epistolario ii / 2 - S.Maddalena di Canossa
epistolario ii / 2 - S.Maddalena di Canossa epistolario ii / 2 - S.Maddalena di Canossa
così, come nel Conservatorio, il dolore della Vergine era centro del complesso devozionale, la Direttrice si rivolse alla Canossa per sondare una possibile unione delle Maestre del Conservatorio con le Figlie della Carità. Suor Agnese ne fu persuasa e incaricò la Renzi stessa di iniziare le trattative, lasciando però la precedenza a Don Gabellino. Le prime risposte della Canossa, dirette appunto all’Arciprete, sono del febbraio 1825. Vi si intravede molta prudenza, molta cautela, la forte preoccupazione che, prima che se ne parli pubblicamente, si chieda l’approvazione dei Superiori Ecclesiastici. Poi, il 25 marzo dello stesso anno, quando ella è ben convinta che l’autorità ecclesiastica locale e quella romana sono propense, si dichiara disponibile e anzi desiderosa di entrare, col suo Istituto, a far parte anche dello Stato Pontificio. Tuttavia non ha fretta e, per non far sorgere pericolose complicazioni in un momento politico tanto difficile, assicura che andrà in Romagna, ma quando le sarà stato concesso il passaporto per Rimini, con l’intento di raggiungere Loreto, dove si sente fortemente attirata per un incontro di preghiera con la Vergine Santa. La Canossa usciva così dai suoi schemi spirituali: non a vrebbe mai concertato un viaggio per una devozione persona», ma in questo momento serviva da schermo ai suoi viaggi apostolici, così come in molte lettere se ne servirà per frenare l’ansia di Don Gabellini e il desiderio delle aspiranti ad esserle figlie. Intanto ella chiede luce e consiglio al Card. Zurla a Roma e le sue domande, come le risposte del Porporato, segnano un diagramma significativo di alti e bassi che indicano l’oscillar co tinuo di assensi, di consigli di attesa, di trepidazioni, di dissensi, infine di deciso consenso, che la morte della Canossa renderà nullo; alti e bassi che segnano pure le tappe della storia del povero Conservatorio e della Romagna, straziata dalle passioni più violente e dai più amari risentimenti, che sfociano, nel 1828, in un ciclone distruttore. Il Conservatorio riesce a continuare la sua strada, ma dopo che, nel 1828, le due vittime, Don Gabellini e Suor Agnese Fatti boni, fatti oggetto delle calunnie più malvage e ingiuste, avranno lasciato, con la più profonda amarezza, il campo del loro lavoro. Rimarrà a raccogliere l’eredità di dolore e di amore Suor Elisabetta Renzi che, lentamente, spesso con angoscia, sempre con fiducia, ridarà vigore al virgulto intristito. Essa, fino al 1835, quando già l’Ordinario della Diocesi l’avrà proclamata superiora del Conservatorio, chiamato delle Maestre Pie dell’Addolorata che già operava anche a Sogliano, continuerà a implorare dalla Canossa una soluzione positiva per la piccola istituzione, che voleva trovare un appoggio sicuro. La Canossa era stata a Coriano nel 1826 e al termine del 1828; si era affettuosamente legata alle Maestre del Conservatorio che chiamava sue figlie; ne aveva condotto a Verona perchè vi facesse il noviziato e tornasse a Coriano per la fondazione, ma non si era mai decisamente convinta di poterla realizzare per le tante ragioni, che rendevano troppo improbabili le opere richieste dalla Regola. Non ne era convinta la Canossa, perchè inconsciamente avvertiva che, negli orizzonti della storia umana, si stava delineando un’altra figura, quella della Renzi che, superate le innumeri difficoltà, sarebbe diventata, come lei, una guida approvata, capace, suscitatrice di tanto bene e di un Istituto, le Maestre Pie dell’Addolorata, con una propria fisionomia. A DON GABELLINI 851(Milano#1825.02.05) Dovrebbe essere la prima lettera con cui la Canossa risponde a Don Gabellini di Coriano. Si mostra disponibile alle richieste dell'Arciprete per una possibile fusione delle Povere del Crocifisso con l'Istituto delle Figlie della Carità, purché, per il momento, la cosa non sia di dominio pubblico. Si chieda invece l'approvazione dei Superiori ecclesiastici. V .G. e M. Veneratissimo Signor Arciprete 1 Mi affretto a riscontrare Vostra Signoria Molto Illustre e Reverendissima quantunque non possa sul punto definitivamente rispondere a quanto la di Lei bontà ha la compiacenza di dirmi. Le dirò per altro, che sapendo la bontà del Signore, non restai sorpresa, ma non potei a meno però di non ammirare le singolari benedizioni colle quali la Divina Provvidenza và prosperando i santi di Lei disegni, e me le 1 Don GIACOMO GABELLINI, nato a San Giovanni in Marignano, parroco di S. Innocenza in Monte Tauro, frazione del Comune di Coriano, poi Arciprete di Coriano, che abbandonò nel 1828, per ritirarsi in volontario esilio a Firenze, dopo la campagna di calunnie di cui fu vittima con la Fattiboni, in seguito alle agitazioni politiche di quegli anni.
professo obbligatissima per la degnazione con cui Ella mi mette a parte d'ogni cosa. Si assicuri, che da miserabile, se piacerà al Signore ch'io m'impieghi a servirla lo farò con tutto il cuore. Se dovessi anzi giudicare da quanto Dio fin qui fece, ardirei quasi di assicurarmene. Però adesso che la trattativa è giunta a quel segno di dover anche per mia parte determinare, sono certa ch'Ella troverà troppo giusto, che prima d'ogni altra cosa interpelli la volontà dei miei Superiori, senza la quale non potrei apportare alla di Lei Istituzione se non che la tempesta di Giona. Subito che avrò la risposta mi farò un grato dovere di significargliela, e ripeto vorrei lusingarmi da quanto Dio sin qui fece in questo affare che sarà favorevole. Per altro, come devo, io non farò che esporre semplicemente ogni cosa, e la decisione de' miei Superiori sarà la mia. Frattanto sinché resta per mia parte la cosa pendente, se mai Ella fosse per fare un qualche passo la supplico a non parlare per ora dell'Istituto nostro, desiderando io sempre che la base sia sodamente stabilita prima di produrlo in qualsiasi modo. Frattanto io continuerò a far pregare Maria Santissima. Faccia Ella la carità di fare altrettanto. Spero che questa adorata Madre ci otterrà la grazia di eseguire veramente in ciò il Santissimo Divino Volere, e di operare per la maggiore Gloria del Signore. Frà pochi giorni partirò per Bergamo, dove scrivendomi può dirigere per questa prima volta la lettera, aggiungiendo al mio indirizzo: In Rocchetta Convento Santa Croce 2 . Successivamente non mancherò di tenerla ragguagliata dove mi trasferirò, e sia certa della mia disposizione di prestarmi, come mi sarà permesso, a servirla con ogni premura. Termino chiedendole la grazia di presentare i miei doveri alle ottime di Lei Figlie alle orazioni delle quali, come a quelle di Vostra Signoria Molto Illustre e Reverendissima caldamente mi raccomando. Se mai, non essendo molto lontana dal Santuario di Loreto, Ella avesse persona che dovesse portarvisi, faccia ivi pure pregar molto Maria. Ho l'onore di riprotestarle la mia venerazione, e nuovamente me le dichiaro. Di Vostra Signoria Molto Illustre e Reverendissima Mlilano dal Locale della Certosa li 5 Febbraio 1825 Al Molto Illustre e Reverendissimo Signore Il Signor Don Giacomo Gabellini Arciprete Degnissimo di Coriano Bologna per Rimini per C O R I A N O 2 La seconda sede delle Figlie della Carità a Bergamo. 3 NB. Firma autografa. Umil.ma Ubb.ma Dev.ma Serva Maddalena di Canossa Figlia della Carità 3
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così, come nel Conservatorio, il dolore della Vergine era centro del complesso devozionale, la Direttrice si rivolse alla<br />
<strong>Canossa</strong> per sondare una possibile unione delle Maestre del Conservatorio con le Figlie della Carità.<br />
Suor Agnese ne fu persuasa e incaricò la Renzi stessa <strong>di</strong> iniziare le trattative, lasciando però la precedenza a Don<br />
Gabellino.<br />
Le prime risposte della <strong>Canossa</strong>, <strong>di</strong>rette appunto all’Arciprete, sono del febbraio 1825. Vi si intravede molta<br />
prudenza, molta cautela, la forte preoccupazione che, prima che se ne parli pubblicamente, si chieda l’approvazione dei<br />
Superiori Ecclesiastici.<br />
Poi, il 25 marzo dello stesso anno, quando ella è ben convinta che l’autorità ecclesiastica locale e quella romana<br />
sono propense, si <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong>sponibile e anzi desiderosa <strong>di</strong> entrare, col suo Istituto, a far parte anche dello Stato Pontificio.<br />
Tuttavia non ha fretta e, per non far sorgere pericolose complicazioni in un momento politico tanto <strong>di</strong>fficile, assicura che<br />
andrà in Romagna, ma quando le sarà stato concesso il passaporto per Rimini, con l’intento <strong>di</strong> raggiungere Loreto, dove si<br />
sente fortemente attirata per un incontro <strong>di</strong> preghiera con la Vergine Santa.<br />
La <strong>Canossa</strong> usciva così dai suoi schemi spirituali: non a vrebbe mai concertato un viaggio per una devozione<br />
persona», ma in questo momento serviva da schermo ai suoi viaggi apostolici, così come in molte lettere se ne servirà per<br />
frenare l’ansia <strong>di</strong> Don Gabellini e il desiderio delle aspiranti ad esserle figlie.<br />
Intanto ella chiede luce e consiglio al Card. Zurla a Roma e le sue domande, come le risposte del Porporato,<br />
segnano un <strong>di</strong>agramma significativo <strong>di</strong> alti e bassi che in<strong>di</strong>cano l’oscillar co tinuo <strong>di</strong> assensi, <strong>di</strong> consigli <strong>di</strong> attesa, <strong>di</strong><br />
trepidazioni, <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssensi, infine <strong>di</strong> deciso consenso, che la morte della <strong>Canossa</strong> renderà nullo; alti e bassi che segnano pure le<br />
tappe della storia del povero Conservatorio e della Romagna, straziata dalle passioni più violente e dai più amari<br />
risentimenti, che sfociano, nel 1828, in un ciclone <strong>di</strong>struttore.<br />
Il Conservatorio riesce a continuare la sua strada, ma dopo che, nel 1828, le due vittime, Don Gabellini e Suor<br />
Agnese Fatti boni, fatti oggetto delle calunnie più malvage e ingiuste, avranno lasciato, con la più profonda amarezza, il<br />
campo del loro lavoro.<br />
Rimarrà a raccogliere l’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> dolore e <strong>di</strong> amore Suor Elisabetta Renzi che, lentamente, spesso con angoscia,<br />
sempre con fiducia, ridarà vigore al virgulto intristito. Essa, fino al 1835, quando già l’Or<strong>di</strong>nario della Diocesi l’avrà<br />
proclamata superiora del Conservatorio, chiamato delle Maestre Pie dell’Addolorata che già operava anche a Sogliano,<br />
continuerà a implorare dalla <strong>Canossa</strong> una soluzione positiva per la piccola istituzione, che voleva trovare un appoggio<br />
sicuro.<br />
La <strong>Canossa</strong> era stata a Coriano nel 1826 e al termine del 1828; si era affettuosamente legata alle Maestre del<br />
Conservatorio che chiamava sue figlie; ne aveva condotto a Verona perchè vi facesse il noviziato e tornasse a Coriano per la<br />
fondazione, ma non si era mai decisamente convinta <strong>di</strong> poterla realizzare per le tante ragioni, che rendevano troppo<br />
improbabili le opere richieste dalla Regola.<br />
Non ne era convinta la <strong>Canossa</strong>, perchè inconsciamente avvertiva che, negli orizzonti della storia umana, si stava<br />
delineando un’altra figura, quella della Renzi che, superate le innumeri <strong>di</strong>fficoltà, sarebbe <strong>di</strong>ventata, come lei, una guida<br />
approvata, capace, suscitatrice <strong>di</strong> tanto bene e <strong>di</strong> un Istituto, le Maestre Pie dell’Addolorata, con una propria fisionomia.<br />
A DON GABELLINI<br />
851(Milano#1825.02.05)<br />
Dovrebbe essere la prima lettera con cui la <strong>Canossa</strong> risponde a Don Gabellini <strong>di</strong> Coriano. Si mostra <strong>di</strong>sponibile<br />
alle richieste dell'Arciprete per una possibile fusione delle Povere del Crocifisso con l'Istituto delle Figlie della<br />
Carità, purché, per il momento, la cosa non sia <strong>di</strong> dominio pubblico. Si chieda invece l'approvazione dei<br />
Superiori ecclesiastici.<br />
V .G. e M. Veneratissimo Signor Arciprete 1<br />
Mi affretto a riscontrare Vostra Signoria Molto Illustre e Reveren<strong>di</strong>ssima quantunque non possa<br />
sul punto definitivamente rispondere a quanto la <strong>di</strong> Lei bontà ha la compiacenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmi. Le <strong>di</strong>rò per<br />
altro, che sapendo la bontà del Signore, non restai sorpresa, ma non potei a meno però <strong>di</strong> non ammirare<br />
le singolari bene<strong>di</strong>zioni colle quali la Divina Provvidenza và prosperando i santi <strong>di</strong> Lei <strong>di</strong>segni, e me le<br />
1 Don GIACOMO GABELLINI, nato a San Giovanni in Marignano, parroco <strong>di</strong> S. Innocenza in Monte Tauro, frazione del<br />
Comune <strong>di</strong> Coriano, poi Arciprete <strong>di</strong> Coriano, che abbandonò nel 1828, per ritirarsi in volontario esilio a Firenze, dopo la<br />
campagna <strong>di</strong> calunnie <strong>di</strong> cui fu vittima con la Fattiboni, in seguito alle agitazioni politiche <strong>di</strong> quegli anni.