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Geocentro Magazine - numero 6 - novembre/dicembre 2009

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Justine Lee (grande), Ishida Shunji (piccola) - Rpbw, Renzo Piano Building Workshop<br />

della più terribile intolleranza che la storia dell’umanità<br />

avesse mai registrato” veniva ricostruito da 5.000 persone<br />

fra cui turchi, egiziani, russi, insomma razze e nazionalità<br />

che venivano da ogni parte del mondo. E l’architettura è<br />

anche questo. Cambiare il mondo. Sostituire “un luogo di<br />

intolleranza con un luogo di tolleranza”.<br />

Il centro culturale Jean Marie Tjibaou e il canto degli edifici<br />

Da Berlino al Pacifico. In Nuova Caledonia, dove lo studio<br />

di Renzo Piano ha progettato il primo ed unico Centro<br />

Culturale del Pacifico, un complesso composto da dieci<br />

edifici intitolato alla memoria di Jean Marie Tjibaou, leader<br />

del popolo kanaki, una delle tre grandi etnie del Pacifico<br />

insieme ai maori e agli aborigeni. Un popolo la cui cultura è<br />

sostanzialmente del gesto, del movimento, della danza, del<br />

suono e del teatro.<br />

Il materiale usato per la realizzazione degli edifici è il<br />

legno, “antico come il mondo e che si può reinventare<br />

all’infinito”. Un’energia naturale perché “cresce con il<br />

sole, il vento e l’acqua”. E che, in questo caso, è stato<br />

scelto perché parte della cultura locale. “Questo è un<br />

progetto interessante – sottolinea Piano – perché si<br />

colloca a metà strada tra l’architettura e l’antropologia”.<br />

L’architetto, infatti, “deve essere anche antropologo,<br />

deve capire le persone”, la loro cultura. “Quando gli<br />

alisei soffiano, questi edifici iniziano a cantare, hanno<br />

un suono. Se ci pensate, anche queste sono cose rubate,<br />

ad una cultura”. E non è un caso che i kanaki abbiano<br />

riconosciuto il complesso come edificio loro.<br />

La sede del New York Times. La luce e i colori della<br />

‘Grande mela’<br />

“New York è una città che amo, una città atmosferica che alla<br />

sera, quando c’è il sole, diventa tutta rossa. Dopo la pioggia è<br />

tutta blu. E’ una città che cambia in continuazione. L’idea di<br />

partenza nel costruire la sede del New York Times - racconta<br />

Piano - era di fare una torre, alta 250 metri, dove catturare<br />

questa mobilità della luce, del colore, attraverso la ceramica”.<br />

Tenendo conto “che gli edifici catturano la luce, prendono<br />

il colore della luce”, per ottenere l’effetto desiderato, spiega<br />

l’architetto genovese, si pensò alla ceramica e vennero<br />

progettate e realizzate 360.00 ‘baguette’ di ceramica bianca.<br />

Come sempre in architettura le scelte partono da ragioni molto<br />

pratiche. “Se devi realizzare un edificio a torre - continua Piano -<br />

fai un vetro trasparente per bloccare il gradiente termico oppure<br />

ciò che abbiamo fatto noi. Se si calcola con attenzione il ritmo<br />

delle ‘baguette’ fai qualcosa che non riceve mai direttamente<br />

il sole, ma dall’interno vedi fuori. Ed è ciò che abbiamo fatto,<br />

lavorando su questa logica in modo rigoroso. Anche qui è la<br />

pura forza della necessità che ti guida”.<br />

E il risultato è che l’edificio del New York Times, come<br />

si vede da un’immagine, “prende la luce, mentre gli altri<br />

non la prendono. E’ un edificio metamorfico e le ‘baguette’<br />

hanno un loro ruolo preciso”.<br />

La California Academy of Sciences e la sostenibilità<br />

ambientale: un edificio che respira e vive al ritmo della terra<br />

Altra immagine. “Qui siamo in California a San<br />

Francisco e questa è la California Academy of Sciences.<br />

California Academy of Sciences - San Francisco<br />

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