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epistolario ii / 2 - S.Maddalena di Canossa

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Veneratissimo Signor Don Luigi<br />

A DON LUIGI TREVISANI<br />

962(Milano#1817.10.26)<br />

Per non mancare a <strong>di</strong>sturbarla ogni volta che mi allontano da Verona, la famosa Casa <strong>di</strong> San<br />

Zeno in Oratorio me ne presenta l’argomento. Pochi giorni sono, venne qui da me il Signor Filippo<br />

Franceschini, il quale essendo <strong>di</strong> professione avvocato si trovava a Milano per i suoi affari. Egli<br />

dunque mi <strong>di</strong>sse che volendo Egli prendere 300 crocioni, o napoleoni a censo, ed avendo ritrovato<br />

Monsignor Vescovo <strong>di</strong>sposto a favorirlo, gli fu richiesta la nota dei pesi che potesse avere iscritti<br />

all’Officio Ipoteche. Ritrovò il medesimo a suo carico scritto il debito dei frutti dei capitali, già da<br />

noi sborsati come sa in vario tempo ai Signori Veronesi Simeone e Compagni e tale carico al<br />

medesimo imposto dal Regio Demanio. Mi pregò dunque questo Signore, <strong>di</strong> voler fargli vedere le<br />

nostre carte relative a questo affare, e <strong>di</strong> ciò volentieri gli con<strong>di</strong>scesi scrivendo all’Amica Metilde il<br />

luogo nel quale sono riposte, ed al Signor Batto pregandolo <strong>di</strong> trovarsi presente quando le vedrà.<br />

Oltre <strong>di</strong> ciò mi mostrò il Signor Franceschini una lettera <strong>di</strong> Verona, nella quale lo sollecitavano a<br />

pregarmi <strong>di</strong> far una carta nella quale io <strong>di</strong>chiarassi essere mio quel debito. Io gli risposi che prima <strong>di</strong><br />

far carte mi è necessario vederci ben chiaro, ed Egli mi replicò, che come avvocato mi suggeriva<br />

avessi io pieggiato presso Monsignor Vescovo m’immagino per la somma iscritta, aggiungendomi<br />

che sapeva che il Signor Francesco Bongiovanni mi favoriva nei miei affari, e che avendo questo<br />

della bontà per Lui, Egli si sarebbe rimesso a quanto dal medesimo fosse stato giu<strong>di</strong>cato bene. Per<br />

verità a me parve giusta questa proposizione, ma prima d’ogni altra cosa bramerei che Ella mi<br />

favorisse <strong>di</strong> <strong>di</strong>re al Signor Batto quello che ne pensa. Mi ricordo <strong>di</strong> certo <strong>di</strong> aver pagato frutti,<br />

aretrati, ed ogni altra spesa al Demanio, l’anno che mi <strong>di</strong>edero San Giuseppe, poi del capitale<br />

consegnato al Signor Veronese pagai per quanto mi ricordo anche i frutti caduti sino a quel punto, e<br />

mi sovviene altresì che eravi un Decreto, non so se del ministro Prina, in forza del quale non<br />

volevamo pagarli come Ella pure si ricorderà, ma pieggieria del Signor Veronesi che li volle,<br />

fummo costretti a sod<strong>di</strong>sfare. Tutto il rimanente dei capitali fu pagato essendo io a Venezia, né so<br />

l’epoca, né mi ricordo cosa mi scrissero intorno a questi frutti i quali quando Veronesi li volle era<br />

indeciso a chi appartenessero del Demanio e quello ai quali furono devoluti i capitali. Naturalmente<br />

non dovrebbero avere iscritto il tempo dopo che i capitali furono pagati, ma alle volte sa che nella<br />

molteplicità degli affari perdono le carte. Mi <strong>di</strong>ce il detto Signor Franceschini, essere l’iscrizione <strong>di</strong><br />

sei in ottocento franchi comprese le spese tutte, che non so poi che cosa queste siano. Mi faccia la<br />

grazia dunque <strong>di</strong> <strong>di</strong>re al Signor Batto come giu<strong>di</strong>ca meglio fare, per la somma in questione, la<br />

pieggieria, in somma mi faccia la carità <strong>di</strong> guardar Lei e fare come giu<strong>di</strong>ca meglio. La prevengo che<br />

è noto al Signor Franceschini l’incomodo che arreco a Vostra Signoria Molto Illustre Reverenda.<br />

Sto nella lusinga <strong>di</strong> poter da qui partire dopo la festa <strong>di</strong> San Carlo, e se non sarò in punto<br />

quel giorno alla più lunga i primi della susseguente settimana. In allora le contarò ogni cosa. Intanto<br />

per la somma angustia del tempo sono costretta a raccomandarmi caldamente alle <strong>di</strong> Lei orazioni, e<br />

ringraziandola vivamente <strong>di</strong> tutto, passo a protestarmele con pari venerazione, che gratitu<strong>di</strong>ne.<br />

Di Vostra Signoria Molto Illustre e Reverenda<br />

Milano 26 ottobre 1817<br />

Al Molto Illustre e Reverendo Signore<br />

Il Signor Don Luigi Trevisani VERONA<br />

1 NB. Autografa della <strong>Canossa</strong> solo la firma. Scritta da Teresa Spasciani.<br />

Umil.ma Ubb.ma Serva<br />

<strong>Maddalena</strong> <strong>Canossa</strong> Figlia della Carità 1

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