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<strong>da</strong> <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong><br />
dell’arte<br />
di Arnold Hauser<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 1
Edizione di riferimento:<br />
Arnold Hauser, <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte. Volume secondo.<br />
Rinascimento. Manierismo. Barocco, trad. <strong>it</strong>.<br />
di Anna Bovero, Einaudi, Torino 1955, 1956 e<br />
1987<br />
T<strong>it</strong>olo originale:<br />
Sozialgeschichte der Kunst und L<strong>it</strong>eratur, C. H. Beck,<br />
München<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 2
Indice<br />
IL RINASCIMENTO<br />
I. Il concetto di Rinascimento 4<br />
II. Pubblico di corte e pubblico borghese<br />
nel Quattrocento 18<br />
III. La posizione <strong>sociale</strong> dell’artista<br />
nel Rinascimento 56<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 3
il rinascimento<br />
Cap<strong>it</strong>olo primo<br />
Il concetto di Rinascimento<br />
Quanto di arb<strong>it</strong>rario ci sia nell’uso di dividere il<br />
Medioevo <strong>da</strong>ll’età moderna e quanto fluido sia il concetto<br />
di Rinascimento, lo si avverte soprattutto nella difficoltà<br />
che si incontra nell’inserire nell’una o nell’altra<br />
categoria personal<strong>it</strong>à come Petrarca e Boccaccio, Gentile<br />
<strong>da</strong> Fabriano e il Pisanello, Jean Fouquet e Jan van<br />
Eyck. Se si vuole, Dante e Giotto appartengono già al<br />
Rinascimento, Shakespeare e Molière, ancora al Medioevo.<br />
Né si può metter senz’altro <strong>da</strong> parte l’opinione che<br />
la vera e propria svolta si compia solo nel Settecento e<br />
l’età moderna cominci con l’Illuminismo, l’idea del progresso<br />
e l’industrializzazione 1 . Converrà piuttosto anticipare<br />
questa fon<strong>da</strong>mentale cesura s<strong>it</strong>uandola fra la<br />
prima e la secon<strong>da</strong> metà del Medioevo, cioè alla fine del<br />
secolo xii, quando rinasce l’economia monetaria, sorgono<br />
le nuove c<strong>it</strong>tà e la moderna borghesia acquista i suoi<br />
caratteristici lineamenti: in nessun modo comunque sarà<br />
<strong>da</strong> porre nel Quattrocento, epoca in cui molte cose giungono<br />
a maturazione, ma non comincia quasi nulla di<br />
nuovo. La nostra concezione naturalistica e scientifica<br />
è in sostanza una creazione del Rinascimento, ma il<br />
primo impulso a quel nuovo orientamento, nel quale<br />
questa nuova concezione ha la sua radice, è stato <strong>da</strong>to<br />
<strong>da</strong>l nominalismo medievale. L’interesse per l’individual<strong>it</strong>à,<br />
la ricerca della legge naturale, il senso della fedeltà<br />
alla natura nell’arte e nella letteratura non cominciano<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 4
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
affatto con il Rinascimento. Il naturalismo quattrocentesco<br />
non fa che continuare il naturalismo gotico, in cui<br />
già è manifesta l’interpretazione individuale delle cose<br />
individuali. E se gli apologeti del Rinascimento vogliono<br />
vederne un preannuncio o una prefigurazione in tutto<br />
quanto nel Medioevo è spontaneo, progressivo e personale,<br />
se per il Burckhardt già la poesia dei vagantes è una<br />
prima manifestazione rinascimentale, e Walter Pater<br />
scorge un’espressione del Rinascimento in un’opera<br />
ancor cosí intimamente medievale come il chante-fable<br />
di Aucassin et Nicolette, questo modo di interpretare<br />
non fa che mettere in luce, sia pure <strong>da</strong>l lato opposto,<br />
l’intima connessione e continu<strong>it</strong>à esistenti fra Medioevo<br />
e Rinascimento.<br />
Nel suo quadro del Rinascimento, il Burckhardt insiste<br />
soprattutto sul naturalismo e indica nel volgersi alla<br />
realtà empirica, nella «scoperta del mondo e dell’uomo»<br />
l’elemento essenziale della «rinasc<strong>it</strong>a». Cosí egli, come<br />
i piú dei suoi seguaci, non ha visto che nell’arte rinascimentale<br />
non il naturalismo in sé e per sé era nuovo,<br />
bensí solo il suo aspetto scientifico, metodico, integrale;<br />
che non l’osservazione e l’analisi della realtà superavano<br />
i concetti medievali, ma solo la coerente consapevolezza<br />
con cui il <strong>da</strong>to empirico era registrato e analizzato;<br />
che il fatto rilevante del Rinascimento è stato<br />
insomma non che l’artista sia diventato un osservatore<br />
della natura, bensí che l’opera d’arte sia diventata uno<br />
«studio della natura». Il naturalismo gotico comincia<br />
quando le rappresentazioni dell’arte cessano di essere<br />
esclusivamente simboli e acquistano senso e valore<br />
anche senza un preciso rapporto con la realtà trascendente,<br />
come pure riproduzioni delle cose terrene. Le<br />
sculture di Chartres e di Reims – per quanto fosse<br />
ancora cosí palese in esse la visione oltremon<strong>da</strong>na – si<br />
distinsero <strong>da</strong>lle opere romaniche per il loro senso immanente,<br />
separabile <strong>da</strong>lla loro significazione metafisica.<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 5
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
violento perverso, quale lo dipinge la storia del costume<br />
rinascimentale; e se questo «malvagio tiranno» sia mai<br />
stato altro che il sedimento di reminiscenze lasciato<br />
<strong>da</strong>lle letture classiche degli umanisti 12 .<br />
In questa concezione sensualistica del Rinascimento<br />
amoralismo ed estetismo s’intrecciavano in una maniera<br />
piú propria della psicologia ottocentesca che di quella<br />
rinascimentale. La visione estetica del mondo, che fu<br />
tipica dell’età romantica, non si esauriva affatto in un<br />
culto dell’arte e dell’artista, implicava anzi una nuova<br />
impostazione, secondo cr<strong>it</strong>eri estetici, di tutti i problemi<br />
della v<strong>it</strong>a. Ogni <strong>da</strong>to reale diveniva per essa il substrato<br />
di un’esperienza artistica, e la v<strong>it</strong>a stessa un’opera<br />
d’arte, in cui ogni elemento non era che uno stimolo<br />
per i sensi. I peccatori, i tiranni e i malvagi del Rinascimento<br />
apparivano ad essa come grandi, p<strong>it</strong>toresche,<br />
impressionanti figure, protagonisti a<strong>da</strong>tti al color<strong>it</strong>o<br />
sfondo dell’epoca. Quella generazione che, ebbra di bellezza<br />
e avi<strong>da</strong> di morte, voleva morire «incoronata di<br />
pampini», era ben pronta e disposta a perdonare ogni<br />
cosa di un’epoca che si avvolgeva nell’oro e nella porpora,<br />
trasformava la v<strong>it</strong>a in una splendi<strong>da</strong> festa, e in cui,<br />
come si pretendeva, anche il semplice popolo si entusiasmava<br />
per le piú squis<strong>it</strong>e opere d’arte. La realtà storica<br />
corrispondeva ben poco a questo sogno d’esteti, e<br />
ancor meno all’immagine del superuomo in figura di<br />
tiranno. Il Rinascimento fu duro e freddo, pratico e<br />
tutt’altro che romantico; anche sotto questo rispetto<br />
non differiva troppo <strong>da</strong>l tardo Medioevo.<br />
I caratteri che l’individualismo liberale e l’estetismo<br />
sensualistico hanno attribu<strong>it</strong>o al Rinascimento, in parte<br />
non gli si a<strong>da</strong>ttano affatto, in parte convengono anche<br />
al tardo Medioevo. Pare che il lim<strong>it</strong>e sia qui piuttosto<br />
geografico e nazionale che storico. Nei casi discutibili<br />
– ad esempio, quelli del Pisanello e dei van Eyck – si<br />
riferiranno al Rinascimento i fenomeni del Sud, al<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 6
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
Medioevo quelli del Settentrione. Le spaziose rappresentazioni<br />
dell’arte <strong>it</strong>aliana, con il libero movimento<br />
delle loro figure pur nell’impianto un<strong>it</strong>ario della costruzione,<br />
appaiono rinascimentali; l’angustia spaziale della<br />
p<strong>it</strong>tura fiamminga, le sue figure timide, un po’ goffe, i<br />
suoi accessori meticolosamente accumulati, la sua leggiadra<br />
tecnica mil<strong>it</strong>aristica, <strong>da</strong>nno invece senz’altro<br />
l’impressione di qualcosa di medievale. Ma se anche qui<br />
si può concedere un certo peso ai fattori costanti dello<br />
sviluppo, cioè al carattere etnico e nazionale dei gruppi<br />
che gui<strong>da</strong>no la cultura, non si dovrebbe dimenticare<br />
che l’ammissione di un fattore di questo genere significa<br />
in sostanza una rinunzia al proprio ufficio di storici:<br />
ed è rinuncia questa cui si deve consentire piú<br />
tardi possibile. Per lo piú si scopre infatti che tali fattori<br />
presunti costanti non sono che sedimentazioni di<br />
certi stadi dello sviluppo storico, o il frettoloso surrogato<br />
di condizioni storiche che non si sono in<strong>da</strong>gate, ma<br />
che sono perfettamente in<strong>da</strong>gabili. Comunque, il carattere<br />
individuale delle razze e delle nazioni ha nelle singole<br />
epoche della storia un significato di volta in volta<br />
diverso. Nel Medioevo è insignificante, poiché in quell’epoca<br />
la grande collettiv<strong>it</strong>à cristiana è cosa ben piú<br />
reale che non l’individual<strong>it</strong>à dei singoli popoli. Ma sul<br />
finire del Medioevo, al feu<strong>da</strong>lesimo, comune a tutto<br />
l’Occidente, e alla cavalleria internazionale, alla Chiesa<br />
universale e alla sua cultura un<strong>it</strong>aria, subentrano la<br />
borghesia nazionale con il suo patriottismo c<strong>it</strong>tadino, le<br />
sue forme economiche e sociali diverse <strong>da</strong> luogo a luogo,<br />
le anguste sfere d’interessi delle c<strong>it</strong>tà e delle province,<br />
il particolarismo dei principati e le varietà del volgare.<br />
Solo allora il carattere nazionale ed etnico emerge piú<br />
decisamente come fattore distintivo; e il Rinascimento<br />
appare come quella forma storica particolare in cui lo<br />
spir<strong>it</strong>o della nazione <strong>it</strong>aliana si individua <strong>da</strong>l fondo dell’un<strong>it</strong>à<br />
culturale europea.<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 7
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
Col Rinascimento le cose cambiano solo nel senso che<br />
il simbolismo metafisico svanisce del tutto e l’artista si<br />
lim<strong>it</strong>a sempre piú risolutamente e coscientemente a rappresentare<br />
il mondo sensibile. Nella misura in cui la<br />
società e l’economia si sciolgono <strong>da</strong>lle catene della dottrina<br />
ecclesiastica, anche l’arte si volge sempre piú libera<br />
all’immediata realtà; ma il naturalismo non è certo<br />
una nov<strong>it</strong>à del Rinascimento, cosí come non lo è l’economia<br />
mercantile.<br />
Fu il liberalismo ottocentesco ad affermare che il<br />
Rinascimento ha scoperto la natura: in realtà quando<br />
esso contrappose al Medioevo quest’epoca schietta e<br />
amante della natura, lo fece anz<strong>it</strong>utto per polemica contro<br />
il Romanticismo. Quando il Burckhardt sostiene che<br />
la «scoperta del mondo e dell’uomo» è opera del Rinascimento,<br />
la sua tesi è un attacco alla reazione romantica<br />
e insieme una difesa contro la propagan<strong>da</strong> ch’essa<br />
conduceva servendosi del Medioevo. La teoria dello<br />
spontaneo naturalismo rinascimentale ha la stessa fonte<br />
di quella che considera conquiste del Quattrocento la<br />
lotta contro lo spir<strong>it</strong>o di autor<strong>it</strong>à e di gerarchia, l’ideale<br />
della libertà di pensiero e di coscienza, l’emancipazione<br />
dell’individuo e il principio democratico. In questo<br />
quadro la luce dei tempi nuovi contrasta <strong>da</strong>ppertutto<br />
con le tenebre medievali.<br />
Il rapporto di questo concetto del Rinascimento con<br />
l’ideologia del liberalismo, appare, ancor piú chiaramente<br />
che in Burckhardt, in Michelet; a lui si deve la<br />
formula della «découverte du monde et de l’homme» 2 .<br />
Già il modo in cui egli sceglie i suoi eroi – unendo Rabelais,<br />
Montaigne, Shakespeare e Cervantes a Colombo,<br />
Copernico, Lutero e Calvino 3 ; il fatto che persino in<br />
Brunelleschi egli ve<strong>da</strong> solo il distruttore del gotico, e<br />
consideri il Rinascimento essenzialmente come l’inizio<br />
di quel processo evolutivo che si concluderà con la v<strong>it</strong>toria<br />
dell’idea di libertà e ragione, mostra che ciò che<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 8
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
gl’importava era anz<strong>it</strong>utto trovarvi l’albero genealogico<br />
del liberalismo. Anche per lui si trattava della lotta contro<br />
il clericalismo e di quella lotta per il libero pensiero<br />
che già aveva rivelato agli illuministi del secolo xviii il<br />
loro contrasto con il Medioevo e la loro affin<strong>it</strong>à con il<br />
Rinascimento. Infatti tanto per Bayle (Dict. hist. et cr<strong>it</strong>.,<br />
IV) quanto per Voltaire (Essai sur les moeurs et l’espr<strong>it</strong> des<br />
nations, cap. 121), il Rinascimento era indiscutibilmente<br />
irreligioso, e tale si è continuato a considerarlo fino<br />
ad oggi, benché in realtà fosse soltanto anticlericale,<br />
antiscolastico, antiascetico, ma niente affatto miscredente.<br />
Le idee sulla salvezza, sulla v<strong>it</strong>a futura, sulla<br />
redenzione, sul peccato originale, che impegnavano tutta<br />
la v<strong>it</strong>a spir<strong>it</strong>uale dell’uomo medievale, diventano, sí,<br />
«puramente secon<strong>da</strong>rie» nel Rinascimento 4 , ma dell’assenza<br />
di ogni sentimento religioso non si può certo parlare.<br />
Perché «se si tenta, – come nota Ernst Walser, –<br />
di considerare con metodo puramente induttivo la v<strong>it</strong>a<br />
e il pensiero delle personal<strong>it</strong>à piú significative del Quattrocento,<br />
come Coluccio Salutati, Poggio Bracciolini,<br />
Leonardo Bruni, Lorenzo Valla, Lorenzo il Magnifico o<br />
Luigi Pulci, di regola si dà il caso strano che quelli che<br />
si considerano i segni caratteristici [dell’irreligios<strong>it</strong>à del<br />
Rinascimento] non si r<strong>it</strong>rovano nella persona studiata...»<br />
5 . Il Rinascimento non era neppur cosí ostile all’autor<strong>it</strong>à,<br />
come affermarono illuministi e liberali. Si attaccavano<br />
i chierici, ma si risparmiava la Chiesa come ist<strong>it</strong>uzione,<br />
e nella misura in cui la sua autor<strong>it</strong>à si restringeva,<br />
la si sost<strong>it</strong>uiva con quella degli antichi.<br />
Il radicalismo della concezione illuministica del Rinascimento<br />
si acuì ancora verso la metà del secolo scorso,<br />
per influsso delle lotte per la libertà 6 . La battaglia contro<br />
la reazione ricorreva al ricordo delle repubbliche <strong>it</strong>aliane<br />
del Rinascimento e incoraggiava l’idea che il loro<br />
splendore culturale fosse in rapporto con l’emancipazione<br />
dei loro c<strong>it</strong>tadini 7 . In Francia fu il giornalismo<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 9
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
antinapoleonico, in Italia quello anticlericale ad aiutare<br />
l’acuirsi e il diffondersi di questa concezione 8 , e ad essa<br />
poi si attennero tanto gli storici borghesi-liberali quanto<br />
quelli socialisti. Il Rinascimento ancor oggi si celebra<br />
nei due campi come la grande lotta della ragione per la<br />
libertà e come il trionfo dello spir<strong>it</strong>o individuale 9 , mentre,<br />
in ver<strong>it</strong>à, né l’idea del «libero esame» fu un portato<br />
del Rinascimento 10 , né l’idea della personal<strong>it</strong>à era<br />
completamente estranea al Medioevo; l’individualismo<br />
del Rinascimento era nuovo, non come fenomeno, ma<br />
solo come programma cosciente, come strumento di<br />
lotta e grido di guerra.<br />
Nel suo concetto di Rinascimento il Burckhardt collega<br />
l’individualismo a una visione sensuale della v<strong>it</strong>a,<br />
l’idea dell’autodeterminazione della personal<strong>it</strong>à all’accentuata<br />
protesta contro l’ascesi medievale, l’esaltazione<br />
della natura al nuovo vangelo della gioia di vivere e<br />
dell’«emancipazione della carne». Da questa connessione<br />
di concetti sorge – in parte sotto l’influsso dell’immoralismo<br />
romantico di Heinse e anticipando Nietzsche<br />
e il suo amorale culto dell’eroe 11 – l’immagine ben<br />
nota del Rinascimento come età senza scrupoli, violenta<br />
e gaudente, un’immagine i cui tratti libertini non<br />
hanno veramente alcun diretto rapporto con la visione<br />
liberale del Rinascimento, ma sarebbero inconcepibili<br />
senza il liberalismo e l’individualismo ottocentesco.<br />
Infatti è proprio <strong>da</strong>l disagio della morale borghese e<br />
<strong>da</strong>lla ribellione contro di essa, che venne quella corrente<br />
di esuberante paganesimo che trovava nella rappresentazione<br />
degli eccessi del Rinascimento un surrogato<br />
a piaceri mancati. In tale quadro il condottiere, con la sua<br />
demoniaca brama di piaceri e la sua sfrenata volontà di<br />
potenza, diventava il prototipo del peccatore irresistibile,<br />
che nella fantasia dei moderni consumava tutte le<br />
impossibili mostruos<strong>it</strong>à del sogno borghese. Ci si è<br />
doman<strong>da</strong>to con ragione se sia esist<strong>it</strong>o in realtà questo<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 10
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
I tratti piú caratteristici dell’arte del Quattrocento<br />
<strong>it</strong>aliano sono la libertà e scioltezza nei modi espressivi,<br />
originali sia rispetto al Medioevo sia rispetto al Nord,<br />
la grazia e l’eleganza, il rilievo statuario, la linea ampia,<br />
piena di v<strong>it</strong>a. Tutto vi è chiaro e sereno, r<strong>it</strong>mico e melodico.<br />
La rigi<strong>da</strong>, misurata solenn<strong>it</strong>à dell’arte medievale<br />
svanisce per cedere il posto a un linguaggio libero, limpido,<br />
ben articolato; e in confronto persino l’arte franco-borgognona<br />
dell’epoca pare abbia «un tono fon<strong>da</strong>mentalmente<br />
fosco, un fasto barbarico, forme bizzarre<br />
e sovraccariche» 13 . Con il suo vivo senso per i rapporti<br />
semplici e grandiosi, per la misura e l’ordine, la plastic<strong>it</strong>à<br />
monumentale e la sal<strong>da</strong> costruzione, il Quattrocento<br />
anticipa – nonostante occasionali durezze e una certa<br />
dispersione che spesso ancora non riesce a superare – i<br />
principî stilistici del pieno Rinascimento. E proprio questa<br />
immanenza del «classico» nel preclassico divide nettamente<br />
le creazioni del primo Rinascimento <strong>it</strong>aliano<br />
<strong>da</strong>ll’arte del tardo Medioevo e <strong>da</strong>lla contemporanea arte<br />
del Nord. Quello «stile ideale» che unisce Giotto a Raffaello,<br />
domina l’arte di Donatello e di Masaccio, di<br />
Andrea del Castagno e di Piero della Francesca, di<br />
Signorelli e del Perugino; e nessun artista <strong>it</strong>aliano del<br />
primo Rinascimento sfugge del tutto al suo influsso.<br />
L’elemento essenziale di questa concezione artistica è il<br />
principio dell’un<strong>it</strong>à, la forza dell’effetto complessivo –<br />
o almeno la tendenza all’un<strong>it</strong>à e l’aspirazione a un effetto<br />
un<strong>it</strong>ario, pur moltiplicando forme e colori. Di fronte<br />
alle creazioni artistiche del tardo Medioevo, un’opera<br />
del Rinascimento par sempre una cosa di getto, nella<br />
quale un carattere di continu<strong>it</strong>à lega l’insieme, e la rappresentazione,<br />
per quanto ricca, appare sostanzialmente<br />
come qualcosa di semplice e di omogeneo.<br />
La forma tipica dell’arte gotica è invece l’addizione.<br />
Sia che l’opera consti di piú parti relativamente indipendenti,<br />
o che di parti non si possa propriamente par-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 11
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
lare, che si tratti di p<strong>it</strong>tura o di scultura, di poema o di<br />
dramma, prevale sempre l’espansione sull’accentramento,<br />
la coordinazione sulla subordinazione, la serie aperta<br />
sulla chiusa forma geometrica. Le opere gotiche, o le<br />
parti di esse, sono come tappe e momenti di una via che<br />
ci porta a una visione per cosí dire panoramica della<br />
realtà, quasi una rassegna, e non già un’immagine unilaterale,<br />
coerente, dominata <strong>da</strong> un unico ed esclusivo<br />
punto di vista. La p<strong>it</strong>tura predilige la rappresentazione<br />
ciclica, il dramma tende a mettere in scena tutti gli episodi<br />
della vicen<strong>da</strong> e favorisce, anziché l’accentrarsi dell’azione<br />
in pochi momenti cr<strong>it</strong>ici, il succedersi delle<br />
scene, dei personaggi e dei temi. Quel che conta nell’arte<br />
gotica non è il punto di vista soggettivo, non la volontà<br />
creatrice, che si afferma nel piegare decisamente a sé la<br />
materia, ma proprio la ricchezza dei motivi che si trovano<br />
dispersi nella realtà e di cui artista e pubblico non<br />
arrivano mai a saziarsi. L’arte gotica conduce l’occhio <strong>da</strong><br />
un particolare all’altro e, come si è notato, lo porta a leggere<br />
l’una dopo l’altra le parti della scena; l’arte del<br />
Rinascimento, invece, non consente indugi sul particolare,<br />
non lascia separare alcun elemento <strong>da</strong>l complesso<br />
figurativo, obbliga anzi a cogliere simultaneamente tutte<br />
le parti 14 . Come la prospettiva centrale nella p<strong>it</strong>tura,<br />
cosí nel dramma l’un<strong>it</strong>à spaziale e temporale della scena<br />
è il mezzo specifico della visione simultanea. Il nuovo<br />
modo di concepire lo spazio, e quindi l’arte in generale,<br />
si rivela soprattutto nella consapevolezza improvvisa<br />
dell’incompatibil<strong>it</strong>à dell’illusione artistica con lo scenario<br />
medievale, fatto di quadri indipendenti 15 . Il<br />
Medioevo, che pensava lo spazio come un aggregato di<br />
elementi e quindi scomponibile in questi, non solo presentava<br />
l’una accanto all’altra le diverse scene di un<br />
dramma, ma permetteva agli attori di rimaner sul palco<br />
per tutta la durata della rappresentazione, cioè anche<br />
quando non erano di scena. Infatti lo spettatore, come<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 12
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
non guar<strong>da</strong>va il tratto di palcoscenico sul quale in un<br />
certo momento non si rec<strong>it</strong>ava, cosí trascurava la presenza<br />
degli attori che in quel momento non agissero. Al<br />
Rinascimento pare impossibile che si possa sezionare in<br />
questo modo l’attenzione. Il mutamento di sensibil<strong>it</strong>à si<br />
palesa in modo inequivocabile nello Scaligero, che trova<br />
appunto ridicolo che «i personaggi non lascino mai il palcoscenico<br />
e quelli che tacciono non sian considerati presenti»<br />
16 . Per la nuova estetica l’opera d’arte cost<strong>it</strong>uisce<br />
un tutto indivisibile: l’intero campo d’azione del palcoscenico<br />
deve offrirsi allo spettatore alla prima occhiata,<br />
appunto come lo spazio di un dipinto costru<strong>it</strong>o secondo<br />
la prospettiva centrale 17 . Ma l’evolversi dell’arte <strong>da</strong>lla<br />
successione alla simultane<strong>it</strong>à implica una minor comprensione<br />
per quelle «regole del gioco» tac<strong>it</strong>amente<br />
accettate su cui, in ultima analisi, riposa ogni illusione<br />
artistica. Perché, se il Rinascimento trova assurdo che<br />
sulla scena «si faccia come se non si potesse udire ciò che<br />
l’uno dice dell’altro» 18 , benché i personaggi siano gli uni<br />
accanto agli altri, questo può considerarsi segno di un<br />
piú evoluto verismo, ma senza dubbio implica un certo<br />
declino dell’immaginazione. Comunque, l’arte del Rinascimento<br />
deve soprattutto a questa un<strong>it</strong>arietà della rappresentazione<br />
l’effetto di total<strong>it</strong>à, cioè l’apparenza di un<br />
mondo naturale, equilibrato, autonomo, e quindi la sua<br />
maggior ver<strong>it</strong>à rispetto al Medioevo. L’evidenza della<br />
rappresentazione, la sua verosimiglianza, la sua forza di<br />
persuasione risiedono anche qui – come spesso avviene<br />
– nell’intima logica dell’immagine, nella concor<strong>da</strong>nza<br />
di tutti gli elementi, ben piú che nella loro corrispondenza<br />
con la realtà esteriore.<br />
L’Italia con la sua arte un<strong>it</strong>ariamente concep<strong>it</strong>a anticipa<br />
il classicismo rinascimentale, come anticipa l’evoluzione<br />
cap<strong>it</strong>alistica dell’Occidente con il suo razionalismo<br />
economico. Infatti il Quattrocento è essenzialmente<br />
<strong>it</strong>aliano, mentre sono comuni a tutta l’Europa il Cin-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 13
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
quecento e il Manierismo. La nuova cultura artistica si<br />
afferma prima in Italia, perché questo paese precede<br />
l’Occidente anche sul piano economico e <strong>sociale</strong>: di qui<br />
infatti s’inizia la rinasc<strong>it</strong>a dell’economia, qui trovano la<br />
loro organizzazione tecnica, soprattutto per quanto<br />
riguar<strong>da</strong> il finanziamento e i trasporti, le Crociate 19 ; qui<br />
comincia a svilupparsi la libera concorrenza in contrasto<br />
con la struttura corporativa del Medioevo, e qui<br />
nasce la prima organizzazione bancaria d’Europa 20 . Non<br />
solo, ma qui la borghesia urbana si emancipa prima che<br />
altrove anche perché fin <strong>da</strong>ll’inizio feu<strong>da</strong>lesimo e cavalleria<br />
vi erano meno sviluppati che al Nord, e la nobiltà<br />
terriera molto presto si è trasfer<strong>it</strong>a in c<strong>it</strong>tà, assimilandosi<br />
completamente all’aristocrazia del denaro; infine, qui<br />
dove i monumenti superst<strong>it</strong>i sono visibili a tutti non si<br />
è mai interamente perduta la tradizione classica. Si sa<br />
quale importanza sia stata attribu<strong>it</strong>a a quest’ultimo fattore<br />
nelle teorie sull’origine del Rinascimento. Sembrava<br />
infatti la cosa piú semplice ricondurre a un unico,<br />
diretto influsso esteriore l’inizio di quel nuovo stile cosí<br />
difficilmente definibile. Si dimenticava per altro che<br />
nella storia un influsso esterno non è mai la ragione<br />
ultima di un mutamento spir<strong>it</strong>uale, perché un influsso<br />
diventa attivo solo quando già esistono le premesse per<br />
accoglierlo. La sua stessa attual<strong>it</strong>à dev’essere spiegata:<br />
non è quindi un influsso a poter spiegare come diventino<br />
attuali i fenomeni concom<strong>it</strong>anti. Se dunque l’antich<strong>it</strong>à<br />
<strong>da</strong> un certo momento cominciò a essere ben altrimenti<br />
efficace che prima non fosse, occorre anz<strong>it</strong>utto<br />
chiederci perché sia avvenuto questo mutamento, perché<br />
a un tratto la stessa cosa abbia prodotto reazioni<br />
nuove. Ma questa doman<strong>da</strong> è altrettanto ampia, generica<br />
e difficile quanto quella iniziale, cioè perché e come<br />
il Rinascimento sia diverso <strong>da</strong>l Medioevo. La sensibil<strong>it</strong>à<br />
all’antico fu solo un sintomo, essa aveva radici profonde<br />
in fenomeni sociali, esattamente come il rifiuto del-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 14
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
l’antico al principio dell’era cristiana. Ma neppure il<br />
suo valore di sintomo dovrà esser sopravvalutato. Certo<br />
gli uomini dell’epoca avevano chiara coscienza di una<br />
rinasc<strong>it</strong>a e, con essa, il senso del rinnovamento provocato<br />
<strong>da</strong>llo spir<strong>it</strong>o classico, ma questo lo aveva anche il<br />
Trecento 21 . Invece di c<strong>it</strong>ar Dante e Petrarca come precursori,<br />
sarà meglio – come hanno fatto gli avversari<br />
della teoria classicista – rintracciare l’origine medievale<br />
di questa idea di rinasc<strong>it</strong>a e dedurne la continu<strong>it</strong>à fra<br />
Medioevo e Rinascimento.<br />
I piú noti sosten<strong>it</strong>ori di uno sviluppo ininterrotto <strong>da</strong>l<br />
Medioevo al Rinascimento assegnano un valore decisivo<br />
al movimento francescano, collegando la sensibil<strong>it</strong>à<br />
lirica, il senso della natura e l’individualismo, di Dante<br />
e di Giotto, e anche dei maestri piú tardi, con il soggettivismo<br />
e l’interior<strong>it</strong>à del nuovo spir<strong>it</strong>o religioso; e<br />
contestano che la «scoperta» dell’antich<strong>it</strong>à classica abbia<br />
potuto provocare, nel Quattrocento, una frattura nell’evoluzione<br />
che già era in corso 22 . Questa connessione<br />
del Rinascimento con la cultura della cristian<strong>it</strong>à medievale<br />
e il passaggio senza fratture <strong>da</strong>l Medioevo ai tempi<br />
nuovi, è stata sostenuta anche partendo <strong>da</strong> altre posizioni.<br />
Per Konrad Bur<strong>da</strong>ch il cosiddetto fon<strong>da</strong>mento<br />
pagano del Rinascimento è pura leggen<strong>da</strong> 23 , e Carl Neumann<br />
non solo afferma che esso sorge «<strong>da</strong>lle immense<br />
energie susc<strong>it</strong>ate <strong>da</strong>ll’educazione cristiana», che l’individualismo<br />
e il realismo del Quattrocento sono «l’ultima<br />
parola dell’uomo medievale giunto a matur<strong>it</strong>à», ma<br />
sostiene anche che l’im<strong>it</strong>azione dell’arte e della letteratura<br />
classiche, che già aveva portato all’irrigidimento<br />
della civiltà bizantina, anche nel Rinascimento fu piú<br />
una remora che uno stimolo 24 . Infine Louis Courajod<br />
giunge a negare ogni intimo rapporto fra antich<strong>it</strong>à classica<br />
e Rinascimento, e interpreta questo come lo spontaneo<br />
rinnovarsi del gotico franco-fiammingo 25 . Neppur<br />
questi studiosi, però, che pure affermano la prosecuzio-<br />
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Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
ne senza fratture del Medioevo nel Rinascimento, si<br />
rendono conto che la connessione delle due epoche sta<br />
essenzialmente nella continu<strong>it</strong>à del loro sviluppo economico-<strong>sociale</strong>,<br />
né intendono che lo spir<strong>it</strong>o francescano,<br />
messo in evidenza <strong>da</strong>l Thode, l’individualismo medievale<br />
del Neumann, o il naturalismo del Courajod hanno<br />
la loro origine prima in quel dinamismo <strong>sociale</strong> che segna<br />
la fine dell’economia curtense e muta il volto dell’Occidente.<br />
Il Rinascimento intensifica questo processo di sviluppo<br />
dell’economia e della società medievale verso il<br />
cap<strong>it</strong>alismo solo per l’indirizzo razionalistico che vi<br />
porta, indirizzo che d’ora in poi sarà predominante in<br />
tutta la v<strong>it</strong>a intellettuale e materiale. E ad esso si ispirano<br />
anche i principî che di qui in avanti saranno normativi<br />
per l’arte: la coerente un<strong>it</strong>à dello spazio e delle<br />
proporzioni, l’accentrarsi della rappresentazione su di un<br />
solo tema principale e l’ordinarsi della composizione in<br />
una forma immediatamente afferrabile. Vi si esprime la<br />
stessa avversione per tutto quel che sfugge al calcolo e<br />
alla prova, che si r<strong>it</strong>rova nell’economia del tempo, che<br />
appezza il metodo, il calcolo, la convenienza; lo stesso<br />
spir<strong>it</strong>o che pervade l’organizzazione del lavoro, la tecnica<br />
commerciale e bancaria, la contabil<strong>it</strong>à a part<strong>it</strong>a<br />
doppia, i metodi di governo, la diplomazia e la strategia<br />
26 . Tutta l’evoluzione artistica s’inserisce nel generale<br />
processo razionalizzatore. L’irrazionale perde ogni<br />
efficacia. «Bello» appare l’accordo logico fra le singole<br />
parti di un tutto, l’armonia dei rapporti che si esprime<br />
in numeri, il r<strong>it</strong>mo matematico della composizione, la<br />
scomparsa delle contraddizioni nei rapporti tra le figure<br />
e lo spazio e tra le singole parti di esso. E <strong>da</strong>to che la<br />
prospettiva centrale non è in sostanza che la riduzione<br />
dello spazio in termini matematici, e la giusta proporzione<br />
un ordinare in sistema le singole forme di un quadro,<br />
cosí a poco a poco tutti i cr<strong>it</strong>eri del valore artistico<br />
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Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
e le leggi dell’arte si subordinano a motivi razionali.<br />
Questa tendenza non è affatto peculiare dell’arte <strong>it</strong>aliana;<br />
ma al Nord assume aspetti piú grossolani che in Italia,<br />
si fa piú materiale, piú ingenua. Un caratteristico<br />
esempio transalpino della nuova concezione artistica è<br />
la Madonna londinese di Robert Campin: nel fondo,<br />
l’orlo superiore di un parafuoco è anche il nimbo della<br />
Vergine. Il p<strong>it</strong>tore sfrutta una coincidenza formale per<br />
accor<strong>da</strong>re con la realtà consueta un elemento irrazionale<br />
e irreale, e sebbene sia evidente ch’egli è fermamente<br />
persuaso tanto della realtà soprasensibile del nimbo<br />
quanto della realtà sensibile del parafuoco, il solo fatto<br />
ch’egli cre<strong>da</strong> di far piú attraente l’opera sua <strong>da</strong>ndo al<br />
fenomeno una giustificazione naturale, è il segno di<br />
un’epoca nuova, se pur già <strong>da</strong> tempo in gestazione.<br />
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Cap<strong>it</strong>olo secondo<br />
Pubblico di corte e pubblico borghese<br />
nel Quattrocento<br />
L’arte del Rinascimento ha il suo pubblico nella borghesia<br />
urbana e nella società delle corti principesche.<br />
Quanto al gusto, i due ceti hanno molti punti di contatto,<br />
nonostante l’originaria differenza. L’arte borghese<br />
conserva ancora elementi cortesi del gotico; e, in piú,<br />
con il rinnovarsi dei costumi cavallereschi, che del resto<br />
mai avevano perduto una loro attrattiva per i ceti inferiori,<br />
nuove forme di tipico gusto cortese vengono accolte<br />
<strong>da</strong>lla borghesia. D’altro canto neppure gli ambienti di<br />
corte possono sottrarsi al dominante realismo razionalistico<br />
della borghesia e finiscono per collaborare al cost<strong>it</strong>uirsi<br />
di una visione del mondo e dell’arte che ha le sue<br />
piú profonde radici nella v<strong>it</strong>a urbana. Alla fine del Quattrocento<br />
le due correnti sono cosí commiste, che anche<br />
un’arte profon<strong>da</strong>mente borghese, come quella fiorentina,<br />
finisce per assumere un carattere piú o meno aulico.<br />
Ma questo fenomeno non fa che riflettere la generale<br />
evoluzione e lascia intravvedere il cammino che <strong>da</strong>lla<br />
democrazia comunale porta al principato assoluto.<br />
Già nel secolo xi sorgono in Italia piccole repubbliche<br />
marinare, come Venezia, Amalfi, Pisa e Genova,<br />
indipendenti <strong>da</strong>i feu<strong>da</strong>tari circostanti. Nel secolo<br />
seguente si cost<strong>it</strong>uiscono altri liberi Comuni, fra gli altri<br />
Milano, Lucca, Firenze, Verona, e si formano organismi<br />
statali socialmente piuttosto indifferenziati, retti <strong>da</strong>l<br />
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Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
principio dell’uguaglianza fra i c<strong>it</strong>tadini, che eserc<strong>it</strong>ano<br />
il commercio o le industrie. Ma presto divampa la lotta<br />
fra i Comuni e i feu<strong>da</strong>tari del contado, lotta che finisce<br />
con la v<strong>it</strong>toria dei c<strong>it</strong>tadini. La nobiltà terriera s’inurba<br />
e cerca di adeguarsi alla struttura <strong>sociale</strong> ed economica<br />
della c<strong>it</strong>tà. Ma quasi contemporaneamente s’accende<br />
anche un’altra lotta, assai piú dura e non cosí presto<br />
decisa. È la duplice lotta di classe, <strong>da</strong> un lato fra l’alta<br />
e la piccola borghesia, <strong>da</strong>ll’altro fra la borghesia nel suo<br />
complesso e il proletariato. La c<strong>it</strong>tadinanza, che nella<br />
lotta contro il nemico comune, la nobiltà, era ancora<br />
un<strong>it</strong>a, non appena l’avversario pare sconf<strong>it</strong>to si scinde<br />
in gruppi mossi <strong>da</strong> opposti interessi, che si fan guerra nel<br />
modo piú spietato. Le prim<strong>it</strong>ive democrazie già alla fine<br />
del secolo xii si sono trasformate in autocrazie mil<strong>it</strong>ari.<br />
Non sappiamo esattamente quale sia stata la causa di tale<br />
evoluzione né si può dire con sicurezza se siano state le<br />
faide delle furenti fazioni nobiliari, o i confl<strong>it</strong>ti di classe<br />
all’interno della borghesia, o forse i due fenomeni<br />
insieme, a rendere necessaria l’ist<strong>it</strong>uzione del «podestà»,<br />
di un magistrato cioè superiore ai part<strong>it</strong>i; <strong>da</strong>ppertutto,<br />
comunque, a un periodo di lotte di parte, prima o poi<br />
succede la signoria. I signori o eran membri di locali<br />
dinastie, come gli Estensi a Ferrara; o vicari imperiali,<br />
come i Visconti a Milano; o condottieri, come il loro successore,<br />
Francesco Sforza; o nipoti di papi, come i Riario<br />
a Forlí e i Farnese a Parma; o c<strong>it</strong>tadini autorevoli,<br />
come i Medici a Firenze, i Bentivoglio a Bologna, i<br />
Baglioni a Perugia. In molti luoghi la signoria si fa ered<strong>it</strong>aria<br />
fin <strong>da</strong>l Duecento; altrove, specie a Firenze e a<br />
Venezia, si mantiene l’antico ordinamento repubblicano,<br />
almeno nella forma; ma <strong>da</strong>ppertutto il sorgere delle<br />
Signorie segna la fine dell’antica libertà. Il libero Comune<br />
appare una forma pol<strong>it</strong>ica antiquata 27 . I c<strong>it</strong>tadini,<br />
impegnati negli affari, non sono piú avvezzi alle armi e<br />
affi<strong>da</strong>no la guerra a impresari mil<strong>it</strong>ari e a sol<strong>da</strong>ti di<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 19
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
mestiere, come sono appunto i condottieri e le loro truppe.<br />
Dappertutto il signore è il coman<strong>da</strong>nte diretto o<br />
indiretto delle truppe 28 .<br />
La storia di Firenze è tipica per tutte le c<strong>it</strong>tà <strong>it</strong>aliane<br />
dove non si giunge ancora a una soluzione dinastica<br />
e quindi non si sviluppa una v<strong>it</strong>a di corte. Non che l’economia<br />
cap<strong>it</strong>alistica a Firenze si sia sviluppata prima<br />
che in molte altre c<strong>it</strong>tà, ma qui i singoli stadi dell’evoluzione<br />
si distinguono piú nettamente e le cause dei<br />
confl<strong>it</strong>ti di classe che ne conseguono risultano con piú<br />
evidenza che altrove 29 . Anz<strong>it</strong>utto nel caso di Firenze si<br />
può seguire con piú esattezza che in altri Comuni il processo<br />
attraverso il quale l’alta borghesia, per mezzo delle<br />
Arti, giunge a impadronirsi del potere pol<strong>it</strong>ico, usandolo<br />
poi per accrescere la sua preponderanza economica.<br />
Dopo la morte di Federico II le Arti, protette <strong>da</strong>i Guelfi,<br />
conquistano il Comune e strappano il governo al<br />
podestà. Si cost<strong>it</strong>uisce il «primo popolo», «la prima<br />
associazione pol<strong>it</strong>ica consciamente illeg<strong>it</strong>tima e rivoluzionaria»<br />
30 che elegge il proprio «cap<strong>it</strong>ano». Formalmente<br />
questi è sottoposto al podestà, ma di fatto è il piú<br />
influente funzionario dello stato: non solo dispone di<br />
tutta la milizia popolare, non solo decide tutte le controversie<br />
in materia di tasse, ma eserc<strong>it</strong>a anche «una specie<br />
di dir<strong>it</strong>to tribunizio di protezione e di inchiesta» in<br />
tutti i casi di lagnanze contro la prepotenza di un nobile<br />
31 . Cosí si spezza il predominio della gente di spa<strong>da</strong> e<br />
la nobiltà feu<strong>da</strong>le viene esclusa <strong>da</strong>l governo della repubblica.<br />
È la prima decisiva v<strong>it</strong>toria della borghesia nella<br />
storia moderna, un avvenimento che ricor<strong>da</strong> il trionfo<br />
della democrazia greca sulla tirannide. Dieci anni dopo<br />
la nobiltà riesce a riprendersi il potere, ma ormai la borghesia<br />
non ha che <strong>da</strong> affi<strong>da</strong>rsi alla corrente del tempo,<br />
che la risolleva sempre sulle onde tempestose. Verso il<br />
1270 si ha la prima alleanza fra l’aristocrazia del sangue<br />
e quella del denaro, e si prepara cosí il regime di quel<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 20
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
ceto plutocratico che determinerà tutta la storia di<br />
Firenze.<br />
Intorno al 1280 l’alta borghesia dispone interamente<br />
del potere, ch’essa eserc<strong>it</strong>a principalmente attraverso<br />
il consiglio dei Priori delle Arti. Questi dominano<br />
tutto il meccanismo pol<strong>it</strong>ico e tutto l’apparato amministrativo<br />
e, poiché formalmente sono i rappresentanti<br />
delle Arti, Firenze può dirsi una c<strong>it</strong>tà corporativa 32 . Le<br />
corporazioni economiche si son trasformate intanto in<br />
leghe pol<strong>it</strong>iche. Tutti i dir<strong>it</strong>ti effettivi del c<strong>it</strong>tadino si<br />
fon<strong>da</strong>no ormai sull’appartenenza a una delle corporazioni<br />
legalmente riconosciute. Chi non appartiene ad<br />
alcuna organizzazione professionale non è c<strong>it</strong>tadino di<br />
pieno dir<strong>it</strong>to. I magnati sono esclusi <strong>da</strong>l priorato, qualora<br />
non eserc<strong>it</strong>ino un’industria come i borghesi, o almeno<br />
pro forma non appartengano a un’Arte. Il che certo<br />
non vuol dire che tutti i c<strong>it</strong>tadini di pieno dir<strong>it</strong>to abbiano<br />
pol<strong>it</strong>icamente lo stesso peso; la signoria delle Arti non<br />
è che la d<strong>it</strong>tatura della borghesia cap<strong>it</strong>alistica raccolta<br />
nelle sette Arti maggiori. Come veramente sia nata la<br />
distinzione di grado fra le Arti non sappiamo; certo è<br />
che la si trova già defin<strong>it</strong>a nei primi documenti della storia<br />
economica fiorentina 33 . I confl<strong>it</strong>ti qui non scoppiano,<br />
come per lo piú nelle c<strong>it</strong>tà tedesche, fra le Arti e il<br />
ceto, non organizzato, dei patrizi, ma fra l’uno e l’altro<br />
gruppo delle Arti 34 . Di fronte a quello del Nord, il patriziato<br />
di Firenze ha fin <strong>da</strong>ll’inizio il vantaggio d’essere<br />
fortemente organizzato, alla pari dei ceti medi. Le Arti,<br />
in cui sono associati il commercio all’ingrosso, la grande<br />
industria e le banche, si sviluppano in vere società di<br />
imprend<strong>it</strong>ori, in cartelli. Data la grande potenza di queste<br />
Arti l’alta borghesia può servirsi dell’intero apparato<br />
dell’organizzazione corporativa per opprimere le classi<br />
inferiori e anz<strong>it</strong>utto per ribassare i salari.<br />
Il Trecento è pieno dei confl<strong>it</strong>ti di classe fra la borghesia<br />
che è padrona delle Arti e il proletariato che ne<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 21
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
è escluso. Questo è toccato nel punto piú sensibile <strong>da</strong>l<br />
divieto d’associazione che ostacola ogni azione collettiva<br />
per la difesa degli interessi e qualifica come atto rivoluzionario<br />
ogni movimento di sciopero. L’operaio è ora<br />
il sudd<strong>it</strong>o, privo di ogni dir<strong>it</strong>to, di uno stato classista in<br />
cui la classe cap<strong>it</strong>alistica, priva di scrupoli morali, è piú<br />
inumana di quanto sia mai stata prima o dopo nella storia<br />
occidentale 35 . La condizione è tanto piú disperata, in<br />
quanto non si ha assolutamente coscienza che si tratta<br />
di vera e propria lotta di classe, non si intende il proletariato<br />
come una classe <strong>sociale</strong> e si definiscono i salariati<br />
senza mezzi semplicemente come i «poveri», «che ci<br />
debbono pur essere». La floridezza economica, che in<br />
parte si deve a questa oppressione dei ceti inferiori, fra<br />
il 1328 e il ’38 tocca l’apogeo; poi segue la bancarotta<br />
dei Bardi e dei Peruzzi che provoca una grave crisi<br />
finanziaria e un generale ristagno. Il prestigio dell’oligarchia<br />
ne subisce un contraccolpo gravissimo: essa deve<br />
piegarsi prima alla signoria del duca d’Atene, poi a un<br />
governo popolare essenzialmente piccolo-borghese – il<br />
primo del genere in Firenze. Come già era accaduto ad<br />
Atene tanti secoli prima, poeti e scr<strong>it</strong>tori parteggiano<br />
per la classe signorile, parlando con il massimo disprezzo<br />
– come fanno Boccaccio e Villani – del regime dei<br />
bottegai e dei manovali. I quarant’anni successivi, fino<br />
alla repressione del tumulto dei Ciompi, sono l’unico<br />
momento <strong>da</strong>vvero democratico della storia di Firenze –<br />
breve intermezzo fra due lunghi periodi di plutocrazia.<br />
Veramente, anche ora è soltanto la volontà del medio<br />
ceto che riesce a imporsi, le grandi masse operaie debbono<br />
ricorrere ancora agli scioperi e alle rivolte. Il<br />
tumulto dei Ciompi del 1378 è il solo di tali moti rivoluzionari<br />
di cui si abbia precisa notizia; e certo è anche<br />
il piú importante. Soltanto con esso si raggiungono le<br />
condizioni fon<strong>da</strong>mentali della democrazia economica. Il<br />
popolo caccia i priori, crea tre nuove Arti che rappre-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 22
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
sentano gli operai e i piccoli borghesi, e instaura un<br />
governo popolare che procede anz<strong>it</strong>utto a una revisione<br />
delle tasse. Il tumulto, che in sostanza è una sollevazione<br />
del quarto stato e tende a una d<strong>it</strong>tatura del proletariato<br />
36 , in due mesi viene sconf<strong>it</strong>to <strong>da</strong>gli elementi moderati,<br />
coalizzati con l’alta borghesia, ma ancora per tre<br />
anni assicura ai ceti inferiori l’effettiva partecipazione<br />
al governo. La storia di questo tempo non solo prova che<br />
gli interessi del proletariato erano inconciliabili con quelli<br />
della piccola borghesia, ma permette di riconoscere<br />
quale grave errore abbia commesso la classe operaia,<br />
proponendosi un mutamento rivoluzionario della produzione<br />
nel quadro ormai antiquato delle Arti 37 . I grandi<br />
commercianti invece e i grandi industriali riconobbero<br />
assai piú rapi<strong>da</strong>mente che le Arti eran diventate un<br />
ostacolo al progresso e cercarono di affrancarsene. Cosí<br />
esse verranno assumendo funzioni sempre piú culturali<br />
e sempre meno pol<strong>it</strong>iche, finché non saranno del tutto<br />
sacrificate alla libera concorrenza.<br />
Rovesciato il governo popolare, si r<strong>it</strong>orna al punto di<br />
prima. Torna a predominare il «popolo grasso», con l’unica<br />
differenza che il potere non è piú eserc<strong>it</strong>ato <strong>da</strong>ll’intera<br />
classe, ma solo <strong>da</strong> alcune potenti famiglie e che<br />
il loro predominio non verrà piú seriamente minacciato.<br />
Nel secolo seguente, appena si avverte un moto sovversivo,<br />
anche minimamente pericoloso per la classe<br />
dominante, lo si reprime sub<strong>it</strong>o e, in ver<strong>it</strong>à, senza fatica<br />
38 . Dopo il dominio relativamente breve degli Alberti,<br />
dei Capponi, degli Uzzano, degli Albizzi e della loro<br />
fazione, il potere passa infine ai Medici. D’ora in poi<br />
parlare di democrazia sarà ancor meno giustificato.<br />
Anche se finora solo una parte della borghesia godeva<br />
di veri dir<strong>it</strong>ti pol<strong>it</strong>ici e privilegi economici, questo ceto<br />
tuttavia, almeno nell’amb<strong>it</strong>o proprio, eserc<strong>it</strong>ava il potere<br />
con una certa equ<strong>it</strong>à e in complesso con mezzi corretti.<br />
I Medici invece sopprimono anche questa demo-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 23
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
crazia pur cosí lim<strong>it</strong>ata, snaturandola intimamente. Ora,<br />
quando si tratta degli interessi della classe dominante,<br />
non si mutano piú le ist<strong>it</strong>uzioni, ma semplicemente se<br />
ne abusa; si manipolano le elezioni, si corrompono o si<br />
intimidiscono i funzionari, si fan muovere i priori come<br />
marionette. Si parla di democrazia, ma è in realtà la d<strong>it</strong>tatura<br />
non ufficiale del capo di una d<strong>it</strong>ta familiare, che<br />
si spaccia per un semplice c<strong>it</strong>tadino e si nasconde dietro<br />
le forme impersonali di un’apparente repubblica. Nel<br />
1433 Cosimo è costretto <strong>da</strong>i suoi rivali all’esilio, fatto<br />
ben noto nella storia fiorentina; ma l’anno dopo, tornato<br />
in c<strong>it</strong>tà, riprende a eserc<strong>it</strong>are il suo potere senza il<br />
minimo impedimento. Si fa rieleggere gonfaloniere per<br />
due mesi, dopo aver già due volte ricoperto tale ufficio;<br />
cosí che la sua attiv<strong>it</strong>à pubblica di governo ha in tutto<br />
la durata di sei mesi. In realtà, attraverso uomini di<br />
paglia, stando fra le quinte, egli domina la c<strong>it</strong>tà senza<br />
dign<strong>it</strong>à speciali, né t<strong>it</strong>oli, né uffici, né autor<strong>it</strong>à, semplicemente<br />
con mezzi illegali. Cosí a Firenze già nel Quattrocento<br />
all’oligarchia succede una larvata tirannide, <strong>da</strong><br />
cui nasce piú tardi senz’alcun attr<strong>it</strong>o il principato vero<br />
e proprio 39 . Il fatto che i Medici nella lotta contro i loro<br />
rivali si alleino alla piccola borghesia, non muta nulla<br />
nella sostanza. La signoria medicea può anche camuffarsi<br />
in forme patriarcali, ma per natura è piú faziosa e arb<strong>it</strong>raria<br />
del governo oligarchico. Lo stato continua ad essere<br />
il sostegno di interessi privati; la democrazia di Cosimo<br />
sta tutta nel fatto ch’egli lascia che altri governi per<br />
lui e, se possibile, impiega energie fresche e giovani 40 .<br />
Con la calma e la stabil<strong>it</strong>à, benché imposte a forza<br />
alla maggioranza della popolazione, cominciò per Firenze,<br />
<strong>da</strong>ll’inizio del Quattrocento, una nuova floridezza<br />
economica, che durante la v<strong>it</strong>a di Cosimo non fu interrotta<br />
<strong>da</strong> alcuna crisi importante. Qua e là ci furono<br />
sospensioni di lavoro, ma insignificanti e di breve durata.<br />
Firenze toccò l’acme della sua potenza economica. Di<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 24
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
qui s’inviavano ogni anno sedicimila pezze di stoffa a<br />
Venezia, in trans<strong>it</strong>o; inoltre gli esportatori fiorentini<br />
usavano anche il porto di Pisa, ormai soggiogata, e <strong>da</strong>l<br />
1421 quello di Livorno, acquistato per centomila fiorini.<br />
È naturale che Firenze an<strong>da</strong>sse fiera della sua potenza<br />
e che il ceto dominante, che ne traeva gran prof<strong>it</strong>to,<br />
ci tenesse, come già la borghesia ateniese, a far mostra<br />
del proprio potere e della propria ricchezza. Dal 1425<br />
Ghiberti lavora alla splendi<strong>da</strong> porta orientale del Battistero;<br />
nell’anno dell’acquisto di Livorno, s’incarica Brunelleschi<br />
di progettare la cupola del duomo. Firenze<br />
deve diventare una secon<strong>da</strong> Atene. I mercanti fiorentini<br />
si fanno boriosi, vogliono affrancarsi <strong>da</strong>ll’estero, pensano<br />
all’autarchia, cioè a elevare il consumo interno adeguandolo<br />
alla produzione 41 .<br />
L’originaria struttura del cap<strong>it</strong>alismo <strong>it</strong>aliano è<br />
sostanzialmente mutata nel corso del Tre e del Quattrocento.<br />
Sulla prim<strong>it</strong>iva avid<strong>it</strong>à di gua<strong>da</strong>gno è venuta<br />
prevalendo l’idea della convenienza, del metodo, del<br />
calcolo, e il razionalismo, che fin <strong>da</strong>gli inizi distingueva<br />
l’economia di prof<strong>it</strong>to, si è fatto assoluto. Lo spir<strong>it</strong>o di<br />
intraprendenza dei pionieri ha perduto i suoi caratteri<br />
romantici, avventurosi, pirateschi; il predone è diventato<br />
un organizzatore e un computista, un mercante<br />
previdente nei calcoli e circospetto nella condotta degli<br />
affari. Nell’economia del Rinascimento non era nuovo<br />
in sé il principio di organizzare razionalmente l’attiv<strong>it</strong>à<br />
economica, né il semplice fatto di abbandonare prontamente<br />
un sistema tradizionale di produzione non appena<br />
se ne sperimentasse uno migliore, piú rispondente<br />
allo scopo; nuova invece fu la sistematica coerenza con<br />
cui la tradizione venne sacrificata alla razional<strong>it</strong>à, la<br />
spregiudicatezza con cui ogni fattore della v<strong>it</strong>a economica<br />
venne obiettivamente valutato e trasformato in<br />
una part<strong>it</strong>a di contabil<strong>it</strong>à. Solo questa completa razionalizzazione<br />
permise di far fronte ai nuovi comp<strong>it</strong>i crea-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 25
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
ti <strong>da</strong>ll’aumento degli scambi. L’incremento della produzione<br />
esigeva un piú intenso sfruttamento della mano<br />
d’opera, una piú precisa divisione del lavoro e la graduale<br />
meccanizzazione dei metodi: non si trattava soltanto<br />
d’introdurre macchine, ma anche di rendere<br />
impersonale il lavoro umano, valutando il lavoratore<br />
unicamente a secon<strong>da</strong> del rendimento. Nulla meglio<br />
rivela la mental<strong>it</strong>à economica del nuovo tempo di questo<br />
realismo che riduce l’uomo al suo rendimento e questo<br />
al suo valore in denaro, al salario; il realismo per cui,<br />
in altre parole, l’operaio si riduce a semplice elemento<br />
di un complicato sistema d’investimenti e prof<strong>it</strong>ti, di<br />
possibil<strong>it</strong>à di gua<strong>da</strong>gno o di perd<strong>it</strong>a, di attiv<strong>it</strong>à e passiv<strong>it</strong>à.<br />
Ma il razionalismo del tempo si esprime anche e<br />
soprattutto nel carattere in complesso commerciale che<br />
ha assunto ormai l’economia della c<strong>it</strong>tà, un tempo essenzialmente<br />
artigiana. E questa trasformazione consiste<br />
non soltanto nel fatto che nell’attiv<strong>it</strong>à dell’imprend<strong>it</strong>ore<br />
il fattore manuale perde importanza e prevalgono<br />
invece il calcolo e la speculazione 42 ; ma anche nell’affermarsi<br />
del principio per cui non è necessario produrre<br />
altre merci per produrre altri valori. Ciò che è caratteristico<br />
della nuova economia è quel senso che essa ha<br />
della natura f<strong>it</strong>tizia, mutevole, del prezzo di mercato<br />
sempre legato alle congiunture, la consapevolezza che il<br />
valore di una merce non è affatto una costante, anzi fluttua<br />
di continuo, e che il suo livello non dipende <strong>da</strong>lla<br />
buona o <strong>da</strong>lla cattiva volontà del mercante, ma <strong>da</strong> congiunture<br />
obiettive. Come dimostra il concetto del «giusto<br />
prezzo» e gli scrupoli sul <strong>da</strong>re a interesse, nel<br />
Medioevo si considerava il valore come una qual<strong>it</strong>à<br />
sostanziale, stabilmente inerente alla merce; solo con il<br />
cost<strong>it</strong>uirsi di un’economia commerciale se ne scopre la<br />
reale natura, la sostanziale relativ<strong>it</strong>à e il carattere estraneo<br />
ad ogni considerazione morale.<br />
Nello spir<strong>it</strong>o cap<strong>it</strong>alistico del Rinascimento entrano<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 26
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
insieme la passione degli affari e le cosiddette «virtú<br />
borghesi»: amor del gua<strong>da</strong>gno e operos<strong>it</strong>à, frugal<strong>it</strong>à e<br />
rispettabil<strong>it</strong>à 43 . Ma anche il nuovo sistema etico non fa<br />
che rispecchiare la generale tendenza razionalizzatrice.<br />
Il borghese infatti segue pos<strong>it</strong>ive considerazioni d’interesse<br />
anche là dove pare che si tratti solo del suo prestigio;<br />
e per rispettabil<strong>it</strong>à egli intende solid<strong>it</strong>à commerciale<br />
e buon nome; lealtà, nel suo linguaggio, significa<br />
solvibil<strong>it</strong>à. Soltanto nella secon<strong>da</strong> metà del Quattrocento<br />
questi principî di v<strong>it</strong>a pos<strong>it</strong>iva e razionale cedono<br />
all’ideale del rentier e solo allora la v<strong>it</strong>a del borghese assume<br />
caratteri signorili. Il processo si svolge in tre tappe.<br />
Al «tempo eroico del cap<strong>it</strong>alismo» l’aspetto saliente dell’imprend<strong>it</strong>ore<br />
è quello del combattivo predone, dell’au<strong>da</strong>ce<br />
avventuriero che fi<strong>da</strong> solo in se stesso e non si<br />
a<strong>da</strong>tta alla relativa sicurezza dell’economia medievale.<br />
L’ab<strong>it</strong>ante delle c<strong>it</strong>tà a quei tempi combatte realmente<br />
contro la nobiltà nemica, i Comuni rivali e le inosp<strong>it</strong>i<br />
c<strong>it</strong>tà marinare. Quando a queste lotte segue una relativa<br />
tranquill<strong>it</strong>à e i traffici convogliati per vie sicure permettono<br />
ed esigono una produzione piú sistematica e piú<br />
intensa, il tipo del borghese perde a poco a poco i suoi<br />
caratteri romantici; tutta la sua v<strong>it</strong>a si disciplina in una<br />
regola ragionevole, coerente, metodica. Ma, consegu<strong>it</strong>a<br />
la sicurezza economica, la disciplina della morale borghese<br />
si allenta, e si cede con soddisfazione crescente<br />
agli ideali dell’ozio e della bella v<strong>it</strong>a. Il borghese si avvicina<br />
a uno stile di v<strong>it</strong>a irrazionale proprio quando i principi,<br />
che ormai pensano secondo cr<strong>it</strong>eri fiscali, cominciano<br />
ad ispirarsi a norme non diverse <strong>da</strong> quelle professionali<br />
di un solido mercante, probo e solvibile 44 . La<br />
corte e la borghesia s’incontrano a mezza stra<strong>da</strong>. I principi<br />
diventano sempre piú progressisti, mostrandosi<br />
anche nella loro attiv<strong>it</strong>à culturale non meno innovatori<br />
dell’alta borghesia; questa per contro si fa sempre piú<br />
conservatrice e favorisce un’arte che torna agli ideali<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 27
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
della cavalleria e dello spir<strong>it</strong>ualismo gotico, o per meglio<br />
dire – poiché essi non sono mai scomparsi del tutto <strong>da</strong>ll’arte<br />
– torna a metterli in rilievo.<br />
Giotto è il primo maestro del naturalismo in Italia.<br />
Gli antichi autori, Villani, Boccaccio, e anche Vasari,<br />
non senza ragione sottolineano l’irresistibile efficacia<br />
della sua fedeltà al vero sui contemporanei; e non per<br />
nulla contrappongono il suo stile alla rigidezza e all’artificio<br />
della maniera bizantina, allora ancor largamente<br />
diffusa. Noi siamo ab<strong>it</strong>uati a confrontare la chiarezza e<br />
la semplic<strong>it</strong>à, la logica e la precisione del suo linguaggio<br />
con il naturalismo ulteriore, piú frivolo e meschino; ci<br />
sfugge cosí l’immenso progresso che l’arte di Giotto ha<br />
significato nella rappresentazione immediata delle cose,<br />
com’egli cioè abbia saputo <strong>da</strong>r forma e narrare tutto<br />
quello che prima di lui era semplicemente inesprimibile<br />
con mezzi p<strong>it</strong>torici. Cosí egli è divenuto per noi il rappresentante<br />
della grande forma classica, severamente<br />
regolare, mentre in realtà egli fu anz<strong>it</strong>utto il maestro di<br />
un’arte borghese, semplice, logica, sobria, che trae la sua<br />
classic<strong>it</strong>à <strong>da</strong>ll’ordine e <strong>da</strong>lla sintesi che sa imporre alle<br />
impressioni immediate, <strong>da</strong>lla sua visione razionale e<br />
semplificatrice della realtà e non già <strong>da</strong> un astratto idealismo.<br />
Si è voluto scoprire nell’opera sua una volontà di<br />
ricreare l’antico, ma egli in realtà non volle esser che un<br />
narratore breve e preciso, e il suo rigore formale non si<br />
deve interpretare come fred<strong>da</strong> astrazione, ma come incisiva<br />
drammatic<strong>it</strong>à. La sua visione artistica nasce <strong>da</strong> un<br />
mondo borghese relativamente ancor modesto, sebbene<br />
già ben consoli<strong>da</strong>to in senso cap<strong>it</strong>alistico. La sua attiv<strong>it</strong>à<br />
si svolge nel periodo di floridezza economica che sta fra<br />
l’avvento delle Arti al potere e la bancarotta dei Bardi<br />
e dei Peruzzi, in quel primo grande periodo di civiltà<br />
borghese che vide sorgere gli edifici piú splendidi della<br />
Firenze medievale: Santa Maria Novella e Santa Croce,<br />
Palazzo Vecchio, il Duomo e il Campanile. L’arte di<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 28
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
Giotto è rigorosa e obiettiva come la mental<strong>it</strong>à dei suoi<br />
comm<strong>it</strong>tenti che vogliono prosperare e dominare, ma<br />
non <strong>da</strong>nno ancora uno speciale valore alla pompa e allo<br />
sfarzo. L’arte fiorentina dopo di lui è diventata piú<br />
naturale nel senso moderno, perché piú scientifica; ma<br />
nel Rinascimento nessun artista è stato mai piú onesto<br />
di lui nello sforzo di essere vero e diretto nella rappresentazione<br />
del reale.<br />
Tutto il Trecento è sotto il segno del naturalismo<br />
giottesco. Veramente qua e là ci sono ancora manifestazioni<br />
di stile arretrato che non sanno liberarsi <strong>da</strong>lle<br />
forme stereotipe dell’antica tradizione pre-giottesca; ci<br />
sono correnti in r<strong>it</strong>ardo, anzi reazionarie, che si attengono<br />
allo stile ieratico del Medioevo, ma l’orientamento<br />
naturalistico è quello prevalente nel gusto dell’epoca.<br />
La prima grande rielaborazione del naturalismo giottesco<br />
avviene a Siena, donde esso penetra nel Nord, specialmente<br />
per il tram<strong>it</strong>e di Simone Martini e dei suoi<br />
affreschi nel Palazzo papale di Avignone 45 . Per un<br />
momento Siena è alla testa dell’evoluzione artistica,<br />
mentre Firenze perde assai terreno. Giotto muore nel<br />
1337; la crisi finanziaria provocata <strong>da</strong>i grandi fallimenti<br />
comincia nel 1339; la squalli<strong>da</strong> tirannide del duca<br />
d’Atene è degli anni 1342-43; nel 1346 ha luogo una<br />
grave sommossa; il 1348 è l’anno della grande pestilenza,<br />
che infuria a Firenze ancor piú tremen<strong>da</strong> che altrove;<br />
fra la peste e il tumulto dei Ciompi, sono anni<br />
inquieti, pieni di torbidi e di rivolte; per l’arte è un<br />
tempo sterile. A Siena, dove la media borghesia ha maggior<br />
peso e dove le tradizioni sociali e religiose hanno<br />
radici piú profonde, l’evoluzione culturale non è turbata<br />
<strong>da</strong> crisi o <strong>da</strong> catastrofi, e il sentimento religioso può<br />
rivestire forme piú adeguate al tempo e suscettibili di<br />
maggiore sviluppo, appunto perché è ancora un sentimento<br />
vivo. Il maggior progresso sulla via aperta <strong>da</strong><br />
Giotto lo fa il senese Ambrogio Lorenzetti, il creatore<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 29
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
del paesaggio naturalistico e della veduta illusionistica di<br />
c<strong>it</strong>tà. Di fronte allo spazio di Giotto, che è, sí, un<strong>it</strong>ario<br />
e continuo, ma non mai piú profondo di uno scenario,<br />
egli crea, nella sua veduta di Siena, una prospettiva che<br />
supera ogni precedente del genere, non solo per la sua<br />
ampiezza, ma anche per il naturale collegamento delle<br />
diverse parti in un unico spazio. L’immagine di Siena è<br />
cosí fedele, che si riconosce ancora la parte della c<strong>it</strong>tà<br />
che serví come tema al p<strong>it</strong>tore; e sembra di poter camminare<br />
per quelle vie che fra i palazzi dei nobili e le case<br />
dei borghesi, fra le botteghe e i fon<strong>da</strong>chi si sno<strong>da</strong>no su<br />
per la collina.<br />
A Firenze l’evoluzione <strong>da</strong> principio non solo è piú<br />
lenta, ma anche meno un<strong>it</strong>aria che a Siena 46 . Essa si<br />
muove essenzialmente nel solco del naturalismo, ma<br />
certo non sempre nella stessa direzione dei Lorenzetti e<br />
della loro p<strong>it</strong>tura d’ambiente. Taddeo Gaddi, Bernardo<br />
Daddi, Spinello Aretino sono narratori ingenui quanto<br />
Ambrogio Lorenzetti; anch’essi con la loro tendenza<br />
all’ampiezza si rifanno alla tradizione giottesca e perseguono<br />
soprattutto la profond<strong>it</strong>à spaziale. Ma, accanto a<br />
questa corrente, a Firenze ce n’è un’altra importante,<br />
quella di Andrea Orcagna, Nardo di Cione e scolari,<br />
che, invece dell’intimo e spontaneo modo lorenzettiano,<br />
rimangono fedeli alla solenn<strong>it</strong>à ieratica del pieno<br />
Medioevo, conservandone la rigi<strong>da</strong> simmetria e il r<strong>it</strong>mo<br />
severo, il decorativismo piatto e la frontal<strong>it</strong>à, il principio<br />
dell’allineamento e dell’addizione. Tuttavia si è giustamente<br />
contestata la tesi che in tutto ciò sia <strong>da</strong> vedere<br />
soltanto una reazione al naturalismo 47 e si è ricor<strong>da</strong>to<br />
che il naturalismo in p<strong>it</strong>tura non sta tutto nella<br />
profond<strong>it</strong>à spaziale e nella forma libera <strong>da</strong>gli schemi<br />
geometrici: tra le sue conquiste sono anche quei «valori<br />
tattili», che il Berenson pregia appunto anche nell’Orcagna<br />
48 . Per il plastico rilievo e il peso statuario che<br />
dà alle sue figure, l’Orcagna rappresenta nella storia<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 30
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
dell’arte una corrente progressiva quanto quella dei<br />
Lorenzetti o di Taddeo Gaddi, con la loro ricerca di<br />
ampiezza e profond<strong>it</strong>à spaziale. La supposizione che qui<br />
si tratti di un arcaismo programmatico, <strong>da</strong> connettere<br />
all’influsso dei Domenicani, è sment<strong>it</strong>a nel modo piú<br />
palese <strong>da</strong>gli affreschi della Cappella degli Spagnoli nel<br />
chiostro di Santa Maria Novella: per quanto dedicate<br />
alla gloria dell’ordine domenicano, queste p<strong>it</strong>ture sono,<br />
per molti aspetti, tra le opere piú evolute dell’epoca.<br />
Nel Quattrocento Siena perde la sua posizione di<br />
gui<strong>da</strong> nella storia dell’arte. In primo piano torna Firenze,<br />
all’acme ora della sua potenza economica. Questa<br />
s<strong>it</strong>uazione invero, se non è la causa immediata della presenza<br />
e della singolar<strong>it</strong>à dei suoi grandi maestri, spiega<br />
comunque l’ininterrotto flusso delle ordinazioni e quindi<br />
l’emulazione attraverso la quale essi si fanno stra<strong>da</strong>.<br />
Ora Firenze è, con Venezia – che tuttavia ha uno sviluppo<br />
tutto particolare e resta un’eccezione – l’unico<br />
luogo in Italia dove si esplichi una cospicua attiv<strong>it</strong>à<br />
artistica di tendenze moderne, in complesso indipendente<br />
<strong>da</strong>llo stile tardogotico e aulico dell’Occidente<br />
europeo. Nella Firenze borghese <strong>da</strong> principio l’arte<br />
cavalleresca, importata di Francia, trova lim<strong>it</strong>ata comprensione,<br />
mentre viene adottata alle corti dell’alta Italia.<br />
Anche geograficamente questa regione è piú vicina<br />
all’Occidente, anzi confina direttamente con terr<strong>it</strong>ori di<br />
lingua francese. I romanzi cavallereschi di Francia vi si<br />
diffondono già nella secon<strong>da</strong> metà del Duecento e non<br />
solo vengono tradotti – come negli altri paesi d’Europa<br />
– e im<strong>it</strong>ati nell’idioma del paese, ma anche ripresi e<br />
sviluppati nella lingua originale. Si scrivono poemi epici<br />
in francese, come liriche nella lingua dei trovatori 49 . Le<br />
grandi c<strong>it</strong>tà mercantili dell’Italia centrale non sono<br />
certo isolate <strong>da</strong>ll’Occidente e <strong>da</strong>l Nord, e i loro mercanti,<br />
che reggono i traffici con la Francia e le Fiandre,<br />
introducono gli elementi della cultura cavalleresca<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 31
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
anche in Toscana; ma qui manca un pubblico veramente<br />
interessato sia ad una vera epopea cavalleresca,<br />
che ad una p<strong>it</strong>tura ispirata al romanticismo<br />
cortese-cavalleresco. Invece alle corti dei principi pa<strong>da</strong>ni,<br />
a Milano, Verona, Padova, Ravenna e in molte altre<br />
c<strong>it</strong>tà minori, dove dinasti e tiranni si uniformano strettamente<br />
agli esempi di Francia, non solo si continua a<br />
leggere con immutato entusiasmo il romanzo cavalleresco<br />
francese, non solo lo si copia e lo si im<strong>it</strong>a, ma lo si<br />
illustra nel gusto d’oltralpe 50 . L’attiv<strong>it</strong>à p<strong>it</strong>torica di queste<br />
corti per altro non si lim<strong>it</strong>a ai manoscr<strong>it</strong>ti miniati,<br />
ma si eserc<strong>it</strong>a anche in grandi cicli decorativi, che ugualmente<br />
traggono ispirazione <strong>da</strong>gli ideali cavallereschi di<br />
quei romanzi e attingono argomenti <strong>da</strong>lla stessa v<strong>it</strong>a di<br />
corte: battaglie e tornei, cacce e cavalcate, scene di<br />
gioco e di <strong>da</strong>nza, favole m<strong>it</strong>ologiche, soggetti biblici e<br />
storici, immagini di eroi antichi e moderni, allegorie<br />
delle Virtú cardinali, delle Arti liberali e soprattutto<br />
dell’amore, figurato o adombrato in mille modi. Queste<br />
p<strong>it</strong>ture seguono, nell’impostazione generale, i modi<br />
dell’arazzo <strong>da</strong> cui principalmente derivano, e al pari di<br />
questo mirano a un effetto di festoso splendore, soprattutto<br />
con lo sfarzo delle vesti e il contegno di cerimonia<br />
dei personaggi. Le figure sono rappresentate in pose<br />
convenzionali, ma non senza una relativa giustezza<br />
d’osservazione e una notevole disinvoltura di disegno:<br />
cosa che si comprende se si pensa che tale p<strong>it</strong>tura ha le<br />
sue radici in quello stesso naturalismo gotico <strong>da</strong> cui<br />
deriva anche l’arte borghese del tardo Medioevo. Basta<br />
pensare al Pisanello per intendere quanto il naturalismo<br />
rinascimentale deve a questi affreschi, ai loro sfondi di<br />
verzura, a quelle piante e a quegli animali colti con<br />
tanta vivac<strong>it</strong>à e dipinti con tanta sapienza. I pochi<br />
esempi che ancora si conservano in Italia di piú antica<br />
p<strong>it</strong>tura decorativa profana forse non risalgono oltre il<br />
primo Quattrocento, ma i cicli trecenteschi non dove-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 32
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
vano essere sostanzialmente diversi. Tali resti si trovano<br />
in Piemonte e in Lombardia, e tra essi sono <strong>da</strong> ricor<strong>da</strong>re<br />
quelli del castello della Manta, presso Saluzzo, e<br />
di casa Borromeo a Milano. Da fonti contemporanee<br />
sappiamo tuttavia che anche molte altre sedi principesche<br />
dell’alta Italia possedevano una ricca e fastosa<br />
decorazione p<strong>it</strong>torica; tra queste, la rocca di Cangrande<br />
a Verona e il castello dei Carraresi a Padova 51 .<br />
A differenza di quanto accadeva alle corti, nelle c<strong>it</strong>tà<br />
a governo comunale l’arte del Trecento era di carattere<br />
prevalentemente sacro. Solo nel Quattrocento ne mutano<br />
lo spir<strong>it</strong>o e lo stile; solo ora, rispondendo alle nuove<br />
esigenze dei privati e al generale orientamento razionalistico,<br />
essa prende carattere mon<strong>da</strong>no. Non solo si<br />
diffondono nuovi generi, come la p<strong>it</strong>tura di storia e il<br />
r<strong>it</strong>ratto, ma anche i soggetti sacri si riempiono di motivi<br />
profani. Certo anche cosí l’arte dei Comuni mantiene<br />
con la Chiesa e con la religione legami piú stretti che<br />
non l’arte delle Signorie e, almeno in questo, la borghesia<br />
è piú conservatrice della società di corte. Ma a<br />
metà del secolo anche nei Comuni, specialmente a Firenze,<br />
si possono notare nell’arte elementi cortesi e cavallereschi.<br />
I romanzi, diffusi <strong>da</strong>i giullari, penetrano fra la<br />
gente piú umile e in forma popolare giungono anche<br />
nelle c<strong>it</strong>tà toscane; frattanto essi perdono il loro idealismo<br />
originario diventando semplice letteratura amena 52 .<br />
È questa anz<strong>it</strong>utto a destar l’interesse dei p<strong>it</strong>tori locali<br />
con i suoi soggetti romanzeschi; vi si aggiunga poi il<br />
diretto influsso di artisti come Domenico Veneziano e<br />
Gentile <strong>da</strong> Fabriano, che provenendo <strong>da</strong>ll’alta Italia<br />
diffondono a Firenze il gusto di corte delle regioni settentrionali.<br />
Infine l’alta borghesia, ormai ricca e potente,<br />
comincia a far propri i costumi del mondo aristocratico<br />
e nella materia del romanzo cavalleresco non vede<br />
piú soltanto qualcosa di esotico, ma anche, in certo<br />
senso, dei modelli di v<strong>it</strong>a.<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 33
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
All’inizio del Quattrocento questa evoluzione in<br />
senso aulico si nota appena. I maestri della prima generazione,<br />
sopra tutti Masaccio e Donatello, son piú vicini<br />
all’arte severa di Giotto, tutta intesa all’un<strong>it</strong>à dello<br />
spazio e al rilievo statuario delle figure, che non al gusto<br />
prezioso delle corti o, anche, alle forme leggiadre e spesso<br />
indisciplinate della p<strong>it</strong>tura trecentesca. Dopo le scosse<br />
della crisi finanziaria, della peste e del tumulto dei<br />
Ciompi, questa generazione deve, si può dire, rifarsi <strong>da</strong>l<br />
principio. La borghesia, nei costumi come nel gusto, si<br />
mostra ora piú semplice, piú sobria e pur<strong>it</strong>ana di prima.<br />
A Firenze torna a dominare una mental<strong>it</strong>à obiettiva e<br />
realistica, aliena <strong>da</strong>l romanzesco; e contro la concezione<br />
aristocratica e cortese dell’arte un nuovo, fresco,<br />
robusto naturalismo riesce ad affermarsi, man mano che<br />
la borghesia torna a consoli<strong>da</strong>rsi. Quella di Masaccio e<br />
di Donatello giovane è l’arte di una società ancora in<br />
lotta, benché profon<strong>da</strong>mente ottimista e sicura della<br />
v<strong>it</strong>toria, è l’arte di un nuovo tempo eroico del cap<strong>it</strong>alismo,<br />
di una nuova epoca di conquistatori. Come nei<br />
provvedimenti pol<strong>it</strong>ici di quegli anni, cosí nel grandioso<br />
realismo dell’arte si esprime un fiducioso, se pur non<br />
sempre sereno, senso di forza. Scompare la fatua sensibil<strong>it</strong>à,<br />
il capriccioso linearismo, il decorativismo calligrafico<br />
della p<strong>it</strong>tura trecentesca. Le figure ridiventan piú<br />
solide, ferme, massicce, stan piú salde sulle gambe, si<br />
muovono piú libere e naturali nello spazio. Piuttosto<br />
compatte che fragili, rudi piuttosto che leggiadre, esprimono<br />
forza, energia, dign<strong>it</strong>à e serietà. Il senso del<br />
mondo e della v<strong>it</strong>a in quest’arte è sostanzialmente antigotico,<br />
cioè alieno <strong>da</strong>lla metafisica e <strong>da</strong>l simbolismo,<br />
<strong>da</strong>l romanzo e <strong>da</strong>l cerimoniale. Questa, almeno, è la<br />
tendenza prevalente, anche se non l’unica. La cultura<br />
artistica del Quattrocento <strong>it</strong>aliano in effetti è già cosí<br />
complicata, vi partecipano ceti cosí diversi per origine<br />
e per educazione, che è impossibile chiuderla in una<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 34
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
definizione che sia un<strong>it</strong>aria e possa valere per tutti i suoi<br />
aspetti. Accanto allo stile «rinascimentale», classicamente<br />
statuario, di Masaccio e di Donatello, sopravvive<br />
la tradizione dello spir<strong>it</strong>ualismo gotico, del decorativismo<br />
medievale: e non solo nell’arte dell’Angelico o di<br />
Lorenzo Monaco, ma anche nelle opere di artisti pur cosí<br />
innovatori come Andrea del Castagno e Paolo Uccello.<br />
In una società cosí economicamente differenziata e spir<strong>it</strong>ualmente<br />
complessa come quella del Rinascimento,<br />
una tendenza stilistica non scompare <strong>da</strong>ll’oggi al domani,<br />
anche quando il ceto a cui in origine eran destinati<br />
i suoi prodotti perde la sua potenza economica e pol<strong>it</strong>ica<br />
e deve cedere a un altro ceto la sua egemonia culturale<br />
o, mantenendola, ne muta l’orientamento. Lo stile<br />
spir<strong>it</strong>ualistico del Medioevo poteva anche apparire antiquato<br />
e brutto alla maggioranza della borghesia, ma era<br />
ancor quello che meglio rispondeva al sentimento religioso<br />
di una minoranza assai considerevole. In ogni<br />
civiltà evoluta accade che ceti sociali assai diversi fra<br />
loro e artisti ugualmente diversi, legati a questi ceti,<br />
generazioni differenti di consumatori e di produttori<br />
d’arte, giovani e vecchi, precursori ed epigoni vivano gli<br />
uni accanto agli altri, gli uni distinti <strong>da</strong>gli altri; ma in<br />
una civiltà relativamente antica come il Rinascimento le<br />
singole tendenze non arrivano a esprimersi in gruppi<br />
defin<strong>it</strong>i, esponenti di una sola tendenza, senza contaminazioni.<br />
La presenza di ant<strong>it</strong>etiche tendenze non può<br />
spiegarsi soltanto con la contigu<strong>it</strong>à delle generazioni, «la<br />
coesistenza degli uomini di età diversa» 53 ; spesso i dissidi<br />
si verificano all’interno di una stessa generazione:<br />
Donatello e l’Angelico, Masaccio e Domenico Veneziano<br />
son quasi coetanei, mentre Piero della Francesca, che<br />
è l’artista piú affine a Masaccio, è distinto <strong>da</strong> lui <strong>da</strong>llo<br />
spazio di una mezza generazione. Le antinomie si rivelano<br />
anche nello spir<strong>it</strong>o del singolo. In un artista come<br />
l’Angelico, Chiesa e mondo, Gotico e Rinascimento si<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 35
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
r<strong>it</strong>rovano indissolubilmente legati tra di loro, come nel<br />
Castagno, in Pesellino e nel Gozzoli razionalismo e fantasia<br />
romanzesca, gusto borghese e gusto aulico. È molto<br />
incerto il confine fra gli epigoni del gotico e i precursori<br />
di quel gusto romanzesco caro alla borghesia, che per<br />
tanti aspetti è ancora affine al gotico.<br />
Il naturalismo, che cost<strong>it</strong>uisce la tendenza fon<strong>da</strong>mentale<br />
dell’arte quattrocentesca, piú volte cambia stra<strong>da</strong>,<br />
in corrispondenza con gli sviluppi dell’evoluzione<br />
<strong>sociale</strong>. Il naturalismo di Masaccio, monumentale, antigoticamente<br />
semplice, teso anz<strong>it</strong>utto alla chiarezza dei<br />
rapporti spaziali e delle proporzioni, quello ridon<strong>da</strong>nte<br />
del Gozzoli, quasi p<strong>it</strong>tura di genere, e la sensibil<strong>it</strong>à psicologica<br />
del Botticelli corrispondono a tre diversi stadi<br />
nella storia della borghesia, che <strong>da</strong>lla semplic<strong>it</strong>à delle origini<br />
assurge via via a vera aristocrazia del denaro. Un<br />
motivo colto direttamente sul vero come l’«ignudo che<br />
triema» di Masaccio nella scena del battesimo alla cappella<br />
Brancacci è una rar<strong>it</strong>à al principio del Quattrocento,<br />
ma verso la metà del secolo sarebbe del tutto normale.<br />
Allora infatti questo gusto per ciò che è individuale,<br />
caratteristico e curioso, assume per la prima volta<br />
grande importanza e nasce allora l’idea di un mondo<br />
composto <strong>da</strong> pet<strong>it</strong>s fa<strong>it</strong>s vrais, che finora la storia dell’arte<br />
aveva ignorato. Episodi della v<strong>it</strong>a d’ogni giorno, scene<br />
di stra<strong>da</strong> e interni domestici, stanze di puerpere e fi<strong>da</strong>nzamenti,<br />
la nasc<strong>it</strong>a di Maria e la Vis<strong>it</strong>azione viste come<br />
scene di società, san Girolamo in un interno di casa borghese<br />
e le storie dei santi che si svolgono in mezzo al<br />
trambusto delle c<strong>it</strong>tà mercantili: ecco i soggetti del<br />
nuovo naturalismo. Ma sarebbe errato presumere che<br />
con tali figurazioni si volesse significare che «i santi non<br />
sono che uomini», e che la predilezione per i temi di v<strong>it</strong>a<br />
borghese fosse un segno di modestia; al contrario, si era<br />
fieri e soddisfatti di mostrar ogni particolare di quell’esistenza.<br />
Tuttavia i ricchi borghesi che ora s’interessa-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 36
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
no all’arte benché non disconoscano affatto la propria<br />
importanza, non vogliono apparire piú di quel che sono.<br />
Solo dopo la metà del secolo appaiono segni di un<br />
mutamento. Piero della Francesca rivela già una certa<br />
inclinazione alla solenne frontal<strong>it</strong>à e una preferenza per<br />
le forme auliche e di cerimonia. D’altronde egli lavora<br />
molto per i principi e subisce direttamente l’influsso<br />
delle convenzioni di corte. A Firenze però l’arte si mantiene,<br />
fino alla fine del secolo, libera in complesso <strong>da</strong><br />
convenzioni e <strong>da</strong> eccessivi formalismi, anche se indulge<br />
sempre piú a leggiadrie e preziosismi e tende innegabilmente<br />
a un tono sempre piú elegante e squis<strong>it</strong>o. È vero<br />
comunque che il pubblico di Antonio Pollaiolo e di<br />
Andrea del Verrocchio, del Botticelli e del Ghirlan<strong>da</strong>io<br />
non ha piú nulla in comune con quella borghesia pur<strong>it</strong>ana<br />
per cui avevano lavorato Masaccio e Donatello giovane.<br />
La differenza che corre fra Cosimo e Lorenzo de’<br />
Medici, la divers<strong>it</strong>à dei principî secondo cui essi eserc<strong>it</strong>ano<br />
il potere e organizzano la loro v<strong>it</strong>a privata ci <strong>da</strong>nno<br />
la misura della distanza che separa le due generazioni.<br />
Come, <strong>da</strong>i tempi di Cosimo, la repubblica, sia pur solo<br />
apparentemente democratica, si è venuta trasformando<br />
in vero e proprio principato, come il «primo c<strong>it</strong>tadino»<br />
e il suo segu<strong>it</strong>o sono diventati un principe e una corte,<br />
cosí pure <strong>da</strong>ll’antica borghesia proba e intenta al prof<strong>it</strong>to<br />
si è sviluppata una classe che vive di rend<strong>it</strong>a, disprezza<br />
il lavoro e il gua<strong>da</strong>gno e vuole godersi nell’ozio la ricchezza<br />
ered<strong>it</strong>ata <strong>da</strong>i padri. Cosimo era ancora essenzialmente<br />
un uomo d’affari; amava l’arte e la filosofia,<br />
si faceva costruir belle case e ville, si circon<strong>da</strong>va di artisti<br />
e di dotti, e, quando occorreva, non ignorava nemmeno<br />
il cerimoniale; ma il centro della sua v<strong>it</strong>a erano la<br />
banca e l’ufficio. Lorenzo non ha piú interesse agli affari<br />
del nonno e degli avi, li trascura e li man<strong>da</strong> in rovina;<br />
lo interessano solo gli affari di stato, i rapporti con<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 37
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
i monarchi d’Europa, la sua corte principesca, il suo<br />
ruolo di gui<strong>da</strong> intellettuale, l’accademia neoplatonica e<br />
quella artistica, la sua attiv<strong>it</strong>à di poeta e di mecenate.<br />
Esteriormente tutto ciò si svolge ancora in forme borghesi<br />
e patriarcali. Lorenzo non permette che alla sua<br />
persona e alla sua casa si attribuiscano pubblici onori; i<br />
r<strong>it</strong>ratti dei membri della famiglia servono sempre a usi<br />
privati, non altrimenti <strong>da</strong> quelli di ogni cospicuo c<strong>it</strong>tadino,<br />
e non sono destinati al pubblico, come, cent’anni<br />
piú tardi, le statue dei granduchi 54 .<br />
Il tardo Quattrocento è stato defin<strong>it</strong>o come la cultura<br />
di una «secon<strong>da</strong> generazione», la generazione cioè dei<br />
figli viziati e dei ricchi eredi; e il contrasto con la prima<br />
metà del secolo parve cosí deciso, che si credette di<br />
poter parlare di una cosciente reazione, di una voluta<br />
«restaurazione del gotico» e insomma di un «antirinascimento»<br />
55 . A questa tesi si obiettò giustamente che la<br />
tendenza che essa indicava come un r<strong>it</strong>orno al gotico<br />
non fa la sua comparsa solo nella secon<strong>da</strong> metà del Quattrocento,<br />
ne cost<strong>it</strong>uisce invece un aspetto piú o meno<br />
palese, ma costante 56 . Ma per quanto sia innegabile il<br />
perdurare anche nel Quattrocento delle tradizioni<br />
medievali e un persistente contrasto tra spir<strong>it</strong>o borghese<br />
e ideali gotici, non si può disconoscere che nella borghesia<br />
fino a metà del secolo è prevalente un atteggiamento<br />
intellettuale avverso al gotico, realistico e antiromantico,<br />
liberale e democratico; e che solo al tempo<br />
di Lorenzo lo spir<strong>it</strong>ualismo, il gusto delle convenzioni e<br />
le tendenze conservatrici prendono il sopravvento. Tuttavia<br />
non ci si può immaginare l’evoluzione come una<br />
rinuncia improvvisa e totale dello spir<strong>it</strong>o borghese alla<br />
sua struttura dinamica e dialettica. Il dominio delle tendenze<br />
conservatrici, spir<strong>it</strong>ualistiche, cavalleresche e cortigiane<br />
nella secon<strong>da</strong> metà del Quattrocento incontra<br />
naturalmente contrasti e opposizioni, non meno che la<br />
prevalenza, nella prima metà del secolo, dello spir<strong>it</strong>o<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 38
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
innovatore della borghesia. Come in quei primi anni<br />
accanto agli ambienti progressisti ce n’erano altri che<br />
servivano a r<strong>it</strong>ar<strong>da</strong>re il generale sviluppo, cosí ora accanto<br />
ai gruppi conservatori qua e là si affermano elementi<br />
progressivi.<br />
Il r<strong>it</strong>iro degli antichi ceti, ormai sazi, <strong>da</strong>lla v<strong>it</strong>a economica<br />
attiva e il farsi avanti di elementi nuovi, finora<br />
esclusi <strong>da</strong>lla possibil<strong>it</strong>à di grandi prof<strong>it</strong>ti, verso i posti<br />
vacanti, o, in altre parole, l’assurgere di ceti poveri alla<br />
condizione di agiati e degli agiati a quella di aristocratici<br />
rappresenta il r<strong>it</strong>mo costante dell’evoluzione cap<strong>it</strong>alistica<br />
57 . I ceti colti, ieri ancora inclini a innovare, oggi<br />
sentono e pensano <strong>da</strong> conservatori; ma prima che possano<br />
trasformare l’intera v<strong>it</strong>a intellettuale secondo la<br />
loro nuova mental<strong>it</strong>à, ecco che riesce a impadronirsi<br />
degli strumenti della cultura, <strong>da</strong> cui ancora durante la<br />
precedente generazione era escluso, un altro ceto forte<br />
di una sua capac<strong>it</strong>à dinamica, che a sua volta, alla generazione<br />
successiva, si porrà come remora al naturale sviluppo,<br />
prima di cedere defin<strong>it</strong>ivamente ad altri. Nella<br />
secon<strong>da</strong> metà del Quattrocento sono veramente gli elementi<br />
conservatori a <strong>da</strong>re il tono a Firenze, ma l’avvicen<strong>da</strong>mento<br />
<strong>sociale</strong> non è affatto cessato; ci sono sempre,<br />
notevolmente attive, forze dinamiche che ev<strong>it</strong>ano<br />
l’irrigidirsi dell’arte nel preziosismo aulico, nell’artificio<br />
e nella convenzional<strong>it</strong>à. Malgrado l’inclinazione a sottigliezze<br />
manierate e a un’eleganza spesso vacua, continuano<br />
ad affermarsi nuovi impulsi naturalistici. Anche<br />
se assume molti aspetti aulici, e prende toni formalistici<br />
e artificiosi, l’arte di questo tempo non si preclude mai<br />
la possibil<strong>it</strong>à di rinnovare e ampliare la sua visione.<br />
Rimane un’arte innamorata della realtà, aperta a nuove<br />
esperienze: espressione di una società forse un po’ affettata<br />
e schizzinosa, ma non certo contraria ad accogliere<br />
nuovi impulsi. Da questo miscuglio di realismo e convenzione,<br />
di razionalismo e romanticismo escono a un<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 39
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
tempo la rispettabil<strong>it</strong>à borghese del Ghirlan<strong>da</strong>io e l’aristocratica<br />
raffinatezza di Desiderio, il robusto senso del<br />
reale del Verrocchio e la poetica fantasia di Piero di<br />
Cosimo, la lieta amabil<strong>it</strong>à del Pesellino e la malinconica<br />
bizzarria di Botticelli. Le cause sociali di questo mutamento<br />
stilistico verso la metà del secolo sono <strong>da</strong> cercare<br />
in parte nella diminuzione della clientela. La signoria<br />
medicea, con la sua oppressione fiscale ha sensibilmente<br />
ridotto il volume degli affari, costringendo molti<br />
imprend<strong>it</strong>ori a lasciare Firenze trasportando altrove le<br />
loro aziende 58 . Sintomi del declino industriale, quali l’emigrazione<br />
dei lavoratori e il regresso della produzione,<br />
si fanno già sentire ai tempi di Cosimo 59 . Sempre piú la<br />
ricchezza si accentra in poche mani. Il pubblico dei<br />
comm<strong>it</strong>tenti d’arte, che nella prima metà del secolo tendeva<br />
sempre piú ad estendersi fra i privati c<strong>it</strong>tadini,<br />
mostra ora una tendenza a restringersi. Le ordinazioni<br />
provengono principalmente <strong>da</strong>i Medici e <strong>da</strong> poche altre<br />
famiglie; la produzione, già per questo fenomeno, assume<br />
un carattere piú esclusivo e raffinato.<br />
Nei Comuni <strong>it</strong>aliani, durante gli ultimi due secoli,<br />
diretti comm<strong>it</strong>tenti di arch<strong>it</strong>etture ecclesiastiche e di<br />
opere d’arte non erano per lo piú i prelati, ma i laici che<br />
ne rappresentavano e ne curavano gli interessi, cioè <strong>da</strong><br />
un lato il Comune, le grandi Corporazioni e le confratern<strong>it</strong>e<br />
religiose, <strong>da</strong>ll’altro le fon<strong>da</strong>zioni private, le<br />
famiglie ricche e illustri 60 . L’attiv<strong>it</strong>à edilizia e artistica<br />
dei Comuni giunse all’apice nel Trecento, col primo fiorire<br />
dell’economia urbana; in quel tempo l’ambizione<br />
dei c<strong>it</strong>tadini si manifestava ancora in forme collettive<br />
e solo piú tardi cominciò a esplicarsi in iniziative individuali.<br />
I Comuni <strong>it</strong>aliani in questa attiv<strong>it</strong>à artistica<br />
profusero tesori, come già le poleis greche. E non solo<br />
Firenze e Siena, ma anche Comuni minori, come Lucca<br />
e Pisa, vollero non essere <strong>da</strong> meno e quasi si dissanguarono<br />
in questa orgogliosa rival<strong>it</strong>à di costruttori.<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 40
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
Nella maggior parte dei casi i signori c<strong>it</strong>tadini, giungendo<br />
al potere, proseguirono l’attiv<strong>it</strong>à artistica dei<br />
Comuni e, se possibile, la superarono in prodigal<strong>it</strong>à.<br />
Fecero cosí la piú efficace propagan<strong>da</strong> a se stessi e al<br />
loro governo, lusingando la van<strong>it</strong>à dei c<strong>it</strong>tadini e regalando<br />
opere d’arte a quegli stessi che poi, di regola,<br />
dovevano pagarle. Questo, ad esempio, avvenne per la<br />
costruzione del duomo di Milano, mentre le spese per<br />
la Certosa di Pavia vennero sostenute <strong>da</strong>lla cassa privata<br />
dei Visconti e degli Sforza 61 .<br />
In Italia le Arti non si lim<strong>it</strong>arono, come in altri paesi,<br />
a costruire e abbellire i loro oratori e le loro sedi sociali,<br />
ma parteciparono alle imprese artistiche del Comune,<br />
specie alla costruzione delle grandi chiese. Tali comp<strong>it</strong>i<br />
del resto erano fin <strong>da</strong> principio di competenza delle<br />
Arti, che sempre piú li vennero sviluppando, via via che<br />
diminuiva il loro influsso pol<strong>it</strong>ico ed economico. Ma di<br />
sol<strong>it</strong>o esse si lim<strong>it</strong>avano a fornire dei com<strong>it</strong>ati di esperti<br />
e degli organi di controllo alle autor<strong>it</strong>à comunali cosí<br />
come queste spesso non facevano che amministrare<br />
donazioni private. In nessun modo le Arti possono considerarsi<br />
alla stregua di fabbricieri, e neppure sono <strong>da</strong><br />
r<strong>it</strong>enere promotrici di tutte le imprese artistiche <strong>da</strong> loro<br />
dirette; per lo piú amministravano soltanto le somme<br />
messe a disposizione per gli edifici e, al massimo, le integravano<br />
con prest<strong>it</strong>i o con contributi volontari di membri<br />
dell’Arte 62 . Per la sorveglianza delle opere loro affi<strong>da</strong>te,<br />
le corporazioni eleggevano propri com<strong>it</strong>ati edilizi<br />
che potevano contare <strong>da</strong> quattro a dodici membri («operai»),<br />
a secon<strong>da</strong> dell’impresa. Tali com<strong>it</strong>ati bandivano<br />
concorsi, affi<strong>da</strong>vano gl’incarichi, approvavano i progetti,<br />
sorvegliavano i lavori, procuravano i materiali e corrispondevano<br />
i salari. Quando la stima di certe prestazioni<br />
artistiche o tecniche richiedeva una particolare<br />
competenza, essi nominavano un com<strong>it</strong>ato di esperti 63 .<br />
Con simili poteri e attribuzioni l’Arte della Lana, a<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 41
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
Firenze, condusse la costruzione del Duomo e del Campanile,<br />
l’Arte di Calimala i lavori del Battistero e della<br />
chiesa di San Miniato, l’Arte della Seta la costruzione<br />
dell’Ospe<strong>da</strong>le degli Innocenti. Quale fosse la procedura<br />
consueta dei concorsi, si ricava chiaramente <strong>da</strong>lla storia<br />
delle porte bronzee del Battistero. Nell’anno 1401 l’Arte<br />
di Calimala bandí per esse un pubblico concorso. Fra<br />
i concorrenti, si designarono sei artisti per un vaglio<br />
ulteriore: fra essi Brunelleschi, Ghiberti e Jacopo della<br />
Quercia. Si diede loro un anno per eseguire un rilievo<br />
di bronzo, il cui soggetto, a giudicar <strong>da</strong>ll’analogia tematica<br />
nei lavori conservati, deve essere stato esattamente<br />
prescr<strong>it</strong>to. Alle spese vive e al mantenimento degli<br />
artisti durante il periodo di prova provvide l’Arte stessa.<br />
Sui modelli presentati deliberò infine un collegio di<br />
giudici nominato <strong>da</strong>ll’Arte, composto <strong>da</strong> trentaquattro<br />
artisti di grido.<br />
Al principio le ordinazioni della borghesia consistevano<br />
soprattutto in doni per chiese e conventi; solo<br />
verso la metà del secolo si cominciò a ordinare in maggior<br />
numero opere profane per uso privato. Da allora<br />
anche le case dei ricchi c<strong>it</strong>tadini, non solo i castelli e i<br />
palazzi dei principi e dei nobili, cominciano a ornarsi di<br />
quadri e di statue. Anche qui evidentemente considerazioni<br />
di prestigio, il desiderio di brillare e di farsi un<br />
monumento, giocano un ruolo non minore, e forse piú<br />
rilevante, dell’esigenza estetica. Certo, questi moventi<br />
non erano estranei nemmeno alle donazioni di opere<br />
d’arte alle chiese. Ma le condizioni sono ora mutate, cosí<br />
che i piú cospicui c<strong>it</strong>tadini, gli Strozzi, i Quaratesi, i<br />
Rucellai si curano molto piú dei loro Palazzi che delle<br />
cappelle di famiglia. Giovanni Rucellai è forse il tipo piú<br />
rappresentativo di questi nuovi mecenati interessati<br />
soprattutto all’arte profana 64 . Di famiglia patrizia arricch<strong>it</strong>asi<br />
nell’industria della lana, egli appartiene a quella<br />
generazione gaudente che, sotto Lorenzo de’ Medici,<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 42
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
comincia a r<strong>it</strong>irarsi <strong>da</strong>gli affari. Nelle sue note autobiografiche,<br />
uno dei celebri zibaldoni del tempo, egli scrive<br />
che per cinquant’anni altro non ha fatto che gua<strong>da</strong>gnare<br />
e spendere e ha compreso che lo spendere è anche<br />
piú piacevole del gua<strong>da</strong>gnare. Delle sue fon<strong>da</strong>zioni ecclesiastiche<br />
egli dice che gli hanno <strong>da</strong>to e gli <strong>da</strong>nno la massima<br />
soddisfazione, perché tornano a gloria di Dio e a<br />
onore della c<strong>it</strong>tà e anche perpetuano la sua memoria. Ma<br />
Giovanni Rucellai non si lim<strong>it</strong>a a doni e a fabbriche, è<br />
anche un collezionista: possiede opere di Andrea del<br />
Castagno, Paolo Uccello, Domenico Veneziano, Antonio<br />
Pollaiolo, Verrocchio, Desiderio <strong>da</strong> Settignano e<br />
altri. Questo trasformarsi dell’amatore d’arte <strong>da</strong> donatore<br />
in collezionista lo vediamo anche meglio con i<br />
Medici. Cosimo è ancora soprattutto il fabbriciere delle<br />
chiese di San Marco, Santa Croce, San Lorenzo e della<br />
Badia di Fiesole; suo figlio Piero è già un collezionista<br />
sistematico, e Lorenzo è esclusivamente un collezionista.<br />
C’è una correlazione storica fra la figura del collezionista<br />
e quella dell’artista che lavora indipendentemente<br />
<strong>da</strong>lle ordinazioni; nel corso del Rinascimento essi<br />
appaiono contemporaneamente, l’uno accanto all’altro.<br />
L’apparizione non è tuttavia repentina, è anzi il risultato<br />
di un lento processo. L’arte del Quattrocento conserva<br />
ancora nell’insieme un carattere artigianale per cui<br />
di volta in volta si adegua alla natura della commissione,<br />
cosí che spesso bisogna cercare l’origine dell’opera<br />
non nell’impulso creativo, nella soggettiva volontà di<br />
espressione e nell’idea spontanea dell’artista, ma nelle<br />
precise richieste del cliente. Quindi, a determinare il<br />
mercato artistico non è ancora l’offerta, ma la doman<strong>da</strong><br />
65 . Ogni opera ha ancora la sua destinazione ben precisa<br />
e la sua concreta connessione con la v<strong>it</strong>a pratica. Si<br />
ordina una pala d’altare per una cappella ben nota al p<strong>it</strong>tore,<br />
un quadro di devozione per un ambiente determinato,<br />
il r<strong>it</strong>ratto di un congiunto per una certa parete;<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 43
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
ogni scultura è progettata in vista di una collocazione<br />
ben defin<strong>it</strong>a, ogni mobile di pregio è disegnato per una<br />
determinata stanza. In questi nostri tempi di grande<br />
libertà artistica si ammette come un articolo di fede che<br />
la costrizione <strong>da</strong>ll’esterno, a cui allora l’artista doveva,<br />
ma anche sapeva, sottostare, fosse un fattore indubbiamente<br />
favorevole e addir<strong>it</strong>tura benefico. I risultati paiono<br />
giustificare quest’opinione, ma gli artisti la pensavano<br />
altrimenti. E difatti essi cercarono di liberarsi <strong>da</strong> ogni<br />
vincolo, non appena le condizioni del mercato lo permisero.<br />
E questo accadde appunto quando al semplice<br />
comm<strong>it</strong>tente subentrò l’amatore, l’esperto, il collezionista,<br />
cioè quel moderno tipo di cliente che non ordinava<br />
piú quel che gli occorreva, ma comprava quel che gli<br />
veniva offerto. La sua apparizione sul mercato artistico<br />
significò la fine della produzione determinata unicamente<br />
<strong>da</strong> comm<strong>it</strong>tenti e compratori, e assicurò alla libera<br />
offerta possibil<strong>it</strong>à nuove e insospettate.<br />
Dopo l’antich<strong>it</strong>à classica, il Quattrocento è la prima<br />
epoca che di nuovo offra una produzione rilevante d’arte<br />
profana, e non soltanto esempi numerosi dei generi<br />
già noti, come affreschi e quadri di cavalletto, arazzi,<br />
ricami, oreficerie e armature, ma anche molti di generi<br />
nuovi, creati anz<strong>it</strong>utto per abbellire la casa del ricco<br />
borghese, che al fastoso tono di rappresentanza delle<br />
corti preferisce per l’ab<strong>it</strong>azione un tono confortevole e<br />
intimo: ecco quindi spalliere lignee, riccamente ornate,<br />
<strong>da</strong> fissare ai muri, cassoni dipinti e intagliati, lettiere<br />
di splendido lavoro, piccoli quadri di devozione in leggiadre<br />
cornici circolari («tondi»), deschi <strong>da</strong> parto figurati,<br />
oltre alle sol<strong>it</strong>e maioliche e ai molti altri prodotti<br />
dell’artigianato. In tutto questo ancora si mantiene una<br />
grande affin<strong>it</strong>à fra arte e artigianato, fra pura opera<br />
d’arte e semplice suppellettile; le cose cambiano solo<br />
dopo che viene riconosciuta l’autonomia della grande<br />
arte, libera <strong>da</strong> ogni fine pratico, e questa viene con-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 44
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
trapposta al carattere meccanico dell’artigianato. Solo<br />
allora l’artista si differenzia <strong>da</strong>ll’artigiano e il p<strong>it</strong>tore<br />
comincia a fare i suoi quadri con animo diverso <strong>da</strong> quello<br />
con cui dipinge cassoni e pannelli decorativi, bandiere<br />
e gualdrappe, piatti e boccali. Ma allora egli<br />
comincia pure a sentirsi libero <strong>da</strong>i desideri del comm<strong>it</strong>tente,<br />
e a trasformarsi <strong>da</strong> produttore per il cliente<br />
in produttore di merce, aprendo cosí la via all’amatore,<br />
all’esperto e al collezionista. Questo d’altro canto<br />
presuppone nell’acquirente una concezione formalistica<br />
dell’opera, sí che l’apprezzi a prescindere <strong>da</strong> una precisa<br />
destinazione pratica, insomma una, sia pur embrionale,<br />
concezione dell’«art pour l’art». Concom<strong>it</strong>ante<br />
all’apparizione del collezionista è l’altro fenomeno<br />
nuovo del mercato artistico, conseguenza diretta del<br />
rapporto impersonale che si stabilisce tra compratore e<br />
opera d’arte, tra compratore e artista. Nel Quattrocento,<br />
quando la raccolta sistematica d’arte è un caso<br />
sporadico, il commercio a sé di opere d’arte, scisso <strong>da</strong>lla<br />
produzione, si può dir sconosciuto; esso nasce soltanto<br />
nel secolo seguente, quando diventa ab<strong>it</strong>uale la ricerca<br />
di opere del passato e l’acquisto di opere di contemporanei<br />
celebri 66 . Il primo mercante d’arte di cui ci sia<br />
noto il nome compare ai primi del Cinquecento: è il fiorentino<br />
Giovan Battista della Palla. Nella sua c<strong>it</strong>tà natale<br />
egli dà commissioni agli artisti e compra anche presso<br />
i privati per conto del re di Francia. Presto si dà<br />
anche il caso di mercanti che commissionano opere per<br />
speculazione, rivendendole con prof<strong>it</strong>to 67 . Nell’età<br />
comunale i c<strong>it</strong>tadini ricchi e illustri volevano assicurarsi<br />
almeno la gloria, <strong>da</strong>to che, per riguardo verso i conc<strong>it</strong>tadini,<br />
non potevano mettersi in mostra con il loro<br />
tenore di v<strong>it</strong>a e dovevano anzi vivere con moderazione<br />
ev<strong>it</strong>ando ogni lusso eccessivo. I doni alle chiese erano<br />
il miglior modo per acquistarsi fama eterna, senza incorrere<br />
nel biasimo pubblico. Ciò spiega in parte la spro-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 45
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
porzione fra l’arte sacra e quella profana ancora nella<br />
prima metà del Quattrocento, quando cioè la pietà non<br />
era piú il maggior movente delle donazioni. Castello<br />
Quaratesi voleva far costruire a sue spese la facciata<br />
della chiesa di Santa Croce, ma quando non gli fu concesso<br />
di apporvi il suo stemma non volle piú saperne di<br />
mettere in opera il progetto 68 . Persino ai Medici parve<br />
saggio coprire il loro mecenatismo con un’apparenza di<br />
devozione. Certo, Cosimo era ancora preoccupato piú<br />
di nascondere che di mettere in mostra le sue personali<br />
iniziative artistiche. I Pazzi, i Brancacci, i Bardi, i<br />
Sassetti, i Tornabuoni, gli Strozzi, i Rucellai perpetuarono<br />
il loro nome costruendo e decorando le loro cappelle<br />
di famiglia. Per questo si servirono dei migliori<br />
artisti del tempo. La cappella dei Pazzi fu costru<strong>it</strong>a <strong>da</strong>l<br />
Brunelleschi, le cappelle Brancacci, Sassetti, Tornabuoni,<br />
Strozzi vennero decorate <strong>da</strong> p<strong>it</strong>tori come Masaccio,<br />
Baldovinetti, Ghirlan<strong>da</strong>io e Filippino Lippi. È<br />
molto dubbio che fra tutti questi mecenati fossero i<br />
Medici i piú generosi e intelligenti. Fra i due piú illustri<br />
della casa, comunque, pare che sia stato Cosimo ad<br />
avere il gusto piú saldo ed equilibrato. O forse l’equilibrio<br />
si doveva al tempo? Egli impiegò Donatello, Brunelleschi,<br />
Ghiberti, Michelozzo, Fra’ Angelico, Luca<br />
della Robbia, Benozzo Gozzoli, Filippo Lippi. Ma<br />
Donatello, il piú grande di tutti, ebbe in Roberto Martelli<br />
un amico e protettore ben piú fervido. Perché mai<br />
avrebbe lasciato piú volte Firenze, se Cosimo avesse<br />
saputo apprezzare convenientemente il suo valore?<br />
Cosimo fu grande amico di Donatello e di tutti i p<strong>it</strong>tori<br />
e gli scultori, dicono i ricordi di Vespasiano <strong>da</strong> Bisticci;<br />
e poiché gli parve che per questi ultimi ci fosse poco<br />
lavoro e gli rincresceva che Donatello dovesse restare<br />
inattivo, gli ordinò i pulp<strong>it</strong>i di San Lorenzo e le porte<br />
della sacrestia 69 . Ma perché in quel tempo aureo delle<br />
arti un Donatello doveva correr pericolo di restare ino-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 46
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
peroso? Perché un incarico a Donatello doveva esser<br />
considerato un favore?<br />
Altrettanto, o piú difficile ancora, è <strong>da</strong>re una giusta<br />
valutazione del gusto di Lorenzo in fatto d’arte. Gli si<br />
attribuì sempre a mer<strong>it</strong>o personale l’altezza e la varietà<br />
degl’ingegni che lo circon<strong>da</strong>vano; e si considerò quella<br />
ricca v<strong>it</strong>al<strong>it</strong>à che si esprime nell’opera dei poeti, filosofi<br />
e artisti suoi favor<strong>it</strong>i come irradiata <strong>da</strong>lla sua persona.<br />
Da Voltaire in poi il suo tempo si annovera fra le<br />
epoche felici dell’uman<strong>it</strong>à, insieme con l’età di Pericle,<br />
il principato di Augusto e il Grand Siècle. Egli stesso fu<br />
poeta, filosofo, collezionista e fondò la prima accademia<br />
d’arte. Si sa qual parte il neoplatonismo avesse nella sua<br />
v<strong>it</strong>a e quanto questo movimento dovesse a lui personalmente.<br />
Sono noti i particolari dell’amicizia fra Lorenzo<br />
e gli artisti del suo ambiente. È noto che il Verrocchio<br />
restaurò per lui cose antiche, Giuliano <strong>da</strong> Sangallo gli<br />
costruì la villa di Poggio a Caiano e la sacrestia di Santo<br />
Spir<strong>it</strong>o; per lui lavorò molto Antonio Pollaiolo, amici<br />
intimi gli erano Botticelli e Filippino Lippi. Ma quali<br />
altri nomi mancano a questa lista! Lorenzo non solo<br />
rinunziò ai servigi di Benedetto <strong>da</strong> Maiano, il creatore<br />
di palazzo Strozzi, e del Perugino, che durante il suo<br />
governo passò molti anni a Firenze, ma rinunciò anche<br />
all’opera di Leonardo, il maggior artista dopo Donatello,<br />
che, a quanto sembra, incompreso, dovette lasciar<br />
Firenze ed emigrare i Milano. Egli era lontanissimo del<br />
neoplatonismo 70 , e questo forse spiega l’indifferenza del<br />
Magnifico per lui. Il neoplatonismo, come del resto già<br />
l’idealismo platonico, comportava un atteggiamento<br />
puramente contemplativo di fronte al mondo, e, come<br />
ogni filosofia che ponga come soli principî della v<strong>it</strong>a le<br />
idee pure, esso significava la rinunzia ad ogni intervento<br />
nelle cose della «comune» realtà. Il destino di questa<br />
realtà veniva rimesso a coloro che di fatto detenevano<br />
il potere poiché il vero filosofo, secondo il Ficino, aspi-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 47
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
ra a morire alle cose della terra e a vivere soltanto nel<br />
mondo eterno delle idee 71 . È naturale che una filosofia<br />
come questa fosse grata a un uomo come Lorenzo che<br />
osteggiò ogni forma di attiv<strong>it</strong>à pol<strong>it</strong>ica dei c<strong>it</strong>tadini e<br />
distrusse l’ultimo resto delle libertà democratiche 72 .<br />
D’altronde la dottrina di Platone, cosí facile a tradursi<br />
e diluirsi in poesia, doveva anche di per se stessa rispondere<br />
al suo gusto.<br />
La natura del mecenatismo di Lorenzo si rivela chiarissima<br />
nei rapporti con Bertoldo. L’autore delle piccole<br />
sculture, eleganti ma alquanto superficiali, gli era piú<br />
caro di tutti gli altri artisti contemporanei. Ab<strong>it</strong>ava in<br />
casa sua, sedeva ogni giorno alla sua tavola, lo accompagnava<br />
nei viaggi, era il suo confidente il suo consigliere<br />
artistico e il direttore dell’accademia <strong>da</strong> lui fon<strong>da</strong>ta.<br />
Pieno di spir<strong>it</strong>o e di tatto, anche nei rapporti amichevoli<br />
Bertoldo sapeva tenere le distanze; di fine cultura,<br />
aveva il dono di intuire perfettamente i gusti e i<br />
desideri del suo protettore. Era uomo di alto valore personale,<br />
eppure pronto a una completa subordinazione:<br />
insomma, l’ideale dell’artista di corte 73 . Lorenzo, certo,<br />
trovava molto gusto ad aiutare Bertoldo nel suo lavoro<br />
«elaborando m<strong>it</strong>i classici e allegorie complicate e strane,<br />
o talvolta anche banali» 74 , vedeva cosí prendere corpo e<br />
figura la sua cultura umanistica, i suoi sogni m<strong>it</strong>ologici<br />
e le sue fantasie poetiche. Lo stile di Bertoldo, il suo servirsi<br />
esclusivamente del bronzo, materiale raffinato,<br />
malleabile e pur cosí duraturo, la predilezione per le<br />
figure piccole, per le composizioni leggiadre ed eleganti:<br />
tutti elementi fatti apposta, si direbbe, per compiacere<br />
al gusto di Lorenzo che senza dubbio prediligeva<br />
l’arte «minore». Molto poco infatti possedeva della<br />
grande scultura fiorentina 75 ; il nucleo della sua raccolta<br />
era cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o <strong>da</strong> gemme e cammei, <strong>da</strong> cinque a seimila 76 .<br />
Era un genere di derivazione classica e già per questo<br />
Lorenzo lo preferiva. A rendergli grata l’arte di Bertol-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 48
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
do certo contribuiva anche il fatto che si servisse di una<br />
tecnica tipicamente classica e di soggetti tratti <strong>da</strong>ll’antico.<br />
Tutta l’attiv<strong>it</strong>à di Lorenzo collezionista e mecenate<br />
non era che diletto di gran signore; come la sua raccolta<br />
conservava molti caratteri di un principesco gabinetto<br />
di curios<strong>it</strong>à, cosí tutto il suo gusto, la sua predilezione<br />
per il leggiadro e il prezioso, per il capriccio e l’artificio,<br />
aveva molti punti di contatto con i gusti<br />
«rococò» di tanti principotti europei.<br />
Nel Quattrocento accanto a Firenze, che fino alla<br />
fine del secolo rimane il massimo centro artistico della<br />
penisola, altri notevoli se ne sviluppano, specialmente<br />
alle corti di Ferrara, Mantova e Urbino. Queste si<br />
modellano sull’esempio delle corti trecentesche dell’alta<br />
Italia, <strong>da</strong> cui derivano i loro ideali cavallereschi e lo<br />
stile di v<strong>it</strong>a formalistico e antiborghese. Tuttavia il<br />
nuovo spir<strong>it</strong>o razionale, pratico, ant<strong>it</strong>radizionale, non<br />
risparmia neppure la v<strong>it</strong>a delle corti. Si continua a leggere<br />
gli antichi romanzi di cavalleria, ma con atteggiamento<br />
nuovo, con distacco un po’ ironico. Non solo<br />
Luigi Pulci nella Firenze mercantile, ma anche il Boiardo<br />
alla corte di Ferrara tratta la materia cavalleresca nel<br />
nuovo tono disinvolto e semiserio. Gli affreschi dei<br />
castelli e dei palazzi conservano l’intonazione già nota<br />
nel secolo precedente, e ancora vengono prefer<strong>it</strong>i i temi<br />
m<strong>it</strong>ologici e classici, le allegorie delle Virtú e delle Arti<br />
liberali, i personaggi della famiglia regnante e le scene<br />
della v<strong>it</strong>a di corte; ma l’antico repertorio cavalleresco<br />
viene lasciato cadere 77 . La p<strong>it</strong>tura non si presta alla<br />
trattazione ironica del soggetto. Ci rimangono, del<br />
Quattrocento, in due luoghi illustri, monumenti ben<br />
significativi dell’arte di corte: nel palazzo di Schifanoia<br />
a Ferrara, gli affreschi di Francesco del Cossa, e quelli<br />
di Mantegna a Mantova. Mentre a Ferrara prevalgono<br />
le affin<strong>it</strong>à con l’arte tardogotica francese, a Mantova si<br />
accentuano quelle con il naturalismo <strong>it</strong>aliano; ma in<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 49
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
entrambi i casi la differenza rispetto all’arte borghese<br />
del tempo sta piú nel soggetto che nella forma. Il Cossa<br />
non si distingue sostanzialmente <strong>da</strong>l Pesellino, e il Mantegna<br />
r<strong>it</strong>rae la v<strong>it</strong>a alla corte di Ludovico Gonzaga quasi<br />
con l’immediato naturalismo di un Ghirlan<strong>da</strong>io, quando<br />
dipinge la v<strong>it</strong>a dei patrizi fiorentini. Nel gusto artistico<br />
i due diversi ambienti si sono ormai largamente<br />
assimilati.<br />
La funzione della v<strong>it</strong>a di corte è in fondo di propagan<strong>da</strong><br />
e di prestigio. I principi del Rinascimento non<br />
solo vogliono abbagliare il popolo, ma anche imporsi alla<br />
nobiltà e legarla alla corte 78 . Ma non possono contare soltanto<br />
sul servigi e sulla presenza dei nobili; anzi, possono<br />
e vogliono servirsi di chiunque – nobile o plebeo –<br />
sia loro utile 79 . Quindi le corti del Rinascimento <strong>it</strong>aliano<br />
si distinguono già nella loro composizione <strong>da</strong> quelle<br />
del Medioevo; esse accolgono avventurieri fortunati e<br />
mercanti arricch<strong>it</strong>i, umanisti plebei e artisti maleducati<br />
proprio come se fossero persone di società. In contrasto<br />
con la comun<strong>it</strong>à, fon<strong>da</strong>ta su principî morali e quindi<br />
esclusiva, che fu propria del mondo cavalleresco, si sviluppa<br />
in queste corti una social<strong>it</strong>à «<strong>da</strong> salotto» relativamente<br />
libera, essenzialmente intellettuale, che, pur<br />
continuando la cultura dei piú raffinati ambienti borghesi,<br />
com’è descr<strong>it</strong>ta nel Decameron e nel Paradiso degli<br />
Alberti, non di meno anticipa quei salotti letterari che<br />
nel Sei e nel Settecento avranno tanta parte nella v<strong>it</strong>a<br />
intellettuale d’Europa. Nel «salotto» della corte rinascimentale<br />
la donna non è ancora il vero centro, benché<br />
essa partecipi fin <strong>da</strong>ll’inizio alla v<strong>it</strong>a letteraria del gruppo;<br />
e anche quando, piú tardi, al tempo dei salotti borghesi,<br />
avrà raggiunto questa posizione predominante<br />
sarà tuttavia un predominio ben diverso <strong>da</strong> quello dei<br />
tempi della cavalleria. D’altronde, anche l’importanza<br />
culturale che il Quattrocento riconosce alla donna non<br />
è che una manifestazione del razionalismo rinascimen-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 50
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
tale. Questo le attribuisce una par<strong>it</strong>à intellettuale con<br />
l’uomo, ma non la solleva al di sopra di lui. «Tutte le<br />
cose che possono intendere gli omini, le medesime possono<br />
intendere anche le donne», dice il Cortegiano 80 ;ma<br />
la galanteria che il Castiglione esige <strong>da</strong>ll’uomo di corte<br />
non ha piú nulla a che fare col servigio della <strong>da</strong>ma richiesto<br />
al cavaliere. Il Rinascimento è un’epoca virile; sono<br />
eccezioni donne come Lucrezia Borgia, che tenne corte<br />
a Nepi, o come Isabella d’Este, che fu il centro delle<br />
corti di Ferrara e di Mantova, e non solo incoraggiò i<br />
poeti del suo ambiente, ma pare sia stata anche esperta<br />
d’arte. Ma quasi <strong>da</strong>ppertutto i maggiori mecenati e protettori<br />
delle arti sono uomini.<br />
La civiltà cavalleresca medievale aveva creato un<br />
nuovo sistema etico, nuovi ideali di eroismo e di uman<strong>it</strong>à;<br />
le corti <strong>it</strong>aliane del Rinascimento non mirano cosí<br />
in alto, e nella formulazione di ideali per la v<strong>it</strong>a e nei<br />
rapporti di società non vanno oltre quel concetto di<br />
signoril<strong>it</strong>à che, ulteriormente elaborato nel secolo successivo<br />
sotto l’influsso spagnolo, si diffonde in Francia<br />
dove cost<strong>it</strong>uisce la base di quella civiltà di corte che sarà<br />
esemplare per tutta l’Europa. Quanto all’arte, le corti<br />
del Quattrocento non hanno apportato nessun elemento<br />
propriamente originale. Le opere commissionate o<br />
ispirate <strong>da</strong>i principi di quel tempo non sono né meglio<br />
né peggio di quelle promosse <strong>da</strong>lla borghesia delle c<strong>it</strong>tà.<br />
La scelta degli artisti dipende forse piú spesso <strong>da</strong>lla<br />
s<strong>it</strong>uazione locale che <strong>da</strong>l gusto personale e <strong>da</strong>lle preferenze<br />
dei comm<strong>it</strong>tenti; non si deve però dimenticare che<br />
Sigismondo Malatesta, uno dei piú crudeli tiranni del<br />
Rinascimento, impiega il piú gran p<strong>it</strong>tore del suo tempo,<br />
Piero della Francesca; e Mantegna, l’artista piú significativo<br />
della generazione successiva, non lavora per il<br />
grande Lorenzo de’ Medici, ma per un principotto come<br />
Ludovico Gonzaga. Con ciò non si vuol affatto dire che<br />
questi principi fossero infallibili esperti d’arte. Anche<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 51
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
nelle loro collezioni, come in quelle del mecenate borghese,<br />
c’erano opere di secondo e di terzo ordine. La tesi<br />
di una universale intelligenza dell’arte nel Rinascimento<br />
si rivela, a una in<strong>da</strong>gine piú serrata, una leggen<strong>da</strong><br />
altrettanto insostenibile dell’altra di un livello universalmente<br />
alto di tutta la produzione artistica. Neppure<br />
nei ceti elevati si giunse a una relativa uniform<strong>it</strong>à nei<br />
principî del gusto; tanto meno ciò avvenne per i ceti<br />
inferiori. Nulla può illuminarci sul gusto dominante del<br />
tempo, meglio del fatto che il Pinturicchio, decoratore<br />
elegante, ma anche routinier, fu l’artista piú occupato del<br />
suo tempo. Si può almeno parlare di un generale interesse<br />
per l’arte, nel senso in cui ne parlano le pubblicazioni<br />
correnti sul Rinascimento? Ci si appassionava <strong>da</strong>vvero,<br />
«in alto e in basso», agli avvenimenti artistici? Era<br />
proprio «tutta Firenze» che si ag<strong>it</strong>ava per il progetto<br />
della cupola del duomo? Era proprio «un avvenimento<br />
per tutto il popolo» il compimento di un’opera d’arte?<br />
Di quali ceti si componeva «tutto il popolo»? Anche dei<br />
proletari affamati? Non è molto verosimile. Anche dei<br />
piccoli borghesi? Forse. Ma, in ogni modo, l’interesse<br />
dei piú per le cose dell’arte doveva essere piú che altro<br />
religioso e campanilistico. Non dobbiamo dimenticare<br />
che a quel tempo gli avvenimenti pubblici si svolgevano<br />
ancora in gran parte per le vie. Un corteo carnevalesco,<br />
l’arrivo di un’ambasceria, un funerale certo attiravano<br />
la folla non meno del cartone di Leonardo esposto<br />
al pubblico, <strong>da</strong>vanti al quale, a quanto si narra, il popolo<br />
si affollò per due giorni. I piú non avevano idea del<br />
divario di qual<strong>it</strong>à fra l’arte di Leonardo e quella dei<br />
suoi contemporanei, se pure l’abisso fra qual<strong>it</strong>à e popolar<strong>it</strong>à<br />
non era allora cosí profondo come oggi. Ma l’abisso<br />
cominciava proprio allora a scavarsi; in qualche<br />
caso poteva ancora esser superato in quanto il giudizio<br />
artistico non era ancora divenuto esclusiva prerogativa<br />
degli iniziati. Che gli artisti del Rinascimento godesse-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 52
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
ro di una certa popolar<strong>it</strong>à è indubbio; lo dimostra, non<br />
foss’altro, il gran numero di storie e aneddoti correnti<br />
sul loro conto. Ma questo interesse si rivolgeva probabilmente<br />
non all’artista come tale, ma piuttosto al personaggio<br />
che lavorava ad opere destinate al pubblico,<br />
partecipava a pubblici concorsi, esponeva l’opera sua,<br />
riceveva commissioni <strong>da</strong>lle Arti e già si faceva notare per<br />
le sue «geniali» original<strong>it</strong>à.<br />
Nel Rinascimento, benché fosse relativamente grande<br />
la richiesta di opere d’arte in c<strong>it</strong>tà come Firenze e<br />
Siena, non si può parlar di arte popolare come si parla<br />
di poesia popolare a propos<strong>it</strong>o degl’inni religiosi, delle<br />
«sacre rappresentazioni» e dei romanzi cavallereschi<br />
scaduti a genere <strong>da</strong> fiera. C’era probabilmente un’arte<br />
rustica, e anche una larga produzione di roba <strong>da</strong> pochi<br />
soldi destinata al popolo, ma le vere opere d’arte, benché<br />
non molto care, costavano sempre troppo per la<br />
gran maggioranza. Si è accertato che intorno al 1480 a<br />
Firenze c’erano 84 laboratori per intagli in legno e lavori<br />
d’intarsio, 54 botteghe per decorazioni in marmo e<br />
pietra, 44 officine di orafi e argentieri 81 ; per i p<strong>it</strong>tori e<br />
gli scultori mancano <strong>da</strong>ti relativi a quello stesso periodo,<br />
ma la matricola dei p<strong>it</strong>tori fiorentini tra il 1409 e il<br />
1499 registra 41 nomi 82 . Il confronto di queste cifre con<br />
il numero degli artigiani occupati nelle altre industrie,<br />
il fatto, ad esempio, che in Firenze c’erano in uno stesso<br />
periodo 84 intagliatori in legno e 70 macellai 83 , basta<br />
per farsi un’idea della richiesta di oggetti d’arte. Gli artisti<br />
identificabili, tuttavia, rappresentano solo un terzo<br />
o un quarto dei maestri elencati nei registri 84 . È probabile<br />
che i piú non avessero una spiccata personal<strong>it</strong>à e,<br />
come un Neri di Bicci, si dedicassero soprattutto a una<br />
produzione per cosí dire di serie. Gli affari di simili<br />
aziende, sul cui an<strong>da</strong>mento c’informano esattamente i<br />
ricordi di Neri di Bicci 85 , provano che il gusto del pubblico<br />
era lungi <strong>da</strong>ll’essere cosí sicuro come di sol<strong>it</strong>o si<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 53
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
proclama. Per lo piú si acquistava roba scadente. Secondo<br />
quanto si legge nei manuali, si dovrebbe ammettere<br />
che allora il possesso di opere d’arte fosse indispensabile<br />
per il decoro, e se ne trovassero ab<strong>it</strong>ualmente, almeno<br />
nelle case dei c<strong>it</strong>tadini agiati. Ma, a quanto pare, non<br />
era cosí. L’Armenini, trattatista della secon<strong>da</strong> metà del<br />
Cinquecento, dice di conoscer molte case distinte, in cui<br />
non c’è un quadro passabile 86 .<br />
Quello che noi chiamiamo Rinascimento non fu certo<br />
una civiltà di mercantucci e di artigiani, e nemmeno la<br />
civiltà di una borghesia agiata e mediocremente colta; fu<br />
piuttosto il patrimonio d’idee, gelosamente riservato ed<br />
esclusivo, di una él<strong>it</strong>e imbevuta di cultura latina. Vi<br />
avevano parte principalmente le sfere collegate al movimento<br />
umanistico e neoplatonico: classe intellettualmente<br />
omogenea, in complesso concorde come, ad esempio,<br />
non fu mai il clero nella sua total<strong>it</strong>à. Le opere piú<br />
significative dell’arte eran destinate a tale cerchia. Gli<br />
ambienti piú larghi non ne sapevano nulla, oppure le giudicavano<br />
con cr<strong>it</strong>eri inadeguati, non estetici, e per sé<br />
s’accontentavano di prodotti di scarso valore. Fu allora<br />
che si determinò quella distanza, insuperabile e decisiva<br />
per tutto lo sviluppo successivo, fra una minoranza<br />
colta e una maggioranza incolta, distanza che in questa<br />
misura le epoche precedenti avevano ignorato. Non si<br />
può dire neppure della civiltà del Medioevo che abbia<br />
conosciuto un generale livellamento di cultura; nell’antich<strong>it</strong>à<br />
poi i ceti colti erano perfettamente consci della<br />
loro superior<strong>it</strong>à; ma in queste epoche nessuno mai, ad<br />
eccezione di piccoli gruppi occasionali, si propose di<br />
creare una cultura programmaticamente riservata a una<br />
él<strong>it</strong>e e <strong>da</strong> cui la maggioranza dovesse essere esclusa. Le<br />
cose cambiano appunto nel Rinascimento. Nel Medioevo<br />
la lingua della cultura ecclesiastica era il latino, perché<br />
la Chiesa era legata direttamente e organicamente<br />
con la tar<strong>da</strong> civiltà romana; gli umanisti invece scrivo-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 54
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
no in latino, perché rompono ogni continu<strong>it</strong>à con le correnti<br />
culturali popolari, che si esprimono nei diversi<br />
idiomi, e tendono a crearsi un monopolio della cultura,<br />
quasi fossero una casta sacerdotale. Gli artisti si pongono<br />
sotto la protezione e la tutela intellettuale di questa<br />
cerchia. Insomma, si emancipano <strong>da</strong>lla Chiesa e <strong>da</strong>lla<br />
corporazione per soggiacere a un’autor<strong>it</strong>à che pretende<br />
per sé la competenza di entrambe. Infatti ormai gli umanisti<br />
non soltanto sono autor<strong>it</strong>à indiscusse in tutte le<br />
questioni iconografiche di tipo storico e m<strong>it</strong>ologico, ma<br />
diventano anche intend<strong>it</strong>ori di questioni formali e tecniche.<br />
Gli artisti finiscono col sottomettersi al loro giudizio<br />
anche per questioni in cui prima valevan soltanto<br />
la tradizione e i precetti della corporazione, e nelle quali<br />
nessun profano poteva interloquire. Il prezzo della loro<br />
indipendenza <strong>da</strong>lla Chiesa e <strong>da</strong>lla corporazione, il prezzo<br />
ch’essi debbono pagare per la loro ascesa <strong>sociale</strong>, per<br />
l’applauso e la gloria, è l’accettazione degli umanisti<br />
come cr<strong>it</strong>ici. Questi veramente non hanno tutti la vocazione<br />
del cr<strong>it</strong>ico e dell’esperto, ma fra loro si trovano i<br />
primi laici che intuiscano i cr<strong>it</strong>eri del valore artistico e<br />
sappiano giudicare dell’opera <strong>da</strong> un punto di vista puramente<br />
estetico. Con loro, in quanto osservatori veramente<br />
capaci di giudizio, nasce, si può dire, in un senso<br />
moderno, il pubblico dell’artista 87 .<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 55
Cap<strong>it</strong>olo terzo<br />
La posizione <strong>sociale</strong> dell’artista nel Rinascimento<br />
L’accresciuta richiesta di opere d’arte finisce per elevare<br />
l’artista <strong>da</strong>lla condizione di artigiano piccolo-borghese<br />
a quella di libero lavoratore intellettuale. Se tali<br />
potevano essere anche prima gli artisti, ma a condizione<br />
di apparire degli spostati, ora invece cominciano a<br />
formare un ceto economicamente sicuro e socialmente<br />
consoli<strong>da</strong>to, se pur non una classe omogenea. Gli artisti<br />
del primo Quattrocento sono ancora gente modesta;<br />
si r<strong>it</strong>engono artigiani piú raffinati degli altri ma, né per<br />
origine né per educazione, si distinguono <strong>da</strong>i piccoli<br />
borghesi delle Arti. Andrea del Castagno è figlio di un<br />
contadino, Paolo Uccello di un barbiere, Filippo Lippi<br />
di un macellaio, i Pollaiolo sono appunto figli di un vend<strong>it</strong>ore<br />
di polli. Il loro nome è tratto <strong>da</strong>ll’occupazione<br />
paterna, o <strong>da</strong>l luogo di nasc<strong>it</strong>a, o <strong>da</strong>l nome del maestro,<br />
e all’artista si dà del tu come ai domestici. Egli è soggetto<br />
alla corporazione e non è certo il suo talento che<br />
gli dà il dir<strong>it</strong>to di eserc<strong>it</strong>are il mestiere, ma il tirocinio<br />
compiuto nel modo prescr<strong>it</strong>to. La sua educazione si<br />
fon<strong>da</strong> sui comuni rudimenti dell’artigianato; egli non va<br />
a scuola, ma a bottega; non viene istru<strong>it</strong>o teoricamente,<br />
ma praticamente. Dopo aver imparato piú o meno a leggere,<br />
scrivere e far di conto, ancor bambino va come<br />
apprendista <strong>da</strong> un maestro e per lo piú vi resta molti<br />
anni. Sappiamo che ancora per il Perugino, Andrea del<br />
Sarto, Fra’ Bartolomeo il tirocinio durò <strong>da</strong> otto a dieci<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 56
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
anni. Gli artisti del Quattrocento – fra gli altri Brunelleschi,<br />
Donatello, Ghiberti, Paolo Uccello, Antonio Pollaiolo,<br />
Verrocchio, il Ghirlan<strong>da</strong>io, Botticelli, il Francia<br />
– provenivano in gran parte <strong>da</strong>ll’oreficeria, che giustamente<br />
fu detta la scuola d’arte del secolo. Molti scultori<br />
cominciavano a lavorare come scalpellini in cantiere,<br />
o presso gli intagliatori di ornati, come già nel Medioevo<br />
i loro predecessori. Donatello è ricevuto nella compagnia<br />
di San Luca come «orafo e lapici<strong>da</strong>» e quel che<br />
egli pensi dell’arte e dell’artigianato lo mostra ottimamente<br />
il fatto che il gruppo di Giud<strong>it</strong>ta e Oloferne, una<br />
delle ultime e piú importanti opere sue, è stato ideato<br />
per una fontana, destinata al cortile di palazzo Medici.<br />
Ma le piú rinomate botteghe del Quattrocento, nonostante<br />
l’organizzazione ancor sostanzialmente artigiana,<br />
seguono già metodi di<strong>da</strong>ttici piú individuali. Ciò vale<br />
anz<strong>it</strong>utto per le botteghe del Verrocchio e dei Pollaiolo<br />
a Firenze, per quella di Francesco Squarcione a Padova<br />
e di Giovanni Bellini a Venezia, dove il capo è ugualmente<br />
famoso come maestro e come artista. Gli allievi<br />
non vanno piú in una qualsiasi bottega, ma presso un<br />
maestro determinato, che li accoglie tanto piú numerosi,<br />
quanto maggiore è la sua fama di artista. Sono appunto<br />
questi ragazzi la mano d’opera, se non sempre migliore,<br />
certo piú a buon mercato. Sarà questo anche il motivo<br />
principale di quell’intensificarsi del discepolato artistico<br />
che d’ora in poi si può osservare, e non già l’ambizione<br />
degli artisti di esser r<strong>it</strong>enuti buoni maestri.<br />
Il tirocinio, secondo la tradizione ered<strong>it</strong>ata <strong>da</strong>l<br />
Medioevo, comincia con lavori manuali d’ogni sorta:<br />
macinar colori, pulir pennelli, preparar le tavole e le tele;<br />
si passa poi a trasportare certe composizioni <strong>da</strong>l cartone<br />
al quadro, ad eseguir panneggi e parti secon<strong>da</strong>rie di<br />
figure, e si finisce con l’esecuzione di intere opere sulla<br />
traccia di semplici schizzi e indicazioni verbali. Cosí<br />
l’apprendista diventa aiuto, piú o meno indipendente,<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 57
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
che dev’essere, in genere, tenuto distinto <strong>da</strong>llo scolaro.<br />
Infatti non tutti gli aiuti di un maestro sono allievi suoi,<br />
né tutti gli allievi rimangono in bottega come aiuti.<br />
L’aiuto è spesso un artista che val quanto il maestro, ma<br />
può essere anche uno strumento impersonale nelle sue<br />
mani. Dalla mutevole combinazione di queste possibil<strong>it</strong>à<br />
e <strong>da</strong>lla frequente collaborazione fra maestro, aiuti e<br />
discepoli alla stessa opera viene non solo un miscuglio<br />
stilistico spesso difficile <strong>da</strong> analizzare, ma talvolta anche<br />
un effettivo livellamento delle differenze individuali,<br />
una forma comune, fon<strong>da</strong>ta anz<strong>it</strong>utto sulla tradizione<br />
artigiana. Il caso ben noto nelle biografie rinascimentali<br />
– sia esso realtà o finzione – del maestro che rinunzia<br />
alla p<strong>it</strong>tura perché uno dei suoi allievi lo ha superato<br />
(Cimabue-Giotto, Verrocchio-Leonardo, Francia-Raffaello)<br />
potrebbe rappresentare uno stadio ulteriore dello<br />
sviluppo, quando la comun<strong>it</strong>à della bottega sta ormai per<br />
dissolversi, oppure – come nel caso del Verrocchio e di<br />
Leonardo – potrebbe avere una spiegazione piú realistica<br />
di quella forn<strong>it</strong>a <strong>da</strong>gli aneddoti. Probabilmente Verrocchio<br />
cessa di dipingere, e attende esclusivamente alla<br />
scultura, dopo che si è persuaso di potere lasciare tranquillamente<br />
le commissioni di p<strong>it</strong>tura a un aiuto come<br />
Leonardo 88 .<br />
Nella bottega dell’artista quattrocentesco domina<br />
ancora lo spir<strong>it</strong>o collettivo del cantiere e della corporazione;<br />
l’opera non è ancora l’espressione di una personal<strong>it</strong>à<br />
indipendente, che accentua la propria original<strong>it</strong>à<br />
e si chiude a tutto ciò che le è estraneo. L’esigenza di<br />
condur l’opera di propria mano <strong>da</strong>l principio alla fine e<br />
l’impossibil<strong>it</strong>à di una collaborazione fecon<strong>da</strong> con allievi<br />
e aiuti si rivelano solo in Michelangelo, che anche per<br />
questo aspetto è il primo artista moderno. Per tutto il<br />
Quattrocento il lavoro artistico conserva il suo carattere<br />
di collaborazione 89 . Per realizzare le grandi opere,<br />
soprattutto di scultura, si fon<strong>da</strong>no vasti laboratori di<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 58
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
tipo industriale con molti aiuti e manovali. Cosí nella<br />
bottega del Ghiberti, quando eseguiva le porte del Battistero,<br />
una fra le massime imprese artistiche del Quattrocento,<br />
lavoravano circa venti aiuti. Fra i p<strong>it</strong>tori, un<br />
Ghirlan<strong>da</strong>io e un Pinturicchio, per l’esecuzione dei grandi<br />
cicli di affreschi, impiegavano intere équipes di aiutanti.<br />
La bottega del Ghirlan<strong>da</strong>io, in cui collaborano stabilmente<br />
anz<strong>it</strong>utto i fratelli e il cognato del maestro, è<br />
una delle grandi aziende familiari del secolo, accanto a<br />
quelle dei Della Robbia e dei due Pollaiolo. Alcuni<br />
padroni di botteghe sono impresari piú che artisti e di<br />
sol<strong>it</strong>o si assumono le ordinazioni per poi farle eseguire<br />
<strong>da</strong> un p<strong>it</strong>tore a<strong>da</strong>tto. A questa categoria pare che appartenesse<br />
anche Evangelista de Predis a Milano, che fra<br />
gli altri impiegò per qualche tempo Leonardo. Ma troviamo<br />
altre forme ancora di lavoro artistico collettivo<br />
nel Quattrocento: ad esempio la bottega tenuta in<br />
società <strong>da</strong> due artisti, sol<strong>it</strong>amente ancor giovani, che non<br />
potrebbero altrimenti affrontarne le spese. Cosí lavorano<br />
Donatello e Michelozzo, Fra’ Bartolomeo e Mariotto<br />
Albertinelli, Andrea del Sarto e il Franciabigio. Sono<br />
ancora nel complesso forme di organizzazione collettiva,<br />
che impediscono l’atomizzarsi delle tendenze artistiche.<br />
Questa soli<strong>da</strong>rietà e continu<strong>it</strong>à di forme si fa sentire<br />
in senso verticale, oltre che orizzontale. Le personal<strong>it</strong>à<br />
piú in vista infatti formano lunghe dinastie di<br />
maestri e allievi, come ad esempio la catena Fra’ Angelico<br />
- Benozzo Gozzoli - Cosimo Rosselli - Piero di Cosimo<br />
- Andrea del Sarto - Pontormo - Bronzino, dove la<br />
linea di sviluppo prende forma di un’ininterrotta tradizione.<br />
Lo spir<strong>it</strong>o che domina ancora nel Quattrocento si<br />
rivela anz<strong>it</strong>utto negli incarichi di modesto artigianato<br />
spesso assunti <strong>da</strong>lle botteghe degli artisti. Dai ricordi di<br />
Neri di Bicci sappiamo quali oggetti potessero uscire <strong>da</strong><br />
una fiorente bottega di p<strong>it</strong>tore: oltre i quadri, vi si face-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 59
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
vano stemmi, bandiere, insegne, intarsi, intagli in legno<br />
policromo, modelli per tappezzieri e ricamatori, decorazioni<br />
per feste e molte altre cose. Antonio Pollaiolo,<br />
anche quando è già illustre come p<strong>it</strong>tore e scultore, continua<br />
a tenere una bottega di orafo, e in essa, oltre a<br />
sculture e oreficerie, si fanno cartoni per arazzi e disegni<br />
per incisioni in rame. Il Verrocchio, anche all’apice<br />
della sua carriera, accetta i piú vari lavori di terracotta<br />
e d’intaglio. Donatello per il suo protettore Martelli<br />
non esegue solo il celebre stemma, ma anche uno specchio<br />
d’argento. Luca della Robbia fabbrica formelle di<br />
maiolica per chiese e case private, Botticelli fornisce<br />
disegni per ricami e lo Squarcione tiene una bottega di<br />
ricamatore. Il tipo di questi lavori varierà, naturalmente,<br />
secondo l’epoca e il nome del singolo artista, e non<br />
s’immagini comunque che il Ghirlan<strong>da</strong>io e Botticelli<br />
dipingessero le insegne al fornaio o al macellaio della<br />
cantonata; simili incarichi certo non si accettavano piú<br />
nelle loro botteghe. Invece gonfaloni, cassoni nuziali e<br />
deschi <strong>da</strong> parto, fino alla fine del Quattrocento si r<strong>it</strong>ennero<br />
lavori non indegni di un artista. Botticelli, Filippino<br />
Lippi, Piero di Cosimo ancor nel Cinquecento mettono<br />
mano a p<strong>it</strong>ture di cassoni. Una svolta fon<strong>da</strong>mentale<br />
nella valutazione del lavoro artistico si nota solo a<br />
partire <strong>da</strong>i tempi di Michelangelo. Per il Vasari incarichi<br />
di tipo artigiano non possono piú conciliarsi con la<br />
dign<strong>it</strong>à di un artista. Questo significa in pari tempo la<br />
fine della soggezione degli artisti alla corporazione. È<br />
sintomatico l’es<strong>it</strong>o del processo intentato <strong>da</strong>lla corporazione<br />
dei p<strong>it</strong>tori di Genova contro Giovanni Battista<br />
Poggi, a cui si voleva proibire l’esercizio della p<strong>it</strong>tura in<br />
c<strong>it</strong>tà, perché egli non vi aveva compiuto i prescr<strong>it</strong>ti sette<br />
anni di tirocinio. Quell’anno 1590 in cui fu deciso che<br />
gli statuti della corporazione non erano vincolanti per<br />
l’artista che non tenesse bottega aperta, conclude un<br />
processo di trasformazione durato quasi due secoli 90 .<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 60
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
Anche economicamente nel Quattrocento gli artisti<br />
sono equiparati al ceto piccolo-borghese degli artigiani;<br />
in generale la loro condizione non è brillante, ma neppure<br />
veramente precaria. Fra di loro non c’è ancora chi<br />
viva <strong>da</strong> signore, tuttavia non si può parlare di proletariato<br />
artistico. È vero che i p<strong>it</strong>tori nelle dichiarazioni<br />
fiscali si lagnano sempre delle loro angustie economiche,<br />
ma questi documenti non sono certo per lo storico le<br />
fonti piú degne di fede. Masaccio afferma di non poter<br />
nemmeno pagare il suo garzone, e noi sappiamo che<br />
effettivamente egli morí povero e pieno di deb<strong>it</strong>i 91 . Filippo<br />
Lippi, secondo Vasari, non aveva <strong>da</strong> comprarsi un<br />
paio di calze e Paolo Uccello <strong>da</strong> vecchio dichiara che non<br />
possiede nulla, non può piú lavorare e ha la moglie malata.<br />
Stavano meglio quelli che erano al servizio di una<br />
corte o di un mecenate. Fra’ Angelico, ad esempio, a<br />
Roma riceveva <strong>da</strong>lla Curia quindici ducati al mese in un<br />
tempo in cui a Firenze, forse un po’ meno cara, si poteva<br />
viver <strong>da</strong> signori con trecento ducati all’anno 92 . Occorre<br />
notare che i prezzi in genere si mantenevano a un<br />
livello medio e che anche i maestri celebri non eran<br />
pagati molto meglio degli artisti mediocri e degli ottimi<br />
artigiani. Personal<strong>it</strong>à come Donatello avevano probabilmente<br />
onorari un po’ piú alti, ma non c’erano ancora<br />
veri e propri «prezzi d’amatore» 93 . Gentile <strong>da</strong> Fabriano<br />
per la sua Adorazione dei Magi ebbe 150 fiorini d’oro;<br />
Benozzo Gozzoli, 6o per una pala d’altare; Filippo<br />
Lippi, 40 per una Madonna; ma Botticelli, già 75 94 .<br />
Come stipendio fisso, Ghiberti, finché lavorò alle porte<br />
del Battistero, gua<strong>da</strong>gnava duecento fiorini l’anno,<br />
quando il cancelliere della Signoria ne gua<strong>da</strong>gnava seicento,<br />
con l’obbligo di pagarsi quattro scrivani. Un buon<br />
amanuense allora riceveva trenta fiorini, oltre le spese.<br />
Gli artisti, quindi, non erano proprio mal pagati, se pur<br />
ben lungi <strong>da</strong>lle remunerazioni dei celebri letterati e<br />
docenti che spesso avevano <strong>da</strong> cinquecento a duemila<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 61
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
fiorini l’anno 95 . Tutto il mercato artistico si moveva<br />
ancora entro confini relativamente modesti; gli artisti<br />
già durante il lavoro dovevano richiedere degli anticipi<br />
sul prezzo fissato e d’altro canto i comm<strong>it</strong>tenti spesso<br />
non potevano pagare se non a rate anche lo stesso materiale<br />
96 . I principi stessi lottavano con la scarsezza di<br />
denaro liquido e Leonardo si lamenta piú volte con il suo<br />
protettore Ludovico il Moro, perché non gli è stato<br />
pagato l’onorario 97 . Non ultimo elemento che conferma<br />
il carattere artigiano del lavoro è il regolare contratto<br />
che lega l’artista al comm<strong>it</strong>tente. Per le opere di maggior<br />
impegno tutte le spese, cioè l’acquisto del materiale,<br />
gli stipendi e spesso anche il mantenimento di aiuti<br />
e garzoni, erano assunte <strong>da</strong>l comm<strong>it</strong>tente e il maestro<br />
stesso riceveva un onorario in ragione del tempo ch’egli<br />
impiegava. Per i p<strong>it</strong>tori il lavoro a salario rimase la regola<br />
sino alla fine del Quattrocento; solo piú tardi questo<br />
tipo di compenso sarà riservato alle prestazioni puramente<br />
artigiane, come restauri e copie 98 .<br />
Via via che l’arte si svincola <strong>da</strong>ll’artigianato, cambiano<br />
a poco a poco le clausole dei contratti. In uno del<br />
1485, col Ghirlan<strong>da</strong>io, viene ancora fissato esplic<strong>it</strong>amente<br />
il prezzo dei colori; ma Filippino Lippi, secondo<br />
un contratto del 1487, è tenuto a provvedere <strong>da</strong> sé il<br />
materiale, e analoga condizione figura in un patto stipulato<br />
con Michelangelo nel 1498. Una linea di confine<br />
netta non si può naturalmente stabilire, ma si può dire<br />
in ogni caso che il mutamento si verifica verso la fine del<br />
secolo ed è <strong>da</strong> connettere soprattutto con la persona di<br />
Michelangelo. Di regola nel Quattrocento si richiedeva<br />
all’artista di nominare un mallevadore che garantisse<br />
per lui l’osservanza del contratto; per Michelangelo tale<br />
garanzia si riduce a una pura formal<strong>it</strong>à. C’è un caso<br />
addir<strong>it</strong>tura in cui l’estensore stesso del documento funge<br />
<strong>da</strong> garante per le due parti 99 . Anche le altre clausole si<br />
fanno sempre meno severe per l’artista e meno esatta-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 62
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
mente circostanziate. In un contratto del 1524 Sebastiano<br />
del Piombo viene lasciato libero di fare un quadro<br />
a suo talento, purché non sia un quadro sacro; e nel<br />
1531 lo stesso collezionista ordina a Michelangelo un’opera<br />
che può essere un dipinto o una scultura, come piacerà<br />
al maestro.<br />
Nell’Italia del Rinascimento fin <strong>da</strong>gli inizi gli artisti<br />
ebbero una posizione migliore che negli altri paesi, e<br />
non tanto per le forme piú evolute della v<strong>it</strong>a urbana –<br />
l’ambiente c<strong>it</strong>tadino in sé e per sé non poteva offrire<br />
maggiori possibil<strong>it</strong>à agli artisti che al comune ceto<br />
medio industriale – ma perché i principi e i signori <strong>it</strong>aliani<br />
avevano piú modo di impiegarne i talenti e sapevano<br />
apprezzarli meglio dei potenti d’Oltralpe. La maggiore<br />
indipendenza <strong>da</strong>lla corporazione, che è alla base<br />
della condizione privilegiata dell’artista <strong>it</strong>aliano, è anz<strong>it</strong>utto<br />
il risultato del suo lavorare presso corti diverse.<br />
Nel Nord ogni maestro è legato a una c<strong>it</strong>tà; in Italia<br />
l’artista va spesso di corte in corte, di c<strong>it</strong>tà in c<strong>it</strong>tà, e<br />
già questa v<strong>it</strong>a errante implica una minor soggezione<br />
alle prescrizioni corporative, che valgono per i rapporti<br />
entro un certo terr<strong>it</strong>orio e sono <strong>da</strong> osservare solo<br />
entro quei confini. Poiché i principi ci tenevano ad<br />
assicurarsi non solo maestri genericamente di valore, ma<br />
anche determinati artisti, spesso forestieri, questi<br />
dovettero essere affrancati <strong>da</strong>lle lim<strong>it</strong>azioni corporative.<br />
Non si poteva pretendere che mentre eseguivano il<br />
loro incarico ba<strong>da</strong>ssero ai regolamenti dell’artigianato<br />
locale, preoccupandosi di ottenere un permesso di lavoro<br />
<strong>da</strong>lle autor<strong>it</strong>à delle corporazioni e stessero a chiedere<br />
quanti aiuti e garzoni potevano impiegare. Fin<strong>it</strong>o un<br />
lavoro, si trasferivano, insieme con la loro gente, presso<br />
un altro protettore, dove avevano un uguale trattamento<br />
di favore. Questi p<strong>it</strong>tori erranti di corte in corte<br />
sfuggirono sempre alla giurisdizione corporativa. Ma i<br />
loro privilegi necessariamente influirono anche sulla<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 63
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
condizione degli artisti stabil<strong>it</strong>i nelle c<strong>it</strong>tà, tanto piú che<br />
queste spesso occupavano gli stessi maestri che lavoravano<br />
alle corti, e dovevano quindi offrire condizioni<br />
non meno favorevoli di quelle, se volevano assicurarseli.<br />
L’artista quindi non si emancipa <strong>da</strong>lla corporazione<br />
perché abbia acquistato una piú alta dign<strong>it</strong>à, e venga<br />
riconosciuta la sua aspirazione ad essere equiparato ai<br />
poeti e ai dotti, ma perché si ha bisogno dei suoi servigi<br />
e occorre acquistarseli. La dign<strong>it</strong>à qui non è che l’espressione<br />
del prezzo di mercato.<br />
L’ascesa <strong>sociale</strong> degli artisti si manifesta anz<strong>it</strong>utto<br />
negli onorari. Nell’ultimo quarto del Quattrocento a<br />
Firenze si cominciano a pagare prezzi relativamente alti<br />
per gli affreschi. Giovanni Tornabuoni, nel 1485, per la<br />
decorazione della cappella di famiglia in Santa Maria<br />
Novella, concor<strong>da</strong> col Ghirlan<strong>da</strong>io un onorario di 1100<br />
fiorini. Filippino Lippi, per gli affreschi di Santa Maria<br />
sopra Minerva a Roma, riscuote il compenso di 2000<br />
ducati d’oro, che corrispondono circa ad altrettanti fiorini.<br />
E 3000 ducati riceve Michelangelo per la volta<br />
della Sistina 100 . Verso la fine del secolo ci sono già molti<br />
artisti che han denaro: Filippino anzi accumula una ricchezza<br />
notevole. Il Perugino possiede case, Benedetto <strong>da</strong><br />
Maiano un podere. A Milano, Leonardo <strong>da</strong> Vinci ha uno<br />
stipendio annuo di 2000 ducati e in Francia riceve<br />
35000 franchi l’anno 101 . I celebrati maestri del Cinquecento,<br />
specialmente Raffaello e Tiziano, dispongono di<br />
entrate considerevoli e menano v<strong>it</strong>a <strong>da</strong> signori. Le ab<strong>it</strong>udini<br />
di Michelangelo sono modeste, ma anch’egli gua<strong>da</strong>gna<br />
assai, ed è già ricco quando rifiuta ogni compenso<br />
per i suoi lavori in San Pietro. A questo aumento<br />
degli onorari, oltre all’accresciuta doman<strong>da</strong> d’oggetti<br />
d’arte e alla generale ascesa dei prezzi, dovette contribuire<br />
in misura decisiva il fatto che sullo scorcio del<br />
secolo la Curia pontificia balza in primo piano sul mercato<br />
artistico e crea una sensibile concorrenza ai clienti<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 64
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
degli artisti fiorentini. Questi emigrano in gran numero<br />
verso la munifica Roma. Naturalmente traggono prof<strong>it</strong>to<br />
<strong>da</strong>lle alte offerte della corte papale anche i rimasti<br />
– in ver<strong>it</strong>à, solo i piú rinomati, quelli che si cerca di trattenere<br />
in patria; per gli altri i prezzi arrancano a fatica<br />
seguendo la s<strong>it</strong>uazione generale e ora <strong>da</strong>vvero cominciano<br />
ad apparire sostanziali differenze nei compensi 102 .<br />
La liberazione di p<strong>it</strong>tori e scultori <strong>da</strong>i vincoli delle<br />
corporazioni e la loro ascesa <strong>da</strong>l livello degli artigiani a<br />
quello dei poeti e dei dotti è stata attribu<strong>it</strong>a alla loro<br />
alleanza con gli umanisti. Ma la soli<strong>da</strong>rietà degli umanisti<br />
si spiega ricor<strong>da</strong>ndo che i monumenti letterari ed<br />
artistici dell’antich<strong>it</strong>à formavano un’un<strong>it</strong>à indivisibile<br />
agli occhi di quegli entusiasti, persuasi che, presso gli<br />
antichi, poeti e artisti godessero di ugual considerazione<br />
103 . Di fatto, non avrebbero potuto concepire che gli<br />
autori di opere <strong>da</strong> loro ugualmente venerate per la comune<br />
origine, fossero stati valutati diversamente, e indussero<br />
i contemporanei – e tutta la poster<strong>it</strong>à, fino all’Ottocento<br />
– a credere che l’artista – che in realtà per gli<br />
antichi altro non era che un banauso – dividesse con il<br />
poeta l’onore della grazia divina. È indubbio il contributo<br />
dell’umanesimo allo sforzo di emancipazione degli<br />
artisti. L’umanista li conferma nella posizione conquistata<br />
grazie alle congiunture del mercato e fornisce loro<br />
le armi per imporsi alla corporazione e per vincere nelle<br />
loro stesse file la resistenza degli elementi conservatori,<br />
meno dotati e quindi piú timidi. La protezione dei letterati<br />
non è stata quindi la causa vera della loro ascesa<br />
<strong>sociale</strong>, ma soltanto il sintomo di un’evoluzione che ha<br />
preso il suo abbrivo <strong>da</strong>lla realtà: <strong>da</strong>l sorgere cioè delle<br />
nuove Signorie e Principati, e <strong>da</strong>llo sviluppo e ricchezza<br />
delle c<strong>it</strong>tà che hanno ridotto sempre piú la sproporzione<br />
tra l’offerta e la doman<strong>da</strong> sul mercato artistico,<br />
fino a un perfetto equilibrio. È noto che le corporazioni<br />
sostanzialmente si erano cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e per cercar di vol-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 65
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
gere tale sproporzione a vantaggio dei produttori; e in<br />
realtà gli organi corporativi chiusero un occhio <strong>da</strong>vanti<br />
alla violazione degli statuti solo quando non ci fu piú il<br />
pericolo della scars<strong>it</strong>à di lavoro. Al progressivo allontanarsi<br />
di tale minaccia, e non già al favore degli umanisti,<br />
gli artisti dovettero la loro indipendenza. L’appoggio<br />
degli umanisti essi lo ricercarono, non tanto per<br />
spezzare la resistenza delle Arti, quanto per giustificare,<br />
agli occhi della classe dirigente imbevuta di umanesimo,<br />
la prosper<strong>it</strong>à economica ormai acquis<strong>it</strong>a, e anche<br />
per assicurarsi i dotti consiglieri che potessero aiutarli a<br />
trattare i soggetti storici e m<strong>it</strong>ologici allora in voga. Gli<br />
umanisti erano per l’artista i garanti del suo valore intellettuale<br />
e a loro volta trovavano nell’opera d’arte un efficacissimo<br />
mezzo di propagan<strong>da</strong> per le idee su cui fon<strong>da</strong>vano<br />
la loro egemonia spir<strong>it</strong>uale. Da questo reciproco<br />
legame derivò quel concetto un<strong>it</strong>ario dell’arte, che per<br />
noi è del tutto evidente, ma fu ignoto fino al Rinascimento.<br />
Non solo Platone parla in modo ben diverso<br />
dell’arte e della poesia, ma neppure nella tar<strong>da</strong> antich<strong>it</strong>à<br />
o nel Medioevo si pensò mai che ci fosse tra arte<br />
e poesia un’affin<strong>it</strong>à piú stretta di quella, ad esempio, corrente<br />
fra scienza e poesia, o tra filosofia e arte.<br />
La letteratura artistica del Medioevo si lim<strong>it</strong>ava a<br />
ricettari. In tali istruzioni pratiche l’arte non era in<br />
alcun modo distinta <strong>da</strong>l mestiere. Anche il trattato della<br />
p<strong>it</strong>tura di Cennino Cennini non si scosta <strong>da</strong>lla mental<strong>it</strong>à<br />
e <strong>da</strong>ll’etica della corporazione; esorta l’artista ad<br />
esser diligente, ubbidiente, paziente, e nell’«im<strong>it</strong>azione»<br />
dei modelli dell’arte scorge la via piú sicura per giungere<br />
alla maestria. Si tratta ancora di un orientamento tradizionalmente<br />
medievale. Leonardo è il primo che anche<br />
sul piano teorico sost<strong>it</strong>uisce all’im<strong>it</strong>azione dei maestri lo<br />
studio della natura; ma cosí egli non fa che codificare la<br />
v<strong>it</strong>toria sulla tradizione, che nella pratica naturalismo e<br />
razionalismo hanno già <strong>da</strong> lungo tempo consegu<strong>it</strong>o. L’e-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 66
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
stetica leonardesca, orientata verso il naturalismo,<br />
mostra che frattanto è completamente mutato il rapporto<br />
fra maestro e scolaro. L’emancipazione <strong>da</strong>llo spir<strong>it</strong>o<br />
artigianale dovette cominciare con la trasformazione<br />
dell’antico sistema di<strong>da</strong>ttico, sottraendo l’insegnamento<br />
al monopolio della corporazione. Questo non si<br />
poteva spezzare – e neppur l’egemonia tradizionale della<br />
bottega – finché la facoltà di eserc<strong>it</strong>are l’arte era subordinata<br />
al tirocinio presso un maestro appartenente alla<br />
corporazione 104 . Si dovette perciò assegnare l’educazione<br />
dei giovani artisti alla scuola e non piú alla bottega,<br />
sost<strong>it</strong>uendo in parte l’insegnamento teorico al pratico,<br />
se si vollero spazzar via gli ostacoli che il vecchio sistema<br />
creava ai giovani. Anche il nuovo, veramente, a<br />
poco a poco creò a sua volta legami e ostacoli. Si comincia<br />
infatti col sost<strong>it</strong>uire il modello naturale all’autor<strong>it</strong>à<br />
dei maestri, ma si finisce col rigido sistema dell’insegnamento<br />
accademico: questo, in luogo dell’antico e<br />
scred<strong>it</strong>ato lavoro di maniera, impone ideali nuovi, che,<br />
anche se non meno ristretti, hanno il pregio di un fon<strong>da</strong>mento<br />
scientifico. Del resto, ad istruire con metodo<br />
scientifico si comincia nelle stesse botteghe. Già ai primi<br />
del Quattrocento i discepoli, durante il tirocinio, imparano,<br />
accanto alla tecnica manuale, anche i rudimenti<br />
della geometria, della prospettiva e dell’anatomia e si<br />
ab<strong>it</strong>uano a disegnar <strong>da</strong> modelli vivi e <strong>da</strong> manichini articolati.<br />
Nei loro studi i maestri organizzano corsi di disegno<br />
e <strong>da</strong> questa ist<strong>it</strong>uzione si sviluppa sia l’accademia<br />
privata con il suo insegnamento pratico e teorico 105 , sia<br />
l’accademia pubblica che segna la fine dell’antica comun<strong>it</strong>à<br />
della bottega e della tradizione artigiana, in quanto<br />
in essa il rapporto tra maestri e scolari diviene puramente<br />
intellettuale. La pratica di bottega e le accademie<br />
private si mantengono per tutto il Cinquecento, ma perdono<br />
via via ogni importanza per lo sviluppo dello stile.<br />
La concezione scientifica dell’arte, che cost<strong>it</strong>uisce la<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 67
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
base dell’insegnamento accademico, comincia con Leon<br />
Battista Alberti. Egli è il primo a formulare l’idea che<br />
la matematica sia il terreno comune dell’arte e della<br />
scienza, poiché ad essa appartengono tanto la teoria<br />
delle proporzioni, quanto quella della prospettiva. E in<br />
lui si trova per la prima volta consapevolmente realizzata<br />
quell’unione, che sul piano della pratica era già<br />
operante in Masaccio e Paolo Uccello, del tecnico che<br />
esperimenta e dell’artista che osserva 106 . L’uno e l’altro<br />
cercano di conoscere il mondo per via sperimentale, per<br />
indurre <strong>da</strong>i risultati delle esperienze leggi razionali;<br />
entrambi cercano di in<strong>da</strong>gare e dominare la natura; un<br />
atteggiamento attivo, un poiein, li distingue entrambi<br />
<strong>da</strong>lla pura contemplazione, <strong>da</strong>lla scolastica angustia dei<br />
dotti univers<strong>it</strong>ari. Ma se il tecnico e l’in<strong>da</strong>gatore della<br />
natura pretendono, per le loro nozioni matematiche, di<br />
appartenere alla sfera intellettuale, anche l’artista, che<br />
spesso fa tutt’uno col tecnico e con lo scienziato, ha<br />
dir<strong>it</strong>to d’aspettarsi che lo si distingua <strong>da</strong>ll’artigiano e che<br />
il suo mezzo espressivo conti fra le «arti liberali».<br />
Leonardo non aggiunge alcuna fon<strong>da</strong>mentale idea<br />
nuova al trattato dell’Alberti, che innalza l’arte al grado<br />
della scienza e affianca l’artista agli umanisti; egli non<br />
fa che accentuare e accrescere le rivendicazioni del suo<br />
predecessore. La p<strong>it</strong>tura, egli afferma, è una specie di<br />
scienza esatta della natura; d’altra parte è superiore alle<br />
scienze, perché queste sono «im<strong>it</strong>abili», cioè impersonali,<br />
l’arte invece è legata all’individuo e alle sue facoltà<br />
innate 107 . Leonardo sostiene dunque il dir<strong>it</strong>to della p<strong>it</strong>tura<br />
ad essere annoverata fra le «arti liberali», non solo<br />
in considerazione della scienza matematica dell’artista,<br />
ma anche del suo talento che non è diverso <strong>da</strong>l genio<br />
poetico. Egli riprende la definizione simonidea della<br />
p<strong>it</strong>tura come poesia muta e della poesia come p<strong>it</strong>tura<br />
parlante; apre cosí quella lunga controversia sulla dign<strong>it</strong>à<br />
delle arti, che durerà per secoli e in cui ancora Lessing<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 68
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
avrà modo di intervenire. Leonardo dice che se l’esser<br />
muta è per la p<strong>it</strong>tura un difetto, si potrebbe con ugual<br />
dir<strong>it</strong>to rimproverare alla poesia d’esser cieca 108 . Un artista<br />
che fosse stato piú vicino agli umanisti non si sarebbe<br />
mai spinto a sostenere una tal eresia.<br />
Una valutazione piú alta dell’arte, un superamento<br />
della concezione artigiana del Medioevo, si nota già del<br />
resto nei primi precursori dell’umanesimo. Dante crea<br />
un monumento imper<strong>it</strong>uro ai maestri Cimabue e Giotto<br />
(Purg., XI, 94-96), e li paragona a poeti come Guido<br />
Guinizelli e Guido Cavalcanti. Il Petrarca nei suoi<br />
sonetti lo<strong>da</strong> il p<strong>it</strong>tore Simone Martini e Filippo Villani,<br />
nell’elogio di Firenze, nomina fra gli uomini famosi della<br />
c<strong>it</strong>tà anche diversi artisti. Le novelle <strong>it</strong>aliane, anz<strong>it</strong>utto<br />
quelle del Boccaccio e del Sacchetti, sono ricche di aneddoti<br />
sugli artisti. E se anche l’arte in sé non ha, in questi<br />
aneddoti, grande importanza, è pur sempre significativo<br />
che l’artista in quanto tale appaia abbastanza<br />
interessante per essere tratto fuori dell’anonima esistenza<br />
dei comuni artigiani e venga rappresentato con<br />
una sua individuale fisionomia. Già nella prima metà del<br />
Quattrocento cominciano quelle biografie di artisti, che<br />
sono cosí tipiche della Rinasc<strong>it</strong>a <strong>it</strong>aliana. Il Brunelleschi<br />
è il primo ad avere una biografia scr<strong>it</strong>ta <strong>da</strong> un contemporaneo;<br />
tanto onore era fin qui riservato ai principi,<br />
agli eroi e ai santi. Il Ghiberti scrive la prima autobiografia<br />
d’artista che si conosca. A gloria del Brunelleschi<br />
il Comune fa erigere un monumento sepolcrale nel<br />
duomo, e Lorenzo vorrebbe riportare in patria <strong>da</strong> Spoleto<br />
i resti mortali di Filippo Lippi e seppellirli onorevolmente.<br />
Gli si risponde che si è dolenti, ma Spoleto è<br />
molto piú povera di Firenze di grandi uomini e non si<br />
può pertanto esaudire il suo desiderio. Da tutti questi<br />
fatti risulta chiaro che l’attenzione del pubblico si è<br />
ormai spostata <strong>da</strong>lle opere alla persona dell’artista. Il<br />
moderno concetto di personal<strong>it</strong>à creatrice comincia a<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 69
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
farsi stra<strong>da</strong> e sono sempre piú frequenti i segni del crescente<br />
orgoglio degli artisti. Abbiamo firme di quasi<br />
tutti i p<strong>it</strong>tori importanti del Quattrocento e il Filarete,<br />
ad esempio, raccoman<strong>da</strong> agli artisti di firmare le loro<br />
opere. Fatto ancor piú notevole, questi p<strong>it</strong>tori ci hanno<br />
lasciato per lo piú il loro autor<strong>it</strong>ratto, anche se non sempre<br />
in un quadro a sé. L’artista r<strong>it</strong>rae se stesso, e talvolta<br />
anche i propri familiari, accanto a donatori e mecenati<br />
come se fosse uno dei tanti assistenti alla scena sacra.<br />
Cosí, in un affresco di Santa Maria Novella, il Ghirlan<strong>da</strong>io<br />
rappresenta i suoi parenti di fronte alla coppia<br />
dei donatori; e le autor<strong>it</strong>à di Perugia incaricano il Vannucci<br />
di aggiungere il proprio r<strong>it</strong>ratto agli affreschi del<br />
Cambio. Sempre piú spesso l’artista riceve pubblici riconoscimenti.<br />
Gentile <strong>da</strong> Fabriano riceve la toga patrizia<br />
<strong>da</strong>lla Repubblica veneta; la c<strong>it</strong>tà di Bologna elegge gonfaloniere<br />
il Francia; Firenze dà a Michelangelo l’alto<br />
t<strong>it</strong>olo di membro del consiglio 109 .<br />
Uno dei segni piú notevoli della nuova coscienza di<br />
sé e della diversa considerazione che gli artisti hanno per<br />
la propria opera si ha nel loro graduale emanciparsi <strong>da</strong>ll’ordinazione<br />
diretta: se essi non eseguono piú gli incarichi<br />
con l’antica fedeltà, spesso <strong>da</strong>nno mano a lavori che<br />
nessuno ha loro ordinato. È noto, per esempio, che<br />
Filippo Lippi non sempre seguiva nel suo lavoro quel<br />
r<strong>it</strong>mo continuo e regolare che si pretende per l’attiv<strong>it</strong>à<br />
artigiana, cosí che a un tratto lasciava in sospeso certe<br />
opere, per cominciarne altre. Questa ab<strong>it</strong>udine di lavorare<br />
irregolarmente si fa sempre piú diffusa 110 , e col<br />
Perugino ci troviamo di fronte addir<strong>it</strong>tura all’astro viziato<br />
che tratta male i comm<strong>it</strong>tenti: né in Palazzo Vecchio<br />
a Firenze, né in Palazzo Ducale a Venezia egli esegue i<br />
lavori assunti, e fa tanto aspettare l’opera promessa per<br />
la cappella della Vergine nel duomo di Orvieto, che il<br />
Comune finisce col passar l’incarico al Signorelli. La graduale<br />
ascesa dell’artista si rispecchia n<strong>it</strong>idissima nella<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 70
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
carriera di Leonardo, che a Firenze è senza dubbio un<br />
uomo apprezzato, ma non molto ricercato come artista;<br />
a Milano, diventa il p<strong>it</strong>tore aulico di Ludovico il Moro,<br />
cui tutto è concesso; quindi assurge al rango di primo<br />
ingegnere mil<strong>it</strong>are di Cesare Borgia, e chiude la sua v<strong>it</strong>a<br />
come favor<strong>it</strong>o e amico del re di Francia. Il mutamento<br />
radicale avviene al principio del Cinquecento. Da allora<br />
i maestri celebri non sono piú dei semplici protetti dei<br />
mecenati, ma essi stessi dei gran signori. E <strong>da</strong> signore,<br />
piú che <strong>da</strong> artista è, come dice il Vasari, la v<strong>it</strong>a splendi<strong>da</strong><br />
di Raffaello, che a Roma dispone di un suo palazzo<br />
e tratta alla pari con principi e cardinali: Bal<strong>da</strong>ssar<br />
Castiglione e Agostino Chigi sono suoi amici, la nipote<br />
del cardinal Bibbiena dev’esser la sua sposa. E Tiziano,<br />
se possibile, sale ancor piú in alto. La fama di primo p<strong>it</strong>tore<br />
del tempo, la sua v<strong>it</strong>a, il suo grado, i t<strong>it</strong>oli lo elevano<br />
al piú alto rango <strong>sociale</strong>. L’imperatore Carlo V lo<br />
nomina conte palatino e membro della corte imperiale,<br />
lo fa cavaliere dello Speron d’Oro e gli concede, insieme<br />
col t<strong>it</strong>olo ered<strong>it</strong>ario, tutta una serie di privilegi. I<br />
sovrani si affannano, spesso inutilmente, per ottenere un<br />
r<strong>it</strong>ratto di sua mano; egli, come scrive l’Aretino, ha proventi<br />
<strong>da</strong> principe; per ogni r<strong>it</strong>ratto l’imperatore gli invia<br />
ricchi doni; sua figlia Lavinia riceve una dote cospicua;<br />
Enrico III vis<strong>it</strong>a personalmente il vecchio p<strong>it</strong>tore e<br />
quando egli, nel 1576, muore v<strong>it</strong>tima della peste, la<br />
Repubblica lo fa seppellire con i piú grandi onori della<br />
chiesa dei Frari, malgrado il severo divieto, sempre<br />
osservato, di <strong>da</strong>r sepoltura nelle chiese agli appestati.<br />
Michelangelo infine sale a un’altezza senza precedenti.<br />
La sua importanza è cosí manifesta, ch’egli può rinunziare<br />
del tutto a onori pubblici, t<strong>it</strong>oli e distinzioni. Egli<br />
sprezza l’amicizia dei principi e dei papi; può permettersi<br />
di avversarli. Non è conte, né consigliere, né<br />
sovrintendente pontificio, ma lo chiamano «divino».<br />
Non vuole che nell’indirizzo delle lettere lo si indichi<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 71
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
come p<strong>it</strong>tore o scultore: è Michelangelo Buonarroti, né<br />
piú né meno; vuole avere come allievi giovani nobili, né<br />
ciò sarà imputato a semplice snobismo; afferma di dipingere<br />
«col cervello» e non «colla mano» e piú ancora vorrebbe<br />
evocare le figure <strong>da</strong>l blocco di marmo con la pura<br />
magia della sua visione. Evidentemente questo è assai<br />
piú che orgoglio dell’artista che si sente superiore all’artigiano,<br />
al «meccanico», al «filisteo»; è l’espressione<br />
invece del terrore di venire a contatto con la comune<br />
realtà. Ci si rivela cosí il primo artista moderno, sol<strong>it</strong>ario,<br />
posseduto <strong>da</strong>l demone – il primo ossessionato <strong>da</strong>lla<br />
sua idea, che sola esiste per lui; il primo che si senta<br />
profon<strong>da</strong>mente impegnato di fronte al suo genio e che<br />
nelle proprie facoltà di artista scorga una superiore<br />
potenza che si impone alla sua stessa volontà. Qui si<br />
giunge a una altezza sovrana, per cui impallidisce ogni<br />
precedente idea della libertà artistica. A questo punto è<br />
veramente compiuta l’emancipazione dell’artista; ora<br />
egli diventa il genio, quale ci appare <strong>da</strong>l Rinascimento<br />
in poi. Si compie infine, con un ultimo mutamento, la<br />
sua ascesa: non piú l’arte, ma l’artista stesso diventa<br />
oggetto di venerazione, diventa di mo<strong>da</strong>. Il mondo, di<br />
cui egli doveva celebrare la gloria, ora celebra la sua; il<br />
culto, di cui era strumento, ora viene tributato alla sua<br />
persona; la grazia divina si trasferisce <strong>da</strong>i suoi protettori<br />
a lui stesso. Veramente c’era sempre stato un rapporto<br />
reciproco fra la gloria dell’eroe e quella del cantore,<br />
fra la gloria del mecenate e quella dell’artista 111 ; quanto<br />
piú famoso era l’apologeta, tanto piú vali<strong>da</strong> era la fama,<br />
ch’egli creava. Ma ora si è giunti a tal punto che il mecenate<br />
si innalza nella misura in cui innalza l’artista al di<br />
sopra di sé e lo esalta anziché esserne esaltato. Carlo V<br />
si china a raccogliere il pennello caduto a Tiziano, e r<strong>it</strong>iene<br />
piú che naturale che un tale artista sia serv<strong>it</strong>o <strong>da</strong> un<br />
imperatore. La leggen<strong>da</strong> dell’artista è completa. Senza<br />
dubbio, c’entra un po’ di civetteria: l’artista è circonfuso<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 72
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
di luce, perché altri brilli del suo riflesso. Ma cesserà mai<br />
del tutto la reciproc<strong>it</strong>à della riconoscenza e della lode,<br />
il tributo di stima e di onore per i servigi reciproci, la<br />
vicendevole salvaguardia degli interessi? Al massimo,<br />
sarà velata.<br />
La fon<strong>da</strong>mentale nov<strong>it</strong>à della concezione artistica del<br />
Rinascimento è l’idea del genio e la concezione dell’opera<br />
d’arte come creazione dell’autonoma personal<strong>it</strong>à:<br />
questa è superiore alla tradizione, alla scuola, alla regola,<br />
all’opera stessa, che anzi trae <strong>da</strong> essa la propria legge;<br />
in altre parole, essa è piú ricca e piú profon<strong>da</strong> dell’opera<br />
e non può esprimersi compiutamente in alcuna forma<br />
obiettiva. È una concezione affatto estranea al Medioevo,<br />
che non riconosceva alcun particolare valore all’original<strong>it</strong>à<br />
e alla spontane<strong>it</strong>à dello spir<strong>it</strong>o, raccoman<strong>da</strong>va l’im<strong>it</strong>azione<br />
dei maestri e ammetteva il plagio, e tutt’al piú<br />
era sfiorato, ma non certo dominato, <strong>da</strong>ll’idea dell’emulazione.<br />
Il genio come dono di Dio, come forza creatrice<br />
innata e intrasmissibile; la libertà, anzi il dovere<br />
dell’artista di seguire una propria, unica legge che giustifica<br />
la sua original<strong>it</strong>à e la sua ostinazione geniale:<br />
sono tutte idee che sorgono solo con la società rinascimentale.<br />
In questa infatti l’intimo dinamismo economico<br />
e il profondo spir<strong>it</strong>o di concorrenza aprono all’individuo<br />
assai piú larghe possibil<strong>it</strong>à e d’altro canto la richiesta<br />
di piú ampi mezzi di propagan<strong>da</strong> <strong>da</strong> parte dei ceti<br />
dirigenti provoca un rialzo della doman<strong>da</strong> sul mercato<br />
artistico. Ma come l’idea moderna di concorrenza ha<br />
lontane radici nel Medioevo, cosí si mantiene vivo a<br />
lungo il concetto medievale di un’arte obiettiva superiore<br />
alle inclinazioni individuali, e la concezione soggettiva<br />
della personal<strong>it</strong>à artistica si fa stra<strong>da</strong> solo assai<br />
lentamente anche dopo la fine del Medioevo. Il quadro<br />
dell’individualismo rinascimentale è dunque <strong>da</strong> correggere<br />
in due sensi. Ma la tesi del Burckhardt non va<br />
respinta del tutto, perché, sebbene anche nel Medioevo<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 73
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
ci fossero già personal<strong>it</strong>à forti e caratteristiche 112 , altro<br />
è pensare e agire individualmente, altro esser coscienti<br />
della propria individual<strong>it</strong>à, affermarla e deliberatamente<br />
potenziarla. Si può parlare di individualismo in senso<br />
moderno solo quando ci si trova di fronte a una riflessa<br />
coscienza individuale, non di fronte a una semplice reazione<br />
soggettiva. La coscienza della propria individual<strong>it</strong>à<br />
comincia nel Rinascimento, ma il Rinascimento non<br />
comincia con tale coscienza. Si cerca e si apprezza nell’arte<br />
l’espressione della personal<strong>it</strong>à molto prima di essere<br />
consapevoli che l’arte si orienta non piú verso un<br />
obiettivo «che cosa», ma verso un soggettivo «come».<br />
Si continua a parlare del suo contenuto di realtà obiettiva,<br />
quando già <strong>da</strong> gran tempo essa è diventata una confessione<br />
soggettiva e proprio come espressione soggettiva<br />
acquista un valore universale. La forza della personal<strong>it</strong>à,<br />
l’energia intellettuale e la spontane<strong>it</strong>à dell’individuo<br />
cost<strong>it</strong>uiscono la grande esperienza del Rinascimento;<br />
e il genio, come quintessenza di tali facoltà,<br />
diventa per esso l’ideale in cui si raccoglie l’essenza<br />
dello spir<strong>it</strong>o umano e il suo potere sulla realtà.<br />
Una delle prime conseguenze del concetto di genio è<br />
l’idea di proprietà intellettuale. Nel Medioevo essa<br />
manca, come manca l’aspirazione all’original<strong>it</strong>à che le è<br />
strettamente collegata. Finché l’arte è tutta volta a rappresentare<br />
la divin<strong>it</strong>à e l’artista non è che un mezzo<br />
attraverso il quale si palesa l’eterno, soprannaturale ordine<br />
delle cose, non si può parlare né di autonomia dell’arte,<br />
né di proprietà artistica. È molto facile stabilire<br />
relazioni tra proprietà intellettuale e inizi del cap<strong>it</strong>alismo,<br />
ma una tale connessione si baserebbe semplicemente<br />
sull’equivoco. L’idea della produttiv<strong>it</strong>à e quindi<br />
della proprietà intellettuale è una conseguenza del decadere<br />
della civiltà cristiana. Non appena la religione cessa<br />
di dominare e unificare in sé l’intera v<strong>it</strong>a spir<strong>it</strong>uale,<br />
ecco affacciarsi l’idea dell’autonomia delle diverse forme<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 74
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
dello spir<strong>it</strong>o, e quindi anche dell’arte come forma spir<strong>it</strong>uale<br />
che abbia in sé il proprio senso e il proprio fine.<br />
Malgrado ogni piú tardo tentativo di ricondurre all’un<strong>it</strong>ario<br />
principio della religione l’intera cultura, e quindi<br />
anche l’arte, non si riuscirà mai piú a ricost<strong>it</strong>uire l’un<strong>it</strong>à<br />
culturale del Medioevo e a negare interamente<br />
all’arte la sua autonomia. Essa ormai, anche se volta a<br />
fini extraestetici, rimane bella e significativa in sé. Ma<br />
non appena si cessa di considerare le singole creazioni<br />
dello spir<strong>it</strong>o come forme diverse di un’unica ver<strong>it</strong>à<br />
sostanziale, ecco presentarsi l’idea di assumere come<br />
cr<strong>it</strong>erio del loro valore la singolar<strong>it</strong>à e l’original<strong>it</strong>à. Il<br />
Trecento è tutto sotto il segno di un solo maestro –<br />
Giotto – e della sua tradizione; nel Quattrocento cominciano<br />
ad affermarsi tendenze individuali d’ogni sorta.<br />
L’original<strong>it</strong>à diventa un’arma della concorrenza. La<br />
dinamica <strong>sociale</strong> s’impadronisce d’un mezzo, ch’essa<br />
non ha creato, ma che a<strong>da</strong>tta ai suoi fini, accrescendone<br />
l’efficacia. Finché il mercato rimane in complesso<br />
favorevole agli artisti, il desiderio di un’espressione personale<br />
ancora non si converte in ricerca di original<strong>it</strong>à;<br />
questo avviene solo col Manierismo, quando le mutate<br />
condizioni generali turbano sensibilmente il mercato<br />
artistico. Il tipo del «genio originale» tuttavia appare<br />
solo nel Settecento, quando gli artisti, nella transizione<br />
<strong>da</strong>l mecenatismo ai rischi del libero mercato, si trovano<br />
a dover combattere piú duramente che mai per l’esistenza<br />
materiale.<br />
Lo sviluppo piú significativo del concetto di genio si<br />
ha nello spostarsi dell’interesse <strong>da</strong>l lavoro concreto alla<br />
semplice att<strong>it</strong>udine, <strong>da</strong>ll’opera alla persona dell’artista,<br />
<strong>da</strong>l risultato all’intento e all’idea. E solo un’epoca per<br />
la quale l’espressione personale era diventata significativa<br />
in se stessa e rivelatrice dell’attiv<strong>it</strong>à dello spir<strong>it</strong>o<br />
poteva compiere questo passaggio. Che segni precursori<br />
di tale tendenza esistessero già nel Quattrocento, lo<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 75
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
mostra, fra l’altro, un passo del trattato del Filarete,<br />
dove le forme di un’opera d’arte sono paragonate ai<br />
caratteri di un manoscr<strong>it</strong>to, <strong>da</strong>i quali si può sub<strong>it</strong>o riconoscere<br />
la mano dello scr<strong>it</strong>tore 113 . La comprensione e la<br />
crescente predilezione per il disegno, l’abbozzo, lo schizzo,<br />
il bozzetto, e in genere per l’incompiuto, sono altri<br />
passi nella stessa direzione. Cosí l’origine del gusto per<br />
il frammento è <strong>da</strong> ricercare nella concezione soggettiva<br />
dell’arte, nell’attrazione che eserc<strong>it</strong>a l’idea del genio; l’ab<strong>it</strong>udine<br />
di studiare i torsi antichi ha potuto, al massimo,<br />
accrescerla. Il disegno, lo schizzo era pieno d’interesse<br />
per il Rinascimento non solo come risultato artistico,<br />
ma anche come documento, come testimonianza<br />
di un momento del processo creativo; vi si scorgeva<br />
insomma una forma espressiva particolare, distinta <strong>da</strong>ll’opera<br />
fin<strong>it</strong>a; vi si apprezzava il fatto che in esso era<br />
colta l’invenzione alla sua origine, quasi non ancor separata<br />
<strong>da</strong>l soggetto creatore. Vasari dice che Paolo Uccello<br />
ha lasciato tanti disegni <strong>da</strong> riempirne casse intere. Del<br />
Medioevo, invece, non ce ne sono quasi pervenuti. A<br />
parte il fatto che l’artista medievale certo non attribuiva<br />
alle idee momentanee la stessa importanza dei maestri<br />
piú tardi, e probabilmente non r<strong>it</strong>eneva che valesse<br />
la pena di fissare ogni fuggevole idea, certo altre cause<br />
spiegano la rar<strong>it</strong>à dei disegni medievali: anz<strong>it</strong>utto il disegno<br />
si diffuse universalmente solo quando si poté disporre<br />
di carta a<strong>da</strong>tta e facilmente accessibile 114 , inoltre solo<br />
una parte relativamente piccola dei disegni effettivamente<br />
esegu<strong>it</strong>i ci è pervenuta. Della loro distruzione tuttavia<br />
il tempo non è il solo responsabile; evidentemente<br />
della loro conservazione ci si curava meno allora di<br />
quanto si fece piú tardi, e in questa mancanza d’interesse<br />
si rivela appunto la differenza fra la concezione<br />
artistica del Medioevo, sostanzialmente orientato verso<br />
l’obiettiv<strong>it</strong>à, e quella soggettivistica del Rinascimento.<br />
Per il Medioevo l’opera d’arte aveva solo un valore<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 76
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
oggettivo, per il Rinascimento aveva valore anche come<br />
espressione della personal<strong>it</strong>à. E appunto allora il disegno<br />
assunse valore di forma tipica del creare artistico, perché<br />
metteva nella massima evidenza quel che di frammentario,<br />
di non fin<strong>it</strong>o e di non finibile è inerente a ogni<br />
opera d’arte. L’esaltazione dell’att<strong>it</strong>udine rispetto all’opera<br />
attuata, tratto essenziale del concetto di genio, sta<br />
a significare appunto che non si r<strong>it</strong>iene che la genial<strong>it</strong>à<br />
possa mai realizzarsi interamente, e questo spiega perché<br />
si sia visto nel disegno con le sue lacune una tipica<br />
forma dell’arte.<br />
Dal genio incapace di piena e perfetta comunicazione,<br />
al genio incompreso che si appella alla poster<strong>it</strong>à<br />
contro il giudizio dei contemporanei, non c’era che un<br />
passo. Il Rinascimento non lo compí mai. Non perché<br />
intendesse l’arte meglio dei tempi successivi, in cui<br />
invece ci furono veramente geni incompresi, ma perché<br />
allora la lotta per l’esistenza nel campo dell’arte si svolgeva<br />
in forme ancora relativamente innocue. Tuttavia<br />
il concetto di genio acquista già ora alcuni tratti dialettici<br />
e già lascia intravvedere l’apparato difensivo,<br />
che l’artista opporrà sia al volgo incompetente dei «filistei»,<br />
sia a quello degli acciarponi e dei dilettanti. Contro<br />
i primi egli si trincererà dietro la maschera dell’eccentrico,<br />
contro gli altri accentuerà il carattere innato<br />
del suo talento, l’original<strong>it</strong>à della sua arte che non si<br />
può imparare. Francisco de Hollan<strong>da</strong> nel suo trattato<br />
della p<strong>it</strong>tura (1548) osserva che ogni personal<strong>it</strong>à notevole<br />
ha in sé qualcosa di bizzarro, e sottolinea l’idea,<br />
allora non piú del tutto nuova, che artista vero si nasce.<br />
La teoria del genio ispirato, le cui facoltà sono di natura<br />
sovraindividuale e irrazionale, prova che si sta cost<strong>it</strong>uendo<br />
una nuova aristocrazia intellettuale, in cui ognuno<br />
preferisce rinunziare al mer<strong>it</strong>o personale, alla<br />
«virtù» nel senso quattrocentesco, pur di distinguersi<br />
piú nettamente <strong>da</strong>gli altri.<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 77
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
L’autonomia dell’arte esprime in forma obiettiva,<br />
cioè <strong>da</strong>l punto di vista dell’opera, quel che il concetto<br />
di genio esprime in forma soggettiva, <strong>da</strong>l punto di vista<br />
dell’artista. L’autonomia delle creazioni spir<strong>it</strong>uali è il<br />
correlativo della spontane<strong>it</strong>à dello spir<strong>it</strong>o. Ma per il<br />
Rinascimento l’autonomia dell’arte significa soltanto<br />
l’indipendenza <strong>da</strong>lla Chiesa e <strong>da</strong>lla metafisica ch’essa<br />
propone, non già un’autonomia assoluta, totale. L’arte<br />
si libera <strong>da</strong>i dogmi ecclesiastici, ma aderisce pur sempre<br />
alla visione scientifica del mondo, propria del tempo;<br />
l’artista si emancipa <strong>da</strong>l clero, ma si vincola ben piú<br />
strettamente alla cerchia umanistica. Tuttavia l’arte non<br />
diventa ancella della scienza, come nel Medioevo era<br />
«ancella della teologia». Piuttosto, essa è e rimane una<br />
sfera privilegiata in cui, lungi <strong>da</strong>l mondo, lo spir<strong>it</strong>o si<br />
compiace, indugiando in spir<strong>it</strong>uali godimenti di natura<br />
particolarissima. E, quando in essa si muove, l’uomo è<br />
lontano tanto <strong>da</strong>lla v<strong>it</strong>a pratica quanto <strong>da</strong>l mondo trascendente<br />
della fede. L’arte può servire ai fini della religione,<br />
e trovarsi a risolvere problemi in comune con la<br />
scienza; ma, per quanto essa assolva a funzioni extrartistiche,<br />
si può sempre considerare come avente in se<br />
stessa il proprio oggetto. È questo il lato nuovo, cui il<br />
Medioevo non poteva arrivare. Ciò non vuol dire che<br />
prima del Rinascimento non si sentisse o non si godesse<br />
la qual<strong>it</strong>à formale di un’opera d’arte; ma non se ne<br />
aveva coscienza e, quando alla reazione sentimentale<br />
subentrava la riflessione, si giudicava secondo il soggetto,<br />
il significato e il valore simbolico. L’interesse del<br />
Medioevo per l’arte riguar<strong>da</strong>va l’argomento; e non solo<br />
per l’arte cristiana contemporanea la considerazione ultima<br />
verteva esclusivamente sul contenuto: la stessa arte<br />
classica era giudicata <strong>da</strong> un punto di vista puramente<br />
contenutistico 115 . Il sovvertimento rinascimentale dei<br />
rapporti con l’arte e la letteratura classica non si deve<br />
attribuire alla scoperta di nuovi autori e di nuove opere,<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 78
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
quanto piuttosto allo spostarsi dell’interesse <strong>da</strong>l contenuto<br />
alla forma, si trattasse di nuove scoperte o di monumenti<br />
già noti 116 . Ed è significativo che il pubblico ora<br />
fa proprio l’atteggiamento degli artisti e giudica l’arte,<br />
non piú col metro della religione e della v<strong>it</strong>a, ma con<br />
quello dell’arte. L’arte del Medioevo mirava a interpretare<br />
la v<strong>it</strong>a, quella del Rinascimento ad arricchirla; l’una<br />
tendeva a elevare l’uomo, l’altra a dilettarlo. Alla sfera<br />
empirica e a quella trascendente, le sole che lo spir<strong>it</strong>o<br />
medievale conoscesse, un’altra se ne aggiunge, in cui sia<br />
le forme dell’esperienza mon<strong>da</strong>na, sia gli archetipi metafisici<br />
delle cose acquistano un senso particolare e nuovissimo.<br />
L’idea dell’arte autonoma, disinteressata, godibile in<br />
sé era già familiare all’antich<strong>it</strong>à; il Rinascimento non<br />
fece che trarla <strong>da</strong>ll’oblio medievale. Ma prima di allora<br />
mai si era concep<strong>it</strong>a l’idea che una v<strong>it</strong>a ded<strong>it</strong>a al godimento<br />
dell’arte potesse cost<strong>it</strong>uire una forma piú alta e<br />
piú nobile d’esistenza. Plotino e i neoplatonici, che pure<br />
avevano attribu<strong>it</strong>o all’arte un alto significato, ne negarono<br />
in pari tempo l’autonomia, facendone un puro veicolo<br />
della conoscenza intellettiva. L’idea, già accennata<br />
in Petrarca 117 , di un’arte del tutto autonoma e che, benché<br />
indipendente <strong>da</strong>l resto del mondo spir<strong>it</strong>uale, anzi<br />
proprio in grazia di quella bellezza che ha in sé le sue<br />
ragioni, assurga ad educatrice dell’uman<strong>it</strong>à, è estranea<br />
tanto al Medioevo quanto alla classic<strong>it</strong>à. E tale è tutto<br />
l’estetismo del Rinascimento. È vero che anche nella<br />
tar<strong>da</strong> antich<strong>it</strong>à era avvenuto che i cr<strong>it</strong>eri dell’arte si<br />
estendessero alla v<strong>it</strong>a intera, pure sarebbe impossibile<br />
trovare nei secoli avanti il Rinascimento un episodio<br />
analogo a quello del credente che, sul letto di morte, si<br />
rifiuta di baciare il Crocifisso che gli è presentato, perché<br />
è brutto, e ne vuole uno piú bello 118 .<br />
Il concetto rinascimentale dell’autonomia dell’arte<br />
non è, per altro, rigoroso, puristico; gli artisti cercano<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 79
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
di spezzare i ceppi del pensiero scolastico, ma non hanno<br />
l’ambizione di reggersi <strong>da</strong> soli, né pensano a fare dell’indipendenza<br />
dell’arte una questione di principio.<br />
Anzi, essi sottolineano la natura scientifica della loro<br />
attiv<strong>it</strong>à. Soltanto nel Cinquecento si sciolgono i legami<br />
che facevano di scienza e arte un mezzo omogeneo per<br />
la conoscenza del mondo esterno; solo allora sorge l’idea<br />
di un’arte autonoma anche di fronte alla scienza. In<br />
certe s<strong>it</strong>uazioni l’arte pare orientarsi scientificamente,<br />
mentre la scienza per contro pare seguire cr<strong>it</strong>eri estetici.<br />
Nel Quattrocento il contenuto di ver<strong>it</strong>à dell’arte lo<br />
si commisura con cr<strong>it</strong>eri scientifici; nel tardo Cinquecento<br />
invece e nell’età barocca la concezione scientifica<br />
del mondo viene costru<strong>it</strong>a in gran parte secondo cr<strong>it</strong>eri<br />
artistici. La prospettiva dei p<strong>it</strong>tori quattrocenteschi è<br />
una concezione scientifica; l’universo di Keplero e di<br />
Galileo è, in fondo, una visione estetica. Con ragione<br />
Dilthey mette in rilievo un aspetto di «fantasia artistica»<br />
nell’in<strong>da</strong>gine scientifica rinascimentale 119 , ma con<br />
altrettanta ragione si potrebbe parlare di un contributo<br />
della «fantasia scientifica» alle creazioni dell’arte quattrocentesca.<br />
Il prestigio che dotti e scienziati ebbero nel Quattrocento<br />
sarà uguagliato solo nell’Ottocento. Entrambe<br />
queste epoche diressero i loro sforzi a incoraggiare per<br />
nuove vie e con nuovi mezzi, con nuovi metodi scientifici<br />
e invenzioni tecniche, l’espansione dell’economia.<br />
Ciò spiega in parte il primato della scienza e il rispetto<br />
nell’uno e nell’altro secolo per i suoi cultori. Ciò che,<br />
nelle arti figurative, Adolf Hildebrandt e Bernard<br />
Berenson intendono per «forma» 120 , è un concetto teoretico<br />
piú che estetico, al pari della «prospettiva» dell’Alberti<br />
e di Piero della Francesca. Le due categorie<br />
sono in realtà guide per muoversi nel mondo dell’esperienza<br />
sensibile, mezzi per chiarire i rapporti spaziali,<br />
strumenti per la conoscenza visiva. La concezione este-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 80
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
tica dell’Ottocento non può ingannare sul carattere teoretico<br />
dei suoi principî artistici, come nel Rinascimento<br />
l’amore dell’arte non riesce a celare l’interesse prevalentemente<br />
scientifico che esso ha per il mondo esterno.<br />
Nei valori spaziali di Hildebrandt, nel geometrismo di<br />
Cézanne, nell’attrazione che la fisiologia eserc<strong>it</strong>a sugli<br />
impressionisti, e la psicologia su tutta la moderna narrativa<br />
e sul dramma, dovunque ci volgiamo, notiamo lo<br />
sforzo di orizzontarsi nella realtà empirica, di comprendere<br />
l’immagine del mondo naturale, di accrescere<br />
i <strong>da</strong>ti dell’esperienza, di ordinarli ed elaborarli in un<br />
sistema razionale. Per l’Ottocento l’arte è un mezzo per<br />
conoscere il mondo esterno, una forma di esperienza<br />
della v<strong>it</strong>a, di analisi e d’interpretazione dell’uomo. Ma<br />
questo naturalismo volto a una conoscenza obiettiva<br />
nasce proprio nel Quattrocento; solo allora l’arte compie<br />
il suo primo tirocinio scientifico, e ancor oggi vive,<br />
almeno in parte, sul cap<strong>it</strong>ale allora tesaurizzato. I suoi<br />
strumenti erano matematica e geometria, ottica e meccanica,<br />
teoria della luce e dei colori, anatomia e fisiologia;<br />
i suoi problemi erano la natura dello spazio e la<br />
struttura del corpo umano, il movimento e le proporzioni,<br />
la tecnica dei panneggi e le proprietà dei pigmenti.<br />
Ma, ad onta dei suoi tanti aspetti scientifici, il naturalismo<br />
del Quattrocento non era che finzione; lo rivela<br />
chiaramente quella che si può considerare la sua piú<br />
tipica formula espressiva: la prospettiva centrale. In sé<br />
la prospettiva non era una scoperta del Rinascimento 121 .<br />
Già l’antich<strong>it</strong>à conosceva lo scorcio e riduceva le dimensioni<br />
degli oggetti in ragione della loro distanza <strong>da</strong>ll’osservatore;<br />
ma non riuscí mai a <strong>da</strong>re dello spazio una rappresentazione<br />
prospetticamente un<strong>it</strong>aria, costru<strong>it</strong>a su<br />
un unico punto di vista; non seppe o non volle rappresentare<br />
in un’un<strong>it</strong>à continua i diversi oggetti e gli spazi<br />
tra essi interposti. Lo spazio nelle opere antiche risultava<br />
<strong>da</strong>l comporsi di parti ed elementi disparati, non costi-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 81
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
tuiva un continuum un<strong>it</strong>ario; riprendendo una distinzione<br />
del Panofsky, era piuttosto un «aggregato» che un<br />
«sistema spaziale». Solo a partire <strong>da</strong>l Rinascimento la<br />
p<strong>it</strong>tura si fon<strong>da</strong> sul presupposto che lo spazio in cui si<br />
trovano le cose sia un elemento infin<strong>it</strong>o, continuo e<br />
omogeneo, e che di regola noi vediamo le cose un<strong>it</strong>ariamente,<br />
cioè con un unico e immobile occhio 122 . Ciò che<br />
di fatto noi percepiamo è invece uno spazio lim<strong>it</strong>ato,<br />
discontinuo, composto di elementi eterogenei. La nostra<br />
immagine dello spazio è in realtà deformata e sfocata ai<br />
margini, il suo contenuto si divide in gruppi e pezzi piú<br />
o meno indipendenti; e poiché il nostro campo visivo è<br />
fisiologicamente sferoi<strong>da</strong>le, in parte noi vediamo curve<br />
invece di rette. Perciò è un’ard<strong>it</strong>a astrazione la prospettiva<br />
lineare quale ce la presenta l’arte rinascimentale,<br />
cioè con l’immagine di uno spazio uniformemente<br />
chiaro e coerentemente costru<strong>it</strong>o in tutte le sue parti,<br />
con un comune punto di concorso delle parallele e un<br />
modulo costante nella misura della «giusta» distanza:<br />
quell’immagine insomma che l’Alberti definì come sezione<br />
trasversale della piramide visiva. La prospettiva centrale<br />
ci dà uno spazio matematicamente esatto, ma<br />
psico-fisiologicamente irreale. Solo un’epoca cosí intimamente<br />
permeata di scienza, come i secoli tra il Rinascimento<br />
e la fine dell’Ottocento, poteva considerare<br />
questa visione assolutamente razionale dello spazio come<br />
una traduzione adeguata della reale impressione ottica.<br />
Allora infatti un<strong>it</strong>à e coerenza eran considerate i piú alti<br />
cr<strong>it</strong>eri di ver<strong>it</strong>à. Solo recentemente abbiamo riacquistato<br />
la consapevolezza che noi non vediamo la realtà come<br />
un tutto spazialmente un<strong>it</strong>ario e conchiuso, ma che invece<br />
la nostra percezione si compie su gruppi sparsi di<br />
oggetti e <strong>da</strong> diversi punti di vista: la veduta complessiva<br />
si costruisce mentre il nostro sguardo si sposta <strong>da</strong>ll’uno<br />
all’altro, mediante l’addizione di singole vedute<br />
parziali, con un’operazione analoga in certo modo a<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 82
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
quella di un Lorenzetti nei suoi grandi affreschi di Siena.<br />
Certo la rappresentazione discontinua dello spazio in<br />
questi affreschi oggi persuade piú di quella perfettamente<br />
un<strong>it</strong>aria che i maestri del Quattrocento realizzavano<br />
sulla scorta della prospettiva centrale 123 .<br />
Si è r<strong>it</strong>enuta peculiare del Rinascimento la versatil<strong>it</strong>à<br />
degli ingegni e specialmente l’att<strong>it</strong>udine, in una sola<br />
persona, all’arte e alla scienza nello stesso tempo. Tuttavia<br />
il fenomeno di artisti che furono esperti di tecniche<br />
diverse, di un Giotto, un Orcagna, un Brunelleschi,<br />
un Benedetto <strong>da</strong> Maiano, un Leonardo <strong>da</strong> Vinci che<br />
furono insieme arch<strong>it</strong>etti, scultori e p<strong>it</strong>tori; di un Pisanello,<br />
di un Antonio del Pollaiolo, di un Verrocchio che<br />
furono scultori, p<strong>it</strong>tori, orafi e me<strong>da</strong>glisti; di un Raffaello<br />
che, nonostante la piú avanzata specializzazione,<br />
fu ancora p<strong>it</strong>tore e arch<strong>it</strong>etto, e di un Michelangelo<br />
scultore, p<strong>it</strong>tore, arch<strong>it</strong>etto, si spiega piú con il carattere<br />
di «mestiere» proprio delle arti figurative che non con<br />
un ideale rinascimentale di versatil<strong>it</strong>à. Questa, in campo<br />
scientifico e tecnico, è propriamente una virtú medievale;<br />
il Quattrocento la ered<strong>it</strong>a insieme con la tradizione<br />
artigiana e se ne allontana poi via via che si allontana<br />
<strong>da</strong>llo spir<strong>it</strong>o di «mestiere». Nel tardo Cinquecento è<br />
sempre piú raro il caso dell’artista che si dedica a tecniche<br />
diverse. Tuttavia, con la v<strong>it</strong>toria dell’ideale umanistico<br />
di cultura e con la concezione dell’«uomo universale»<br />
torna a prevalere una tendenza opposta alla specializzazione<br />
che porta al culto di una versatil<strong>it</strong>à non piú<br />
di natura artigiana, ma dilettantesca. Alla fine del Quattrocento<br />
le due opposte correnti si trovano di fronte: per<br />
quanto abbia corso l’universalismo umanistico ispirato<br />
<strong>da</strong>gli alti ceti, che induce gli artisti a completare le loro<br />
capac<strong>it</strong>à tecniche con cognizioni intellettuali, tuttavia si<br />
fa stra<strong>da</strong> il principio della divisione del lavoro e della<br />
specializzazione, che finisce col prevalere anche in arte.<br />
Già Car<strong>da</strong>no sottolinea che l’occuparsi di molte cose<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 83
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
porta al discred<strong>it</strong>o di un intellettuale. D’altra parte di<br />
contro alla generale tendenza alla specializzazione mer<strong>it</strong>a<br />
di essere rilevato il fatto singolare che dei maggiori<br />
arch<strong>it</strong>etti del Cinquecento il solo Antonio <strong>da</strong> Sangallo<br />
si era sub<strong>it</strong>o avviato a quella carriera: Bramante in origine<br />
era stato p<strong>it</strong>tore, Raffaello e il Peruzzi restarono tali<br />
nonostante la loro attiv<strong>it</strong>à di arch<strong>it</strong>etti, e Michelangelo<br />
era e rimase soprattutto scultore. Il fatto che ci si avviasse<br />
relativamente tardi alla professione di arch<strong>it</strong>etto e che<br />
per essa la preparazione di molti maestri fosse soprattutto<br />
teorica, dimostra quanto rapi<strong>da</strong>mente l’educazione<br />
artigiana venisse soppiantata <strong>da</strong> quella intellettuale<br />
e accademica; d’altro canto sta ad indicare come l’arch<strong>it</strong>ettura<br />
diventi in parte un passatempo <strong>da</strong> signori,<br />
spesso eserc<strong>it</strong>ata come attiv<strong>it</strong>à accessoria. E infatti i<br />
grandi signori vi si erano sempre dedicati con passione,<br />
non solo come fabbricieri, ma anche come costruttori<br />
dilettanti.<br />
Al Ghiberti erano occorsi decenni per compiere le<br />
porte del Battistero, e Luca della Robbia aveva speso<br />
poco meno di dieci anni intorno alla sua cantoria per il<br />
duomo fiorentino. Invece il metodo del Ghirlan<strong>da</strong>io si<br />
caratterizza per una geniale tecnica <strong>da</strong> «fa’ presto», e<br />
Vasari proprio nella facil<strong>it</strong>à e nella prestezza scorge un<br />
segno distintivo dell’autentica natura artistica 124 . Dilettantismo<br />
e virtuosismo, per quanto contradd<strong>it</strong>tori, si<br />
trovano un<strong>it</strong>i nella figura dell’umanista, che giustamente<br />
è stato defin<strong>it</strong>o «il virtuoso della v<strong>it</strong>a intellettuale»,<br />
ma si potrebbe altrettanto bene qualificare come l’eterno,<br />
puro, infaticabile dilettante. Le due caratteristiche<br />
rientrano in quell’ideale della personal<strong>it</strong>à che gli umanisti<br />
si sforzano di attuare, e nella paradossale unione si<br />
tradisce appunto la problematica natura della loro v<strong>it</strong>a<br />
di intellettuali. Tale problematic<strong>it</strong>à ha la sua origine nel<br />
modo stesso in cui è intesa la condizione del letterato,<br />
di cui gli umanisti sono i primi rappresentanti, e soprat-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 84
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
tutto nella loro pretesa a una completa indipendenza,<br />
pretesa che è contraddetta <strong>da</strong>l fatto che essi sono ancora<br />
legati in molte guise. Nel Trecento gli scr<strong>it</strong>tori <strong>it</strong>aliani<br />
provenivano per lo piú <strong>da</strong>i ceti superiori, <strong>da</strong>l patriziato<br />
urbano o <strong>da</strong> facoltose famiglie mercantili. Nobili erano<br />
Cavalcanti e Cino <strong>da</strong> Pistoia; Petrarca è figlio di un<br />
notaio e notaio è Brunetto Latini; Villani e Sacchetti<br />
erano agiati mercanti, come i gen<strong>it</strong>ori del Boccaccio e del<br />
Sercambi. Essi non avevano piú nulla in comune con i<br />
giullari medievali 125 . Ma gli umanisti non sono una categoria<br />
omogenea; non li assimila il ceto o il grado, non la<br />
cultura o la professione; fra di loro si incontrano chierici<br />
e laici, ricchi e poveri, alti funzionari e modesti<br />
notai, piccoli mercanti e maestri di scuola, giuristi ed<br />
erud<strong>it</strong>i 126 . I rappresentanti dei ceti inferiori vi si fanno<br />
sempre piú numerosi. Il piú celebre, il piú influente, il<br />
piú temuto di tutti è il figlio di un calzolaio. Tutti son<br />
figli della c<strong>it</strong>tà – ecco almeno un carattere comune.<br />
Molti di loro sono di famiglia povera, alcuni son fanciulli<br />
prodigio che, destinati a una carriera piena di promesse,<br />
apertasi all’improvviso, si trovano fin <strong>da</strong>ll’inizio in<br />
condizioni eccezionali. Le ambizioni precoci e smo<strong>da</strong>te,<br />
lo studio intenso, spesso assillato <strong>da</strong>lla povertà, l’ingrato<br />
lavoro di precettori e segretari, la caccia alla posizione<br />
e alla fama, le esaltate amicizie e i rancori ostinati, il<br />
facile successo o il fallimento immer<strong>it</strong>ato, gli onori e la<br />
fama per gli uni, la v<strong>it</strong>a raminga per gli altri: tutto ciò<br />
non poteva passar sopra di loro senza gravi <strong>da</strong>nni morali.<br />
Le condizioni sociali del tempo offrivano a un letterato<br />
grandi possibil<strong>it</strong>à, ma minacciavano anche pericoli,<br />
fatti apposta per avvelenare fin <strong>da</strong>ll’inizio l’anima di<br />
un giovane d’ingegno.<br />
Il formarsi, con l’umanesimo, di una classe di letterati,<br />
teoricamente almeno, liberi, presuppone una classe<br />
agiata relativamente ampia, a<strong>da</strong>tta a cost<strong>it</strong>uire un<br />
pubblico letterario. Veramente l’umanesimo ebbe fin<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 85
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
<strong>da</strong> principio i suoi massimi centri presso le corti e le cancellerie<br />
di stato, ma la maggior parte dei suoi fautori<br />
eran facoltosi mercanti e altra gente, cui lo sviluppo del<br />
cap<strong>it</strong>alismo aveva <strong>da</strong>to ricchezza e autor<strong>it</strong>à. La letteratura<br />
medievale era ancora destinata a una cerchia ristretta,<br />
sol<strong>it</strong>amente ben nota all’autore; gli umanisti sono i<br />
primi che si rivolgono con i loro scr<strong>it</strong>ti a un pubblico piú<br />
vasto, in parte sconosciuto. Dai loro tempi ha inizio<br />
qualcosa come un libero mercato letterario e una pubblica<br />
opinione che, promossa <strong>da</strong>lla letteratura, ne subisce<br />
l’influsso. I loro discorsi e libelli sono le prime forme<br />
della moderna pubblicistica; le loro lettere, che raggiungevano<br />
cerchie relativamente ampie, sono i giornali<br />
del tempo 127 . L’Aretino è il «primo giornalista», e per<br />
giunta un giornalista ricattatore. La libertà, a cui egli<br />
deve la propria posizione, era possibile solo in un tempo<br />
in cui lo scr<strong>it</strong>tore non dipendeva piú <strong>da</strong> un mecenate o<br />
<strong>da</strong> un circolo severamente ristretto di protettori, ma per<br />
le produzioni del suo intelletto poteva trovare tanti<br />
clienti, <strong>da</strong> non dover piú usare alcun riguardo per nessuno.<br />
Tutto sommato però, era ancora un pubblico colto<br />
relativamente esiguo quello su cui potevan contare gli<br />
umanisti che, a differenza dei letterati moderni, vivevano<br />
<strong>da</strong> parass<strong>it</strong>i, a meno che la ricchezza familiare non<br />
assicurasse loro una piena indipendenza. Per lo piú essi<br />
non avevano altra possibil<strong>it</strong>à che affi<strong>da</strong>rsi al favore della<br />
corte o al mecenatismo di un autorevole c<strong>it</strong>tadino, e di<br />
sol<strong>it</strong>o erano assunti come segretari o precettori. Il v<strong>it</strong>to<br />
e i regali di un tempo erano ormai sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i <strong>da</strong> stipendi<br />
statali, pensioni, prebende, benefizi; il loro mantenimento,<br />
piuttosto costoso, rientrava tra le spese di rappresentanza<br />
della nuova classe dirigente. Invece del cantore<br />
e del buffone, ora i signori tenevano a corte i propri<br />
storiografi e umanisti, veri e propri professionisti del<br />
panegirico, che di sol<strong>it</strong>o rendevano, in forma un po’ piú<br />
elevata, gli stessi servigi dei loro predecessori. Da loro<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 86
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
per altro si esigeva di piú. Infatti, come un tempo l’alta<br />
borghesia s’era alleata alla nobiltà di sangue, cosí ora<br />
intendeva allearsi alla nobiltà dell’intelletto. Come quella<br />
prima grande alleanza l’aveva resa partecipe dei privilegi<br />
della nasc<strong>it</strong>a, questa doveva assicurale la nobiltà<br />
intellettuale.<br />
Irret<strong>it</strong>i nella finzione della loro libertà, gli umanisti<br />
dovevano sentirsi umiliati di dipendere <strong>da</strong>lla classe<br />
dominante. Il mecenatismo, quell’ist<strong>it</strong>uzione antichissima<br />
e semplice che per un poeta del Medioevo contava<br />
ancora fra le cose piú naturali del mondo, perde ai loro<br />
occhi il suo carattere innocuo. Il rapporto dell’intellettuale<br />
con la potenza e la ricchezza si complica sempre<br />
piú. In principio gli umanisti professavano lo stoicismo<br />
dei vagantes e dei monaci mendicanti, negando ogni valore<br />
alla ricchezza. Finché furono poveri studenti, maestri,<br />
letterati vagabondi, non si sentirono indotti a mutare<br />
questa opinione, ma quando entrarono in contatto piú<br />
stretto con la classe ricca sorse in loro un insanabile confl<strong>it</strong>to<br />
fra le antiche vedute e il nuovo modo di v<strong>it</strong>a 128 . Il<br />
sofista greco, il retore romano, il chierico medievale<br />
non pensarono mai di uscir <strong>da</strong>lla propria posizione essenzialmente<br />
contemplativa – o al piú attiva nell’amb<strong>it</strong>o<br />
pe<strong>da</strong>gogico – per rivaleggiare con le classi dominanti. Gli<br />
umanisti sono i primi intellettuali che aspirano ai privilegi<br />
della proprietà e del grado, e l’orgoglio dell’intellettuale,<br />
fenomeno finora ignoto, è la difesa psicologica<br />
con cui essi reagiscono all’insuccesso. Il loro sforzo di<br />
elevazione <strong>sociale</strong> viene <strong>da</strong>pprima incoraggiato e favor<strong>it</strong>o<br />
<strong>da</strong>ll’alto, ma alla fine represso. Esiste fin <strong>da</strong>l principio<br />
una reciproca diffidenza fra l’orgogliosa classe<br />
colta, ribelle a ogni vincolo, e quella degli uomini d’affari,<br />
prosaici e, in fondo, estranei alla sfera intellettuale<br />
129 . Infatti, come l’età di Platone aveva sent<strong>it</strong>o nettamente<br />
il pericolo implic<strong>it</strong>o nel pensiero dei sofisti, cosí<br />
ora la classe dirigente, con tutta la sua simpatia per l’u-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 87
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
manesimo, non può celare il suo sospetto contro gli<br />
umanisti che, privi di ogni base <strong>sociale</strong>, cost<strong>it</strong>uiscono di<br />
fatto un elemento distruttivo.<br />
Ma il confl<strong>it</strong>to latente fra l’aristocrazia intellettuale<br />
e quella economica non si manifesta ancora apertamente,<br />
almeno fra gli artisti che in questo caso reagiscono<br />
piú lentamente dei loro dotti maestri, in genere dotati<br />
di piú viva coscienza <strong>sociale</strong>. Tuttavia il problema, se<br />
pur eluso e non formulato, è sempre e <strong>da</strong>ppertutto presente,<br />
e ogni intellettuale, artista o letterato che sia,<br />
corre il rischio o di finire in una bohème di spostati rosi<br />
<strong>da</strong> risentimenti antisociali, o di arrendersi alla cerchia<br />
degli accademici conservatori e servili. Di fronte a una<br />
simile alternativa, gli umanisti si rifugiano nella torre<br />
d’avorio, per poi soggiacere alla fine a entrambi i pericoli<br />
cui volevano sfuggire. Tutto l’estetismo moderno li<br />
segue su questa via e si riduce cosí ad essere fuori della<br />
società e, in una condizione passiva, serve gli interessi<br />
dei conservatori, senza poter inserirsi nell’ordine ch’esso<br />
appoggia. Per indipendenza l’umanista intende assenza<br />
di vincoli; il suo disinteresse <strong>sociale</strong> è in realtà un<br />
estraniarsi; la sua fuga <strong>da</strong>lla v<strong>it</strong>a reale, irresponsabil<strong>it</strong>à.<br />
Per non legarsi, egli si proibisce ogni attiv<strong>it</strong>à pol<strong>it</strong>ica, ma<br />
con la sua passiv<strong>it</strong>à rafforza i potenti: la «trahison des<br />
clercs» verso lo spir<strong>it</strong>o è questa, e non già l’impegno<br />
pol<strong>it</strong>ico, di cui l’intellettuale fu recentemente incolpato<br />
130 . L’umanista perde il contatto con la realtà, diventa<br />
un romantico che chiama disprezzo del mondo il suo<br />
straniarsi <strong>da</strong> esso, libertà intellettuale la propria indifferenza,<br />
sovran<strong>it</strong>à morale la sua mancanza di responsabil<strong>it</strong>à<br />
civile. «Per lui v<strong>it</strong>a vuol dire, – secondo il giudizio<br />
di uno studioso del Rinascimento, – scrivere un’eletta<br />
prosa, tornir versi raffinati, tradurre <strong>da</strong>l greco in<br />
latino... Ai suoi occhi l’essenziale non è che i Galli siano<br />
stati sconf<strong>it</strong>ti, ma che siano stati scr<strong>it</strong>ti i commentari<br />
della loro sconf<strong>it</strong>ta... il valore del fatto cede al valore<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 88
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
dello stile...» 131 . Gli artisti del Rinascimento non sono<br />
ancora straniati a tal punto <strong>da</strong>l loro ambiente, ma la loro<br />
v<strong>it</strong>a spir<strong>it</strong>uale è ormai minata ed essi non riescono a<br />
r<strong>it</strong>rovare quell’equilibrio con cui s’inserivano nell’edificio<br />
<strong>sociale</strong> del Medioevo. Stanno al bivio tra l’attivismo<br />
e l’estetismo. Oppure hanno già scelto? Comunque, è<br />
perduto per loro quel che per il Medioevo era del tutto<br />
naturale e ingenuo: l’unione della forma artistica con fini<br />
che la trascendono.<br />
Ma fra gli umanisti non vi sono soltanto begli ingegni<br />
apol<strong>it</strong>ici, fatui parlatori, romantici che fuggono la<br />
realtà; vi sono anche ispirati riformatori, «illuministi»<br />
fanatici e anz<strong>it</strong>utto instancabili pe<strong>da</strong>goghi che pensano<br />
con passione al futuro. P<strong>it</strong>tori e scultori del Rinascimento<br />
debbono a questi non soltanto l’astratto estetismo,<br />
ma anche l’idea dell’artista come eroe intellettuale<br />
e la concezione dell’arte come educatrice dell’uman<strong>it</strong>à.<br />
Sono stati loro appunto i primi a fare dell’arte un elemento<br />
essenziale della cultura intellettuale e morale.<br />
1 Cfr. j. huizinga, Das Problem der Renaissance, in Wege der Kulturgeschichte,<br />
1930, pp. 134 sgg.; g. m. trevelyan, English Social<br />
History, 1944, p. 97 [trad. <strong>it</strong>., <strong>Storia</strong> della società inglese, Torino 1948].<br />
2 j. michelet, Histoire de France, VII, Renaissance, 1855, p. 6.<br />
3 Cfr. adolf philippi, Der Begriff der Renaissance, 1912, p. 111.<br />
4 ernst troeltsch, Renaissance und Reformation, in «Historische<br />
Ze<strong>it</strong>schrift», vol. CX, 1913, p. 530.<br />
5 ernst walser, Studien zur Weltanschauung der Renaissance, 1920, in<br />
Gesammelte Studien zur Geistesgeschichte der Renaissance, 1932, p. 102.<br />
6 Cfr. karl borinski, Der Stre<strong>it</strong> um die Renaissance und die Entstehungsgeschichte<br />
der historischen Beziehungsbegriffe Renaissance und<br />
M<strong>it</strong>telalter, in «S<strong>it</strong>zungsberichte der Bayerischen Akademie der Wissenschaft»,<br />
1919, pp. 1 sgg.<br />
7 karl brandi, Die Renaissance, in Propyläen-Weltgeschichte, IV,<br />
1932, p. 160.<br />
8 werner kägi, Über die Renaissanceforschung Ernst Walsers, in<br />
ernst walser, Gesammelte Studien c<strong>it</strong>., p. xxviii.<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 89
9 Cosí, per esempio, anche in georges renard, Histoire du travail<br />
à Florence, II, 1914, p. 219.<br />
10 e. walser, Studien zur Weltanschauung ecc. c<strong>it</strong>., p.118.<br />
11 Sulla posizione di Nietzsche di fronte a Heinse, cfr. walter brecht,<br />
Heinse und der ästhetische Immoralismus, 1911, p. 62.<br />
12 w. kägi, Über die Renaissanceforschung ecc. c<strong>it</strong>., p. xli.<br />
13 j. huizinga, Herbst des M<strong>it</strong>telalters, 1928, p. 468 [trad. <strong>it</strong>., L’Autunno<br />
del Medioevo, Firenze 1942].<br />
14 <strong>da</strong>gobert frey, Gotik und Renaissance, 1929, p. 38.<br />
15 Cfr., per quanto segue, id., Gothic und Renaissance c<strong>it</strong>., p. 194.<br />
16 j. c. scaliger, Poëtices libri septem, VI, 1591, 21.<br />
17 Dagobert Frey, nella concezione dello spazio come successione o<br />
come simultane<strong>it</strong>à, indica la differenza fra la concezione artistica<br />
medievale e quella del Rinascimento; evidentemente si appoggia alla<br />
distinzione di Erwin Panofsky fra «aggregato» e «sistema» spaziale<br />
(Die Perspektive als «symbolische Form», in «Vorträge der Bibliothek<br />
Warburg», Vorträge 1924-23, Leipzig-Berlin 1927; trad. <strong>it</strong>., La prospettiva<br />
come «forma simbolica» e altri scr<strong>it</strong>ti, Milano 1961). La tesi del<br />
Panofsky riprende la teoria di Wickhoff sulla rappresentazione «continua»<br />
o «distinguente», che a sua volta può essere stata stimolata <strong>da</strong>ll’idea<br />
di Lessing del «momento pregnante».<br />
18 scaliger, Poëtices libri septem c<strong>it</strong>.<br />
19 jakob strieder, Werden und Wachsen des europäischen Frühkap<strong>it</strong>alismus,<br />
in Propyläen-Weltgeschichte, IV, 1932, p. 8.<br />
20 id., Jakob Fugger, 1926, pp. 7-8.<br />
21 werner weisbach, Renaissance als Stilbegriff, in «Historische<br />
Ze<strong>it</strong>schrift», vol. CXX, 1919, p. 262.<br />
22 henri thode, Franz von Assisi und die Anfänge der Kunst der Renaissance,<br />
1885; id., Die Renaissance, in «Bayreuther Blätter», 1899; émile<br />
gebhardt, Origines de la Renaissance en Italie, 1879; id., Italie mystique,<br />
1890; paul sabatier, Vie de Saint François d’Assise, 1893.<br />
23 konrad bur<strong>da</strong>ch, Reformation Renaissance Humanismus, 1918, p.<br />
138. 24 carl neumann, Byzantinische Kultur und Renaissancekultur, in<br />
«Historische Ze<strong>it</strong>schrift», vol. XXI, 1903, pp. 215, 228, 231.<br />
25 louis courajod, Leçons professée à l’École du Louvre, II, 1901,<br />
p. 142.<br />
26 j. strieder, Studien zur Geschichte der kap<strong>it</strong>alistichen Organisa-<br />
tionsformen, 1914, p. 57.<br />
27 julien luchaire, Les Sociétés <strong>it</strong>aliennes du XIII e au XV e siècle,<br />
1933, p. 92.<br />
28 max weber, Wirtschaft und Gesellschaft, 1922, p. 573.<br />
29 robert <strong>da</strong>vidsohn, Forschungen zur Geschichte von Florenz, IV,<br />
1908, p. 268.<br />
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 90
30 m. weber, Wirtschaft ecc. c<strong>it</strong>., p. 562.<br />
31 Ibid., p. 565.<br />
32 alfred doren, Italienische Wirtschaftsgeschichte, I, 1934, p.<br />
358. Cfr., invece, r. <strong>da</strong>vidsohn, Geschichte von Florenz, IV, 2, 1925,<br />
pp. 1-2.<br />
33 a. doren, Studien zu der Florentiner Wirtschaftsgeschichte, I,Die<br />
Florentiner Wollentuchindustrie, 1901, p. 399.<br />
34 id., Studien zu der Florentiner Wirtschaftsgeschichte, II, Das Florentiner<br />
Zunftwesen, 1908, p. 752.<br />
35 id., Die Florentiner Wollentuchindustrie c<strong>it</strong>., p. 458.<br />
36 r. <strong>da</strong>vrdsohn, Geschichte von Florenz c<strong>it</strong>., IV, 2, p. 5.<br />
37 Cfr. g. renard, Histoire du travail ecc. c<strong>it</strong>., pp. 132-33.<br />
38 a. doren, Das Florentiner Zunftwesen c<strong>it</strong>., p. 726.<br />
39 r. <strong>da</strong>vidsohn, Geschichte von Florenz c<strong>it</strong>., IV, 2, pp. 6-7.<br />
40 ferdinand schewill, History of Florence, p. 362.<br />
41 a. doren, Die Florentiner Wollentuchindustrie c<strong>it</strong>., p. 413.<br />
42 werner sombart, Der moderne Kap<strong>it</strong>alismus, I, 1902, pp. 174<br />
sgg.; georg von below, Die Entstehung des modernen Kap<strong>it</strong>alismus, in<br />
«Historische Ze<strong>it</strong>schrift», vol. XCI, 1903, pp. 433-34.<br />
43 w. sombart, Der Bourgeois, 1913.<br />
44 Cfr. jacob burckhardt, Die Kultur der Renaissance, 1908, 10 a ed.,<br />
I, pp. 26, 51 [trad. <strong>it</strong>., La civiltà del Rinascimento,4 a ed., Firenze 1943].<br />
45 m. DVO∑ÁK, Die Illuminatoren des Johann Neumarkt, in «Jahrbuch<br />
der kunstshistorischen Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses»,<br />
xxii, 1901, pp. 115 sgg.<br />
46 Cfr., per quanto segue, georg gombosi, Spinello Aretino, 1926,<br />
pp. 7-11.<br />
47 Ibid., pp. 12-14.<br />
48 bernard berenson, The Italian Painters ot the Renaissance, 1930,<br />
p. 76 [trad. <strong>it</strong>., P<strong>it</strong>tori <strong>it</strong>aliani del Rinascimento, Milano]; cfr. roberto<br />
salvini, Zur Florentiner Malerei des Trecento, in «Kr<strong>it</strong>ische Berichte zur<br />
kunstgeschichtlichen L<strong>it</strong>eratur», vi, 1937.<br />
49 adolfo gaspary, <strong>Storia</strong> della letteratura <strong>it</strong>aliana, I, 1887, p. 97.<br />
50 w. weisbach, Francesco Pesellino und die Romantik der Renais-<br />
sance, 1901, p. 13.<br />
51 julius von schlosser, Ein veronesisches Bilderbuch und die höfische<br />
Kunst des XIV. Jahrhunderts, in «Jahrbuch der kunsthistorischen<br />
Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses», 1895, vol. XVI, pp.<br />
173 sgg.<br />
52 a. gaspary, <strong>Storia</strong> della letteratura <strong>it</strong>aliana c<strong>it</strong>., I, pp. 108-9.<br />
53 wilhelm pinder, Das Problem der Generation, 1926, p. 12 e<br />
passim.<br />
54 wilhelm von bode, Die Kunst der Frührenaissance in Italien, 1923,<br />
p. 80.<br />
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 91
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
55 richard hamann, Die Frührenaissance der <strong>it</strong>alienischen Malerei,<br />
1909, pp. 2-3, 16-17; id., Geschichte der Kunst, 1932, p. 417.<br />
56 friedrich antal, Studien zur Gotik im Quattrocento, in «Jahrbuch<br />
der Preussischen Kunstsammlungen», vol. XLVI, 1925, pp.<br />
18 sgg.<br />
57 Cfr. henry pirenne, Les périodes de l’histoire <strong>sociale</strong> du cap<strong>it</strong>alisme,<br />
in «Bulletins de l’Académie Royale de Belgique», 1914, pp.<br />
259-60, 290 e passim.<br />
58 a. doren, Die Florentiner Wollentuchindustrie c<strong>it</strong>., p. 438.<br />
59 Ibid., p. 428.<br />
60 Cfr. martin wackernagel, Der Lebensraum des Künstlers in der<br />
Florentiner Renaissance, 1938, p. 214.<br />
61 a. doren, Italienische Wirtschaftsgeschichte c<strong>it</strong>., I, pp. 561-562.<br />
62 id., Das Florentiner Zunftwesen c<strong>it</strong>., p. 706.<br />
63 Ibid., pp. 709-10.<br />
64 Cfr., per quanto segue, m. wackernagel, Der Lebensraum ecc.<br />
c<strong>it</strong>., p. 234.<br />
65 Cfr. ibid., pp. 9-10.<br />
66 Ibid., p. 291.<br />
67 Ibid., pp. 289-90.<br />
68 robert sa<strong>it</strong>schick, Menschen und Kunst der <strong>it</strong>alienischen Renais-<br />
sance, 1903, p. 188.<br />
69 C<strong>it</strong>ato <strong>da</strong> alfred von reumont, Lorenzo de’ Medici, 1883, II, p.<br />
121. 70 ernst cassirer, Individuum und Kosmos in der Philosophie der<br />
Renaissance, 1927, pp. 177-78 [trad. <strong>it</strong>., Individuo e Cosmo nella filosofia<br />
del Rinascimento, Firenze 1935].<br />
71 richard hönigswald, Denker der <strong>it</strong>alienischen Renaissance, 1938,<br />
p. 25.<br />
72 Cfr. anthony blunt, Artistic Theory in Italy, 1940, p. 21.<br />
73 w. von bode, Bertoldo und Lorenzo de’ Medici, 1925, p. 14.<br />
74 id., Die Kunst der Frührenaissance ecc. c<strong>it</strong>., p. 81.<br />
75 j. burkhardt, Be<strong>it</strong>räge zur Kunstgeschichte Italiens, 1911, 2 a ed.,<br />
p. 397.<br />
76 lothar brieger, Die grossen Kunstsammler, 1931, p. 62.<br />
77 j. von schlosser, Ein veronesisches Bilderbuch ecc. c<strong>it</strong>., p. 194.<br />
78 georg voigt, Die Wiederbelebung des klassischen Altertums, 1893,<br />
3 a ed., I, p, 445.<br />
79 j. burkhardt, Die Kultur der Renaissance c<strong>it</strong>., I, p. 53.<br />
80 w b. castiglione, Il Cortegiano, 1. III, cap. XII.<br />
81 m. wackernagel, Der Lebensraum des Künstlers c<strong>it</strong>., p. 307.<br />
82 Ibid., p. 306.<br />
83 Ibid., p 307.<br />
84 m. wackernagel, Aus dem Florentiner Kunstleben der Renaissan-<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 92
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
ceze<strong>it</strong>,inVier Aufsätze über geschichtliche und gegenwärtige Faktoren des<br />
Kunstlebens, 1936, p. 13.<br />
85 thieme-becker, Allgemeines Lexikon der bildenden Künstler, III,<br />
1909.<br />
86 g. b. armenini, De’ veri precetti della p<strong>it</strong>tura, 1586.<br />
87 Cfr. albert dresdner, Die Entstehung der Künstkr<strong>it</strong>ik, 1915, pp.<br />
86-87.<br />
88 kenneth clark, Leonardo <strong>da</strong> Vinci, 1939, pp. 11-12.<br />
89 Cfr., per quanto segue, m. wackernagel, Der Lebensraum des<br />
Künstlers c<strong>it</strong>., pp. 316 sgg.<br />
90 a. dresdner, Die Entstehung der Kunstkr<strong>it</strong>ik c<strong>it</strong>., 94.<br />
91 gaye, Carteggio ined<strong>it</strong>o d’artisti dei sec. XIV-XVI, I, 1839-1840,<br />
p. 115.<br />
92 maud j. jerrold, Italy in the Renaissance, 1927, p. 35.<br />
93 h. lerner-lehmkuhl, Zur Struktur und Geschichte des florentiner<br />
Kunstmarktes im XV. Jahrhundert, pp. 28-29.<br />
94 Ibid., pp. 38-39.<br />
95 Ibid., p. 50.<br />
96 m. wackernagel, Der Lebensraum des Künstlers c<strong>it</strong>., p. 355.<br />
97 r. sa<strong>it</strong>schick, Menschen und Kunst ecc. c<strong>it</strong>., p. 199.<br />
98 paul drey, Die wirtschaftlichen Grundlagen der Malkunst, 1910,<br />
p. 46.<br />
99 Ibid., pp. 20-21.<br />
100 h. lerner-lehmkuhl, Zur Struktur und Geschichte ecc. c<strong>it</strong>., p. 34.<br />
101 r. sa<strong>it</strong>schick, Menschen und Kunst ecc. c<strong>it</strong>., p. 197.<br />
102 h. lerner-lehmkuhl, Zur Struktur und Geschichte ecc. c<strong>it</strong>., p. 54.<br />
103 a. dresdner, Die Entstehung ecc. c<strong>it</strong>., pp. 77-79.<br />
104 Ibid., p. 95.<br />
105 joseph meder, Die Handzeichnung. Ihre Technik und Entwick-<br />
lung, 1919.<br />
106 leonardo olschki, Geschichte der neusprachlichen wissenschaftlichen<br />
L<strong>it</strong>eratur, I, 1919, pp. 107-8.<br />
107 a. dresdner, Die Entstehung ecc. c<strong>it</strong>., p. 72.<br />
108 j. p. richter, The L<strong>it</strong>erary Work of Leonardo <strong>da</strong> Vinci, I, 1883,<br />
n. 653.<br />
109 r. sa<strong>it</strong>schick, Menschen und Kunst ecc. c<strong>it</strong>., pp. 185-86.<br />
110 Cfr. nel Bandello la descrizione del r<strong>it</strong>mo saltuario di Leonardo<br />
nel condurre l’affresco del Cenacolo. C<strong>it</strong>ato <strong>da</strong> k. clark, op. c<strong>it</strong>., pp.<br />
92-93.<br />
111 edgar zilsel, Die Entstehung des Geniebegriffs, 1926, p. 109.<br />
112 Cfr. dietrich schäfer, Weltgeschichte der Neuze<strong>it</strong>, 1920, 9 a ed.,<br />
pp. 13-14; j. huizinga, Wege der Kulturgeschichte, 1930, p. 130.<br />
113 julius schlosser, Die Kunstl<strong>it</strong>eratur, 1924, p. 139 [trad. <strong>it</strong>., La<br />
letteratura artistica, Firenze 1935].<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 93
Arnold Hauser <strong>Storia</strong> <strong>sociale</strong> dell’arte<br />
114 j. meder, Die Handzeichnung ecc. c<strong>it</strong>., pp. 169-70.<br />
115 k. borinski, Der Stre<strong>it</strong> um die Renaissance ecc. c<strong>it</strong>., p. 21.<br />
116 e. walser, Studien ecc. c<strong>it</strong>., pp. 104-5.<br />
117 k. borinski, Der Stre<strong>it</strong> um die Renaissance ecc. c<strong>it</strong>., pp. 32.<br />
118 philippe monnier, Le Quattrocento, II, 1901, p. 229.<br />
119 wilhelm dilthey, Weltanschauung und Analyse des Menschen<br />
se<strong>it</strong> Renaissance und Reformation, in Gesammelte Schriften, II, 1914,<br />
pp. 343 sgg.<br />
120 adolf hildebrand, Das Problem der Form in der Bildenden Kunst,<br />
1893; b. berenson, The Italian Painters ecc. c<strong>it</strong>.<br />
121 Cfr., per quanto segue, e. panofsxy, Die Perspektive als «symbolische<br />
Form», in «Vorträge der Bibliothek Warburg», 1927, p. 270<br />
(trad. <strong>it</strong>., La prospettiva come «forma simbolica» e altri scr<strong>it</strong>ti, Milano<br />
1961).<br />
122 Ibid., p. 260.<br />
123 Cfr. jacques mesnil, Die Kunstlehre der Frührenaissance im Werke<br />
Masaccios, in «Vorträge der Bibliothek Warburg», 1928, p. 127.<br />
124 La rapid<strong>it</strong>à dell’esecuzione viene celebrata anche <strong>da</strong>ll’Aretino<br />
nelle lettere al Tintoretto degli anni 1545 e 1546.<br />
125 e. zilsel, Die Entstehung ecc. c<strong>it</strong>., pp. 112-13.<br />
126 e. walser, Studien ecc. c<strong>it</strong>., p. 105.<br />
127 Cfr. j. huizinga, Erasmus, 1924, p. 123 [trad. <strong>it</strong>., Erasmo, Torino<br />
1941]; karl bücher, Die Anfänge des Ze<strong>it</strong>ungswesens, in Die Entstehung<br />
der Volkswirtschaft, 1919, 12a ed., I, p. 233.<br />
128 hans baron, Franciscan Poverty and Civic Wealth as Factors in the<br />
Rise of Humanistic Thought, in «Speculum», xiii, 1938, pp. 12, 18 sgg.;<br />
c<strong>it</strong>ato <strong>da</strong> c. e. trinkaus, Advers<strong>it</strong>y’s Noblemen, 1940, pp. 16-17.<br />
129 alfred von martin, Soziologie der Renaissance, 1932, pagine<br />
58 sgg.<br />
130 julien ben<strong>da</strong>, La trahison des clercs, 1927.<br />
131 p. monnier, Le Quattrocento c<strong>it</strong>., I, p. 334.<br />
<strong>Storia</strong> dell’arte Einaudi 94