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epistolario ii / 2 - S.Maddalena di Canossa

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PRESENTAZIONE<br />

FIGLI DELLA CARITA’<br />

1800: dovrebbe essere la data d’ideazione del nuovo progetto dei Figli della Carità. Lo scrive la<br />

<strong>Canossa</strong> a Don Antonio Rosmini il 3 ottobre 1821, quando aveva già realizzato quattro fondazioni <strong>di</strong><br />

Figlie della Carità, che riflettevano le <strong>di</strong>rettive dell’opera <strong>di</strong> S. Vincenzo de’ Paoli. Anche le sue<br />

seguaci erano, certo con caratteristiche della terra italiana e <strong>di</strong> epoca <strong>di</strong>versa, ma, come loro, senza<br />

vincoli <strong>di</strong> clausura. Anche per loro, il contatto con Dio assumeva <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong>verse da quelle<br />

tra<strong>di</strong>zionali: non dovevano essere « l’anima sola con Dio solo », ma quel senso <strong>di</strong> universalità, che è la<br />

<strong>di</strong>mensione terrena del Dio senza <strong>di</strong>mensioni, si doveva riflettere nel loro operato. Per questo<br />

<strong>Maddalena</strong> <strong>di</strong> <strong>Canossa</strong> non si adattava ad orizzonti circoscritti. Nelle Case, che aveva fondato, le bimbe<br />

e le ragazze più povere acquistavano certezze nuove per la loro vita, ma c’erano, nel campo maschile,<br />

creature altrettanto bisognose della stessa promozione umana. C’erano già tanti sacerdoti che se ne<br />

occupavano, ma per <strong>Maddalena</strong> una Congregazione maschile, con gli stessi ideali e con la stessa<br />

programmazione delle Figlie della Carità, poteva abbracciare un campo più vasto. La voleva <strong>di</strong><br />

sacerdoti perché la loro missione pastorale fosse facilitata e sostenuta da quella culturale, ma, lungo le<br />

varie attese, si era accorta che, quello che le avrebbe detto, in quel 1821, Don Rosmini, e, con forma<br />

meno accomodante, pressapoco nel 1825, poiché la lettera non porta data, Padre Cesare Bresciani, era<br />

forse più realizzabile. Il Padre Camilliano le aveva infatti scritto: « I suoi riflessi sul pio <strong>di</strong>segno del<br />

sacerdote mi sembrano ben fondati e giusti. Quantunque io mi senta sempre risuonar nell’orecchio fate<br />

buoni Parrochi, buoni Curati, buoni Preti, trovo che questi si potranno avere, ma non per la via d’un<br />

Istituto particolare » (Cfr. A.C.R.).<br />

Nel 1821 però il suo Piano contemplava ancora una Istituzione composta <strong>di</strong> sacerdoti, con<br />

l’aiuto <strong>di</strong> qualche laico, e ne aveva mandato una copia al fratello <strong>di</strong> Margherita Rosmini, la quale, da un<br />

anno, si era legata a lei da un’amicizia che l’avrebbe portata a decidere della stessa sua vita.<br />

Il sacerdote roveretano, che già da molto tempo... aveva messo in pratica il — principio della<br />

passività — (Cf. Diario della carità, in Massime <strong>di</strong> perfezione cristian, Centro internazionale <strong>di</strong> stu<strong>di</strong><br />

rosminiani . Stresa 1976, pag. 23), e lasciava che esso lo guidasse, aveva subito avvertito, nonostante<br />

l’ammirazione per la gentildonna veronese, una certa <strong>di</strong>ssonanza, che, fattasi più evidente qualche anno<br />

dopo, lo porterà a seguire, nella sua fondazione, <strong>di</strong>rettive <strong>di</strong>verse.<br />

Eppure la <strong>Canossa</strong> aveva continuato ad accarezzare la convinzione che il Rosmini sarebbe stato<br />

il suo « alter ego » nel campo maschile e la corrispondenza <strong>di</strong>mostra che riteneva necessario tenerlo<br />

informato delle alternative <strong>di</strong> quell’opera che, nonostante le evidenti <strong>di</strong>fficoltà, ella cercava <strong>di</strong> attuare.<br />

Un primo tentativo pareva dovesse approdare a qualche risultato a Milano, dove si erano<br />

radunati cinque laici che, nel promemoria, che la <strong>Canossa</strong> scriverà per Monsignor Zoppi in partenza per<br />

Roma, il 7 maggio 1823, appaiono coi loro nomi: Lorenzo Piarada, il compagno Carlo, Giuseppe<br />

Carsana, Pietro Falcini, Francesco Bonetti.<br />

Quest’ultimo, orefice <strong>di</strong> Milano, rimarrà nella Congregazione — se così si può chiamare — fino<br />

a che seguirà il Rosmini nel suo Istituto (Cf. Massime <strong>di</strong> perfezione cristiana, pag. 264, n. 3). Degli<br />

altri, Giuseppe Carsana (e non Calzana come scriveva la <strong>Canossa</strong>), nel 1833 passerà a Venezia, dove<br />

manterrà accesa una fiammella che continuerà anche dopo lui e solo cent’anni dopo, acquisterà nuovo<br />

vigore. I suoi compagni, o si faranno sacerdoti o andranno a far parte <strong>di</strong> altri Istituti. Ma l’esodo<br />

avverrà a varie riprese, anche perché, come era stato agli inizi dell’opera femminile a Verona, dove le

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