degli artisti alla corporazione. È<br />

sintomatico l’es<strong>it</strong>o del processo intentato <strong>da</strong>lla corporazione<br />

dei p<strong>it</strong>tori di Genova contro Giovanni Battista<br />

Poggi, a cui si voleva proibire l’esercizio della p<strong>it</strong>tura in<br />

c<strong>it</strong>tà, perché egli non vi aveva compiuto i prescr<strong>it</strong>ti sette<br />

anni di tirocinio. Quell’anno 1590 in cui fu deciso che<br />

gli statuti della corporazione non erano vincolanti per<br />

l’artista che non tenesse bottega aperta, conclude un<br />

processo di trasformazione durato quasi due secoli 90 .<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 60


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

Anche economicamente nel Quattrocento gli artisti<br />

sono equiparati al ceto piccolo-borghese degli artigiani;<br />

in generale la loro condizione non è brillante, ma neppure<br />

veramente precaria. Fra di loro non c’è ancora chi<br />

viva <strong>da</strong> signore, tuttavia non si può parlare di proletariato<br />

artistico. È vero che i p<strong>it</strong>tori nelle dichiarazioni<br />

fiscali si lagnano sempre delle loro angustie economiche,<br />

ma questi documenti non sono certo per lo storico le<br />

fonti piú degne di fede. Masaccio afferma di non poter<br />

nemmeno pagare il suo garzone, e noi sappiamo che<br />

effettivamente egli morí povero e pieno di deb<strong>it</strong>i 91 . Filippo<br />

Lippi, secondo Vasari, non aveva <strong>da</strong> comprarsi un<br />

paio di calze e Paolo Uccello <strong>da</strong> vecchio dichiara che non<br />

possiede nulla, non può piú lavorare e ha la moglie malata.<br />

Stavano meglio quelli che erano al servizio di una<br />

corte o di un mecenate. Fra’ Angelico, ad esempio, a<br />

Roma riceveva <strong>da</strong>lla Curia quindici ducati al mese in un<br />

tempo in cui a Firenze, forse un po’ meno cara, si poteva<br />

viver <strong>da</strong> signori con trecento ducati all’anno 92 . Occorre<br />

notare che i prezzi in genere si mantenevano a un<br />

livello medio e che anche i maestri celebri non eran<br />

pagati molto meglio degli artisti mediocri e degli ottimi<br />

artigiani. Personal<strong>it</strong>à come Donatello avevano probabilmente<br />

onorari un po’ piú alti, ma non c’erano ancora<br />

veri e propri «prezzi d’amatore» 93 . Gentile <strong>da</strong> Fabriano<br />

per la sua Adorazione dei Magi ebbe 150 fiorini d’oro;<br />

Benozzo Gozzoli, 6o per una pala d’altare; Filippo<br />

Lippi, 40 per una Madonna; ma Botticelli, già 75 94 .<br />

Come stipendio fisso, Ghiberti, finché lavorò alle porte<br />

del Battistero, gua<strong>da</strong>gnava duecento fiorini l’anno,<br />

quando il cancelliere della Signoria ne gua<strong>da</strong>gnava seicento,<br />

con l’obbligo di pagarsi quattro scrivani. Un buon<br />

amanuense allora riceveva trenta fiorini, oltre le spese.<br />

Gli artisti, quindi, non erano proprio mal pagati, se pur<br />

ben lungi <strong>da</strong>lle remunerazioni dei celebri letterati e<br />

docenti che spesso avevano <strong>da</strong> cinquecento a duemila<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 61


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

fiorini l’anno 95 . Tutto il mercato artistico si moveva<br />

ancora entro confini relativamente modesti; gli artisti<br />

già durante il lavoro dovevano richiedere degli anticipi<br />

sul prezzo fissato e d’altro canto i comm<strong>it</strong>tenti spesso<br />

non potevano pagare se non a rate anche lo stesso materiale<br />

96 . I principi stessi lottavano con la scarsezza di<br />

denaro liquido e Leonardo si lamenta piú volte con il suo<br />

protettore Ludovico il Moro, perché non gli è stato<br />

pagato l’onorario 97 . Non ultimo elemento che conferma<br />

il carattere artigiano del lavoro è il regolare contratto<br />

che lega l’artista al comm<strong>it</strong>tente. Per le opere di maggior<br />

impegno tutte le spese, cioè l’acquisto del materiale,<br />

gli stipendi e spesso anche il mantenimento di aiuti<br />

e garzoni, erano assunte <strong>da</strong>l comm<strong>it</strong>tente e il maestro<br />

stesso riceveva un onorario in ragione del tempo ch’egli<br />

impiegava. Per i p<strong>it</strong>tori il lavoro a salario rimase la regola<br />

sino alla fine del Quattrocento; solo piú tardi questo<br />

tipo di compenso sarà riservato alle prestazioni puramente<br />

artigiane, come restauri e copie 98 .<br />

Via via che l’arte si svincola <strong>da</strong>ll’artigianato, cambiano<br />

a poco a poco le clausole dei contratti. In uno del<br />

1485, col Ghirlan<strong>da</strong>io, viene ancora fissato esplic<strong>it</strong>amente<br />

il prezzo dei colori; ma Filippino Lippi, secondo<br />

un contratto del 1487, è tenuto a provvedere <strong>da</strong> sé il<br />

materiale, e analoga condizione figura in un patto stipulato<br />

con Michelangelo nel 1498. Una linea di confine<br />

netta non si può naturalmente stabilire, ma si può dire<br />

in ogni caso che il mutamento si verifica verso la fine del<br />

secolo ed è <strong>da</strong> connettere soprattutto con la persona di<br />

Michelangelo. Di regola nel Quattrocento si richiedeva<br />

all’artista di nominare un mallevadore che garantisse<br />

per lui l’osservanza del contratto; per Michelangelo tale<br />

garanzia si riduce a una pura formal<strong>it</strong>à. C’è un caso<br />

addir<strong>it</strong>tura in cui l’estensore stesso del documento funge<br />

<strong>da</strong> garante per le due parti 99 . Anche le altre clausole si<br />

fanno sempre meno severe per l’artista e meno esatta-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 62


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

mente circostanziate. In un contratto del 1524 Sebastiano<br />

del Piombo viene lasciato libero di fare un quadro<br />

a suo talento, purché non sia un quadro sacro; e nel<br />

1531 lo stesso collezionista ordina a Michelangelo un’opera<br />

che può essere un dipinto o una scultura, come piacerà<br />

al maestro.<br />

Nell’Italia del Rinascimento fin <strong>da</strong>gli inizi gli artisti<br />

ebbero una posizione migliore che negli altri paesi, e<br />

non tanto per le forme piú evolute della v<strong>it</strong>a urbana –<br />

l’ambiente c<strong>it</strong>tadino in sé e per sé non poteva offrire<br />

maggiori possibil<strong>it</strong>à agli artisti che al comune ceto<br />

medio industriale – ma perché i principi e i signori <strong>it</strong>aliani<br />

avevano piú modo di impiegarne i talenti e sapevano<br />

apprezzarli meglio dei potenti d’Oltralpe. La maggiore<br />

indipendenza <strong>da</strong>lla corporazione, che è alla base<br />

della condizione privilegiata dell’artista <strong>it</strong>aliano, è anz<strong>it</strong>utto<br />

il risultato del suo lavorare presso corti diverse.<br />

Nel Nord ogni maestro è legato a una c<strong>it</strong>tà; in Italia<br />

l’artista va spesso di corte in corte, di c<strong>it</strong>tà in c<strong>it</strong>tà, e<br />

già questa v<strong>it</strong>a errante implica una minor soggezione<br />

alle prescrizioni corporative, che valgono per i rapporti<br />

entro un certo terr<strong>it</strong>orio e sono <strong>da</strong> osservare solo<br />

entro quei confini. Poiché i principi ci tenevano ad<br />

assicurarsi non solo maestri genericamente di valore, ma<br />

anche determinati artisti, spesso forestieri, questi<br />

dovettero essere affrancati <strong>da</strong>lle lim<strong>it</strong>azioni corporative.<br />

Non si poteva pretendere che mentre eseguivano il<br />

loro incarico ba<strong>da</strong>ssero ai regolamenti dell’artigianato<br />

locale, preoccupandosi di ottenere un permesso di lavoro<br />

<strong>da</strong>lle autor<strong>it</strong>à delle corporazioni e stessero a chiedere<br />

quanti aiuti e garzoni potevano impiegare. Fin<strong>it</strong>o un<br />

lavoro, si trasferivano, insieme con la loro gente, presso<br />

un altro protettore, dove avevano un uguale trattamento<br />

di favore. Questi p<strong>it</strong>tori erranti di corte in corte<br />

sfuggirono sempre alla giurisdizione corporativa. Ma i<br />

loro privilegi necessariamente influirono anche sulla<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 63


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

condizione degli artisti stabil<strong>it</strong>i nelle c<strong>it</strong>tà, tanto piú che<br />

queste spesso occupavano gli stessi maestri che lavoravano<br />

alle corti, e dovevano quindi offrire condizioni<br />

non meno favorevoli di quelle, se volevano assicurarseli.<br />

L’artista quindi non si emancipa <strong>da</strong>lla corporazione<br />

perché abbia acquistato una piú alta dign<strong>it</strong>à, e venga<br />

riconosciuta la sua aspirazione ad essere equiparato ai<br />

poeti e ai dotti, ma perché si ha bisogno dei suoi servigi<br />

e occorre acquistarseli. La dign<strong>it</strong>à qui non è che l’espressione<br />

del prezzo di mercato.<br />

L’ascesa <strong>sociale</strong> degli artisti si manifesta anz<strong>it</strong>utto<br />

negli onorari. Nell’ultimo quarto del Quattrocento a<br />

Firenze si cominciano a pagare prezzi relativamente alti<br />

per gli affreschi. Giovanni Tornabuoni, nel 1485, per la<br />

decorazione della cappella di famiglia in Santa Maria<br />

Novella, concor<strong>da</strong> col Ghirlan<strong>da</strong>io un onorario di 1100<br />

fiorini. Filippino Lippi, per gli affreschi di Santa Maria<br />

sopra Minerva a Roma, riscuote il compenso di 2000<br />

ducati d’oro, che corrispondono circa ad altrettanti fiorini.<br />

E 3000 ducati riceve Michelangelo per la volta<br />

della Sistina 100 . Verso la fine del secolo ci sono già molti<br />

artisti che han denaro: Filippino anzi accumula una ricchezza<br />

notevole. Il Perugino possiede case, Benedetto <strong>da</strong><br />

Maiano un podere. A Milano, Leonardo <strong>da</strong> Vinci ha uno<br />

stipendio annuo di 2000 ducati e in Francia riceve<br />

35000 franchi l’anno 101 . I celebrati maestri del Cinquecento,<br />

specialmente Raffaello e Tiziano, dispongono di<br />

entrate considerevoli e menano v<strong>it</strong>a <strong>da</strong> signori. Le ab<strong>it</strong>udini<br />

di Michelangelo sono modeste, ma anch’egli gua<strong>da</strong>gna<br />

assai, ed è già ricco quando rifiuta ogni compenso<br />

per i suoi lavori in San Pietro. A questo aumento<br />

degli onorari, oltre all’accresciuta doman<strong>da</strong> d’oggetti<br />

d’arte e alla generale ascesa dei prezzi, dovette contribuire<br />

in misura decisiva il fatto che sullo scorcio del<br />

secolo la Curia pontificia balza in primo piano sul mercato<br />

artistico e crea una sensibile concorrenza ai clienti<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 64


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

degli artisti fiorentini. Questi emigrano in gran numero<br />

verso la munifica Roma. Naturalmente traggono prof<strong>it</strong>to<br />

<strong>da</strong>lle alte offerte della corte papale anche i rimasti<br />

– in ver<strong>it</strong>à, solo i piú rinomati, quelli che si cerca di trattenere<br />

in patria; per gli altri i prezzi arrancano a fatica<br />

seguendo la s<strong>it</strong>uazione generale e ora <strong>da</strong>vvero cominciano<br />

ad apparire sostanziali differenze nei compensi 102 .<br />

La liberazione di p<strong>it</strong>tori e scultori <strong>da</strong>i vincoli delle<br />

corporazioni e la loro ascesa <strong>da</strong>l livello degli artigiani a<br />

quello dei poeti e dei dotti è stata attribu<strong>it</strong>a alla loro<br />

alleanza con gli umanisti. Ma la soli<strong>da</strong>rietà degli umanisti<br />

si spiega ricor<strong>da</strong>ndo che i monumenti letterari ed<br />

artistici dell’antich<strong>it</strong>à formavano un’un<strong>it</strong>à indivisibile<br />

agli occhi di quegli entusiasti, persuasi che, presso gli<br />

antichi, poeti e artisti godessero di ugual considerazione<br />

103 . Di fatto, non avrebbero potuto concepire che gli<br />

autori di opere <strong>da</strong> loro ugualmente venerate per la comune<br />

origine, fossero stati valutati diversamente, e indussero<br />

i contemporanei – e tutta la poster<strong>it</strong>à, fino all’Ottocento<br />

– a credere che l’artista – che in realtà per gli<br />

antichi altro non era che un banauso – dividesse con il<br />

poeta l’onore della grazia divina. È indubbio il contributo<br />

dell’umanesimo allo sforzo di emancipazione degli<br />

artisti. L’umanista li conferma nella posizione conquistata<br />

grazie alle congiunture del mercato e fornisce loro<br />

le armi per imporsi alla corporazione e per vincere nelle<br />

loro stesse file la resistenza degli elementi conservatori,<br />

meno dotati e quindi piú timidi. La protezione dei letterati<br />

non è stata quindi la causa vera della loro ascesa<br />

<strong>sociale</strong>, ma soltanto il sintomo di un’evoluzione che ha<br />

preso il suo abbrivo <strong>da</strong>lla realtà: <strong>da</strong>l sorgere cioè delle<br />

nuove Signorie e Principati, e <strong>da</strong>llo sviluppo e ricchezza<br />

delle c<strong>it</strong>tà che hanno ridotto sempre piú la sproporzione<br />

tra l’offerta e la doman<strong>da</strong> sul mercato artistico,<br />

fino a un perfetto equilibrio. È noto che le corporazioni<br />

sostanzialmente si erano cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e per cercar di vol-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 65


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

gere tale sproporzione a vantaggio dei produttori; e in<br />

realtà gli organi corporativi chiusero un occhio <strong>da</strong>vanti<br />

alla violazione degli statuti solo quando non ci fu piú il<br />

pericolo della scars<strong>it</strong>à di lavoro. Al progressivo allontanarsi<br />

di tale minaccia, e non già al favore degli umanisti,<br />

gli artisti dovettero la loro indipendenza. L’appoggio<br />

degli umanisti essi lo ricercarono, non tanto per<br />

spezzare la resistenza delle Arti, quanto per giustificare,<br />

agli occhi della classe dirigente imbevuta di umanesimo,<br />

la prosper<strong>it</strong>à economica ormai acquis<strong>it</strong>a, e anche<br />

per assicurarsi i dotti consiglieri che potessero aiutarli a<br />

trattare i soggetti storici e m<strong>it</strong>ologici allora in voga. Gli<br />

umanisti erano per l’artista i garanti del suo valore intellettuale<br />

e a loro volta trovavano nell’opera d’arte un efficacissimo<br />

mezzo di propagan<strong>da</strong> per le idee su cui fon<strong>da</strong>vano<br />

la loro egemonia spir<strong>it</strong>uale. Da questo reciproco<br />

legame derivò quel concetto un<strong>it</strong>ario dell’arte, che per<br />

noi è del tutto evidente, ma fu ignoto fino al Rinascimento.<br />

Non solo Platone parla in modo ben diverso<br />

dell’arte e della poesia, ma neppure nella tar<strong>da</strong> antich<strong>it</strong>à<br />

o nel Medioevo si pensò mai che ci fosse tra arte<br />

e poesia un’affin<strong>it</strong>à piú stretta di quella, ad esempio, corrente<br />

fra scienza e poesia, o tra filosofia e arte.<br />

La letteratura artistica del Medioevo si lim<strong>it</strong>ava a<br />

ricettari. In tali istruzioni pratiche l’arte non era in<br />

alcun modo distinta <strong>da</strong>l mestiere. Anche il trattato della<br />

p<strong>it</strong>tura di Cennino Cennini non si scosta <strong>da</strong>lla mental<strong>it</strong>à<br />

e <strong>da</strong>ll’etica della corporazione; esorta l’artista ad<br />

esser diligente, ubbidiente, paziente, e nell’«im<strong>it</strong>azione»<br />

dei modelli dell’arte scorge la via piú sicura per giungere<br />

alla maestria. Si tratta ancora di un orientamento tradizionalmente<br />

medievale. Leonardo è il primo che anche<br />

sul piano teorico sost<strong>it</strong>uisce all’im<strong>it</strong>azione dei maestri lo<br />

studio della natura; ma cosí egli non fa che codificare la<br />

v<strong>it</strong>toria sulla tradizione, che nella pratica naturalismo e<br />

razionalismo hanno già <strong>da</strong> lungo tempo consegu<strong>it</strong>o. L’e-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 66


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

stetica leonardesca, orientata verso il naturalismo,<br />

mostra che frattanto è completamente mutato il rapporto<br />

fra maestro e scolaro. L’emancipazione <strong>da</strong>llo spir<strong>it</strong>o<br />

artigianale dovette cominciare con la trasformazione<br />

dell’antico sistema di<strong>da</strong>ttico, sottraendo l’insegnamento<br />

al monopolio della corporazione. Questo non si<br />

poteva spezzare – e neppur l’egemonia tradizionale della<br />

bottega – finché la facoltà di eserc<strong>it</strong>are l’arte era subordinata<br />

al tirocinio presso un maestro appartenente alla<br />

corporazione 104 . Si dovette perciò assegnare l’educazione<br />

dei giovani artisti alla scuola e non piú alla bottega,<br />

sost<strong>it</strong>uendo in parte l’insegnamento teorico al pratico,<br />

se si vollero spazzar via gli ostacoli che il vecchio sistema<br />

creava ai giovani. Anche il nuovo, veramente, a<br />

poco a poco creò a sua volta legami e ostacoli. Si comincia<br />

infatti col sost<strong>it</strong>uire il modello naturale all’autor<strong>it</strong>à<br />

dei maestri, ma si finisce col rigido sistema dell’insegnamento<br />

accademico: questo, in luogo dell’antico e<br />

scred<strong>it</strong>ato lavoro di maniera, impone ideali nuovi, che,<br />

anche se non meno ristretti, hanno il pregio di un fon<strong>da</strong>mento<br />

scientifico. Del resto, ad istruire con metodo<br />

scientifico si comincia nelle stesse botteghe. Già ai primi<br />

del Quattrocento i discepoli, durante il tirocinio, imparano,<br />

accanto alla tecnica manuale, anche i rudimenti<br />

della geometria, della prospettiva e dell’anatomia e si<br />

ab<strong>it</strong>uano a disegnar <strong>da</strong> modelli vivi e <strong>da</strong> manichini articolati.<br />

Nei loro studi i maestri organizzano corsi di disegno<br />

e <strong>da</strong> questa ist<strong>it</strong>uzione si sviluppa sia l’accademia<br />

privata con il suo insegnamento pratico e teorico 105 , sia<br />

l’accademia pubblica che segna la fine dell’antica comun<strong>it</strong>à<br />

della bottega e della tradizione artigiana, in quanto<br />

in essa il rapporto tra maestri e scolari diviene puramente<br />

intellettuale. La pratica di bottega e le accademie<br />

private si mantengono per tutto il Cinquecento, ma perdono<br />

via via ogni importanza per lo sviluppo dello stile.<br />

La concezione scientifica dell’arte, che cost<strong>it</strong>uisce la<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 67


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

base dell’insegnamento accademico, comincia con Leon<br />

Battista Alberti. Egli è il primo a formulare l’idea che<br />

la matematica sia il terreno comune dell’arte e della<br />

scienza, poiché ad essa appartengono tanto la teoria<br />

delle proporzioni, quanto quella della prospettiva. E in<br />

lui si trova per la prima volta consapevolmente realizzata<br />

quell’unione, che sul piano della pratica era già<br />

operante in Masaccio e Paolo Uccello, del tecnico che<br />

esperimenta e dell’artista che osserva 106 . L’uno e l’altro<br />

cercano di conoscere il mondo per via sperimentale, per<br />

indurre <strong>da</strong>i risultati delle esperienze leggi razionali;<br />

entrambi cercano di in<strong>da</strong>gare e dominare la natura; un<br />

atteggiamento attivo, un poiein, li distingue entrambi<br />

<strong>da</strong>lla pura contemplazione, <strong>da</strong>lla scolastica angustia dei<br />

dotti univers<strong>it</strong>ari. Ma se il tecnico e l’in<strong>da</strong>gatore della<br />

natura pretendono, per le loro nozioni matematiche, di<br />

appartenere alla sfera intellettuale, anche l’artista, che<br />

spesso fa tutt’uno col tecnico e con lo scienziato, ha<br />

dir<strong>it</strong>to d’aspettarsi che lo si distingua <strong>da</strong>ll’artigiano e che<br />

il suo mezzo espressivo conti fra le «arti liberali».<br />

Leonardo non aggiunge alcuna fon<strong>da</strong>mentale idea<br />

nuova al trattato dell’Alberti, che innalza l’arte al grado<br />

della scienza e affianca l’artista agli umanisti; egli non<br />

fa che accentuare e accrescere le rivendicazioni del suo<br />

predecessore. La p<strong>it</strong>tura, egli afferma, è una specie di<br />

scienza esatta della natura; d’altra parte è superiore alle<br />

scienze, perché queste sono «im<strong>it</strong>abili», cioè impersonali,<br />

l’arte invece è legata all’individuo e alle sue facoltà<br />

innate 107 . Leonardo sostiene dunque il dir<strong>it</strong>to della p<strong>it</strong>tura<br />

ad essere annoverata fra le «arti liberali», non solo<br />

in considerazione della scienza matematica dell’artista,<br />

ma anche del suo talento che non è diverso <strong>da</strong>l genio<br />

poetico. Egli riprende la definizione simonidea della<br />

p<strong>it</strong>tura come poesia muta e della poesia come p<strong>it</strong>tura<br />

parlante; apre cosí quella lunga controversia sulla dign<strong>it</strong>à<br />

delle arti, che durerà per secoli e in cui ancora Lessing<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 68


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

avrà modo di intervenire. Leonardo dice che se l’esser<br />

muta è per la p<strong>it</strong>tura un difetto, si potrebbe con ugual<br />

dir<strong>it</strong>to rimproverare alla poesia d’esser cieca 108 . Un artista<br />

che fosse stato piú vicino agli umanisti non si sarebbe<br />

mai spinto a sostenere una tal eresia.<br />

Una valutazione piú alta dell’arte, un superamento<br />

della concezione artigiana del Medioevo, si nota già del<br />

resto nei primi precursori dell’umanesimo. Dante crea<br />

un monumento imper<strong>it</strong>uro ai maestri Cimabue e Giotto<br />

(Purg., XI, 94-96), e li paragona a poeti come Guido<br />

Guinizelli e Guido Cavalcanti. Il Petrarca nei suoi<br />

sonetti lo<strong>da</strong> il p<strong>it</strong>tore Simone Martini e Filippo Villani,<br />

nell’elogio di Firenze, nomina fra gli uomini famosi della<br />

c<strong>it</strong>tà anche diversi artisti. Le novelle <strong>it</strong>aliane, anz<strong>it</strong>utto<br />

quelle del Boccaccio e del Sacchetti, sono ricche di aneddoti<br />

sugli artisti. E se anche l’arte in sé non ha, in questi<br />

aneddoti, grande importanza, è pur sempre significativo<br />

che l’artista in quanto tale appaia abbastanza<br />

interessante per essere tratto fuori dell’anonima esistenza<br />

dei comuni artigiani e venga rappresentato con<br />

una sua individuale fisionomia. Già nella prima metà del<br />

Quattrocento cominciano quelle biografie di artisti, che<br />

sono cosí tipiche della Rinasc<strong>it</strong>a <strong>it</strong>aliana. Il Brunelleschi<br />

è il primo ad avere una biografia scr<strong>it</strong>ta <strong>da</strong> un contemporaneo;<br />

tanto onore era fin qui riservato ai principi,<br />

agli eroi e ai santi. Il Ghiberti scrive la prima autobiografia<br />

d’artista che si conosca. A gloria del Brunelleschi<br />

il Comune fa erigere un monumento sepolcrale nel<br />

duomo, e Lorenzo vorrebbe riportare in patria <strong>da</strong> Spoleto<br />

i resti mortali di Filippo Lippi e seppellirli onorevolmente.<br />

Gli si risponde che si è dolenti, ma Spoleto è<br />

molto piú povera di Firenze di grandi uomini e non si<br />

può pertanto esaudire il suo desiderio. Da tutti questi<br />

fatti risulta chiaro che l’attenzione del pubblico si è<br />

ormai spostata <strong>da</strong>lle opere alla persona dell’artista. Il<br />

moderno concetto di personal<strong>it</strong>à creatrice comincia a<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 69


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

farsi stra<strong>da</strong> e sono sempre piú frequenti i segni del crescente<br />

orgoglio degli artisti. Abbiamo firme di quasi<br />

tutti i p<strong>it</strong>tori importanti del Quattrocento e il Filarete,<br />

ad esempio, raccoman<strong>da</strong> agli artisti di firmare le loro<br />

opere. Fatto ancor piú notevole, questi p<strong>it</strong>tori ci hanno<br />

lasciato per lo piú il loro autor<strong>it</strong>ratto, anche se non sempre<br />

in un quadro a sé. L’artista r<strong>it</strong>rae se stesso, e talvolta<br />

anche i propri familiari, accanto a donatori e mecenati<br />

come se fosse uno dei tanti assistenti alla scena sacra.<br />

Cosí, in un affresco di Santa Maria Novella, il Ghirlan<strong>da</strong>io<br />

rappresenta i suoi parenti di fronte alla coppia<br />

dei donatori; e le autor<strong>it</strong>à di Perugia incaricano il Vannucci<br />

di aggiungere il proprio r<strong>it</strong>ratto agli affreschi del<br />

Cambio. Sempre piú spesso l’artista riceve pubblici riconoscimenti.<br />

Gentile <strong>da</strong> Fabriano riceve la toga patrizia<br />

<strong>da</strong>lla Repubblica veneta; la c<strong>it</strong>tà di Bologna elegge gonfaloniere<br />

il Francia; Firenze dà a Michelangelo l’alto<br />

t<strong>it</strong>olo di membro del consiglio 109 .<br />

Uno dei segni piú notevoli della nuova coscienza di<br />

sé e della diversa considerazione che gli artisti hanno per<br />

la propria opera si ha nel loro graduale emanciparsi <strong>da</strong>ll’ordinazione<br />

diretta: se essi non eseguono piú gli incarichi<br />

con l’antica fedeltà, spesso <strong>da</strong>nno mano a lavori che<br />

nessuno ha loro ordinato. È noto, per esempio, che<br />

Filippo Lippi non sempre seguiva nel suo lavoro quel<br />

r<strong>it</strong>mo continuo e regolare che si pretende per l’attiv<strong>it</strong>à<br />

artigiana, cosí che a un tratto lasciava in sospeso certe<br />

opere, per cominciarne altre. Questa ab<strong>it</strong>udine di lavorare<br />

irregolarmente si fa sempre piú diffusa 110 , e col<br />

Perugino ci troviamo di fronte addir<strong>it</strong>tura all’astro viziato<br />

che tratta male i comm<strong>it</strong>tenti: né in Palazzo Vecchio<br />

a Firenze, né in Palazzo Ducale a Venezia egli esegue i<br />

lavori assunti, e fa tanto aspettare l’opera promessa per<br />

la cappella della Vergine nel duomo di Orvieto, che il<br />

Comune finisce col passar l’incarico al Signorelli. La graduale<br />

ascesa dell’artista si rispecchia n<strong>it</strong>idissima nella<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 70


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

carriera di Leonardo, che a Firenze è senza dubbio un<br />

uomo apprezzato, ma non molto ricercato come artista;<br />

a Milano, diventa il p<strong>it</strong>tore aulico di Ludovico il Moro,<br />

cui tutto è concesso; quindi assurge al rango di primo<br />

ingegnere mil<strong>it</strong>are di Cesare Borgia, e chiude la sua v<strong>it</strong>a<br />

come favor<strong>it</strong>o e amico del re di Francia. Il mutamento<br />

radicale avviene al principio del Cinquecento. Da allora<br />

i maestri celebri non sono piú dei semplici protetti dei<br />

mecenati, ma essi stessi dei gran signori. E <strong>da</strong> signore,<br />

piú che <strong>da</strong> artista è, come dice il Vasari, la v<strong>it</strong>a splendi<strong>da</strong><br />

di Raffaello, che a Roma dispone di un suo palazzo<br />

e tratta alla pari con principi e cardinali: Bal<strong>da</strong>ssar<br />

Castiglione e Agostino Chigi sono suoi amici, la nipote<br />

del cardinal Bibbiena dev’esser la sua sposa. E Tiziano,<br />

se possibile, sale ancor piú in alto. La fama di primo p<strong>it</strong>tore<br />

del tempo, la sua v<strong>it</strong>a, il suo grado, i t<strong>it</strong>oli lo elevano<br />

al piú alto rango <strong>sociale</strong>. L’imperatore Carlo V lo<br />

nomina conte palatino e membro della corte imperiale,<br />

lo fa cavaliere dello Speron d’Oro e gli concede, insieme<br />

col t<strong>it</strong>olo ered<strong>it</strong>ario, tutta una serie di privilegi. I<br />

sovrani si affannano, spesso inutilmente, per ottenere un<br />

r<strong>it</strong>ratto di sua mano; egli, come scrive l’Aretino, ha proventi<br />

<strong>da</strong> principe; per ogni r<strong>it</strong>ratto l’imperatore gli invia<br />

ricchi doni; sua figlia Lavinia riceve una dote cospicua;<br />

Enrico III vis<strong>it</strong>a personalmente il vecchio p<strong>it</strong>tore e<br />

quando egli, nel 1576, muore v<strong>it</strong>tima della peste, la<br />

Repubblica lo fa seppellire con i piú grandi onori della<br />

chiesa dei Frari, malgrado il severo divieto, sempre<br />

osservato, di <strong>da</strong>r sepoltura nelle chiese agli appestati.<br />

Michelangelo infine sale a un’altezza senza precedenti.<br />

La sua importanza è cosí manifesta, ch’egli può rinunziare<br />

del tutto a onori pubblici, t<strong>it</strong>oli e distinzioni. Egli<br />

sprezza l’amicizia dei principi e dei papi; può permettersi<br />

di avversarli. Non è conte, né consigliere, né<br />

sovrintendente pontificio, ma lo chiamano «divino».<br />

Non vuole che nell’indirizzo delle lettere lo si indichi<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 71


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

come p<strong>it</strong>tore o scultore: è Michelangelo Buonarroti, né<br />

piú né meno; vuole avere come allievi giovani nobili, né<br />

ciò sarà imputato a semplice snobismo; afferma di dipingere<br />

«col cervello» e non «colla mano» e piú ancora vorrebbe<br />

evocare le figure <strong>da</strong>l blocco di marmo con la pura<br />

magia della sua visione. Evidentemente questo è assai<br />

piú che orgoglio dell’artista che si sente superiore all’artigiano,<br />

al «meccanico», al «filisteo»; è l’espressione<br />

invece del terrore di venire a contatto con la comune<br />

realtà. Ci si rivela cosí il primo artista moderno, sol<strong>it</strong>ario,<br />

posseduto <strong>da</strong>l demone – il primo ossessionato <strong>da</strong>lla<br />

sua idea, che sola esiste per lui; il primo che si senta<br />

profon<strong>da</strong>mente impegnato di fronte al suo genio e che<br />

nelle proprie facoltà di artista scorga una superiore<br />

potenza che si impone alla sua stessa volontà. Qui si<br />

giunge a una altezza sovrana, per cui impallidisce ogni<br />

precedente idea della libertà artistica. A questo punto è<br />

veramente compiuta l’emancipazione dell’artista; ora<br />

egli diventa il genio, quale ci appare <strong>da</strong>l Rinascimento<br />

in poi. Si compie infine, con un ultimo mutamento, la<br />

sua ascesa: non piú l’arte, ma l’artista stesso diventa<br />

oggetto di venerazione, diventa di mo<strong>da</strong>. Il mondo, di<br />

cui egli doveva celebrare la gloria, ora celebra la sua; il<br />

culto, di cui era strumento, ora viene tributato alla sua<br />

persona; la grazia divina si trasferisce <strong>da</strong>i suoi protettori<br />

a lui stesso. Veramente c’era sempre stato un rapporto<br />

reciproco fra la gloria dell’eroe e quella del cantore,<br />

fra la gloria del mecenate e quella dell’artista 111 ; quanto<br />

piú famoso era l’apologeta, tanto piú vali<strong>da</strong> era la fama,<br />

ch’egli creava. Ma ora si è giunti a tal punto che il mecenate<br />

si innalza nella misura in cui innalza l’artista al di<br />

sopra di sé e lo esalta anziché esserne esaltato. Carlo V<br />

si china a raccogliere il pennello caduto a Tiziano, e r<strong>it</strong>iene<br />

piú che naturale che un tale artista sia serv<strong>it</strong>o <strong>da</strong> un<br />

imperatore. La leggen<strong>da</strong> dell’artista è completa. Senza<br />

dubbio, c’entra un po’ di civetteria: l’artista è circonfuso<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 72


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

di luce, perché altri brilli del suo riflesso. Ma cesserà mai<br />

del tutto la reciproc<strong>it</strong>à della riconoscenza e della lode,<br />

il tributo di stima e di onore per i servigi reciproci, la<br />

vicendevole salvaguardia degli interessi? Al massimo,<br />

sarà velata.<br />

La fon<strong>da</strong>mentale nov<strong>it</strong>à della concezione artistica del<br />

Rinascimento è l’idea del genio e la concezione dell’opera<br />

d’arte come creazione dell’autonoma personal<strong>it</strong>à:<br />

questa è superiore alla tradizione, alla scuola, alla regola,<br />

all’opera stessa, che anzi trae <strong>da</strong> essa la propria legge;<br />

in altre parole, essa è piú ricca e piú profon<strong>da</strong> dell’opera<br />

e non può esprimersi compiutamente in alcuna forma<br />

obiettiva. È una concezione affatto estranea al Medioevo,<br />

che non riconosceva alcun particolare valore all’original<strong>it</strong>à<br />

e alla spontane<strong>it</strong>à dello spir<strong>it</strong>o, raccoman<strong>da</strong>va l’im<strong>it</strong>azione<br />

dei maestri e ammetteva il plagio, e tutt’al piú<br />

era sfiorato, ma non certo dominato, <strong>da</strong>ll’idea dell’emulazione.<br />

Il genio come dono di Dio, come forza creatrice<br />

innata e intrasmissibile; la libertà, anzi il dovere<br />

dell’artista di seguire una propria, unica legge che giustifica<br />

la sua original<strong>it</strong>à e la sua ostinazione geniale:<br />

sono tutte idee che sorgono solo con la società rinascimentale.<br />

In questa infatti l’intimo dinamismo economico<br />

e il profondo spir<strong>it</strong>o di concorrenza aprono all’individuo<br />

assai piú larghe possibil<strong>it</strong>à e d’altro canto la richiesta<br />

di piú ampi mezzi di propagan<strong>da</strong> <strong>da</strong> parte dei ceti<br />

dirigenti provoca un rialzo della doman<strong>da</strong> sul mercato<br />

artistico. Ma come l’idea moderna di concorrenza ha<br />

lontane radici nel Medioevo, cosí si mantiene vivo a<br />

lungo il concetto medievale di un’arte obiettiva superiore<br />

alle inclinazioni individuali, e la concezione soggettiva<br />

della personal<strong>it</strong>à artistica si fa stra<strong>da</strong> solo assai<br />

lentamente anche dopo la fine del Medioevo. Il quadro<br />

dell’individualismo rinascimentale è dunque <strong>da</strong> correggere<br />

in due sensi. Ma la tesi del Burckhardt non va<br />

respinta del tutto, perché, sebbene anche nel Medioevo<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 73


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

ci fossero già personal<strong>it</strong>à forti e caratteristiche 112 , altro<br />

è pensare e agire individualmente, altro esser coscienti<br />

della propria individual<strong>it</strong>à, affermarla e deliberatamente<br />

potenziarla. Si può parlare di individualismo in senso<br />

moderno solo quando ci si trova di fronte a una riflessa<br />

coscienza individuale, non di fronte a una semplice reazione<br />

soggettiva. La coscienza della propria individual<strong>it</strong>à<br />

comincia nel Rinascimento, ma il Rinascimento non<br />

comincia con tale coscienza. Si cerca e si apprezza nell’arte<br />

l’espressione della personal<strong>it</strong>à molto prima di essere<br />

consapevoli che l’arte si orienta non piú verso un<br />

obiettivo «che cosa», ma verso un soggettivo «come».<br />

Si continua a parlare del suo contenuto di realtà obiettiva,<br />

quando già <strong>da</strong> gran tempo essa è diventata una confessione<br />

soggettiva e proprio come espressione soggettiva<br />

acquista un valore universale. La forza della personal<strong>it</strong>à,<br />

l’energia intellettuale e la spontane<strong>it</strong>à dell’individuo<br />

cost<strong>it</strong>uiscono la grande esperienza del Rinascimento;<br />

e il genio, come quintessenza di tali facoltà,<br />

diventa per esso l’ideale in cui si raccoglie l’essenza<br />

dello spir<strong>it</strong>o umano e il suo potere sulla realtà.<br />

Una delle prime conseguenze del concetto di genio è<br />

l’idea di proprietà intellettuale. Nel Medioevo essa<br />

manca, come manca l’aspirazione all’original<strong>it</strong>à che le è<br />

strettamente collegata. Finché l’arte è tutta volta a rappresentare<br />

la divin<strong>it</strong>à e l’artista non è che un mezzo<br />

attraverso il quale si palesa l’eterno, soprannaturale ordine<br />

delle cose, non si può parlare né di autonomia dell’arte,<br />

né di proprietà artistica. È molto facile stabilire<br />

relazioni tra proprietà intellettuale e inizi del cap<strong>it</strong>alismo,<br />

ma una tale connessione si baserebbe semplicemente<br />

sull’equivoco. L’idea della produttiv<strong>it</strong>à e quindi<br />

della proprietà intellettuale è una conseguenza del decadere<br />

della civiltà cristiana. Non appena la religione cessa<br />

di dominare e unificare in sé l’intera v<strong>it</strong>a spir<strong>it</strong>uale,<br />

ecco affacciarsi l’idea dell’autonomia delle diverse forme<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 74


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

dello spir<strong>it</strong>o, e quindi anche dell’arte come forma spir<strong>it</strong>uale<br />

che abbia in sé il proprio senso e il proprio fine.<br />

Malgrado ogni piú tardo tentativo di ricondurre all’un<strong>it</strong>ario<br />

principio della religione l’intera cultura, e quindi<br />

anche l’arte, non si riuscirà mai piú a ricost<strong>it</strong>uire l’un<strong>it</strong>à<br />

culturale del Medioevo e a negare interamente<br />

all’arte la sua autonomia. Essa ormai, anche se volta a<br />

fini extraestetici, rimane bella e significativa in sé. Ma<br />

non appena si cessa di considerare le singole creazioni<br />

dello spir<strong>it</strong>o come forme diverse di un’unica ver<strong>it</strong>à<br />

sostanziale, ecco presentarsi l’idea di assumere come<br />

cr<strong>it</strong>erio del loro valore la singolar<strong>it</strong>à e l’original<strong>it</strong>à. Il<br />

Trecento è tutto sotto il segno di un solo maestro –<br />

Giotto – e della sua tradizione; nel Quattrocento cominciano<br />

ad affermarsi tendenze individuali d’ogni sorta.<br />

L’original<strong>it</strong>à diventa un’arma della concorrenza. La<br />

dinamica <strong>sociale</strong> s’impadronisce d’un mezzo, ch’essa<br />

non ha creato, ma che a<strong>da</strong>tta ai suoi fini, accrescendone<br />

l’efficacia. Finché il mercato rimane in complesso<br />

favorevole agli artisti, il desiderio di un’espressione personale<br />

ancora non si converte in ricerca di original<strong>it</strong>à;<br />

questo avviene solo col Manierismo, quando le mutate<br />

condizioni generali turbano sensibilmente il mercato<br />

artistico. Il tipo del «genio originale» tuttavia appare<br />

solo nel Settecento, quando gli artisti, nella transizione<br />

<strong>da</strong>l mecenatismo ai rischi del libero mercato, si trovano<br />

a dover combattere piú duramente che mai per l’esistenza<br />

materiale.<br />

Lo sviluppo piú significativo del concetto di genio si<br />

ha nello spostarsi dell’interesse <strong>da</strong>l lavoro concreto alla<br />

semplice att<strong>it</strong>udine, <strong>da</strong>ll’opera alla persona dell’artista,<br />

<strong>da</strong>l risultato all’intento e all’idea. E solo un’epoca per<br />

la quale l’espressione personale era diventata significativa<br />

in se stessa e rivelatrice dell’attiv<strong>it</strong>à dello spir<strong>it</strong>o<br />

poteva compiere questo passaggio. Che segni precursori<br />

di tale tendenza esistessero già nel Quattrocento, lo<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 75


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

mostra, fra l’altro, un passo del trattato del Filarete,<br />

dove le forme di un’opera d’arte sono paragonate ai<br />

caratteri di un manoscr<strong>it</strong>to, <strong>da</strong>i quali si può sub<strong>it</strong>o riconoscere<br />

la mano dello scr<strong>it</strong>tore 113 . La comprensione e la<br />

crescente predilezione per il disegno, l’abbozzo, lo schizzo,<br />

il bozzetto, e in genere per l’incompiuto, sono altri<br />

passi nella stessa direzione. Cosí l’origine del gusto per<br />

il frammento è <strong>da</strong> ricercare nella concezione soggettiva<br />

dell’arte, nell’attrazione che eserc<strong>it</strong>a l’idea del genio; l’ab<strong>it</strong>udine<br />

di studiare i torsi antichi ha potuto, al massimo,<br />

accrescerla. Il disegno, lo schizzo era pieno d’interesse<br />

per il Rinascimento non solo come risultato artistico,<br />

ma anche come documento, come testimonianza<br />

di un momento del processo creativo; vi si scorgeva<br />

insomma una forma espressiva particolare, distinta <strong>da</strong>ll’opera<br />

fin<strong>it</strong>a; vi si apprezzava il fatto che in esso era<br />

colta l’invenzione alla sua origine, quasi non ancor separata<br />

<strong>da</strong>l soggetto creatore. Vasari dice che Paolo Uccello<br />

ha lasciato tanti disegni <strong>da</strong> riempirne casse intere. Del<br />

Medioevo, invece, non ce ne sono quasi pervenuti. A<br />

parte il fatto che l’artista medievale certo non attribuiva<br />

alle idee momentanee la stessa importanza dei maestri<br />

piú tardi, e probabilmente non r<strong>it</strong>eneva che valesse<br />

la pena di fissare ogni fuggevole idea, certo altre cause<br />

spiegano la rar<strong>it</strong>à dei disegni medievali: anz<strong>it</strong>utto il disegno<br />

si diffuse universalmente solo quando si poté disporre<br />

di carta a<strong>da</strong>tta e facilmente accessibile 114 , inoltre solo<br />

una parte relativamente piccola dei disegni effettivamente<br />

esegu<strong>it</strong>i ci è pervenuta. Della loro distruzione tuttavia<br />

il tempo non è il solo responsabile; evidentemente<br />

della loro conservazione ci si curava meno allora di<br />

quanto si fece piú tardi, e in questa mancanza d’interesse<br />

si rivela appunto la differenza fra la concezione<br />

artistica del Medioevo, sostanzialmente orientato verso<br />

l’obiettiv<strong>it</strong>à, e quella soggettivistica del Rinascimento.<br />

Per il Medioevo l’opera d’arte aveva solo un valore<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 76


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

oggettivo, per il Rinascimento aveva valore anche come<br />

espressione della personal<strong>it</strong>à. E appunto allora il disegno<br />

assunse valore di forma tipica del creare artistico, perché<br />

metteva nella massima evidenza quel che di frammentario,<br />

di non fin<strong>it</strong>o e di non finibile è inerente a ogni<br />

opera d’arte. L’esaltazione dell’att<strong>it</strong>udine rispetto all’opera<br />

attuata, tratto essenziale del concetto di genio, sta<br />

a significare appunto che non si r<strong>it</strong>iene che la genial<strong>it</strong>à<br />

possa mai realizzarsi interamente, e questo spiega perché<br />

si sia visto nel disegno con le sue lacune una tipica<br />

forma dell’arte.<br />

Dal genio incapace di piena e perfetta comunicazione,<br />

al genio incompreso che si appella alla poster<strong>it</strong>à<br />

contro il giudizio dei contemporanei, non c’era che un<br />

passo. Il Rinascimento non lo compí mai. Non perché<br />

intendesse l’arte meglio dei tempi successivi, in cui<br />

invece ci furono veramente geni incompresi, ma perché<br />

allora la lotta per l’esistenza nel campo dell’arte si svolgeva<br />

in forme ancora relativamente innocue. Tuttavia<br />

il concetto di genio acquista già ora alcuni tratti dialettici<br />

e già lascia intravvedere l’apparato difensivo,<br />

che l’artista opporrà sia al volgo incompetente dei «filistei»,<br />

sia a quello degli acciarponi e dei dilettanti. Contro<br />

i primi egli si trincererà dietro la maschera dell’eccentrico,<br />

contro gli altri accentuerà il carattere innato<br />

del suo talento, l’original<strong>it</strong>à della sua arte che non si<br />

può imparare. Francisco de Hollan<strong>da</strong> nel suo trattato<br />

della p<strong>it</strong>tura (1548) osserva che ogni personal<strong>it</strong>à notevole<br />

ha in sé qualcosa di bizzarro, e sottolinea l’idea,<br />

allora non piú del tutto nuova, che artista vero si nasce.<br />

La teoria del genio ispirato, le cui facoltà sono di natura<br />

sovraindividuale e irrazionale, prova che si sta cost<strong>it</strong>uendo<br />

una nuova aristocrazia intellettuale, in cui ognuno<br />

preferisce rinunziare al mer<strong>it</strong>o personale, alla<br />

«virtù» nel senso quattrocentesco, pur di distinguersi<br />

piú nettamente <strong>da</strong>gli altri.<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 77


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

L’autonomia dell’arte esprime in forma obiettiva,<br />

cioè <strong>da</strong>l punto di vista dell’opera, quel che il concetto<br />

di genio esprime in forma soggettiva, <strong>da</strong>l punto di vista<br />

dell’artista. L’autonomia delle creazioni spir<strong>it</strong>uali è il<br />

correlativo della spontane<strong>it</strong>à dello spir<strong>it</strong>o. Ma per il<br />

Rinascimento l’autonomia dell’arte significa soltanto<br />

l’indipendenza <strong>da</strong>lla Chiesa e <strong>da</strong>lla metafisica ch’essa<br />

propone, non già un’autonomia assoluta, totale. L’arte<br />

si libera <strong>da</strong>i dogmi ecclesiastici, ma aderisce pur sempre<br />

alla visione scientifica del mondo, propria del tempo;<br />

l’artista si emancipa <strong>da</strong>l clero, ma si vincola ben piú<br />

strettamente alla cerchia umanistica. Tuttavia l’arte non<br />

diventa ancella della scienza, come nel Medioevo era<br />

«ancella della teologia». Piuttosto, essa è e rimane una<br />

sfera privilegiata in cui, lungi <strong>da</strong>l mondo, lo spir<strong>it</strong>o si<br />

compiace, indugiando in spir<strong>it</strong>uali godimenti di natura<br />

particolarissima. E, quando in essa si muove, l’uomo è<br />

lontano tanto <strong>da</strong>lla v<strong>it</strong>a pratica quanto <strong>da</strong>l mondo trascendente<br />

della fede. L’arte può servire ai fini della religione,<br />

e trovarsi a risolvere problemi in comune con la<br />

scienza; ma, per quanto essa assolva a funzioni extrartistiche,<br />

si può sempre considerare come avente in se<br />

stessa il proprio oggetto. È questo il lato nuovo, cui il<br />

Medioevo non poteva arrivare. Ciò non vuol dire che<br />

prima del Rinascimento non si sentisse o non si godesse<br />

la qual<strong>it</strong>à formale di un’opera d’arte; ma non se ne<br />

aveva coscienza e, quando alla reazione sentimentale<br />

subentrava la riflessione, si giudicava secondo il soggetto,<br />

il significato e il valore simbolico. L’interesse del<br />

Medioevo per l’arte riguar<strong>da</strong>va l’argomento; e non solo<br />

per l’arte cristiana contemporanea la considerazione ultima<br />

verteva esclusivamente sul contenuto: la stessa arte<br />

classica era giudicata <strong>da</strong> un punto di vista puramente<br />

contenutistico 115 . Il sovvertimento rinascimentale dei<br />

rapporti con l’arte e la letteratura classica non si deve<br />

attribuire alla scoperta di nuovi autori e di nuove opere,<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 78


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

quanto piuttosto allo spostarsi dell’interesse <strong>da</strong>l contenuto<br />

alla forma, si trattasse di nuove scoperte o di monumenti<br />

già noti 116 . Ed è significativo che il pubblico ora<br />

fa proprio l’atteggiamento degli artisti e giudica l’arte,<br />

non piú col metro della religione e della v<strong>it</strong>a, ma con<br />

quello dell’arte. L’arte del Medioevo mirava a interpretare<br />

la v<strong>it</strong>a, quella del Rinascimento ad arricchirla; l’una<br />

tendeva a elevare l’uomo, l’altra a dilettarlo. Alla sfera<br />

empirica e a quella trascendente, le sole che lo spir<strong>it</strong>o<br />

medievale conoscesse, un’altra se ne aggiunge, in cui sia<br />

le forme dell’esperienza mon<strong>da</strong>na, sia gli archetipi metafisici<br />

delle cose acquistano un senso particolare e nuovissimo.<br />

L’idea dell’arte autonoma, disinteressata, godibile in<br />

sé era già familiare all’antich<strong>it</strong>à; il Rinascimento non<br />

fece che trarla <strong>da</strong>ll’oblio medievale. Ma prima di allora<br />

mai si era concep<strong>it</strong>a l’idea che una v<strong>it</strong>a ded<strong>it</strong>a al godimento<br />

dell’arte potesse cost<strong>it</strong>uire una forma piú alta e<br />

piú nobile d’esistenza. Plotino e i neoplatonici, che pure<br />

avevano attribu<strong>it</strong>o all’arte un alto significato, ne negarono<br />

in pari tempo l’autonomia, facendone un puro veicolo<br />

della conoscenza intellettiva. L’idea, già accennata<br />

in Petrarca 117 , di un’arte del tutto autonoma e che, benché<br />

indipendente <strong>da</strong>l resto del mondo spir<strong>it</strong>uale, anzi<br />

proprio in grazia di quella bellezza che ha in sé le sue<br />

ragioni, assurga ad educatrice dell’uman<strong>it</strong>à, è estranea<br />

tanto al Medioevo quanto alla classic<strong>it</strong>à. E tale è tutto<br />

l’estetismo del Rinascimento. È vero che anche nella<br />

tar<strong>da</strong> antich<strong>it</strong>à era avvenuto che i cr<strong>it</strong>eri dell’arte si<br />

estendessero alla v<strong>it</strong>a intera, pure sarebbe impossibile<br />

trovare nei secoli avanti il Rinascimento un episodio<br />

analogo a quello del credente che, sul letto di morte, si<br />

rifiuta di baciare il Crocifisso che gli è presentato, perché<br />

è brutto, e ne vuole uno piú bello 118 .<br />

Il concetto rinascimentale dell’autonomia dell’arte<br />

non è, per altro, rigoroso, puristico; gli artisti cercano<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 79


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

di spezzare i ceppi del pensiero scolastico, ma non hanno<br />

l’ambizione di reggersi <strong>da</strong> soli, né pensano a fare dell’indipendenza<br />

dell’arte una questione di principio.<br />

Anzi, essi sottolineano la natura scientifica della loro<br />

attiv<strong>it</strong>à. Soltanto nel Cinquecento si sciolgono i legami<br />

che facevano di scienza e arte un mezzo omogeneo per<br />

la conoscenza del mondo esterno; solo allora sorge l’idea<br />

di un’arte autonoma anche di fronte alla scienza. In<br />

certe s<strong>it</strong>uazioni l’arte pare orientarsi scientificamente,<br />

mentre la scienza per contro pare seguire cr<strong>it</strong>eri estetici.<br />

Nel Quattrocento il contenuto di ver<strong>it</strong>à dell’arte lo<br />

si commisura con cr<strong>it</strong>eri scientifici; nel tardo Cinquecento<br />

invece e nell’età barocca la concezione scientifica<br />

del mondo viene costru<strong>it</strong>a in gran parte secondo cr<strong>it</strong>eri<br />

artistici. La prospettiva dei p<strong>it</strong>tori quattrocenteschi è<br />

una concezione scientifica; l’universo di Keplero e di<br />

Galileo è, in fondo, una visione estetica. Con ragione<br />

Dilthey mette in rilievo un aspetto di «fantasia artistica»<br />

nell’in<strong>da</strong>gine scientifica rinascimentale 119 , ma con<br />

altrettanta ragione si potrebbe parlare di un contributo<br />

della «fantasia scientifica» alle creazioni dell’arte quattrocentesca.<br />

Il prestigio che dotti e scienziati ebbero nel Quattrocento<br />

sarà uguagliato solo nell’Ottocento. Entrambe<br />

queste epoche diressero i loro sforzi a incoraggiare per<br />

nuove vie e con nuovi mezzi, con nuovi metodi scientifici<br />

e invenzioni tecniche, l’espansione dell’economia.<br />

Ciò spiega in parte il primato della scienza e il rispetto<br />

nell’uno e nell’altro secolo per i suoi cultori. Ciò che,<br />

nelle arti figurative, Adolf Hildebrandt e Bernard<br />

Berenson intendono per «forma» 120 , è un concetto teoretico<br />

piú che estetico, al pari della «prospettiva» dell’Alberti<br />

e di Piero della Francesca. Le due categorie<br />

sono in realtà guide per muoversi nel mondo dell’esperienza<br />

sensibile, mezzi per chiarire i rapporti spaziali,<br />

strumenti per la conoscenza visiva. La concezione este-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 80


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

tica dell’Ottocento non può ingannare sul carattere teoretico<br />

dei suoi principî artistici, come nel Rinascimento<br />

l’amore dell’arte non riesce a celare l’interesse prevalentemente<br />

scientifico che esso ha per il mondo esterno.<br />

Nei valori spaziali di Hildebrandt, nel geometrismo di<br />

Cézanne, nell’attrazione che la fisiologia eserc<strong>it</strong>a sugli<br />

impressionisti, e la psicologia su tutta la moderna narrativa<br />

e sul dramma, dovunque ci volgiamo, notiamo lo<br />

sforzo di orizzontarsi nella realtà empirica, di comprendere<br />

l’immagine del mondo naturale, di accrescere<br />

i <strong>da</strong>ti dell’esperienza, di ordinarli ed elaborarli in un<br />

sistema razionale. Per l’Ottocento l’arte è un mezzo per<br />

conoscere il mondo esterno, una forma di esperienza<br />

della v<strong>it</strong>a, di analisi e d’interpretazione dell’uomo. Ma<br />

questo naturalismo volto a una conoscenza obiettiva<br />

nasce proprio nel Quattrocento; solo allora l’arte compie<br />

il suo primo tirocinio scientifico, e ancor oggi vive,<br />

almeno in parte, sul cap<strong>it</strong>ale allora tesaurizzato. I suoi<br />

strumenti erano matematica e geometria, ottica e meccanica,<br />

teoria della luce e dei colori, anatomia e fisiologia;<br />

i suoi problemi erano la natura dello spazio e la<br />

struttura del corpo umano, il movimento e le proporzioni,<br />

la tecnica dei panneggi e le proprietà dei pigmenti.<br />

Ma, ad onta dei suoi tanti aspetti scientifici, il naturalismo<br />

del Quattrocento non era che finzione; lo rivela<br />

chiaramente quella che si può considerare la sua piú<br />

tipica formula espressiva: la prospettiva centrale. In sé<br />

la prospettiva non era una scoperta del Rinascimento 121 .<br />

Già l’antich<strong>it</strong>à conosceva lo scorcio e riduceva le dimensioni<br />

degli oggetti in ragione della loro distanza <strong>da</strong>ll’osservatore;<br />

ma non riuscí mai a <strong>da</strong>re dello spazio una rappresentazione<br />

prospetticamente un<strong>it</strong>aria, costru<strong>it</strong>a su<br />

un unico punto di vista; non seppe o non volle rappresentare<br />

in un’un<strong>it</strong>à continua i diversi oggetti e gli spazi<br />

tra essi interposti. Lo spazio nelle opere antiche risultava<br />

<strong>da</strong>l comporsi di parti ed elementi disparati, non costi-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 81


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

tuiva un continuum un<strong>it</strong>ario; riprendendo una distinzione<br />

del Panofsky, era piuttosto un «aggregato» che un<br />

«sistema spaziale». Solo a partire <strong>da</strong>l Rinascimento la<br />

p<strong>it</strong>tura si fon<strong>da</strong> sul presupposto che lo spazio in cui si<br />

trovano le cose sia un elemento infin<strong>it</strong>o, continuo e<br />

omogeneo, e che di regola noi vediamo le cose un<strong>it</strong>ariamente,<br />

cioè con un unico e immobile occhio 122 . Ciò che<br />

di fatto noi percepiamo è invece uno spazio lim<strong>it</strong>ato,<br />

discontinuo, composto di elementi eterogenei. La nostra<br />

immagine dello spazio è in realtà deformata e sfocata ai<br />

margini, il suo contenuto si divide in gruppi e pezzi piú<br />

o meno indipendenti; e poiché il nostro campo visivo è<br />

fisiologicamente sferoi<strong>da</strong>le, in parte noi vediamo curve<br />

invece di rette. Perciò è un’ard<strong>it</strong>a astrazione la prospettiva<br />

lineare quale ce la presenta l’arte rinascimentale,<br />

cioè con l’immagine di uno spazio uniformemente<br />

chiaro e coerentemente costru<strong>it</strong>o in tutte le sue parti,<br />

con un comune punto di concorso delle parallele e un<br />

modulo costante nella misura della «giusta» distanza:<br />

quell’immagine insomma che l’Alberti definì come sezione<br />

trasversale della piramide visiva. La prospettiva centrale<br />

ci dà uno spazio matematicamente esatto, ma<br />

psico-fisiologicamente irreale. Solo un’epoca cosí intimamente<br />

permeata di scienza, come i secoli tra il Rinascimento<br />

e la fine dell’Ottocento, poteva considerare<br />

questa visione assolutamente razionale dello spazio come<br />

una traduzione adeguata della reale impressione ottica.<br />

Allora infatti un<strong>it</strong>à e coerenza eran considerate i piú alti<br />

cr<strong>it</strong>eri di ver<strong>it</strong>à. Solo recentemente abbiamo riacquistato<br />

la consapevolezza che noi non vediamo la realtà come<br />

un tutto spazialmente un<strong>it</strong>ario e conchiuso, ma che invece<br />

la nostra percezione si compie su gruppi sparsi di<br />

oggetti e <strong>da</strong> diversi punti di vista: la veduta complessiva<br />

si costruisce mentre il nostro sguardo si sposta <strong>da</strong>ll’uno<br />

all’altro, mediante l’addizione di singole vedute<br />

parziali, con un’operazione analoga in certo modo a<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 82


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

quella di un Lorenzetti nei suoi grandi affreschi di Siena.<br />

Certo la rappresentazione discontinua dello spazio in<br />

questi affreschi oggi persuade piú di quella perfettamente<br />

un<strong>it</strong>aria che i maestri del Quattrocento realizzavano<br />

sulla scorta della prospettiva centrale 123 .<br />

Si è r<strong>it</strong>enuta peculiare del Rinascimento la versatil<strong>it</strong>à<br />

degli ingegni e specialmente l’att<strong>it</strong>udine, in una sola<br />

persona, all’arte e alla scienza nello stesso tempo. Tuttavia<br />

il fenomeno di artisti che furono esperti di tecniche<br />

diverse, di un Giotto, un Orcagna, un Brunelleschi,<br />

un Benedetto <strong>da</strong> Maiano, un Leonardo <strong>da</strong> Vinci che<br />

furono insieme arch<strong>it</strong>etti, scultori e p<strong>it</strong>tori; di un Pisanello,<br />

di un Antonio del Pollaiolo, di un Verrocchio che<br />

furono scultori, p<strong>it</strong>tori, orafi e me<strong>da</strong>glisti; di un Raffaello<br />

che, nonostante la piú avanzata specializzazione,<br />

fu ancora p<strong>it</strong>tore e arch<strong>it</strong>etto, e di un Michelangelo<br />

scultore, p<strong>it</strong>tore, arch<strong>it</strong>etto, si spiega piú con il carattere<br />

di «mestiere» proprio delle arti figurative che non con<br />

un ideale rinascimentale di versatil<strong>it</strong>à. Questa, in campo<br />

scientifico e tecnico, è propriamente una virtú medievale;<br />

il Quattrocento la ered<strong>it</strong>a insieme con la tradizione<br />

artigiana e se ne allontana poi via via che si allontana<br />

<strong>da</strong>llo spir<strong>it</strong>o di «mestiere». Nel tardo Cinquecento è<br />

sempre piú raro il caso dell’artista che si dedica a tecniche<br />

diverse. Tuttavia, con la v<strong>it</strong>toria dell’ideale umanistico<br />

di cultura e con la concezione dell’«uomo universale»<br />

torna a prevalere una tendenza opposta alla specializzazione<br />

che porta al culto di una versatil<strong>it</strong>à non piú<br />

di natura artigiana, ma dilettantesca. Alla fine del Quattrocento<br />

le due opposte correnti si trovano di fronte: per<br />

quanto abbia corso l’universalismo umanistico ispirato<br />

<strong>da</strong>gli alti ceti, che induce gli artisti a completare le loro<br />

capac<strong>it</strong>à tecniche con cognizioni intellettuali, tuttavia si<br />

fa stra<strong>da</strong> il principio della divisione del lavoro e della<br />

specializzazione, che finisce col prevalere anche in arte.<br />

Già Car<strong>da</strong>no sottolinea che l’occuparsi di molte cose<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 83


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

porta al discred<strong>it</strong>o di un intellettuale. D’altra parte di<br />

contro alla generale tendenza alla specializzazione mer<strong>it</strong>a<br />

di essere rilevato il fatto singolare che dei maggiori<br />

arch<strong>it</strong>etti del Cinquecento il solo Antonio <strong>da</strong> Sangallo<br />

si era sub<strong>it</strong>o avviato a quella carriera: Bramante in origine<br />

era stato p<strong>it</strong>tore, Raffaello e il Peruzzi restarono tali<br />

nonostante la loro attiv<strong>it</strong>à di arch<strong>it</strong>etti, e Michelangelo<br />

era e rimase soprattutto scultore. Il fatto che ci si avviasse<br />

relativamente tardi alla professione di arch<strong>it</strong>etto e che<br />

per essa la preparazione di molti maestri fosse soprattutto<br />

teorica, dimostra quanto rapi<strong>da</strong>mente l’educazione<br />

artigiana venisse soppiantata <strong>da</strong> quella intellettuale<br />

e accademica; d’altro canto sta ad indicare come l’arch<strong>it</strong>ettura<br />

diventi in parte un passatempo <strong>da</strong> signori,<br />

spesso eserc<strong>it</strong>ata come attiv<strong>it</strong>à accessoria. E infatti i<br />

grandi signori vi si erano sempre dedicati con passione,<br />

non solo come fabbricieri, ma anche come costruttori<br />

dilettanti.<br />

Al Ghiberti erano occorsi decenni per compiere le<br />

porte del Battistero, e Luca della Robbia aveva speso<br />

poco meno di dieci anni intorno alla sua cantoria per il<br />

duomo fiorentino. Invece il metodo del Ghirlan<strong>da</strong>io si<br />

caratterizza per una geniale tecnica <strong>da</strong> «fa’ presto», e<br />

Vasari proprio nella facil<strong>it</strong>à e nella prestezza scorge un<br />

segno distintivo dell’autentica natura artistica 124 . Dilettantismo<br />

e virtuosismo, per quanto contradd<strong>it</strong>tori, si<br />

trovano un<strong>it</strong>i nella figura dell’umanista, che giustamente<br />

è stato defin<strong>it</strong>o «il virtuoso della v<strong>it</strong>a intellettuale»,<br />

ma si potrebbe altrettanto bene qualificare come l’eterno,<br />

puro, infaticabile dilettante. Le due caratteristiche<br />

rientrano in quell’ideale della personal<strong>it</strong>à che gli umanisti<br />

si sforzano di attuare, e nella paradossale unione si<br />

tradisce appunto la problematica natura della loro v<strong>it</strong>a<br />

di intellettuali. Tale problematic<strong>it</strong>à ha la sua origine nel<br />

modo stesso in cui è intesa la condizione del letterato,<br />

di cui gli umanisti sono i primi rappresentanti, e soprat-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 84


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

tutto nella loro pretesa a una completa indipendenza,<br />

pretesa che è contraddetta <strong>da</strong>l fatto che essi sono ancora<br />

legati in molte guise. Nel Trecento gli scr<strong>it</strong>tori <strong>it</strong>aliani<br />

provenivano per lo piú <strong>da</strong>i ceti superiori, <strong>da</strong>l patriziato<br />

urbano o <strong>da</strong> facoltose famiglie mercantili. Nobili erano<br />

Cavalcanti e Cino <strong>da</strong> Pistoia; Petrarca è figlio di un<br />

notaio e notaio è Brunetto Latini; Villani e Sacchetti<br />

erano agiati mercanti, come i gen<strong>it</strong>ori del Boccaccio e del<br />

Sercambi. Essi non avevano piú nulla in comune con i<br />

giullari medievali 125 . Ma gli umanisti non sono una categoria<br />

omogenea; non li assimila il ceto o il grado, non la<br />

cultura o la professione; fra di loro si incontrano chierici<br />

e laici, ricchi e poveri, alti funzionari e modesti<br />

notai, piccoli mercanti e maestri di scuola, giuristi ed<br />

erud<strong>it</strong>i 126 . I rappresentanti dei ceti inferiori vi si fanno<br />

sempre piú numerosi. Il piú celebre, il piú influente, il<br />

piú temuto di tutti è il figlio di un calzolaio. Tutti son<br />

figli della c<strong>it</strong>tà – ecco almeno un carattere comune.<br />

Molti di loro sono di famiglia povera, alcuni son fanciulli<br />

prodigio che, destinati a una carriera piena di promesse,<br />

apertasi all’improvviso, si trovano fin <strong>da</strong>ll’inizio in<br />

condizioni eccezionali. Le ambizioni precoci e smo<strong>da</strong>te,<br />

lo studio intenso, spesso assillato <strong>da</strong>lla povertà, l’ingrato<br />

lavoro di precettori e segretari, la caccia alla posizione<br />

e alla fama, le esaltate amicizie e i rancori ostinati, il<br />

facile successo o il fallimento immer<strong>it</strong>ato, gli onori e la<br />

fama per gli uni, la v<strong>it</strong>a raminga per gli altri: tutto ciò<br />

non poteva passar sopra di loro senza gravi <strong>da</strong>nni morali.<br />

Le condizioni sociali del tempo offrivano a un letterato<br />

grandi possibil<strong>it</strong>à, ma minacciavano anche pericoli,<br />

fatti apposta per avvelenare fin <strong>da</strong>ll’inizio l’anima di<br />

un giovane d’ingegno.<br />

Il formarsi, con l’umanesimo, di una classe di letterati,<br />

teoricamente almeno, liberi, presuppone una classe<br />

agiata relativamente ampia, a<strong>da</strong>tta a cost<strong>it</strong>uire un<br />

pubblico letterario. Veramente l’umanesimo ebbe fin<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 85


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

<strong>da</strong> principio i suoi massimi centri presso le corti e le cancellerie<br />

di stato, ma la maggior parte dei suoi fautori<br />

eran facoltosi mercanti e altra gente, cui lo sviluppo del<br />

cap<strong>it</strong>alismo aveva <strong>da</strong>to ricchezza e autor<strong>it</strong>à. La letteratura<br />

medievale era ancora destinata a una cerchia ristretta,<br />

sol<strong>it</strong>amente ben nota all’autore; gli umanisti sono i<br />

primi che si rivolgono con i loro scr<strong>it</strong>ti a un pubblico piú<br />

vasto, in parte sconosciuto. Dai loro tempi ha inizio<br />

qualcosa come un libero mercato letterario e una pubblica<br />

opinione che, promossa <strong>da</strong>lla letteratura, ne subisce<br />

l’influsso. I loro discorsi e libelli sono le prime forme<br />

della moderna pubblicistica; le loro lettere, che raggiungevano<br />

cerchie relativamente ampie, sono i giornali<br />

del tempo 127 . L’Aretino è il «primo giornalista», e per<br />

giunta un giornalista ricattatore. La libertà, a cui egli<br />

deve la propria posizione, era possibile solo in un tempo<br />

in cui lo scr<strong>it</strong>tore non dipendeva piú <strong>da</strong> un mecenate o<br />

<strong>da</strong> un circolo severamente ristretto di protettori, ma per<br />

le produzioni del suo intelletto poteva trovare tanti<br />

clienti, <strong>da</strong> non dover piú usare alcun riguardo per nessuno.<br />

Tutto sommato però, era ancora un pubblico colto<br />

relativamente esiguo quello su cui potevan contare gli<br />

umanisti che, a differenza dei letterati moderni, vivevano<br />

<strong>da</strong> parass<strong>it</strong>i, a meno che la ricchezza familiare non<br />

assicurasse loro una piena indipendenza. Per lo piú essi<br />

non avevano altra possibil<strong>it</strong>à che affi<strong>da</strong>rsi al favore della<br />

corte o al mecenatismo di un autorevole c<strong>it</strong>tadino, e di<br />

sol<strong>it</strong>o erano assunti come segretari o precettori. Il v<strong>it</strong>to<br />

e i regali di un tempo erano ormai sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i <strong>da</strong> stipendi<br />

statali, pensioni, prebende, benefizi; il loro mantenimento,<br />

piuttosto costoso, rientrava tra le spese di rappresentanza<br />

della nuova classe dirigente. Invece del cantore<br />

e del buffone, ora i signori tenevano a corte i propri<br />

storiografi e umanisti, veri e propri professionisti del<br />

panegirico, che di sol<strong>it</strong>o rendevano, in forma un po’ piú<br />

elevata, gli stessi servigi dei loro predecessori. Da loro<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 86


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

per altro si esigeva di piú. Infatti, come un tempo l’alta<br />

borghesia s’era alleata alla nobiltà di sangue, cosí ora<br />

intendeva allearsi alla nobiltà dell’intelletto. Come quella<br />

prima grande alleanza l’aveva resa partecipe dei privilegi<br />

della nasc<strong>it</strong>a, questa doveva assicurale la nobiltà<br />

intellettuale.<br />

Irret<strong>it</strong>i nella finzione della loro libertà, gli umanisti<br />

dovevano sentirsi umiliati di dipendere <strong>da</strong>lla classe<br />

dominante. Il mecenatismo, quell’ist<strong>it</strong>uzione antichissima<br />

e semplice che per un poeta del Medioevo contava<br />

ancora fra le cose piú naturali del mondo, perde ai loro<br />

occhi il suo carattere innocuo. Il rapporto dell’intellettuale<br />

con la potenza e la ricchezza si complica sempre<br />

piú. In principio gli umanisti professavano lo stoicismo<br />

dei vagantes e dei monaci mendicanti, negando ogni valore<br />

alla ricchezza. Finché furono poveri studenti, maestri,<br />

letterati vagabondi, non si sentirono indotti a mutare<br />

questa opinione, ma quando entrarono in contatto piú<br />

stretto con la classe ricca sorse in loro un insanabile confl<strong>it</strong>to<br />

fra le antiche vedute e il nuovo modo di v<strong>it</strong>a 128 . Il<br />

sofista greco, il retore romano, il chierico medievale<br />

non pensarono mai di uscir <strong>da</strong>lla propria posizione essenzialmente<br />

contemplativa – o al piú attiva nell’amb<strong>it</strong>o<br />

pe<strong>da</strong>gogico – per rivaleggiare con le classi dominanti. Gli<br />

umanisti sono i primi intellettuali che aspirano ai privilegi<br />

della proprietà e del grado, e l’orgoglio dell’intellettuale,<br />

fenomeno finora ignoto, è la difesa psicologica<br />

con cui essi reagiscono all’insuccesso. Il loro sforzo di<br />

elevazione <strong>sociale</strong> viene <strong>da</strong>pprima incoraggiato e favor<strong>it</strong>o<br />

<strong>da</strong>ll’alto, ma alla fine represso. Esiste fin <strong>da</strong>l principio<br />

una reciproca diffidenza fra l’orgogliosa classe<br />

colta, ribelle a ogni vincolo, e quella degli uomini d’affari,<br />

prosaici e, in fondo, estranei alla sfera intellettuale<br />

129 . Infatti, come l’età di Platone aveva sent<strong>it</strong>o nettamente<br />

il pericolo implic<strong>it</strong>o nel pensiero dei sofisti, cosí<br />

ora la classe dirigente, con tutta la sua simpatia per l’u-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 87


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

manesimo, non può celare il suo sospetto contro gli<br />

umanisti che, privi di ogni base <strong>sociale</strong>, cost<strong>it</strong>uiscono di<br />

fatto un elemento distruttivo.<br />

Ma il confl<strong>it</strong>to latente fra l’aristocrazia intellettuale<br />

e quella economica non si manifesta ancora apertamente,<br />

almeno fra gli artisti che in questo caso reagiscono<br />

piú lentamente dei loro dotti maestri, in genere dotati<br />

di piú viva coscienza <strong>sociale</strong>. Tuttavia il problema, se<br />

pur eluso e non formulato, è sempre e <strong>da</strong>ppertutto presente,<br />

e ogni intellettuale, artista o letterato che sia,<br />

corre il rischio o di finire in una bohème di spostati rosi<br />

<strong>da</strong> risentimenti antisociali, o di arrendersi alla cerchia<br />

degli accademici conservatori e servili. Di fronte a una<br />

simile alternativa, gli umanisti si rifugiano nella torre<br />

d’avorio, per poi soggiacere alla fine a entrambi i pericoli<br />

cui volevano sfuggire. Tutto l’estetismo moderno li<br />

segue su questa via e si riduce cosí ad essere fuori della<br />

società e, in una condizione passiva, serve gli interessi<br />

dei conservatori, senza poter inserirsi nell’ordine ch’esso<br />

appoggia. Per indipendenza l’umanista intende assenza<br />

di vincoli; il suo disinteresse <strong>sociale</strong> è in realtà un<br />

estraniarsi; la sua fuga <strong>da</strong>lla v<strong>it</strong>a reale, irresponsabil<strong>it</strong>à.<br />

Per non legarsi, egli si proibisce ogni attiv<strong>it</strong>à pol<strong>it</strong>ica, ma<br />

con la sua passiv<strong>it</strong>à rafforza i potenti: la «trahison des<br />

clercs» verso lo spir<strong>it</strong>o è questa, e non già l’impegno<br />

pol<strong>it</strong>ico, di cui l’intellettuale fu recentemente incolpato<br />

130 . L’umanista perde il contatto con la realtà, diventa<br />

un romantico che chiama disprezzo del mondo il suo<br />

straniarsi <strong>da</strong> esso, libertà intellettuale la propria indifferenza,<br />

sovran<strong>it</strong>à morale la sua mancanza di responsabil<strong>it</strong>à<br />

civile. «Per lui v<strong>it</strong>a vuol dire, – secondo il giudizio<br />

di uno studioso del Rinascimento, – scrivere un’eletta<br />

prosa, tornir versi raffinati, tradurre <strong>da</strong>l greco in<br />

latino... Ai suoi occhi l’essenziale non è che i Galli siano<br />

stati sconf<strong>it</strong>ti, ma che siano stati scr<strong>it</strong>ti i commentari<br />

della loro sconf<strong>it</strong>ta... il valore del fatto cede al valore<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 88


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

dello stile...» 131 . Gli artisti del Rinascimento non sono<br />

ancora straniati a tal punto <strong>da</strong>l loro ambiente, ma la loro<br />

v<strong>it</strong>a spir<strong>it</strong>uale è ormai minata ed essi non riescono a<br />

r<strong>it</strong>rovare quell’equilibrio con cui s’inserivano nell’edificio<br />

<strong>sociale</strong> del Medioevo. Stanno al bivio tra l’attivismo<br />

e l’estetismo. Oppure hanno già scelto? Comunque, è<br />

perduto per loro quel che per il Medioevo era del tutto<br />

naturale e ingenuo: l’unione della forma artistica con fini<br />

che la trascendono.<br />

Ma fra gli umanisti non vi sono soltanto begli ingegni<br />

apol<strong>it</strong>ici, fatui parlatori, romantici che fuggono la<br />

realtà; vi sono anche ispirati riformatori, «illuministi»<br />

fanatici e anz<strong>it</strong>utto instancabili pe<strong>da</strong>goghi che pensano<br />

con passione al futuro. P<strong>it</strong>tori e scultori del Rinascimento<br />

debbono a questi non soltanto l’astratto estetismo,<br />

ma anche l’idea dell’artista come eroe intellettuale<br />

e la concezione dell’arte come educatrice dell’uman<strong>it</strong>à.<br />

Sono stati loro appunto i primi a fare dell’arte un elemento<br />

essenziale della cultura intellettuale e morale.<br />

1 Cfr. j. huizinga, Das Problem der Renaissance, in Wege der Kulturgeschichte,<br />

1930, pp. 134 sgg.; g. m. trevelyan, English Social<br />

History, 1944, p. 97 [trad. <strong>it</strong>., <strong>Storia</strong> della società inglese, Torino 1948].<br />

2 j. michelet, Histoire de France, VII, Renaissance, 1855, p. 6.<br />

3 Cfr. adolf philippi, Der Begriff der Renaissance, 1912, p. 111.<br />

4 ernst troeltsch, Renaissance und Reformation, in «Historische<br />

Ze<strong>it</strong>schrift», vol. CX, 1913, p. 530.<br />

5 ernst walser, Studien zur Weltanschauung der Renaissance, 1920, in<br />

Gesammelte Studien zur Geistesgeschichte der Renaissance, 1932, p. 102.<br />

6 Cfr. karl borinski, Der Stre<strong>it</strong> um die Renaissance und die Entstehungsgeschichte<br />

der historischen Beziehungsbegriffe Renaissance und<br />

M<strong>it</strong>telalter, in «S<strong>it</strong>zungsberichte der Bayerischen Akademie der Wissenschaft»,<br />

1919, pp. 1 sgg.<br />

7 karl brandi, Die Renaissance, in Propyläen-Weltgeschichte, IV,<br />

1932, p. 160.<br />

8 werner kägi, Über die Renaissanceforschung Ernst Walsers, in<br />

ernst walser, Gesammelte Studien c<strong>it</strong>., p. xxviii.<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 89


9 Cosí, per esempio, anche in georges renard, Histoire du travail<br />

à Florence, II, 1914, p. 219.<br />

10 e. walser, Studien zur Weltanschauung ecc. c<strong>it</strong>., p.118.<br />

11 Sulla posizione di Nietzsche di fronte a Heinse, cfr. walter brecht,<br />

Heinse und der ästhetische Immoralismus, 1911, p. 62.<br />

12 w. kägi, Über die Renaissanceforschung ecc. c<strong>it</strong>., p. xli.<br />

13 j. huizinga, Herbst des M<strong>it</strong>telalters, 1928, p. 468 [trad. <strong>it</strong>., L’Autunno<br />

del Medioevo, Firenze 1942].<br />

14 <strong>da</strong>gobert frey, Gotik und Renaissance, 1929, p. 38.<br />

15 Cfr., per quanto segue, id., Gothic und Renaissance c<strong>it</strong>., p. 194.<br />

16 j. c. scaliger, Poëtices libri septem, VI, 1591, 21.<br />

17 Dagobert Frey, nella concezione dello spazio come successione o<br />

come simultane<strong>it</strong>à, indica la differenza fra la concezione artistica<br />

medievale e quella del Rinascimento; evidentemente si appoggia alla<br />

distinzione di Erwin Panofsky fra «aggregato» e «sistema» spaziale<br />

(Die Perspektive als «symbolische Form», in «Vorträge der Bibliothek<br />

Warburg», Vorträge 1924-23, Leipzig-Berlin 1927; trad. <strong>it</strong>., La prospettiva<br />

come «forma simbolica» e altri scr<strong>it</strong>ti, Milano 1961). La tesi del<br />

Panofsky riprende la teoria di Wickhoff sulla rappresentazione «continua»<br />

o «distinguente», che a sua volta può essere stata stimolata <strong>da</strong>ll’idea<br />

di Lessing del «momento pregnante».<br />

18 scaliger, Poëtices libri septem c<strong>it</strong>.<br />

19 jakob strieder, Werden und Wachsen des europäischen Frühkap<strong>it</strong>alismus,<br />

in Propyläen-Weltgeschichte, IV, 1932, p. 8.<br />

20 id., Jakob Fugger, 1926, pp. 7-8.<br />

21 werner weisbach, Renaissance als Stilbegriff, in «Historische<br />

Ze<strong>it</strong>schrift», vol. CXX, 1919, p. 262.<br />

22 henri thode, Franz von Assisi und die Anfänge der Kunst der Renaissance,<br />

1885; id., Die Renaissance, in «Bayreuther Blätter», 1899; émile<br />

gebhardt, Origines de la Renaissance en Italie, 1879; id., Italie mystique,<br />

1890; paul sabatier, Vie de Saint François d’Assise, 1893.<br />

23 konrad bur<strong>da</strong>ch, Reformation Renaissance Humanismus, 1918, p.<br />

138. 24 carl neumann, Byzantinische Kultur und Renaissancekultur, in<br />

«Historische Ze<strong>it</strong>schrift», vol. XXI, 1903, pp. 215, 228, 231.<br />

25 louis courajod, Leçons professée à l’École du Louvre, II, 1901,<br />

p. 142.<br />

26 j. strieder, Studien zur Geschichte der kap<strong>it</strong>alistichen Organisa-<br />

tionsformen, 1914, p. 57.<br />

27 julien luchaire, Les Sociétés <strong>it</strong>aliennes du XIII e au XV e siècle,<br />

1933, p. 92.<br />

28 max weber, Wirtschaft und Gesellschaft, 1922, p. 573.<br />

29 robert <strong>da</strong>vidsohn, Forschungen zur Geschichte von Florenz, IV,<br />

1908, p. 268.<br />

Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 90


30 m. weber, Wirtschaft ecc. c<strong>it</strong>., p. 562.<br />

31 Ibid., p. 565.<br />

32 alfred doren, Italienische Wirtschaftsgeschichte, I, 1934, p.<br />

358. Cfr., invece, r. <strong>da</strong>vidsohn, Geschichte von Florenz, IV, 2, 1925,<br />

pp. 1-2.<br />

33 a. doren, Studien zu der Florentiner Wirtschaftsgeschichte, I,Die<br />

Florentiner Wollentuchindustrie, 1901, p. 399.<br />

34 id., Studien zu der Florentiner Wirtschaftsgeschichte, II, Das Florentiner<br />

Zunftwesen, 1908, p. 752.<br />

35 id., Die Florentiner Wollentuchindustrie c<strong>it</strong>., p. 458.<br />

36 r. <strong>da</strong>vrdsohn, Geschichte von Florenz c<strong>it</strong>., IV, 2, p. 5.<br />

37 Cfr. g. renard, Histoire du travail ecc. c<strong>it</strong>., pp. 132-33.<br />

38 a. doren, Das Florentiner Zunftwesen c<strong>it</strong>., p. 726.<br />

39 r. <strong>da</strong>vidsohn, Geschichte von Florenz c<strong>it</strong>., IV, 2, pp. 6-7.<br />

40 ferdinand schewill, History of Florence, p. 362.<br />

41 a. doren, Die Florentiner Wollentuchindustrie c<strong>it</strong>., p. 413.<br />

42 werner sombart, Der moderne Kap<strong>it</strong>alismus, I, 1902, pp. 174<br />

sgg.; georg von below, Die Entstehung des modernen Kap<strong>it</strong>alismus, in<br />

«Historische Ze<strong>it</strong>schrift», vol. XCI, 1903, pp. 433-34.<br />

43 w. sombart, Der Bourgeois, 1913.<br />

44 Cfr. jacob burckhardt, Die Kultur der Renaissance, 1908, 10 a ed.,<br />

I, pp. 26, 51 [trad. <strong>it</strong>., La civiltà del Rinascimento,4 a ed., Firenze 1943].<br />

45 m. DVO∑ÁK, Die Illuminatoren des Johann Neumarkt, in «Jahrbuch<br />

der kunstshistorischen Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses»,<br />

xxii, 1901, pp. 115 sgg.<br />

46 Cfr., per quanto segue, georg gombosi, Spinello Aretino, 1926,<br />

pp. 7-11.<br />

47 Ibid., pp. 12-14.<br />

48 bernard berenson, The Italian Painters ot the Renaissance, 1930,<br />

p. 76 [trad. <strong>it</strong>., P<strong>it</strong>tori <strong>it</strong>aliani del Rinascimento, Milano]; cfr. roberto<br />

salvini, Zur Florentiner Malerei des Trecento, in «Kr<strong>it</strong>ische Berichte zur<br />

kunstgeschichtlichen L<strong>it</strong>eratur», vi, 1937.<br />

49 adolfo gaspary, <strong>Storia</strong> della letteratura <strong>it</strong>aliana, I, 1887, p. 97.<br />

50 w. weisbach, Francesco Pesellino und die Romantik der Renais-<br />

sance, 1901, p. 13.<br />

51 julius von schlosser, Ein veronesisches Bilderbuch und die höfische<br />

Kunst des XIV. Jahrhunderts, in «Jahrbuch der kunsthistorischen<br />

Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses», 1895, vol. XVI, pp.<br />

173 sgg.<br />

52 a. gaspary, <strong>Storia</strong> della letteratura <strong>it</strong>aliana c<strong>it</strong>., I, pp. 108-9.<br />

53 wilhelm pinder, Das Problem der Generation, 1926, p. 12 e<br />

passim.<br />

54 wilhelm von bode, Die Kunst der Frührenaissance in Italien, 1923,<br />

p. 80.<br />

Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 91


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

55 richard hamann, Die Frührenaissance der <strong>it</strong>alienischen Malerei,<br />

1909, pp. 2-3, 16-17; id., Geschichte der Kunst, 1932, p. 417.<br />

56 friedrich antal, Studien zur Gotik im Quattrocento, in «Jahrbuch<br />

der Preussischen Kunstsammlungen», vol. XLVI, 1925, pp.<br />

18 sgg.<br />

57 Cfr. henry pirenne, Les périodes de l’histoire <strong>sociale</strong> du cap<strong>it</strong>alisme,<br />

in «Bulletins de l’Académie Royale de Belgique», 1914, pp.<br />

259-60, 290 e passim.<br />

58 a. doren, Die Florentiner Wollentuchindustrie c<strong>it</strong>., p. 438.<br />

59 Ibid., p. 428.<br />

60 Cfr. martin wackernagel, Der Lebensraum des Künstlers in der<br />

Florentiner Renaissance, 1938, p. 214.<br />

61 a. doren, Italienische Wirtschaftsgeschichte c<strong>it</strong>., I, pp. 561-562.<br />

62 id., Das Florentiner Zunftwesen c<strong>it</strong>., p. 706.<br />

63 Ibid., pp. 709-10.<br />

64 Cfr., per quanto segue, m. wackernagel, Der Lebensraum ecc.<br />

c<strong>it</strong>., p. 234.<br />

65 Cfr. ibid., pp. 9-10.<br />

66 Ibid., p. 291.<br />

67 Ibid., pp. 289-90.<br />

68 robert sa<strong>it</strong>schick, Menschen und Kunst der <strong>it</strong>alienischen Renais-<br />

sance, 1903, p. 188.<br />

69 C<strong>it</strong>ato <strong>da</strong> alfred von reumont, Lorenzo de’ Medici, 1883, II, p.<br />

121. 70 ernst cassirer, Individuum und Kosmos in der Philosophie der<br />

Renaissance, 1927, pp. 177-78 [trad. <strong>it</strong>., Individuo e Cosmo nella filosofia<br />

del Rinascimento, Firenze 1935].<br />

71 richard hönigswald, Denker der <strong>it</strong>alienischen Renaissance, 1938,<br />

p. 25.<br />

72 Cfr. anthony blunt, Artistic Theory in Italy, 1940, p. 21.<br />

73 w. von bode, Bertoldo und Lorenzo de’ Medici, 1925, p. 14.<br />

74 id., Die Kunst der Frührenaissance ecc. c<strong>it</strong>., p. 81.<br />

75 j. burkhardt, Be<strong>it</strong>räge zur Kunstgeschichte Italiens, 1911, 2 a ed.,<br />

p. 397.<br />

76 lothar brieger, Die grossen Kunstsammler, 1931, p. 62.<br />

77 j. von schlosser, Ein veronesisches Bilderbuch ecc. c<strong>it</strong>., p. 194.<br />

78 georg voigt, Die Wiederbelebung des klassischen Altertums, 1893,<br />

3 a ed., I, p, 445.<br />

79 j. burkhardt, Die Kultur der Renaissance c<strong>it</strong>., I, p. 53.<br />

80 w b. castiglione, Il Cortegiano, 1. III, cap. XII.<br />

81 m. wackernagel, Der Lebensraum des Künstlers c<strong>it</strong>., p. 307.<br />

82 Ibid., p. 306.<br />

83 Ibid., p 307.<br />

84 m. wackernagel, Aus dem Florentiner Kunstleben der Renaissan-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 92


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

ceze<strong>it</strong>,inVier Aufsätze über geschichtliche und gegenwärtige Faktoren des<br />

Kunstlebens, 1936, p. 13.<br />

85 thieme-becker, Allgemeines Lexikon der bildenden Künstler, III,<br />

1909.<br />

86 g. b. armenini, De’ veri precetti della p<strong>it</strong>tura, 1586.<br />

87 Cfr. albert dresdner, Die Entstehung der Künstkr<strong>it</strong>ik, 1915, pp.<br />

86-87.<br />

88 kenneth clark, Leonardo <strong>da</strong> Vinci, 1939, pp. 11-12.<br />

89 Cfr., per quanto segue, m. wackernagel, Der Lebensraum des<br />

Künstlers c<strong>it</strong>., pp. 316 sgg.<br />

90 a. dresdner, Die Entstehung der Kunstkr<strong>it</strong>ik c<strong>it</strong>., 94.<br />

91 gaye, Carteggio ined<strong>it</strong>o d’artisti dei sec. XIV-XVI, I, 1839-1840,<br />

p. 115.<br />

92 maud j. jerrold, Italy in the Renaissance, 1927, p. 35.<br />

93 h. lerner-lehmkuhl, Zur Struktur und Geschichte des florentiner<br />

Kunstmarktes im XV. Jahrhundert, pp. 28-29.<br />

94 Ibid., pp. 38-39.<br />

95 Ibid., p. 50.<br />

96 m. wackernagel, Der Lebensraum des Künstlers c<strong>it</strong>., p. 355.<br />

97 r. sa<strong>it</strong>schick, Menschen und Kunst ecc. c<strong>it</strong>., p. 199.<br />

98 paul drey, Die wirtschaftlichen Grundlagen der Malkunst, 1910,<br />

p. 46.<br />

99 Ibid., pp. 20-21.<br />

100 h. lerner-lehmkuhl, Zur Struktur und Geschichte ecc. c<strong>it</strong>., p. 34.<br />

101 r. sa<strong>it</strong>schick, Menschen und Kunst ecc. c<strong>it</strong>., p. 197.<br />

102 h. lerner-lehmkuhl, Zur Struktur und Geschichte ecc. c<strong>it</strong>., p. 54.<br />

103 a. dresdner, Die Entstehung ecc. c<strong>it</strong>., pp. 77-79.<br />

104 Ibid., p. 95.<br />

105 joseph meder, Die Handzeichnung. Ihre Technik und Entwick-<br />

lung, 1919.<br />

106 leonardo olschki, Geschichte der neusprachlichen wissenschaftlichen<br />

L<strong>it</strong>eratur, I, 1919, pp. 107-8.<br />

107 a. dresdner, Die Entstehung ecc. c<strong>it</strong>., p. 72.<br />

108 j. p. richter, The L<strong>it</strong>erary Work of Leonardo <strong>da</strong> Vinci, I, 1883,<br />

n. 653.<br />

109 r. sa<strong>it</strong>schick, Menschen und Kunst ecc. c<strong>it</strong>., pp. 185-86.<br />

110 Cfr. nel Bandello la descrizione del r<strong>it</strong>mo saltuario di Leonardo<br />

nel condurre l’affresco del Cenacolo. C<strong>it</strong>ato <strong>da</strong> k. clark, op. c<strong>it</strong>., pp.<br />

92-93.<br />

111 edgar zilsel, Die Entstehung des Geniebegriffs, 1926, p. 109.<br />

112 Cfr. dietrich schäfer, Weltgeschichte der Neuze<strong>it</strong>, 1920, 9 a ed.,<br />

pp. 13-14; j. huizinga, Wege der Kulturgeschichte, 1930, p. 130.<br />

113 julius schlosser, Die Kunstl<strong>it</strong>eratur, 1924, p. 139 [trad. <strong>it</strong>., La<br />

letteratura artistica, Firenze 1935].<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 93


Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />

114 j. meder, Die Handzeichnung ecc. c<strong>it</strong>., pp. 169-70.<br />

115 k. borinski, Der Stre<strong>it</strong> um die Renaissance ecc. c<strong>it</strong>., p. 21.<br />

116 e. walser, Studien ecc. c<strong>it</strong>., pp. 104-5.<br />

117 k. borinski, Der Stre<strong>it</strong> um die Renaissance ecc. c<strong>it</strong>., pp. 32.<br />

118 philippe monnier, Le Quattrocento, II, 1901, p. 229.<br />

119 wilhelm dilthey, Weltanschauung und Analyse des Menschen<br />

se<strong>it</strong> Renaissance und Reformation, in Gesammelte Schriften, II, 1914,<br />

pp. 343 sgg.<br />

120 adolf hildebrand, Das Problem der Form in der Bildenden Kunst,<br />

1893; b. berenson, The Italian Painters ecc. c<strong>it</strong>.<br />

121 Cfr., per quanto segue, e. panofsxy, Die Perspektive als «symbolische<br />

Form», in «Vorträge der Bibliothek Warburg», 1927, p. 270<br />

(trad. <strong>it</strong>., La prospettiva come «forma simbolica» e altri scr<strong>it</strong>ti, Milano<br />

1961).<br />

122 Ibid., p. 260.<br />

123 Cfr. jacques mesnil, Die Kunstlehre der Frührenaissance im Werke<br />

Masaccios, in «Vorträge der Bibliothek Warburg», 1928, p. 127.<br />

124 La rapid<strong>it</strong>à dell’esecuzione viene celebrata anche <strong>da</strong>ll’Aretino<br />

nelle lettere al Tintoretto degli anni 1545 e 1546.<br />

125 e. zilsel, Die Entstehung ecc. c<strong>it</strong>., pp. 112-13.<br />

126 e. walser, Studien ecc. c<strong>it</strong>., p. 105.<br />

127 Cfr. j. huizinga, Erasmus, 1924, p. 123 [trad. <strong>it</strong>., Erasmo, Torino<br />

1941]; karl bücher, Die Anfänge des Ze<strong>it</strong>ungswesens, in Die Entstehung<br />

der Volkswirtschaft, 1919, 12a ed., I, p. 233.<br />

128 hans baron, Franciscan Poverty and Civic Wealth as Factors in the<br />

Rise of Humanistic Thought, in «Speculum», xiii, 1938, pp. 12, 18 sgg.;<br />

c<strong>it</strong>ato <strong>da</strong> c. e. trinkaus, Advers<strong>it</strong>y’s Noblemen, 1940, pp. 16-17.<br />

129 alfred von martin, Soziologie der Renaissance, 1932, pagine<br />

58 sgg.<br />

130 julien ben<strong>da</strong>, La trahison des clercs, 1927.<br />

131 p. monnier, Le Quattrocento c<strong>it</strong>., I, p. 334.<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 94

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