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Nanni Moretti, Angelo Barbagallo e la troupe sul set di Caro Diario.


LA ROMA DI MORETTI<br />

Una mostra organizzata da Francesco Pettarin e Massimo Iacobelli<br />

con la collaborazione della Sacher Produzioni


Ci sono molti modi attraverso i quali si può promuovere l’immagine di una città.<br />

Esaltarne le bellezze e la storia e su questo credo che per una città come Roma il compito sia molto ridotto<br />

data la ricchezza e l’eccezionalità di offerta che, possiamo dire, parla da sola. Proporre nuovi servizi ed<br />

opportunità per i visitatori, in tale senso la nostra amministrazione ha concentrato il massimo dell’impegno<br />

e delle risorse ottenendo risultati che definirei apprezzabili. Riscoprire e reinventare la propria vocazione,<br />

questa è la scommessa più difficile e nel caso della nostra città, proprio perché carica di segni forti del proprio<br />

essere, addirittura azzardata.<br />

Rivedersi nello specchio delle opere degli autori che l’hanno narrata può essere una bussola importante in un<br />

percorso che vuole trovare il nuovo ma non può tradire il passato.<br />

Per questo abbiamo apprezzato l’idea dei giovani di Armilla che ci propongono di gettare un nuovo sguardo<br />

sulla città attraverso i lavori di un regista come Nanni Moretti che ha saputo cogliere con sguardo attento e a<br />

volte critico momenti importanti della nostra storia comune.<br />

Il Vice Sindaco di Roma, Mariapia Garavaglia


L'impegno dell'Associazione Culturale Armilla Eventi nel progettare il ciclo di mostre dal titolo "La Roma di..",<br />

nasce dalla volontà dei suoi giovani soci di occuparsi di cinema come mezzo per esplorare il complesso rapporto<br />

tra arte e tessuto urbano. Il racconto fatto di immagini e parole trasforma i luoghi mentre li percorre e ce<br />

li restituisce vivi, vissuti... personali.<br />

Inaugurare questa panoramica su Roma con le immagini di Nanni Moretti, significa partire da una visione timida<br />

e allo stesso tempo intima e profonda della Città eterna, capace di raccontarne la modernità e la quotidianità<br />

attraverso uno sguardo singolare, critico e affettuoso.<br />

Non è un caso che ad ospitare questa mostra sia una "capsula" trasparente collocata alla Stazione Termini,<br />

luogo di passaggi e attraversamenti per antonomasia, cuore della città e dei suoi scambi, punto di partenza<br />

ideale per un racconto su Roma, che allo stesso tempo guarda e si fa guardare.<br />

Il Presidente dell'Associazione Culturale Armilla Eventi, Giovanna Calisti


La macchina da presa si muove definendo il territorio come set.<br />

A partire da questo movimento il territorio produce significati trascendendo il proprio essere fisico per assurgere<br />

al ruolo di icona. Tale meccanismo si rivela particolarmente rilevante quando il territorio è rappresentato da<br />

un tessuto urbano, di per sé “foresta di simboli”. Si crea allora uno scambio intensissimo tra i due media, la città<br />

e il cinema, che ci consente di intuire nuove dimensioni dell’una e dell’altro. Scopriamo così piani paralleli della<br />

narrazione squarci del modo di essere e di abitare del film, partecipazioni inusuali dei suoi possibili spettatori.<br />

Il cinema di Moretti è un cinema fatto di storie, spesso narrate a volte appena accennate e che possiamo solo<br />

intuire, forse anche per questo il suo rapporto con la città/set non può essere compreso e compresso in un’unica<br />

tipologia, da qui la scelta della mostra di rispettare nella scansione delle immagini un’organizzazione legata<br />

alla successione dei diversi film.<br />

Roma ne risulta narrata con un’intensità straordinaria, inversamente proporzionale alla retorica del gesto che<br />

è totalmente assente, diventa di volta in volta contestualizzazione sociologica, specchio dei sentimenti, sfondo<br />

alienato ed alienante ma mai cartolina o scorciatoia narrativa, mai mero meccanismo.<br />

Questo rappresenta per noi una testimonianza di amore e di partecipazione non facili (e come potrebbe essere<br />

altrimenti) spesso anche conflittuali ma ricche e capaci di produrre senso.<br />

Siamo affezionati alla Roma di Moretti perché è quella che abbiamo vissuto e viviamo, giorno dopo giorno,<br />

come sfondo quotidiano delle nostre vite, del nostro lavoro, che ci sostiene nei momenti difficili perché ci ha<br />

convinto che la fatica di vivere è più lieve nella sua cornice magica. Questo sentimento si traduce in pratica esistenziale<br />

nell’azione del girovagare senza meta, a piedi in macchina in bicicletta … in vespa, esercitando così<br />

la forza di attraversarla ridefinendone la geografia e di farci condurre cedendo al suo potere. La sequenza in<br />

vespa di “Caro Diario” non poteva essere ridotta a singole immagini, non poteva che essere riproposta per quello<br />

che è, il movimento che si fa dominio, che si fa dominare.<br />

Francesco Pettarin


VITA E CINEMA DI NANNI MORETTI<br />

Nonostante sia considerato un romano doc, Giovanni Moretti nasce a Brunico (BZ) dove i genitori si trovano in<br />

vacanza, il 19 agosto del 1953. Figlio di un docente universitario e di una professoressa di liceo, Nanni coltiva<br />

fin da giovanissimo le sue due più grandi passioni, la pallanuoto ed il cinema, frequenta il liceo classico<br />

Lucrezio Caro e si impegna in gruppi politici extraparlamentari di ispirazione trotzkista.<br />

L'esordio cinematografico di Moretti arriva nel 1973, quando compra la prima cinepresa e realizza in super8 La<br />

sconfitta e Paté de bourgeois. L'anno dopo gira una parodia dei Promessi Sposi dal titolo Come parli fratè,<br />

in cui il giovane regista veste i panni di Don Rodrigo. Tra i protagonisti, Beniamino Placido nei panni del Conte<br />

zio. Nel 1976 esce il primo lungometraggio del regista, Io sono un autarchico, un piccolo caso nei filmclub<br />

romani con i "cinephiles" che si passano la voce. Il successo al botteghino vero e proprio arriva l'anno dopo<br />

con Ecce Bombo che narra le avventure di giovani sfaccendati, annoiati da loro stessi. Si delineano in questi<br />

primi due film alcuni degli elementi ricorrenti del cinema di Moretti, come l'ironia e il disagio esistenziale e compare<br />

per la prima volta sulla scena l’alter ego del regista, Michele Apicella (lo stesso cognome della madre di<br />

Nanni), che ritroveremo nella maggior parte dei suoi film.<br />

Il terzo lungometraggio esce nel 1981, Sogni d'oro, caustica critica al mondo del cinema e riflessione sul<br />

disfarsi della famiglia patriarcale. Per questo film riceve il premio speciale della giuria a Venezia anche se nelle<br />

sale non arriva il successo sperato. A distanza di tre anni esce Bianca (1984), noir irriverente, racconto comico<br />

e disperato sull'amore e le manie di un insegnante di matematica.<br />

Il suo quinto lungometraggio, La messa è finita, (1986) viene premiato con l'Orso d'argento a Berlino. Il film<br />

è la storia di un prete che dopo alcuni anni passati in provincia, torna a Roma dove ritrova gli amici di scuola e<br />

di partito. Un racconto che si allontana dallo stile grottesco dei suoi precedenti, che mette a confronto le utopie<br />

e le speranze del Sessantotto con le inquietudini e le contraddizioni del mestiere di un "piccolo" sacerdote.<br />

Con Angelo Barbagallo fonda nel 1987 la Sacher Produzioni con cui realizza il primo film di Carlo Mazzacurati,<br />

Notte italiana e, l'anno dopo, l'opera prima di Daniele Luchetti dal titolo Domani accadrà.<br />

Nel 1989 esce Palombella Rossa, primo film di Moretti prodotto dalla Sacher, in cui si affronta in modo esplicito<br />

la crisi del PCI in uno scenario metafisico di una partita di pallanuoto. Mentre la maggior parte delle sequenze<br />

sono girate ad Acireale, la scena finale si svolge al Circo Massimo, dove un emblematico sole rosso sorge<br />

su una folla ipnotizzata. In pieno stravolgimento politico del Partito Comunista, nel 1990 Moretti gira La Cosa,<br />

un mediometraggio di un'ora, un collage di dichiarazioni e dibattiti sul nascente PDS. Il titolo di questo documentario<br />

è tratto da una dichiarazione rilasciata da Achille Occhetto sulla nuova forma di partito che va delineandosi.<br />

Un anno dopo, produce ed interpreta Il Portaborse, di Daniele Luchetti, che esce in sala tra le polemiche<br />

per la sua impietosa descrizione del mondo politico. Nello stesso anno, inaugura a Trastevere il Nuovo<br />

Sacher, ristrutturando un vecchio cinema destinato alla chiusura, con l'intento di dare visibilità a film che non


ientrano nei circuiti commerciali. Con i muri freschi di vernice, la prima pellicola proiettata è Riff Raff di Kenneth<br />

Loach. Una nuova energia sembra uscire da Caro Diario (1993) film diviso in tre episodi (In vespa, Isole,<br />

Medici) in cui Moretti interpreta se stesso, facendo scomparire il suo doppio filmico, Michele Apicella. Il disagio<br />

esistenziale che era presente nei suoi primi film lascia ora il posto ad un amore dichiarato per la realtà che lo<br />

circonda. In questa occasione "lo splendido quarantenne" ci regala una delle cartoline più belle di Roma con<br />

una storica passeggiata su due ruote, dal centro alla periferia della Capitale.<br />

Nello stesso anno Nanni Moretti lascia la machina da presa e si cala nei panni di una vittima del brigatismo in<br />

La seconda volta di Mimmo Calopresti, film dove recita al fianco di Valeria Bruni Tedeschi.<br />

La svolta narrativa di Caro Diario si arricchisce di nuove sfumature con il film successivo, Aprile, del 1998. Con<br />

uno stile vicino alla cronaca, viene raccontata la nascita del figlio Pietro e la vittoria del Centro-sinistra alle elezioni,<br />

con un Moretti tenero e dalla passionalità politica che sembra trovare nuovo vigore. Da questo momento<br />

il regista si schiererà mediaticamente a favore di un rinnovamento radicale della sinistra italiana, e scenderà<br />

in piazza con "i movimenti" per partecipare a quella primavera politica che in seguito verrà in parte disillusa.<br />

La peculiare comicità morettiana viene messa da parte per raccontare il dramma emotivo del film successivo,<br />

La stanza del figlio (2001). La storia di un lutto e della sua difficile elaborazione da parte di uno psicologo e<br />

della sua famiglia. Il film, tutto ambientato ad Ancona, vede la partecipazione di Laura Morante, già protagonista<br />

del film Bianca.<br />

A chiudere, Il Caimano (2006), trionfatore nelle sale e nelle polemiche, storia che parla di amore, di cinema e<br />

di politica, ma soprattutto un tentativo di fotografare l'Italia e i suoi cambiamenti dagli anni Ottanta ad oggi. Il<br />

Caimano è vincitore di sei David di Donatello 2006, del Premio della critica assegnato dalla Film Commission<br />

Torino Piemonte ed è stato in concorso al 59° Festival di Cannes acclamato dalla critica.<br />

Massimo Iacobelli


PER NANNI MORETTI IN NOME DI ROMA<br />

Notti romane in quel della Lungara, dalle parti delle carceri e del Giardino Botanico. All’epoca del cineclub<br />

Filmstudio sopravvive solo il Filmstudio. Fu lì che si consacrò il destino di Nanni Moretti. Lì, per i collezionisti<br />

di cinema e per la prima volta davvero in sala, furono programmati Io sono un autarchico e i suoi precedenti<br />

filmini in superotto. Lì, questo ragazzo prodigio di quartieri altri rispetto a Trastevere iniziò la sua carriera di regista-scrittore,<br />

ovvero di autore. E lì apparsi anche io, quartiere Trieste, nei panni di uno tra i suoi attori minori,<br />

pescati negli ambienti intellettuali romani (ad esempio Beniamino Placido: allora al quartiere Prati). Nelle sceneggiature<br />

di Moretti, infatti, avevo avuto – ed ebbi ancora per qualche suo altro film – il ruolo del “critico stronzo”,<br />

caratterista e testimonial di un ceto tipico di Roma Capitale: saccente, antipatico, vuoto e un poco corrotto.<br />

Chi insomma si ostinava e ancora si ostina (infine anche Nanni, da adulto, con i suoi girotondi di ceti professional-democratici)<br />

a fare da tappo para-istituzionale alla libera creatività di una gioventù stretta tra troppe<br />

generazioni di nonni, padri e fratelli maggiori.<br />

Una città come Roma, non diversamente da ogni altra grande città ma in questo caso all’ennesima potenza,<br />

ha tante anime, ovvero tanti territori. Se penso al legame tra Nanni e Roma, non penso al modo in cui ci ha<br />

fatto vedere determinati luoghi di una geografia sentimentale, non monumentale (ad esempio la Garbatella);<br />

non penso neppure a Cinecittà e dunque al luogo e alla vicenda cinematografica che lo aveva costretto a dialoghi<br />

“arrabbiati” con Sordi e tutti gli altri “mostri” di un cinema di consumo e di successo da sberleffare e sconfiggere,<br />

pena l’impossibilità per lui di fare cinema. Penso invece a uno strato sociale, a un ambiente culturale,<br />

a una trama di strade e palazzine in cui si allocavano le famiglie di un ceto che a Roma – storica città di Licei<br />

e Università che allora contavano – aveva un suo peso su chi, in quel tempo lontano, si affacciava al mondo<br />

urbano ponendosi l’interrogativo su quale scelta professionale fare “da grandi”. Weber parlava di vocazioni, ma<br />

anche di “corazze”. Nanni scelse da subito di fare il regista più ancora che il cinema. Altri, non avendo altrettanta<br />

volontà di preveggenza, si sono fatti irretire nei ruoli del medico o dell’ingegnere o del politico o del professore,<br />

come era accaduto a me, figlio di una insegnante, quando Nanni era ancora uno studente, figlio a sua<br />

volta di una insegnante e di un docente universitario.<br />

Ecco la Roma che ha legato me e Nanni nello stesso vincolo territoriale: una comune genesi d’area professorale<br />

e romanocentrica. Ecco perché mi fece interpretare la parte dello “stronzo”. No, la cosa è più complessa:<br />

a suo padre e sua madre, Nanni non ha fatto recitare parti sgradevoli (semmai paradossali) ed anzi li ha usati<br />

per mettersi a nudo sul piano a lui più caro di una corrosiva sensibilità intimista. Io non avevo un padre universitario<br />

(ma vitellone, giocatore d’azzardo, tecnico del suono a Cinecittà, infine ragioniere al Ministero<br />

dell’Agricoltura) e dunque l’affinità con Nanni si restringeva ad avere in comune due madri insegnanti: mitiche,<br />

seppure diversamente, per molti genitori romani. Se insisto su queste affinità e differenze tra me e lui, è per<br />

spiegare la mia tesi su Nanni-città: la Roma morettiana di cui sto parlando può essere un peso dell’anima ma


anche un tabù. Vanno dunque cercate altre figure a cui i figli come Nanni potessero affidare una immagine<br />

espiatoria. Potevo essere oggetto di rifiuto per Moretti – io che amavo Hollywood e non il cinema d’autore –<br />

perché facevo parte di una costellazione familiare diversa, quella dei fratelli maggiori. E Nanni ne ha uno,<br />

Franco Moretti, anche lui professore, divenuto anglista di grande prestigio. Franco vive in America, Roma gli è<br />

stata matrigna. Nanni è stato premiato da una Roma veltroniana: l’altra faccia di Giano cioè dell’Urbe politica<br />

e partitica, dei cinematografari, dei paparazzi e con buone dosi di “generone” romano. Una Roma incredibilmente<br />

vicina allo spirito progressista di un insegnante democratico. Eppure anche tra i due fratelli c’è un legame<br />

che riguarda il territorio: il figlio minore e il figlio maggiore hanno la comune vocazione per le mappe urbane.<br />

L’uno le ha percorse in cine-motoretta, l’altro le ha ricostruite attraverso le pagine del romanzo ottocentesco.<br />

Il primo resta a casa o al massimo in villeggiatura, l’altro “fa mondo”.<br />

Ho accennato all’intimismo di Nanni: arma di difesa e di attacco. Nei suoi film, per quanto progressivamente<br />

sia passato dalla autobiografia alla cronaca di costume, si percepisce assai bene quanto l’ambiente romano –<br />

famiglia, amici, campi sportivi, vita studentesca – gli sia entrato nelle vene sino ad essere la linfa del suo narcisismo<br />

critico. Ci vogliono occhi e orecchie raffinate per sapere succhiare vita dal proprio ambiente. Sono doti<br />

meritorie anche quando di quell’ambiente abusano. E’ un genere di appropriazione delle cose altrui che si purifica<br />

nel fatto stesso che esse vengono riconsegnate alla sfera pubblica dello spettacolo. Sfera – questa dello<br />

spettatore cinematografico (così vicina, tuttavia, alla positura dello scolaro in aula) – che, tra l’altro, Nanni assai<br />

più di altri ritiene sfera civica, tanto civica da farlo scendere in piazza per la politica in nome di se stesso come<br />

artista e come oggetto di culto.<br />

Un piccolo episodio, mio e personale, può aiutarmi a chiudere questa nota stringendo finalmente il discorso su<br />

Nanni e Roma all’insegna di un suo fortunato “furto”. Ecce Bombo è un titolo felice. Bene: questa enigmatica<br />

denominazione, lontanamente nietzschiana, Nanni la fece sua dopo avere ascoltato un racconto di Benedetta<br />

Bini (mia moglie, assai abile nel raccontare e trasfigurare la realtà con le parole). Si trattava di un raccontino<br />

molto familiare, di quelli che si fanno in salotto (ci sarebbe da parlare anche delle case romane trasformate in<br />

set da Nanni, esse stesse frutto di una mappa microsociale, inconfondibile e che mai potrebbe essere di altra<br />

città se non Roma). Culminava, questo raccontino, nel riferire a suo modo, nel ricreare il significato lessicale di<br />

quell’incomprensibile richiamo vocale che veniva da un inquietante, davvero perturbante robivecchi, quando,<br />

ogni mattina, passava puntuale come un orologio sotto le finestre di casa nostra. Benedetta aveva tradotto<br />

quell’iterato appello contro le finestre chiuse del nostro quartiere in “ecce bombo” e questo non-senso era divenuto<br />

poco a poco un nostro gioco privato. Ecco il titolo del film di Nanni. Con una variante: sullo schermo quel<br />

robivecchi apparve – a nostra insaputa – in un contesto che avrebbe potuto essere di ogni luogo del mondo.<br />

Ma quella bella scena aurorale o crepuscolare, così metaforicamente universale, aveva la voce di una zona e<br />

di un appartamento di Roma tra la Nomentana e la Salaria. Non è Nanni ma il cinema in se stesso a nascondere<br />

le sue fonti proprio nel renderle altrimenti visibili. E il robivecchi in questione di tutto ciò ancora non sa<br />

nulla.<br />

Alberto Abruzzese


FOTOGRAFIE


IO SONO UN AUTARCHICO - OSTIA - CASTEL PORZIANO<br />

Nanni Moretti e Fabio Traversa, 1976


IO SONO UN AUTARCHICO - QUARTIERE TRIESTE - VIA APPENNINI<br />

Nanni Moretti, Fabio Traversa, Giorgio Viterbo e Paolo Zaccagnini, 1976


ECCE BOMBO - PRATI - PIAZZA DEI QUIRITI<br />

Nanni Moretti e Cristina Manni, 1978


ECCE BOMBO - TOR DI QUINTO<br />

Nanni Moretti e Cristina Manni, 1978


SOGNI D'ORO - PRATI - VIA PAULUCCI DE’ CALBOLI FULCIERI<br />

Nanni Moretti, 1981


SOGNI D'ORO - CORSO D’ITALIA - GELATERIA FASSI<br />

Nanni Moretti e Laura Morante, 1981


BIANCA - AVENTINO - VIA DI S. ALESSIO<br />

Nanni Moretti e Laura Morante, 1983


BIANCA - LAGHETTO DI VILLA BORGHESE<br />

Nanni Moretti, 1983


LA MESSA E' FINITA - DRIVE-IN DI CASAL PALOCCO<br />

Nanni Moretti, 1985


LA MESSA E' FINITA - ARENA CINEMA NUOVO<br />

Nanni Moretti e Dario Cantarelli, 1985


PALOMBELLA ROSSA - CIRCO MASSIMO<br />

Nanni Moretti e Gabriele Ceracchini, 1989


PALOMBELLA ROSSA - CIRCO MASSIMO<br />

1989


CARO DIARIO - GARBATELLA - PIAZZA DAMIANO SAULI<br />

Nanni Moretti, 1993


CARO DIARIO - OSTIA - VILLAGGIO DEI PESCATORI<br />

Nanni Moretti, 1993


APRILE - QUARTIERE AFRICANO - VIA DI VILLA CHIGI<br />

Nanni Moretti, 1998


APRILE - ISOLA TIBERINA<br />

Nanni Moretti, 1998


IL CAIMANO - AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA<br />

Margherita Buy e Silvio Orlando, 2006


IL CAIMANO - PIAZZA DELLA REPUBBLICA - HOTEL EXEDRA<br />

Silvio Orlando e Jerzy Stuhr, 2006


IDEAZIONE E ORGANIZZAZIONE:<br />

Francesco Pettarin e Massimo Iacobelli per Armilla Eventi<br />

CATALOGO A CURA DI:<br />

Massimo Iacobelli<br />

GRAFICA:<br />

Dino Roselli<br />

LUCI:<br />

Giuseppe Falcone<br />

ARMILLA EVENTI:<br />

Giovanna Calisti, Marina Canestri, Massimo Iacobelli, Francesco Pettarin e Antonio Toscano<br />

FOTOGRAFI<br />

Io sono un autarchico: Marco Ravasini e Fabio Sposini. Ecce Bombo: Antonio Casolini. Sogni d'oro: Pierluigi<br />

Praturlon. Bianca: Ermanno Serto. La messa è finita: Ermanno Serto. Palombella Rossa: Ermanno Serto e<br />

Gianni Vino. Caro Diario: Sandro Borni. Aprile: Umberto Montiroli e Alessia Bulgari. Il Caimano: Philippe<br />

Antonello.<br />

RINGRAZIAMENTI<br />

Un ringraziamento speciale va alla Sacher produzioni, che ci ha concesso l’uso delle foto, che ci ha accolto<br />

come amici e senza la quale non sarebbe stato possibile organizzare la mostra e questo <strong>catalogo</strong>.<br />

In particolare colui che ha permesso il progetto, Nanni Moretti, per la sua gentilezza e per la libertà concessaci<br />

su ogni fronte.<br />

Grazie ancora ad Angelo Barbagallo per il suo aiuto, al preziosissimo sostegno di Annamaria Cocchioni e<br />

Viviana Ballotta.<br />

Per il Comune di Roma ringraziamo per la gentile collaborazione e per la disponibilità nei nostri confronti: Il<br />

Vice Sindaco Mariapia Garavaglia, l’Ufficio Turismo, Marcello Marzi, Caterina Saccaro, Monica Giampaoli, Dino<br />

Giacomelli, Giorgia Cingolani, Stefania Signorelli e Giovanni Orfei.<br />

Un ringraziamento per la simpatia e la comprensione a Walter Rosso, a Marina Antonuzzi e Andrea Cristofanelli<br />

della Telligraf.<br />

Grazie ancora a Riccardo Capone di Zetema, Carla Trimani ed il Trimani Wine Bar, Alessandro Vannucci, Furio<br />

Andreotti, la Quality Film e l'Agenzia del Tempo, gli architetti De Boni e Colombari.

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