Roberto Roversi - Gli Amici di Luca
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12<br />
MI RICORDO DI TE<br />
questo appuntamento quoti<strong>di</strong>ano, e<br />
sapendo che tendevo ad addormentarmi<br />
verso mezzanotte, stava<br />
attento a chiamare prima, per non<br />
svegliarmi nel primo sonno.<br />
Quando, alle un<strong>di</strong>ci e mezzo <strong>di</strong><br />
quel maledetto mercoledì, mentre<br />
guardavo ignara la televisione in<br />
attesa della telefonata <strong>di</strong> mezzanotte,<br />
il nostro piccolo rito, c’era una<br />
seduta parlamentare dopocena per<br />
la finanziaria che era alla stretta<br />
finale, Nino, come mi è stato riferito<br />
dopo da qualcuno, era stato a<br />
cena <strong>di</strong> ottimo umore, brillante e<br />
spiritoso, ed ecco, in un secondo<br />
tutti i fondamenti su cui poggiava<br />
la mia vita sono stati rasi al suolo.<br />
Ha squillato il telefono, ma era<br />
Castagnetti che con voce grave mi<br />
comunicava “Nino si è sentito<br />
male; molto male”, ho chiesto,<br />
pensando al caso <strong>di</strong> suo padre,<br />
quando con questa formula avevano<br />
pensato <strong>di</strong> prepararci al fatto<br />
che era morto “Ma è vivo?”, e<br />
quando mi ha risposto <strong>di</strong> sì per un<br />
attimo ho pensato “C’è già passato.<br />
E così forte. Si riprenderà e li stupirà<br />
tutti”.<br />
La mamma <strong>di</strong> Nino era caduta in<br />
coma a 87 anni, si era ripresa dopo<br />
meno <strong>di</strong> una settimana ed era vissuta<br />
fino ai 92, la sua esperienza del<br />
risveglio dal coma e della vita che<br />
era durata ancora anni mi infondeva<br />
coraggio a proposito del malore<br />
<strong>di</strong> Nino.<br />
Ci tennero ore ed ore in attesa <strong>di</strong><br />
una prognosi, in questo ospedaletto<br />
sporco, cicche e cartacce dappertutto,<br />
con i riccioli <strong>di</strong> polvere per terra<br />
come neanche in Turchia quando<br />
mi ero rotta la gamba, c’era a malapena<br />
da sedere su durissime panche,<br />
insufficienti a contenerci tutti.<br />
Si entrava in un mondo in cui la<br />
vita appare un percorso accidentato<br />
che fluisce fra Tac, Rsm, Emogas,<br />
shant, potenziali evocati, eeg, ecg e<br />
mille altre mirabilia <strong>di</strong>agnostiche<br />
che sembrano voler suggerire l’idea<br />
che la me<strong>di</strong>cina è efficiente e fun-<br />
zionale, e solo l’imperfezione della<br />
macchina umana impe<strong>di</strong>sce che le<br />
cure risolvano: è il paziente che tra<strong>di</strong>sce<br />
le aspettative fino al supremo<br />
sberleffo <strong>di</strong> morire.<br />
Finalmente uscì il primario, gentile<br />
ma non incoraggiante, ci <strong>di</strong>sse che<br />
si era trattato <strong>di</strong> un arresto car<strong>di</strong>aco,<br />
che l’anossia era stata prolungata,<br />
che c’era il rischio <strong>di</strong> una polmonite<br />
ab ingestis, poi ci concesse <strong>di</strong><br />
vederlo. Bardati con le sovrascarpe,<br />
il berretto, la maschera e l’orribile<br />
camice verde <strong>di</strong> tessuto non tessu-<br />
“La neurologa si aperse ad<br />
una cautissima speranza.<br />
Benedetta sia la neurologa.<br />
Che importa che si fosse<br />
sbagliata! Aveva risollevato<br />
per qualche tempo<br />
il nostro umore dall’abisso<br />
in cui era precipitato”<br />
to, che faceva un caldo innaturale,<br />
fummo ammessi alla sua presenza.<br />
Nella comunione che c’era fra me e<br />
lui, il cuore in tumulto, sentii una<br />
lacerazione senza rime<strong>di</strong>o: il suo<br />
corpo era lì, ma lui se ne era andato<br />
e in quel momento sentii che era<br />
per sempre. Una vita piena <strong>di</strong> emozioni,<br />
<strong>di</strong> sentimenti, <strong>di</strong> progetti, <strong>di</strong><br />
desideri, <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorsi appena iniziati<br />
e rimandati a momenti più propizi,<br />
si spegne in un secondo e non rimane<br />
più niente. Poi naturalmente il<br />
fatto che pian piano si stabilizzasse<br />
e non fosse più in pericolo <strong>di</strong> vita<br />
mi fece cambiare idea, forse ce l’avrebbe<br />
fatta, forse anche lui, come<br />
tanti, si sarebbe svegliato. Ci venivano<br />
riferiti continuamente esempi<br />
<strong>di</strong> conoscenti che si erano ripresi<br />
dopo mesi.<br />
La vita <strong>di</strong> noi tutti era come svuotata,<br />
si era prodotto uno squarcio<br />
che ci lasciava esangui, ma dove-<br />
vamo continuare a credere e a sperare.<br />
Chiamammo alcuni luminari a<br />
consulto. Furono spietati, ebbero<br />
parole durissime senza considerare<br />
il nostro stato; capisco, non volevano<br />
ci facessimo illusioni, ma c’è<br />
<strong>di</strong>fferenza tra la comunicazione<br />
brutale e una stupida bugia ottimista.<br />
Davano tutti l’impressione <strong>di</strong><br />
essere solo preoccupati della figura<br />
che avrebbero fatto, <strong>di</strong> cosa si<br />
sarebbe potuto <strong>di</strong>re se avessero<br />
lasciato in noi speranze destinate a<br />
rivelarsi fallaci. “Che non si <strong>di</strong>ca<br />
che non è stato fatto tutto” fu una<br />
frase comunicata alla stampa. “Che<br />
non si <strong>di</strong>ca?!?”. Quello contava.<br />
Che non si potesse eccepire, non<br />
che si facesse tutto per salvarlo. Il<br />
più umano fu il primario, e la neurologa<br />
commise proprio quell’errore<br />
che gli altri volevano evitare,<br />
si aperse ad una cautissima speranza.<br />
Benedetta sia la neurologa. Che<br />
importa che si fosse sbagliata!<br />
Aveva risollevato per qualche<br />
tempo il nostro umore dall’abisso<br />
in cui era precipitato.<br />
Dopo un periodo a terapia intensiva<br />
al Sant’Orsola <strong>di</strong> Bologna, un<br />
reparto silenzioso, immacolato,<br />
con box in<strong>di</strong>viduali, che mi sembrava<br />
appartenere a un altro<br />
mondo rispetto al San Giacomo,<br />
dove gli hanno praticato una<br />
gastrostomia per introdurre la