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epistolario ii / 2 - S.Maddalena di Canossa

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PRESENTAZIONE<br />

OSPEDALE DELLE CONVALESCENTI<br />

Il <strong>di</strong>namismo della <strong>Canossa</strong>, la cui donazione <strong>di</strong> sé agli altri, nella proiezione del Divino Donatore , era<br />

un’istancabile espressione dell’ardore <strong>di</strong> bene che la consumava, non le dava tregua. Ma non era mai sola: trovava<br />

collaboratori, che si entusiasmavano del suo stesso entusiasmo e che l’aiutavano a realizzare i Suoi piani caritativi.<br />

Da tempo ella si rammaricava perché donne o fanciulle , prive <strong>di</strong> parenti o <strong>di</strong> mezzi finanziari, pericolanti o<br />

cadute, dopo un loro temporaneo ricovero in ospedale, non riuscendo a procurarsi la necessaria sussistenza, finivano a<br />

cadere, o a ricadere nel vizio.<br />

Nella lettera alla Durini del 12 giugno 18l3 (Ep. I, pag. 378), aveva accennato alla confidenza <strong>di</strong> un Religioso<br />

che stava, mentalmente, programmando una istituzione che servisse al totale ricupero elle pericolanti. L’idea l’ aveva<br />

entusiamata e l’aveva coltivata nel suo animo, cercando come realizzarla, a sua volta, nel Veneto.<br />

Sapeva che a Cremona o a Genova, già funzionava una simile istituzione e aveva chiesto all’amica che gliene<br />

fornisse qualche particolare.<br />

Il Card. Zurla. nella lettera del 5 <strong>di</strong>cembre l826 (Cf. A 86), aveva accennato ad un opera simile che la principessa<br />

Doria, coa<strong>di</strong>uvata dallo stesso Porporato e da vari volonterosi, gestiva in Roma.<br />

Il 18 gennaio 1825 , ella pure, con vera esultanza, poteva congratularsi col suo Procuratore <strong>di</strong><br />

Venezia,Francesco Padenghe, che era riuscito, mettendoci anche del proprio, ad acquistare il locale delle Campanare e<br />

un vecchio convento incamerato, situato nella parrocchia <strong>di</strong> S. Nicola dei Bolentini.<br />

Avevano collaborato nell’acquisto alcune Dame venete, tra cui la Michieli (Ep. I, pag. 642), che ne <strong>di</strong>venne<br />

una delle principali sostenitrici.<br />

La <strong>Canossa</strong> aveva ottenuto il consenso della Nobile Marianna Francesconi, una delle sue Figlie della Carità,<br />

che aderiva, suo malgrado e con qualche riserva, a <strong>di</strong>rigere l’Ospedale delle Convalescenti, per cui la nuova opera<br />

poteva avere inizio, però con una <strong>di</strong>mensione unica. per le sole pericolanti, e non, come a vrebbe voluto la Michieli,<br />

anche per le pericolate (Ep. I, pag. 643, 644). Erano insufficienti i mezzi e il personale. In seguito — <strong>di</strong>chiarava la<br />

<strong>Canossa</strong> — ad affare ben sistemato, si sarebbe potuto pensare ad un possibile ampliamento.<br />

La corrispondenza che ne tratta ed ha come destinatario quasi esclusivo , Francesco Padengheìe, con due sole<br />

lettere all’Alessandri, va dal gennaio 1825 all’agosto del 1828 e si limita a consigli sul come trovare i mezzi <strong>di</strong><br />

sussistenza, sul come orientare i restauri, sull’accettare, o meno, le visite dei benefattori.<br />

L’ospedale cuntinuerà, con una esistenia piuttosto dìfficoltosa, anche dopo la morte della <strong>Canossa</strong>, ma nel<br />

1848/49, risulta già assorbito dalle Figlie della Provvidenza, <strong>di</strong>rette da Don Andrea Falsi, parroco <strong>di</strong> S. Pantaleone,<br />

come risulta dallo Stato personale del Clero della città e Diocesi <strong>di</strong> Venezia.<br />

AL SIGNOR ALESSANDRI<br />

891(Milano#1825.01.14)<br />

Alessandri è alle prese con la carenza <strong>di</strong> mezzi per sovvenzionare l‟Ospedale delle Convalescenti e sta<br />

tentando tutte le strade per realizzarli. La <strong>Canossa</strong> lo conforta, fiduciosa nell‟aiuto della « sua Madonna ».<br />

Stimatissimo Signor Giuseppe<br />

Non posso negarle che la pregiatissima <strong>di</strong> lei lettera del giorno 7 corrente non poteva essere<br />

più bella.<br />

Ho riso la mia parte nel leggerla rilevando nella medesima il <strong>di</strong> lei cuore che parla. E lo fa<br />

tanto bene in ogni rapporto che non si saprebbe che aggiungere se non che se verranno questi<br />

bramati sol<strong>di</strong>, e che la loro bravura cerca tirare come la calamita tira il ferro, sarà una gran bella<br />

cosa.<br />

Lessi parimenti la bella Carta da lei estesa; stimatissimo signor Giuseppe, alle parlate del<br />

cuore nessuno a mio credere deve mettervi mano. Daltronde io lodo sommamente il loro zelo la loro<br />

attivissima carità; sono com’ella ben sa anch’io piena <strong>di</strong> premura per la cosa, e farò quel poco che<br />

potrò e ben <strong>di</strong> cuore; non saprei però non entrare dettagliatamente a specificare quali cose farà in<br />

servizio della Casa delle Convalescenti l’Istituto, solo può esser certa che farà quel che potrà.<br />

Giu<strong>di</strong>co dunque meglio che la bella e can<strong>di</strong>da <strong>di</strong> lei carta abbia corso com’è. Lo stesso io<br />

penso <strong>di</strong> quelle, o quella dell’ottimo signor Francesco Padenghe essendo queste, figlie della loro<br />

carità, perciò senz’altro si servano <strong>di</strong> quelle che credono più opportune.

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