epistolario ii / 2 - S.Maddalena di Canossa
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PRESENTAZIONE<br />
CORIANO<br />
Quando la <strong>Canossa</strong> nel 1825, ricevette la lettera dì Don Giacomo Gabellini, Parroco <strong>di</strong> S Innocenza a Monte<br />
Thuro, frazione <strong>di</strong> Coriano, questo comune era un centro <strong>di</strong> una certa rilevanza della Romagna.<br />
Era un antico castello me<strong>di</strong>oevale dei Malatesta, « un grazioso paese, situato sul dorso <strong>di</strong> un’amena collina », che,<br />
degradando, « giunge <strong>di</strong> fronte al litorale adriatico a pochi chilometri dalla città <strong>di</strong> Rimini ».<br />
Ci si deve necessariamente rifare a questi brevi tratti geograficì, perchè il dossier della <strong>Canossa</strong> si riallaccia, per<br />
questo AFFARE, ad un antefatto, che non si può ignorare e le cui fonti si ricavano dal « Fatto informativo sul principio e<br />
progresso del Conservatorio <strong>di</strong> Coriano fino al giorno 16 luglio 1827 », steso da Don Giacomo Gabellini e <strong>di</strong>retto al Papa<br />
Leone XII, per ottenere un sussi<strong>di</strong>o che l’aiutasse ad estinguere i debiti contratti per l’acquisto della Casa del Conservatorio<br />
<strong>di</strong> Coriano (L’autentico è presso l’Arch. <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Roma, Tes. Gen. Comp. R.C.A., Div. Sa e li, Beni eccl., Busta 114).<br />
La Romagna, nel 1815, dopo il Congresso <strong>di</strong> Vienna, tornava a far parte dello Stato Pontificio, ma gli animi,<br />
specialmente dei giovani, erano rimasti turbati ed inquieti e, nonostante le riforme del Papa romagnolo, Pio VII, e le<br />
condanne repressive del governo più rigido dì Leone XII, le agitazioni accrescevano il <strong>di</strong>sagio <strong>di</strong> una popolazione già<br />
oppressa dalla miseria.<br />
C’era reale impreparazione e incapacità da parte degli uffici amministrativi, ma c’era pure in molti un rifiuto,<br />
ormai irreversibile, del governo pontificio.<br />
Gli stessi tumultuanti non avevano una linea programmatica chiara: chi avrebbe voluto affidarsi al Granduca <strong>di</strong><br />
Toscana, chi all’Austria, purchè la grave <strong>di</strong>soccupazione e lo spettro della fame si risolvessero in una vita più or<strong>di</strong>nata e<br />
tranquilla. Si cercava un orientamento migliore, ma intanto o<strong>di</strong>o e immoralità avvelenavano sempre più gli animi, con<br />
conseguenze deleterie anche nel campo femminile.<br />
Per questo, a Coriano, le due autorità comunali preminenti, chiamati sul luogo « anziani », Camillo Vasconi e<br />
Pietro Paolini, cercarono un mezzo per arginare, almeno per le future spose e madri, tanta <strong>di</strong>storsione morale. Coinvolsero<br />
in questo un sacerdote <strong>di</strong> larghe vedute, ardente e generoso, Don Giacomo Gabellini, che fece subito suo l’urgente problema<br />
del Governo e degli Anziani, e riuscì a sua volta a coinvolgere la signora Prudenza Uccellini. Don Gabellini la convinse a<br />
passare a Coriano.<br />
Era oriunda <strong>di</strong> Ravenna, ma abitava a Rimini presso l’Arciprete <strong>di</strong> San Bartolomeo e da tempo si de<strong>di</strong>cava<br />
all’istruzione ed educazione cristiana della gioventù femminile.<br />
Donna <strong>di</strong> alte virtù e <strong>di</strong> un potenziale intellettuale ed affettivo ricchissimo, la Uccellini accettò, suo malgrado, il<br />
nuovo campo <strong>di</strong> lavoro, e vi si trasferì il 27 maggio 1818. L’iter <strong>di</strong> sistemazione fu abbastanza faticoso, ma, aiutata da tre<br />
altre volonterose, si inse<strong>di</strong>ò in una casa, che Don Gabellini era riuscito ad acquistare e subito la scuola e l’oratorio festivo<br />
furono molto frequentati.<br />
L’istituzione fu chiamata « Pio Ritiro » o « Conservatorio » e maestre la Uccellini e le sue collaboratrici, che<br />
vivevano insieme senza però nessuna imposizione <strong>di</strong> Regole o <strong>di</strong> <strong>di</strong>visa uniforme.<br />
Nel frattempo, quando ormai vi funzionava già un educandato, alcune Suore espulse dai monasteri dalle<br />
soppressioni napoleoniche, chiesero <strong>di</strong> far parte del Pio Ritiro e, tra queste, Suor Maria Agnese dei Conti Fattiboni <strong>di</strong><br />
Cesena, del Monastero <strong>di</strong> Santa Chiara in Forlì.<br />
Fu un inserimento provvidenziale perchè, due anni dopo l’inizio del Conservatorio, il 16 novembre 1820, Prudenza<br />
Uccellini moriva e la Fattiboni la poteva sostituire alla guida della istituzione.<br />
Era sempre coa<strong>di</strong>uvata da Don Gabellini, il quale stava ormai accarezzando una idea luminosa: costruire un<br />
Oratorio pubblico, contiguo al Conservatorio. Il problema finanziario, che era l’ostacolo più grave, era stato risolto con<br />
l’aiuto <strong>di</strong> benefattori inattesi e il 31 maggio 1825, la chiesa era aperta ai fedeli.<br />
Per un nuovo intervento provvidenziale, il 29 aprile 1824, entrava a far parte del Conservatorio una trentottenne <strong>di</strong><br />
famiglia facoltosa, Elisabetta Renzi, nata da Gianbattista e dalla Contessa Vittoria Boni <strong>di</strong> Urbino. Era ancora probanda<br />
quando, con le monache era stata estromessa dal Monastero che sorgeva a Pietra Rubbia, altro fortilizio malatestiano e, per<br />
quanto la famiglia avesse insistito perchè rimanesse fuori del chiostro, Elisabetta aveva preferito la vita <strong>di</strong>versa, ma povera,<br />
del Conservatorio.<br />
Nello stesso anno il Pio Ritiro avvertiva una particolare forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio: mancava quella stabilità che poteva<br />
derivare dal « riconoscimento ecclesiastico » e la Renzi, ormai provetta nel campo della vita religiosa, aveva consigliato la<br />
Fattiboni <strong>di</strong> risolvere l’ambigua posizione canonica delle religiose.<br />
Da non molto, aveva letto un <strong>di</strong>scorso tenuto da Mons. Zop pi durante l’erezione canonica dell’Istituto delle Figlie<br />
della Carità in Milano. Poichè anche la Marchesa veronese inculcava alle sue figlie la particolare devozione all’Addolorata,