IL “COLPO” DI ZURIGO di Paolo Casolari Ci sono ... - GRIGIOVERDE

ebbero la prima “prova del fuoco” in Libia, nell'11. Istruzioni, cifrari,
norme per la corrispondenza degli informatori, uso di inchiostri simpatici,
istruzioni a consolati, disposizioni per la censura e la stampa e progetti
di mobilitazione erano prassi già operative grazie al lavoro dei
comandanti succedutisi, il col. Vincenzo Garioni e il col. Silvio Negri.
Nonostante ciò, e il buon supporto logistico all’esordio del Corpo di
spedizione, l’Ufficio I uscì dal conflitto con le ossa rotte per non aver
saputo prevedere la resistenza indigena. L’esperienza però non fu di
lezione.
Si arriva al 24 maggio del 1915 con una struttura così organizzata (che,
oltretutto, in pochi mesi dovette rivoluzionare di 180 gradi il proprio
raggio d’azione per il cambio d’alleanza dell’Italia, dalla Triplice
Alleanza alla Triplice Intesa):
- capo del servizio, col. Rosolino Poggi
- un ufficio centrale, sette uffici di frontiera, un solo centro di
raccolta informazioni all'estero, in Svzzera;
- nessun servizio di controspionaggio e di polizia militare, nessun piano
di sabotaggio al nemico, un vecchio servizio d'intercettazione e nessun
servizio crittografico.
A fronte, il servizio segreto austroungarico, l’Evidenzbureau, al comando
del gen. Max Ronge, vantava ben diversa professionalità e un’esperienza
secolare. Aveva efficienti sedi periferiche di spionaggio presso i
consolati di Venezia, Napoli e Milano e nell'imminenza dell'inizio delle
ostilità le potenziò tutte, trasferendo da Trieste in Svizzera, a Zurigo,
la "Sezione sabotaggio" dell'Evidenzbureau-Marina, col compito di
organizzare attentati alle navi da guerra e delle installazioni italiane.
Inoltre, a differenza dei nostri servizi, quello austriaco contemplava tra
i suoi compiti quello di organizzare la sovversione e seminare il terrore
nei territori alle spalle del nemico nonché di mantenere i contatti con
ambienti italiani contrari alla guerra, sostenendone l'attività di
propaganda per seminare sfiducia nell’opinione pubblica.
Il duello dunque iniziava impari, tanto da far dichiarare al nostro
sconfortato ambasciatore a Berna, marchese Paolucci di Calboli, “…le
nostre spie vengono per lo più dalla polizia, non parlano che italiano e
se parlano il francese Dio ce ne guardi! Lo spionaggio, l'alto spionaggio
internazionale, è per noi un libro chiuso”.
Ciò costrinse in nostri a rilanciare e ridefinire tutta la sua
organizzazione. Infatti, in pochi mesi:
- l'ufficio centrale si trasferisce ad Udine e viene articolato in
segreteria, due sezioni informazioni (1^ giulio-carnica e 2^ tridentina),
una sezione di controspionaggio e polizia militare, una sezione cifra, una
stampa, una traduzioni, una di riserva ufficiali;