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Marco ACCORTI - Il “Miele toscano”: cenni storici<br />
Testimoninaza di questa produzione artistica nonché scientifica la ritroviamo nelle parole del<br />
REPETTI 42 .<br />
Cera: LII<br />
Intorno alla cera s’è già dato un cenno superiormente, tanto come prodotto agrario che<br />
manifatturato. Ma, considerandola ora come materia plastica, dobbiamo aggiungere alcune<br />
poche parole. La ceroplastica è un’arte che fino dal secolo XIV si praticava in Firenze, e serviva<br />
a fare le figure votive che si mettevano nelle chiese formando al naturale e coloriti i ritratti delle<br />
persone. Nel che, a testimonianza del Vasari e del Baldinucci, molti valenti artisti si distinsero<br />
in varj tempi, non escluso Benvenuto Cellini. Ma più tardi vi ebbe anche un maggiore sviluppo<br />
a più utili applicazioni; Come lo attestano le numerose preparazioni anatomiche e le più belle<br />
piante che si ammirano nell’I. e R. Museo di Fisica e Storia Naturale di Firenze. Di consimili<br />
preparati anatomici e fitologici ne sono stati spediti in America, in Inghilterra, in Germania, non<br />
solamente nei tempi passati, ma eziandio recentemente; tanta è la fama che oramai si sono<br />
acquistata.<br />
La fusione a cera persa<br />
Prima ancora di accennare all’uso della cera in metallotecnica vale segnalare che anche il miele,<br />
forse, trovò utilizzo nella creazione dei gioielli. È stato infatti ipotizzato che le microgranulazioni<br />
d’oro che ornano innumerevoli monili etruschi possano essere ottenute proprio con il miele come<br />
legante che veniva «disposto sulla lamina in modo da creare degli elementi figurati o delle<br />
decorazioni geometriche, quindi sulla superficie aurea si sarebbero sparsi i granuli o il pulviscolo<br />
d'oro, che avrebbero aderito solo nelle zone così trattate e sul resto della lamina si sarebbe potuta<br />
recuperare la granulazione inutilizzata.» 43<br />
Riguardo alla cera è noto che è sempre servita agli scultori per modellare figure od oggetti da<br />
fondere in metallo e per abbozzare opere da sviluppare poi in proporzioni maggiori.<br />
In particolare la metallotecnica etrusca ricorreva già con maestria alla pratica di fusione a cera persa<br />
e nel Rinascimento fu usata largamente anche da scultori come LUCA della ROBBIA e GHIBERTI.<br />
Numerosi sono i bozzetti in cera arrivati a noi come il “David” di MICHELANGELO ed il “Perseo” di<br />
CELLINI. Sempre in Toscana, a Doccia (Sesto Fiorentino), è ancora presente presso il Museo<br />
Richard Ginori, una rara collezione di cere preparatorie per sculture in gran parte di G.B. FOGGINI.<br />
Da quanto fin qui accennato ad alcuni dei molteplici usi della cera deriva un’importanza<br />
merceologica che ne fa un prodotto molto richiesto, tanto che nel 1647 la gabella che gravava sulla<br />
cera gialla era più del doppio rispetto al quelle sul miele già di per sé esosa ed analoga a quanto era<br />
richiesto per il riso, il sapone da panno, la trementina, lo zolfo e molti minerali, ovvero sostanze di<br />
un certo pregio 44 .<br />
Ovviamente la continua richiesta di cera andò a scapito dell’incremento della produzione di miele e<br />
dello sviluppo di tecniche apistiche più “razionali”, in quanto veniva favorito l’apicidio come<br />
mezzo per impadronirsi sia del miele immagazzinato sia di tutti i favi del nido in modo da<br />
raccogliere quanta più cera possibile.<br />
Tuttavia ciò non sembra abbia minimamente comportato una rarefazione delle colonie che, in<br />
condizioni di naturalità, sciamavano copiosamente e permettevano agli apicoltori di ricostituire ogni<br />
anno i propri apiari o, quanto meno, di ritrovare rinnovate naturalmente le fonti selvatiche di<br />
approvvigionamento.<br />
42<br />
Emanuele REPETTI, 1855 - Dizionario Corografico-Universale dell’Italia. Volume terzo, parte seconda, Granducato<br />
di Toscana. Milano, Civelli, 1878 pp.<br />
43<br />
Giandomenico SPINOLA, Saggi Critici - L'arte orafa nel mondo classico. [www.akelo.it/ita/centro7a.htm]<br />
44<br />
Firenze, anno 1647 - Tariffa di quello che si deve pagare alle Porte e per le Mercanzie che entrano e escono dalla<br />
città di Arezzo, riformata l’anno 1647. Cantini, vol. 23 (1723-1736 con integrazioni 1542-1734), p: 321-343<br />
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