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epistolario ii / 2 - S.Maddalena di Canossa

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A MONS. ZOPPI<br />

836(Milano#1826.03.18)<br />

La <strong>Canossa</strong> ha ritardato a rispondere alla missiva del Vescovo per molte e varie ragioni che espone. E‟<br />

contenta che egli abbia giu<strong>di</strong>cata positiva la sua proposta <strong>di</strong> preparare quattro giovani per collaborare con lui<br />

per le scuole serali e per l‟oratorio festivo. Non si preoccupi dell‟onere finanziario e gliele man<strong>di</strong>, che lei e le<br />

sue consorelle faranno quanto <strong>di</strong> meglio sarà loro possibile.<br />

V G e M Illustrissimo e Reveren<strong>di</strong>ssimo Monsignore<br />

Al mio arrivo in Milano ritrovai il veneratissimo foglio del giorno 1 marzo con cui la Signoria Vostra<br />

Illustrissima e Reveren<strong>di</strong>ssima mi onorò, al quale non <strong>di</strong>e<strong>di</strong> un subito riscontro, come bramava, per due<br />

motivi. Primieramente perchè occupatissima per gli Esercizj <strong>di</strong> queste nostre Dame, i quali sono sul<br />

comp In secondo luogo perchè aspettava più dettagliate <strong>di</strong> lei notizie; dall’ottimo Conte Mellerio 1 . Jeri<br />

solo fù questo a favorirmi, mi portò i gentili <strong>di</strong> lei saluti, e fui assicurata dall’Abate Pollidori 2 che la <strong>di</strong><br />

lei salute si sostiene, malgrado le tante combinazioni, per cui dovrebbe vacillare.<br />

Suppongo, che da un giorno, all’altro, ella avrà il contento <strong>di</strong> rivedere la buona mia amica<br />

Durini 3 , ed io dai nostri buoni milanesi, potrò così <strong>di</strong>stintamente, sapere la nuove <strong>di</strong> lei.<br />

Certa <strong>di</strong> fare cosa gra<strong>di</strong>ta alla <strong>di</strong> lei carità, voglio <strong>di</strong>rle che il mio viaggio a Trento ebbe un<br />

felicissimo esito. Quel Principe Vescovo 4 , il tanto interessato Monsignor Vicario 5 , le Autorità, la città<br />

tutta, non potevano darmi maggiori attestati <strong>di</strong> premura, e <strong>di</strong> bontà.<br />

Il riatamento del locale però a mio credere, non sarà possibile si termini così sollecitamente, essendovi<br />

grande lavoro da farsi, nè sò persuadermi, possa essere abitabile, se non che nella primavera dell’anno<br />

1827. Una parola le aggiungerò pure degli Esercizj <strong>di</strong> quì. Questa volta s’incontrarono sul principio<br />

molte <strong>di</strong>fficoltà per combinarli, a riflesso della stagione, che temevasi troppo fredda, ma finalmente la<br />

cosa riuscì, e grazie al Signore, con piena so<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> tutti, maggior concorso dell’altra volta, e solo<br />

mostrano queste Dame, che siano al termine molto <strong>di</strong> spiacere.<br />

Scrivo queste due righe mentre esse stanno alla me<strong>di</strong>tazione. Ho poi molto piacere che alla<br />

Signoria Vostra Illustrissima e Reveren<strong>di</strong>ssima sia stato <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>mento il mio progetto, <strong>di</strong> educarle<br />

intanto le quattro figlie, <strong>di</strong> cui possa valersi per l’istruzione della gioventù. Per <strong>di</strong> lei norma conto a Dio<br />

piacendo quì fermarmi la settimana santa, e la settimana <strong>di</strong> Pasqua, sino al sabbato in Albis, nel qual<br />

giorno vorrei ripassare a Bergamo, dove il ceto mercantile, mi richiese <strong>di</strong> venire a fare i santi Esercizj<br />

da noi, e questi saranno i primi che si faranno per le Signore. Colà pure mi fermerò da circa quin<strong>di</strong>ci<br />

giorni, in<strong>di</strong> ripatrierò. Se dunque le riesce in questo tempo possibile, <strong>di</strong> mandarmi le dette giovani, me<br />

le condurrò poi meco a Verona, avendo ivi maggior opportunità <strong>di</strong> formarle, giusta i comuni nostri<br />

desiderj. Cercai quì d’interessare qualche persona a tale oggetto, e spero con qualche frutto,<br />

quantunque però non ne abbia ancora risposta positiva, me le man<strong>di</strong> liberamente, che già il Signore è<br />

grande, ed io l’assicuro, che insieme alla sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> poterla in questa piccolissima cosa servire,<br />

provo una dolcezza impareggiabile, considerando <strong>di</strong> potermi addoperare con persone, che lavoreranno<br />

pel Signore, e pel bene delle anime, in un luogo dove sento esservi un vero bisogno. Assista bensì<br />

queste figlie, e noi, colla carità delle <strong>di</strong> lei orazioni, onde possiamo sod<strong>di</strong>sfare noi coll’insegnare, ed<br />

esse coll’apprendere.<br />

1 Conte Giacomo Mellerio , benefattore della Casa <strong>di</strong> Milano (Ep.I, lett. 387, pag. 624).<br />

2 Abate Polidori, segretario del Conte Mellerio (Ep.I, lett. 388, n. 1, pag. 625).<br />

3 Contessa Carolina Durini (Ep.I, lett. 2, pag. 6).<br />

4 Mons. Luschin Francesco Saverio principe vescovo <strong>di</strong> Trento (Ep. I, lett. 388, n 5, pag. 626).<br />

5 Mons. Sardagna Emanuele (Ep. I, lett. 388, n. 5, pag. 626).

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