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N°2 Luglio 2009 - Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Barcellona ...

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Ancora un’inutile riforma del processo civile<br />

L’ennesima riforma (Legge n. 69 del 18/6/09) del<br />

sistema processuale civile, pur sembrando a prima<br />

vista innovativa, con buona probabilità non sortirà<br />

– alla stregua <strong>di</strong> tutte le altre precedenti riforme<br />

sul rito <strong>degli</strong> ultimi vent’anni – l’effetto cui dovrebbe<br />

assolvere, ovvero lo spe<strong>di</strong>to smaltimento <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong><br />

cause arretrate e la celere (o meglio: l’equa) durata<br />

<strong>di</strong> una nuova lite giu<strong>di</strong>ziaria civile iniziata a partire dal<br />

4 luglio <strong>2009</strong>.<br />

Balza subito evidente che la linea <strong>di</strong> tendenza rimane<br />

quella <strong>di</strong> sempre più aggravare la responsabilità<br />

dei <strong>di</strong>fensori: termini ridotti da un anno a sei mesi per<br />

l’impugnazione della sentenza (art. 327); da un anno<br />

a 3 mesi per la riassunzione <strong>di</strong> causa cancellata ed<br />

estinzione operante d’uffi cio (art. 307); e analogamente<br />

per la riassunzione (art. 392) <strong>di</strong>nanzi al giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

rinvio dalla Cassazione; da 6 mesi a 3 mesi per la riassunzione<br />

al giu<strong>di</strong>ce competente (art. 50); decadenza<br />

dall’eccezione <strong>di</strong> incompetenza che va sollevata nella<br />

comparsa <strong>di</strong> risposta così come le eccezioni rilevabili<br />

d’uffi cio (art. 38) e correlativo obbligo <strong>di</strong> avvertimento<br />

nella vocatio in ius (art. 187, 3° comma, n. 7).<br />

Già da questi sintetici riferimenti si può intuire che<br />

non vi è stata, nell’azione del Governo e nell’operato<br />

del Legislatore quella svolta culturale e quel coraggio<br />

istituzionale per prendere atto che senza un adeguato<br />

numero <strong>di</strong> magistrati e <strong>di</strong> strutture in rapporto ai<br />

processi pendenti e alle sopravvenienti istanze <strong>di</strong> tutela<br />

giu<strong>di</strong>ziaria (e non in rapporto ai citta<strong>di</strong>ni!?, come<br />

can<strong>di</strong>damente <strong>di</strong>chiarato dalla Sottosegretaria alla<br />

Giustizia) non si risolve e non si risolverà mai il gravissimo<br />

stato <strong>di</strong> agonia della giustizia civile e <strong>di</strong> qui a<br />

qualche anno assisteremo al defi nitivo collassamento<br />

del sistema, con vergogna inemendabile <strong>di</strong>nanzi<br />

all’Europa e al Mondo intero.<br />

Più o meno in questi termini si è espressa, pubblicamente<br />

e <strong>di</strong> recente, uno dei più autorevoli (ed espliciti)<br />

magistrati italiani, la dott.ssa Romei Pasetti, Presidente<br />

della Corte <strong>di</strong> Appello <strong>di</strong> Venezia, in un <strong>di</strong>battito con<br />

il Ministro Alfano il quale, procedendo per slogans,<br />

asseriva che il processo telematico prossimo a venire<br />

e le semplifi cazioni che giungeranno dall’attuazione<br />

delle deleghe al Governo (art. 54 Legge 69/<strong>2009</strong>) risolveranno<br />

lo stato comatoso <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> cause civili<br />

pendenti. La Presidente Pasetti perentoriamente<br />

e testualmente gli replicava “Dateci più magistrati!”.<br />

È chiaro, invece, che l’attuale Governo – così come i<br />

precedenti – persevera nel solco del consolidamento<br />

in capo a un ristretto castale corpo <strong>di</strong> magistrati <strong>di</strong> un<br />

ridotto contenzioso <strong>di</strong> “serie A”.<br />

Ai Giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Pace, infatti, con la riforma è stata ampliata<br />

la competenza (€ 5.000,00 per le cause relative a<br />

beni mobili e € 20.000,00 per sinistri stradali) che ora è<br />

prossima a quella dell’ex Pretura, istituzione giu<strong>di</strong>ziaria<br />

che a detta <strong>di</strong> tutti gli operatori aveva dato grande<br />

affi dabilità e pronta risposta ai citta<strong>di</strong>ni.<br />

In verità, non si è avuto il coraggio <strong>di</strong> consentire ai<br />

Giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Pace <strong>di</strong> decidere tutte le cause secondo<br />

equità, ma questo è un altro complicato <strong>di</strong>scorso che<br />

involge il problema della selezione, su cui i Governi si<br />

sono comportati da “struzzi”.<br />

A tal proposito, non può non parlarsi dello smisurato<br />

numero <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ci onorari senza rango ai quali tabellarmente<br />

i Presidenti dei Tribunali e i Consigli Giu<strong>di</strong>ziari<br />

spesso affi dano ruoli al <strong>di</strong> fuori della già più che<br />

ampia <strong>di</strong>rettiva della Circolare del CSM in materia,<br />

sgravando i “togati” ma senza corrispondente garanzia<br />

né <strong>di</strong> celerità né <strong>di</strong> qualità del processo.<br />

Ma veniamo al tanto sban<strong>di</strong>erato “proce<strong>di</strong>mento<br />

sommario <strong>di</strong> cognizione” (art. 702 bis, 702, ter, 702<br />

quarter) che già tra gli esperti processualcivilisti ha<br />

sollevato aspre critiche per la non applicabilità a tutte<br />

le cause e per la concentrazione nelle mani del Giu<strong>di</strong>ce<br />

<strong>di</strong> un super – potere insindacabile <strong>di</strong> decidere se o<br />

non adottarlo (art. 702 ter, commi II e III “con or<strong>di</strong>nanza<br />

non impugnabile”, che si deve ritenere estensibile<br />

anche all’ipotesi del comma IV in caso <strong>di</strong>sponga la<br />

separazione della trattazione della domanda riconvenzionale)<br />

e ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> procedere senza vincoli <strong>di</strong><br />

rito agli atti <strong>di</strong> istruzione rilevanti (art. 702 ter, comma<br />

V: “procede nel modo che ritiene più opportuno”),<br />

quasi fosse un “Taumaturgo” o meglio un “Deus”, al<br />

quale i citta<strong>di</strong>ni e i loro <strong>di</strong>fensori (fantoccio) debbano<br />

esser proni per la celebrazione <strong>di</strong> un “rito” che nulla<br />

ha a che fare con il “processo”.<br />

Il guaio è che secondo la delega [Legge n. 69/<strong>2009</strong><br />

art. 54, 4° comma, lett. b), n. 2)] al modello del processo<br />

sommario sopra descritto dovranno essere<br />

ricondotti “tutti i proce<strong>di</strong>menti, anche se in camera<br />

<strong>di</strong> consiglio”.<br />

Si può dunque agevolmente comprendere qual’è<br />

il modus cogitan<strong>di</strong> dei nostri legislatori: celebrare<br />

processi dove la <strong>di</strong>fesa è vista come ostacolo alla<br />

celerità e non come collaborazione virtuosa per una<br />

decisione giusta equa imparziale e secondo tempi ragionevoli,<br />

che non vuol <strong>di</strong>re fare presto ad ogni costo,<br />

persino del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> dover <strong>di</strong>fendersi da un processo<br />

o da un giu<strong>di</strong>ce “legibus solutus”.<br />

Con quanto appena rilevato fa il paio la nuova <strong>di</strong>sposizione<br />

(art. 132) con cui il giu<strong>di</strong>ce (anche <strong>di</strong> appello)<br />

emette la sentenza senza più l’esposizione dello<br />

svolgimento del processo. Si tratta <strong>di</strong> un palese arretramento<br />

nell’evoluzione della civiltà del processo,<br />

costringerà il Giu<strong>di</strong>ce d’appello a compulsare l’intero<br />

incartamento (se ne avrà voglia e tempo?!) e non consentirà<br />

una opportuna ricostruzione della causa né al<br />

citta<strong>di</strong>no, né al suo <strong>di</strong>fensore né ai giu<strong>di</strong>ci dei gra<strong>di</strong><br />

superiori, asfi ssiando la <strong>di</strong>fesa e la decisione.<br />

Il culmine <strong>di</strong> tale esecrabile concezione dell’annichilimento<br />

del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> accesso al processo, faticosamente<br />

raggiunto dal dopoguerra ad oggi, è costituito<br />

dalla istituzione della “Sezione fi ltro” la quale (artt.<br />

376 – 380 bis) – a quel che è dato supporre in base alla<br />

lettura del <strong>di</strong>sposto normativo ma ancor più secondo<br />

le ripetute esternazioni dello stesso Presidente della<br />

S.C. – opererà con l’effi cacia della Scure.<br />

Quel che poi preoccupa coloro che credono nella<br />

tra<strong>di</strong>zione del “Civil law” è la nuova norma (360 bis)<br />

che snatura il nostro sistema con l’intento <strong>di</strong> avvicinarlo<br />

a quelli <strong>di</strong> “Common Law” me<strong>di</strong>ante l’estensione<br />

del principio <strong>di</strong> conformità ai precedenti della Corte <strong>di</strong><br />

Cassazione anche nel giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> merito. Tale scelta<br />

è fortemente opinabile, potendosi ben prevedere che<br />

andrà ad immiserire l’attuale quadro giurisprudenziale<br />

caratterizzato da una costante provvidenziale evoluzione<br />

che fa da contrappeso al frenetico incalzare<br />

<strong>di</strong> nuove leggi sostanziali e processuali, quasi sempre<br />

varate in stato d’emergenza e senza un suffi ciente<br />

grado <strong>di</strong> chiarezza completezza e qualità testuale e<br />

concettuale.<br />

Come si può capire, allora, a farne le spese sono il<br />

<strong>di</strong>fensore e il cliente, sempre più in balia delle onde<br />

che ostacolano il corso della navigazione ove i <strong>di</strong>ritti<br />

sostanziali sono sottoposti al pericolo costante dei<br />

mulinelli delle insi<strong>di</strong>e procedurali, cui soccombono<br />

prima ancora <strong>di</strong> essere issati sull’albero.<br />

Infi ne, la stretta sul regime delle spese processuali<br />

(artt. 92 e 96) con la estensione del potere del Giu<strong>di</strong>ce<br />

<strong>di</strong> compensarle anche fuori del caso <strong>di</strong> soccombenza<br />

reciproca (art. 92) e con la previsione <strong>di</strong> un ulteriore<br />

condanna <strong>di</strong> tipo punitivo (art. 96, 3° comma): entrambe<br />

le “novità” affi dano al Giu<strong>di</strong>ce un potere svincolato<br />

da riferimenti certi, lasciato quin<strong>di</strong> alla più ampia <strong>di</strong>screzionalità.<br />

L’unica potenziale utile innovazione potrebbe essere<br />

quella dell’obbligo per il Giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> calendarizzare<br />

il processo (art. 81 bis) nel momento in cui provvede<br />

sulle richieste istruttorie.<br />

Ma tale brillante e civilissima “idea” del legislatore<br />

si infrangerà con l’immane carico <strong>di</strong> lavoro dei Giu<strong>di</strong>ci,<br />

i quali non <strong>di</strong>sporranno nemmeno dei calendari ancora<br />

in corso <strong>di</strong> stampa, con conseguente persistente<br />

mortifi cazione del <strong>di</strong>ritto delle parti ad un processo<br />

giusto e celere anche per le cause a venire.<br />

Come responsabilmente ha affermato il nostro presidente<br />

del CNF, prof. Avv. Guido Alpa, l’Avvocatura,<br />

pur non con<strong>di</strong>videndo la riforma, si adopererà per farla<br />

applicare, ma urge uno sforzo per ad<strong>di</strong>venire a una<br />

“vera” riforma della Giustizia. E, aggiungiamo noi, non<br />

saranno più tollerati rattoppi e pannicelli con il solo<br />

scopo <strong>di</strong> rabbonire per qualche anno gli organismi europei:<br />

tutti sanno che l’impianto <strong>di</strong> questa legge deriva<br />

dalla proposta dell’ex ministro Mastella, ed infatti il<br />

testo è giunto in Parlamento con una salda blindatura<br />

su cui nulla da obiettare ha avuto la minoranza, resasi<br />

quin<strong>di</strong> complice <strong>di</strong> tale demagogico intervento.<br />

Vero è che il nostro modello processuale civile è<br />

imperniato, dal dopoguerra e secondo la struttura<br />

Avv. Francesco Russo<br />

PRESIDENTE DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI<br />

DI BARCELLONA P.G.<br />

X<br />

datagli da Calamandrei, sulla scia<br />

della moderna opzione pubblicistica<br />

(Chiovenda) dove il Giu<strong>di</strong>ce<br />

deve <strong>di</strong>rigere il processo con il fi ne<br />

dell’utilità collettiva, ma è altrettanto<br />

vera e drammatica la realtà dei<br />

fatti, ovvero che l’attuale processo<br />

non è <strong>di</strong> nessuna utilità sociale e<br />

neanche in<strong>di</strong>viduale. I citta<strong>di</strong>ni,<br />

quando iniziano una causa, hanno<br />

interesse a che un giu<strong>di</strong>ce la decida<br />

subito (al massimo in un paio<br />

d’anni!) con l’apporto operoso dei<br />

<strong>di</strong>fensori in un contesto <strong>di</strong> regole<br />

semplici certe e rispettose, nelle<br />

forme, della Sostanza.<br />

Si assiste, invece, al predominio<br />

delle regole che, sempre più farraginose<br />

e punitive, vanifi cano la<br />

sostanza e i <strong>di</strong>ritti con l’opera del<br />

<strong>di</strong>fensore che si infrange sui mille<br />

perigli processuali, creati ad hoc<br />

non per garantire risposte serie ai<br />

citta<strong>di</strong>ni ma solo con la preoccupazione<br />

<strong>di</strong> tamponare le inarrestabili<br />

impietose infrazioni e condanne<br />

dell’Europa contro lo Stato Italiano.<br />

Quousque tandem, signor Ministro,<br />

si continuerà ad abusare della<br />

“pazienza” <strong>degli</strong> avvocati? E se la<br />

pazienza <strong>degli</strong> avvocati si incrinerà,<br />

i clienti sopporteranno con uguale<br />

abnegazione?<br />

L’EDITORIALE<br />

L’EDITORIALE<br />

PA 3

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