epistolario ii / 2 - S.Maddalena di Canossa
epistolario ii / 2 - S.Maddalena di Canossa
epistolario ii / 2 - S.Maddalena di Canossa
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
DA DON ANTONIO ROSMINI<br />
A 106(Rovereto#1824.01.20)<br />
Nel parlare col nuovo Vescovo, il Rosmini si atterrà a quanto ha chiesto la <strong>Canossa</strong>, alla quale spiega poi il<br />
suo pensiero sulle pratiche devozionali, che vorrebbe si accentrassero, come già aveva esposto nel libretto<br />
Della educazione cristiana, nelle preghiere della Chiesa, contenute nel Messale, nel Breviario, nel<br />
Martirologio.<br />
Veneratissima Signora Marchesa<br />
Non <strong>di</strong>rò nulla scrivendo al nostro nuovo Vescovo 1 de’ Fratelli della Carità come ella mi avverte, e gli farò<br />
cenno solamente delle Sorelle della Carità.<br />
Circa quella espressione o più tosto quel pensiero che ho posto nell’ultima mia intorno alla forma<br />
esteriore della Divozione non altro<br />
intendeva se non che mi sarebbe piaciuto infinitamente che una congregazione <strong>di</strong> buone persone de<strong>di</strong>cate al<br />
Signore come verrebbero ad essere i Fratelli della Carità si uniformassero, più che mai fosse possibile, alle<br />
forme pubbliche della Santa Chiesa. Mi spiegherò meglio. La Santa Chiesa ha registrate in alcuni libri le sue<br />
preghiere e <strong>di</strong>vozioni, e questi sono il Messale, il Breviario, il Martirologio. In questi libri vi è un tesoro<br />
infinito <strong>di</strong> sentimenti soli<strong>di</strong>ssimi <strong>di</strong> pietà e <strong>di</strong> affetti tenerissimi. Ma, per il comune degli uomini, quasi<br />
troppo sublimi e <strong>di</strong>fficili. Le ragioni <strong>di</strong> ciò io credo che sieno la lingua latina andata in <strong>di</strong>suso, la poca<br />
istruzione che v è ne’ cristiani per cui <strong>di</strong>fficilmente oggidì gustano certe idee sostanziose ma gravi e serie, e<br />
finalmente anche il canto ecclesiastico che si ascolta per <strong>di</strong>letto in vece <strong>di</strong> penetrare ne’ sentimenti che<br />
esprime. Ora a me parrebbe la più utile cosa del mondo se una società <strong>di</strong> persone che può attendere a Dio si<br />
occupasse tutta nel praticar bene ed assistere bene a queste santissime e ubertosissime pratiche della Santa<br />
Chiesa. Per particolarizzare questo pensiero osserviamo quanti <strong>di</strong>fetti pur ci sieno tra’ cristiani nella sola<br />
assistenza alla Santa Messa. E perchè? perchè comunemente non si è abbastanza instruiti 1° nel mistero del<br />
Santo Sacrificio, 2° nell’andamento <strong>di</strong> tutta questa augusta funzione, 3° nell’intelligenza delle parole che<br />
<strong>di</strong>ce il Sacerdote le quali le <strong>di</strong>ce quasi sempre in plurale, cioè unito col popolo assistente, supponendo,<br />
perchè questa sarebbe l’intenzione della Santa Chiesa, che tutto il popolo non solo intenda ma accompagni<br />
que’ medesimi sentimenti, 4° nella conoscenza <strong>di</strong> quanto significano gli indumenti e i vasi sacri, e le<br />
cerimonie che accompagnano la Santa Messa. Ora quanto utile è una Messa ascoltata con queste cognizioni!<br />
quale unione non nasce intima fra Gesù Cristo, il sacerdote che anch’egli insieme offerisce la stessa Vittima<br />
<strong>di</strong>vina! Questa intelligenza retta e fondata fu la <strong>di</strong>vozione ferma e magnifica istituita dagli Apostoli santi, e<br />
lasciata da loro alla Santa Chiesa. Ma poichè per le cagioni dette, questa <strong>di</strong>vozione si rese troppo <strong>di</strong>fficile, si<br />
cercarono delle altre <strong>di</strong>vozioni, le quali spesso sono state bonissime ed hanno supplito al bisogno <strong>di</strong> que’<br />
fedeli che non arrivavano o per mancanza <strong>di</strong> mezzi o d’altro alla <strong>di</strong>vozione grande e pubblica della Chiesa:<br />
ma queste <strong>di</strong>vozioni buone sì, ma però nuove <strong>di</strong> forma e <strong>di</strong>verse da quelle della Santa Chiesa sono però un<br />
bene minore per quelli che potrebbero usare, col loro stu<strong>di</strong>o, <strong>di</strong> quelle altre fondamentali; poichè queste<br />
minori <strong>di</strong>vidono in certa maniera i cristiani dalla pubblica, compiuta, ed esterna unione che nasce nelle<br />
chiese quando il popolo prega allo stesso modo, co’ stessi sensi, e colle parole stesse de’ sacerdoti.<br />
Ma so questo non è sperabile che ottener si possa rispetto al comun popolo; ma perchè <strong>di</strong>co io non<br />
potrebbe proporselo per suo stu<strong>di</strong>o una congregazione <strong>di</strong> persone buone e che si suppongono debbano essere<br />
più istruite della moltitu<strong>di</strong>ne, raccolte anzi per <strong>di</strong>ffondere agli altri un buono spirito? In una parola<br />
sommamente amerei che lo stu<strong>di</strong>o de’ Fratelli della Carità rispetto alle loro pratiche <strong>di</strong>vote consistesse<br />
nell’apprendere il modo <strong>di</strong> usare col massimo profitto <strong>di</strong> quanto si trova nei libri che usa la Chiesa e delle<br />
sacre funzioni che essa pubblicamente eseguisce. Nel che però non intendo <strong>di</strong> porre questo rigore che ogni<br />
altra pratica si debba escludere, che anche altre pratiche private possono essere e buone e necessarie<br />
specialmente in un Or<strong>di</strong>ne religioso: ma intendo solo avere accennato con questo lo spirito in generale della<br />
<strong>di</strong>vozione (a me) carissima. Se Vostra Signoria veneratissima vorrà darsi la pazienza <strong>di</strong> leggere il picciol<br />
trattatello della <strong>di</strong>vozione attuale che sta nel libretto accennato e propriamente abbraccia i capitoli IIII - XIX<br />
del libretto III, troverà sviluppato con altre parole la stessa idea. La supplico <strong>di</strong> non credere che ciò abbia<br />
detto per dare a lei qualche istruzione, ma solo per ispiegarmi un po’ meglio circa quanto forse oscuramente<br />
1 Mons. Francesco Saverio Luschin, principe vescovo <strong>di</strong> Trento (Ep. I, lett. 388, n 5, pag. 626).