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IL “COLPO” DI ZURIGO di Paolo Casolari Ci sono ... - GRIGIOVERDE

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<strong>IL</strong> <strong>“COLPO”</strong> <strong>DI</strong> <strong>ZURIGO</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Paolo</strong> <strong>Casolari</strong><br />

<strong>Ci</strong> <strong>sono</strong> tutti gli ingre<strong>di</strong>enti per trarne una sceneggiatura <strong>di</strong> una spy<br />

story d’eccezione: l’ovattata Svizzera, crocevia neutrale <strong>di</strong> barbe finte<br />

d’ogni risma, la suspance, gli attentati, la meticolosa preparazione, la<br />

cassaforte dei misteri, i balli in ambasciata, le bettole infami, i rinvii<br />

del colpo, l’ufficiale gentiluomo, lo scassinatore <strong>di</strong> professione, il<br />

doppiogiochista, lo scaltro <strong>di</strong>plomatico nemico, l’infiltrato, gli<br />

irredentisti e infine il carnevale e la neve a far sfondo all’epilogo.<br />

La vicenda però è vera ed è poco nota anche agli addetti ai lavori. E’ la<br />

storia del colpo <strong>di</strong> Zurigo, un uppercut mortale dell’Italia all’Austria,<br />

sferrato nel febbraio del 1917: un’azione temeraria e risolutiva <strong>di</strong><br />

spionaggio che ha orientato, in favore delle nostre armi, la sorte della<br />

guerra neutralizzando la centrale dello spionaggio austriaco che stava<br />

provocando danni gravissimi alle Forze armate, alle infrastrutture e al<br />

morale della Nazione. Se, infatti, si considera che nell’ottobre del 1917,<br />

cioè otto mesi dopo il colpo, l'Esercito italiano fu sull'orlo della<br />

<strong>di</strong>sfatta, c’è da domandarsi in che con<strong>di</strong>zioni si sarebbe trovato se la<br />

catena <strong>di</strong> attentati fosse proseguita così come era stata pianificata.<br />

Ma ve<strong>di</strong>amo cosa accadde.<br />

A Zurigo aveva sede la "Sezione sabotaggio" dell'Evidenzbureau-marina<br />

affidatata al cap. freg. Rudolph Mayer, campione del controspionaggio con<br />

copertura <strong>di</strong> vice-console. Mayer aveva al soldo numerosi italiani<br />

residenti, in prevalenza estremisti, fuorusciti, anarchici, ex detenuti,<br />

<strong>di</strong>sertori, renitenti la leva. Oltre alla raccolta <strong>di</strong> informazioni, la<br />

sezione aveva il principale compito <strong>di</strong> ideare e pianificare attentati e<br />

sabotaggi contro obiettivi militari e civili italiani.<br />

L’esor<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Mayer fu un colpo <strong>di</strong> grande risonanza: l'affondamento della<br />

corazzata "Benedetto Brin" a Brin<strong>di</strong>si, alle otto <strong>di</strong> mattina del 27<br />

settembre 1915. Le per<strong>di</strong>te furono altissime: 456 uomini, tra cui il<br />

comandante della <strong>di</strong>visione navale e il comandante della nave. Alla<br />

catastrofe assistette la folla ammutolita dalle banchine. La sciagura,<br />

avvenuta a quattro mesi dall'inizio della guerra, colpì allo stomaco<br />

l’opinione pubblica italiana. I giornali pubblicavano i comunicati dove si<br />

<strong>di</strong>ceva che la nave era affondata per una esplosione nella santa Barbara. I<br />

più informati sospettavano già dello spionaggio nemico, in Svizzera. Venne<br />

istituita una commissione d'inchiesta, ma non approdò a nulla.<br />

L'azione <strong>di</strong> sabotaggio era stata condotta da un agente <strong>di</strong> Mayer, in<br />

contatto con un albergatore tedesco <strong>di</strong> Venezia che gli aveva fornito i<br />

sabotatori necessari: un soldato italiano <strong>di</strong> cavalleria e tre marinai i<br />

quali avevano collocato nella santa Barbara una bomba a orologeria.


La Marina convocò pertanto uno tra i suoi miglior ufficiali, già<br />

<strong>di</strong>stintosi nella guerra italo turca e poi passato in <strong>di</strong>plomazia, il<br />

capitano <strong>di</strong> corvetta barone Pompeo Aloisi, e lo spedì in missione a Berna,<br />

dove aveva una sede anche l’Ufficio I del Comando Supremo e dove si<br />

sospettava si celasse il cervello del controspionaggio nemico. Alosi prese<br />

contatto con gli ambienti <strong>di</strong>plomatici, i locali alla moda, le bettole più<br />

infami, fin quando non scoprì che il bandolo della matassa era proprio<br />

Mayer e che dalla sua centrale spionistica austroungarica <strong>di</strong> Zurigo<br />

partivano gli or<strong>di</strong>ni per gli attentati e i sabotaggi.<br />

Intanto però nel febbraio 1916 si verificarono altri gravissimi episo<strong>di</strong>:<br />

la <strong>di</strong>struzione del <strong>di</strong>namitificio del Cengio, in provincia <strong>di</strong> Genova, <strong>di</strong><br />

alcune centrali idroelettriche e delle aviorimesse per <strong>di</strong>rigibili in<br />

Ancona, dei magazzini viveri del porto <strong>di</strong> Napoli e della zona franca <strong>di</strong><br />

Genova, il tentativo <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione della centrale idroelettrica delle<br />

Marmore Alte. Fu arrestato in flagranza Giuseppe Larese, agente <strong>di</strong> Mayer,<br />

che aveva chiesto e ottenuto la citta<strong>di</strong>nanza austriaca. Larese fu<br />

condannato a morte, ma nel corso degli interrogatori rivelò anche il<br />

programma ai danni dell'Italia dell'Evidenzbureau.<br />

Le <strong>di</strong>struzioni continuarono e interessarono un carro ferroviario carico <strong>di</strong><br />

proiettili navali a La Spezia, che causò la morte <strong>di</strong> 265 persone tra<br />

civili e militari, e un vagone contenente 500 granate cariche alla<br />

polveriera <strong>di</strong> Vallegrande, presso La Spezia.<br />

Ma il bersaglio grosso fu la corazzata Leonardo da Vinci, all'ancora nel<br />

porto <strong>di</strong> Taranto.<br />

I sabotatori introdussero a bordo alcune bombe ad orologeria. La notte del<br />

2 agosto 1916 un'esplosione più forte spezzò la carena della nave e fece<br />

capovolgere la corazzata in soli cinque minuti. Nel <strong>di</strong>sastro perirono 21<br />

ufficiali, 42 sottufficiali e 186 marinai. Il comandante morì due giorni<br />

dopo. La corazzata era nuova. Psicologicamente le conseguenze del nuovo<br />

<strong>di</strong>sastro furono incalcolabili: l’opinione pubblica, stavolta <strong>di</strong>sillusa,<br />

attribuì subito la per<strong>di</strong>ta ad un sabotaggio.<br />

Mayer fu promosso capitano <strong>di</strong> vascello, ottenendo, al tempo stesso, il<br />

permesso <strong>di</strong> trasferire i suoi uffici <strong>di</strong> Zurigo in uno stabile più defilato.<br />

In questa nuova sede, gli uomini dell'Evidenzbureau-marina cominciarono a<br />

progettare attentati alla Banca d'Italia, alla Camera dei Deputati e alle<br />

corazzate Giulio Cesare (per il 5 marzo) e la gemella Conte <strong>di</strong> Cavour (il<br />

12).<br />

Intanto però l'attività <strong>di</strong> ricerca svolta dall’Aloisi consentì <strong>di</strong><br />

acquisire concreti elementi <strong>di</strong> informazione dai quali emerse che nel<br />

nostro Paese agiva, <strong>di</strong>etro lauti compensi, una capillare rete <strong>di</strong><br />

informatori e sabotatori al servizio degli austriaci: un milione <strong>di</strong> lire<br />

per ogni nave affondata o fatta saltare. Contemporaneamente due volontari<br />

<strong>di</strong> guerra, <strong>di</strong> origine triestina, il tenente d’artiglieria Ugo Cappelletti<br />

e il tenente del genio navale Salvatore Bonnes, entrambi ingegneri e<br />

conoscitori del tedesco, si offersero volontari per un’azione <strong>di</strong>


controspionaggio in Svizzera. Per copertura, lo stato maggiore conferì al<br />

Cappelletti la nomina <strong>di</strong> vice-console a Zurigo col nome <strong>di</strong> Damiani e a<br />

Bonnes la nomina <strong>di</strong> addetto commerciale alla legazione italiana <strong>di</strong> Berna.<br />

Giunti sul posto, i due ufficiali arruolarono l'avv. Livio Bini <strong>di</strong> Firenze,<br />

doppiogiochista a suo tempo assoldato dal Mayer tra i fuoriusciti italiani,<br />

fuggito in Svizzera per evitare una condanna per bancarotta. Bini, che<br />

però nel frattempo, facendo la spola con Firenze, era stato arrestato, si<br />

era offerto <strong>di</strong> collaborare. Tramite lui in<strong>di</strong>viduarono, con assoluta<br />

certezza, l'ubicazione defilata dell'e<strong>di</strong>ficio in cui Mayer aveva la sua<br />

centrale. Forte <strong>di</strong> ciò, il servizio <strong>di</strong> controspionaggio della Marina, nel<br />

maggio del 1916, creò per Aloisi una sezione <strong>di</strong>stacca del servizio a Berna,<br />

con la copertura <strong>di</strong> primo consigliere della legazione e col nome <strong>di</strong> dr.<br />

Marino. Il Cappelletti fu destinato a sorvegliare da vicino lo stabile <strong>di</strong><br />

Mayer.<br />

Il piano temerario <strong>di</strong> Aloisi, che ottenne l'approvazione del capo <strong>di</strong> stato<br />

maggiore della Marina, prevedeva un blitz nei locali del consolato<br />

generale austroungarico <strong>di</strong> Zurigo, l’apertura della cassaforte e<br />

l'appropriazione dei documenti segreti, dai quali risalire alla rete <strong>di</strong><br />

spie operante in Italia. Tramite il questore <strong>di</strong> Milano, Falcetano, venne<br />

reperito uno scassinatore <strong>di</strong>sposto a correre i rischi. La scelta cadde su<br />

uno specialista, Natale Papini <strong>di</strong> Livorno. Accettò con la promessa <strong>di</strong><br />

tenere per sé tutto quanto si trovasse <strong>di</strong> valore nella cassaforte. Papini<br />

si mise d'accordo con un suo collaboratore e dopo pochi giorni i due<br />

vennero forniti documenti falsi, nei quali Papini risultava essere "De<br />

Luca" <strong>di</strong> Milano e il suo compagno "Palazzo," <strong>di</strong> Firenze. I due, giunti a<br />

Zurigo, presa però coscienza <strong>di</strong>retta dei rischi che correvano,<br />

desistettero dall'impresa, rientrando in Italia senza nemmeno avvisare<br />

Cappelletti. Questi, allora, autorizzato, prese contatto con l'irredento<br />

Remigio Bronzin, un operaio della <strong>di</strong>tta Stigler, esperto <strong>di</strong> serrature,<br />

<strong>di</strong>sposto a combattere l'Austria con ogni mezzo. Accettò senza chiedere<br />

nulla in cambio.<br />

Il 19 gennaio Bronzin, munito <strong>di</strong> passaporto intestato a "Remigio<br />

Franzioni", si presentò a Zurigo, dove iniziò a lavorare con il citato<br />

Bini. Il fabbro prese le impronte delle serrature e due giorni dopo Bini<br />

era già in grado <strong>di</strong> provare una delle chiavi. L'operazione fu poi ripetuta<br />

nei giorni successivi. Bronzin però si accorse progressivamente<br />

dell’inaffidabilità dal Bini, il quale spesso si defilava e mancava gli<br />

appuntamenti. La situazione <strong>di</strong>venne insostenibile ed Aloisi fu costretto<br />

ad affiancare al Bronzin, nel giro <strong>di</strong> 24 ore, un più affidabile compagno<br />

<strong>di</strong> lavoro: il sottufficiale <strong>di</strong> Marina Stenos Tanzini <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, specialista<br />

torpe<strong>di</strong>niere transitato nel servizio informazioni: quest’ultimo fornì a<br />

Bronzin importanti in<strong>di</strong>cazioni circa le abitu<strong>di</strong>ni e gli orari <strong>di</strong><br />

sorveglianza del guar<strong>di</strong>ano della palazzina obiettivo. Intanto ricomparve a<br />

Zurigo lo "scassinatore" livornese Natale Papini, pentitosi della<br />

precedente sua fuga dalla Svizzera, che venne riammesso all’impresa, non<br />

senza qualche cautela.<br />

Il 18 febbraio, Bronzin, Papini e Tanzini ripeterono la prova delle chiavi,<br />

senza l'inaffidabile avvocato Bini, e scoprirono che erano necessario<br />

aggiustamenti.


Risistemati i calchi, Cappelletti, col placet <strong>di</strong> Aloisi da Berna, trasmise<br />

l'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> eseguire il 20 febbraio 1917. Nel frattempo il sottufficiale<br />

della Marina, Tanzini, consegnò le armi agli operatori; tenne per sé una<br />

pistola, ne dette una scarica a Papini e consegnò un pugnale a Bronzin. Fu<br />

ritenuto invece conveniente non armare l’inaffidabile Bini.<br />

Poco prima della mezzanotte del 20 febbraio, i quattro (Tanzini, Papini,<br />

Bronzin, Bini) si avviarono verso il consolato austroungarico; vennero<br />

fermati da due poliziotti che domandarono loro in tedesco dove stessero<br />

andando e se la cavarono con la scusa <strong>di</strong> essere minatori italiani <strong>di</strong>retti<br />

alla stazione. Arrivati alla sede del consolato austroungarico Bronzin si<br />

mise subito al lavoro, aprendo con la prima chiave il portone. Saliti<br />

all’ingresso dell’appartamento del “console” Mayer, non riuscirono ad<br />

aprire la porta. La serratura era scattata, ma il battente non cedeva<br />

poiché, contrariamente alle assicurazioni <strong>di</strong> Bini, il personale usava un<br />

secondo chiavistello. Dovettero desistere.<br />

I tre giorni seguenti passarono tra nuove prove e mo<strong>di</strong>fiche alla chiave<br />

(la terza) e solo il 24 febbraio Bronzin riuscì a completare il lavoro.<br />

Cappelletti chiese il via a Berna, ma stavolta Aloisi, concordando<br />

l’operazione per la notte successiva, chiese <strong>di</strong> tenerne all’oscuro Bini.<br />

Venne usato lo stratagemma <strong>di</strong> fingere un giorno <strong>di</strong> riposo per recarsi in<br />

treno al carnevale <strong>di</strong> Ginevra, onde sviare eventuali spie austriache. Bini,<br />

colto alla sprovvista dalla scusa del treno perso, dopo molte obiezioni<br />

finì per accettare. Gli italiani si misero d'accordo per trovarsi alle ore<br />

21,30 nei <strong>di</strong>ntorni del Consolato austroungarico. Cappelletti, insieme a<br />

Bonnes, giunto da Berna, rimasero in strada a fare da palo. Alle 21,30<br />

arrivarono Bronzin e Papini, poi Bini e Tanzini con le attrezzature<br />

occorrenti. Bronzin aprì velocemente il portone, facendo passare gli altri<br />

tre, proprio nel momento in cui transitava una pattuglia <strong>di</strong> gendarmi che<br />

per fortuna non li fermò. Arrivati davanti alla porta dell'ufficio <strong>di</strong><br />

Mayer, Bini cominciò a dare segni <strong>di</strong> panico. Si iniziarono, quin<strong>di</strong>, a<br />

montare gli apparecchi ossidrici, costituiti da una bombola d’ossigeno,<br />

una <strong>di</strong> acetilene e un bruciatore tagliente. Infine, intorno alla<br />

cassaforte fu sistemato uno schermo <strong>di</strong> tela cerata, così da evitare che,<br />

attraverso la finestra, filtrassero i bagliori. Papini si mise al lavoro<br />

alle ore 21,45 ma, appena forò la lamiera più esterna della cassaforte, si<br />

sprigionò un gas che fece scoppiare i tubi <strong>di</strong> gomma. Gli strati refrattari<br />

cuscinetto tra le pareti della cassaforte, a contatto col fuoco, avevano<br />

prodotto un gas irrespirabile. Bronzin fece appena in tempo a chiudere le<br />

valvole delle bombole, altrimenti si sarebbe verificata un'esplosione. Il<br />

gas era però tossico e <strong>di</strong>ede ai quattro problemi <strong>di</strong> respirazione. Nel<br />

frattempo, il guar<strong>di</strong>ano notturno col cane stava svolgendo il giro<br />

d'ispezione, ma non si accorse dei quattro che, comunque, avevano sospeso<br />

il lavoro. Tornati all'opera, Tanzini reperì acqua da un vaso e alleviò<br />

gli operatori. Verso la mezzanotte decisero <strong>di</strong> aprire uno spiraglio alla<br />

finestra per cambiare l'aria e a quel punto Papini, accorgendosi <strong>di</strong> essere<br />

solo a metà del lavoro, tentò <strong>di</strong> abbandonare l'impresa, ma venne convinto<br />

dalla pistola <strong>di</strong> Bronzin a rimanere sul posto. Finalmente, verso 2.00<br />

del 26 febbraio, la porta della cassaforte cedette, rivelando il suo<br />

contenuto: gioie, monete d’oro, valuta, francobolli e i documenti: le


piante dei nostri porti con gli sbarramenti per i sommergibili, i piani<br />

per i concentramenti della fanteria italiana, la chiave dei cifrari<br />

austriaci, la lista completa delle spie italiane al soldo <strong>di</strong> Vienna, il<br />

lucido delle mine per la protezione della rada <strong>di</strong> Genova, i progetti<br />

particolareggiati per sabotare le corazzate "Giulio Cesare" e "Conte <strong>di</strong><br />

Cavour" e per fare un colpo a Roma, alla Banca d'Italia e al Parlamento,<br />

l'elenco dei partecipanti e lo svolgimento delle operazioni riguardanti lo<br />

scoppio del <strong>di</strong>namitificio del Cengio, l'incen<strong>di</strong>o dei magazzini al porto <strong>di</strong><br />

Genova e il sabotaggio della "Benedetto Brin" e della "Leonardo da Vinci.<br />

Tutto il materiale venne stivato in 4 valige. Tanzini, per lasciare uno<br />

segno beffardo, legò una corda al chiodo <strong>di</strong> uno specchio e all'altra<br />

estremità fece un nodo scorsoio con dentro una saponetta; inoltre coprì il<br />

foro della cassaforte con il cilindro da cerimonia <strong>di</strong> Mayer. Bronzin si<br />

curò <strong>di</strong> spezzare nelle serrature i pettini delle chiavi, in modo da<br />

ritardare la scoperta dello scasso. Alle 4,00 abbandonarono gli uffici del<br />

consolato e presero quattro treni <strong>di</strong>versi. Cappelletti comunicò ad Aloisi<br />

il successo con la frase convenzionale: "l' ammalato ha superato la crisi,<br />

possiamo trasportarlo con il primo treno a Berna".<br />

I documenti più importanti vennero consegnati dal comandante Aloisi, a<br />

Roma, il 27 febbraio, mentre altri li portarono Bonnes e il corriere<br />

<strong>di</strong>plomatico. Bronzin e Papini rientrarono in<strong>di</strong>sturbati a Milano.<br />

Cappelletti rimase invece a Zurigo, a godersi i primi commenti della<br />

stampa locale, che inizialmente considerò il fatto come l’impresa <strong>di</strong> ladri.<br />

Solo dopo <strong>di</strong>versi giorni la stampa ammise che la cassaforte svuotata era<br />

quella del vice-console austriaco Mayer. Dopo più <strong>di</strong> un mese, infine, la<br />

polizia elvetica ne attribuì la responsabilità all'avvocato Bini e ai due<br />

suoi compagni, De Luca e Palazzo.<br />

Analoga fu la versione fornita nel 1930 dal capo dell'Evidenzbureau il<br />

quale, sottolineando nelle sue memorie la gravità del colpo. lamentò la<br />

sottrazione della documentazione del servizio <strong>di</strong> spionaggio. Mayer dovette<br />

lasciare la Svizzera e rientrare in Austria.<br />

Sui dettagli del colpo cadde però l’oblio ufficiale, e solo altri due<br />

documenti lo confermano.<br />

Il primo è il laconico or<strong>di</strong>ne del giorno del Ministero della marina, che<br />

<strong>di</strong>ceva “Per l’alta missione compiuta da questo superiore Ufficio <strong>sono</strong><br />

salve le navi da battaglia Andrea Doria, Giulio Cesare e Cavour”.<br />

Il secondo è la ricevuta l’11 <strong>di</strong>cembre del 1992 il Mayer vergò da Vienna<br />

agli agenti <strong>di</strong> polizia inviati dal Governo Italiano per restituire i beni<br />

personali: "Ricevo da rappresentanti del governo italiano: una cassettina<br />

<strong>di</strong> latta, una spilla d'oro a forma <strong>di</strong> corona contornata da brillanti, tre<br />

braccialetti d'oro con brillantini, due spille d'oro con tre perle; un<br />

paio <strong>di</strong> orecchini con pietre e brillanti; una medaglia con due pietre<br />

preziose".


<strong>Ci</strong>rca quaranta informatori e sabotatori, residenti in Italia, vennero<br />

arrestati. Tra <strong>di</strong> essi, i tre responsabili dell'affondamento della<br />

corazzata "Benedetto Brin:" i marinai Achille Moschin e Guglielmo<br />

Bartolini e il caporale Giorgio Carpi, tre volte <strong>di</strong>sertore del 25°<br />

reggimento cavalleggeri <strong>di</strong> Mantova. Bartolini venne condannato<br />

all'ergastolo, mentre Carpi e Moschin vennero condannati alla pena <strong>di</strong><br />

morte, tramutata in ergastolo e graziata tra il 1937 e il 1942. Per il<br />

sabotaggio della "Leonardo da Vinci," furono assolti, per insufficienza <strong>di</strong><br />

prove, una decina <strong>di</strong> imputati. Delle due commissioni d'inchiesta nominate<br />

sull'affondamento delle corazzate, la prima (Brin) non riuscì a<br />

raccogliere neppure in<strong>di</strong>zi, la seconda (Da Vinci) stava concludendo i<br />

propri lavori quando ricevette dal Ministero della marina un plico<br />

sigillato nel quale il Ministro <strong>di</strong>chiarava contenersi le prove delle<br />

colpevolezze e le cause dell'affondamento. La commissione, prima <strong>di</strong> aprire<br />

il plico, chiese i poteri giu<strong>di</strong>ziari, ma il Ministro dell'interno requisì<br />

il plico, “non potendo il Governo, per ragioni <strong>di</strong> opportunità, concedere<br />

alla commissione i richiesti poteri”. Tutto si arenò. Il plico fu poi<br />

inviato dal Governo alla Magistratura, in parte censurato, la quale emise<br />

le condanne <strong>di</strong> cui sopra.<br />

Fer<strong>di</strong>nando Martini, Ministro delle colonie del governo Salandra, accusò<br />

palesemente l’esecutivo <strong>di</strong> insabbiamento e scrisse che fra i documenti<br />

c’erano le prove che tre deputati al Parlamento italiano sarebbero stati<br />

al servizio della Germania.<br />

Agli oscuri e coraggiosi protagonisti del "Colpo <strong>di</strong> Zurigo" non andò altro<br />

che la sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> aver contribuito alla vittoria finale. Il<br />

comandante Pompeo Aloisi, finita la guerra, riprese la carriera<br />

<strong>di</strong>plomatica (nel Ventennio <strong>di</strong>venterà rappresentante italiano presso la<br />

Società delle Nazioni). I tenenti Cappelletti e Bonnes, il sottufficiale<br />

Tanzini e l'operaio Bronzin, non chiesero, né ricevettero, compensi o<br />

gratificazioni morali. Bini non si sa se abbia mai avuto dei premi, ma<br />

comunque, rientrato in Italia, fu arrestato per la vecchia condanna.<br />

Papini ricevette 30.000 lire come compenso ufficiale. Pensava che si<br />

trattasse <strong>di</strong> un acconto, invece era la liquidazione.<br />

I SERVIZI SEGRETI ITALIANI NEL ‘15/’18<br />

I servizi segreti militari italiani entrano nella fornace della Grande<br />

Guerra più giovani dei ragazzi del ’99, con un’organizzazione, non a torto,<br />

definita da più parti embrionale e <strong>di</strong>lettantesca.<br />

Erano nati nel settembre del 1900 (dopo una breve e sfortunata parentesi<br />

tra il 1863 e il 1866) come modestissimo Ufficio I ed affidati al col.<br />

Felice De Chaubrand de Saint Eustache dello Stato Maggiore. Scontati i<br />

primi, stentati, anni del compatimento e della <strong>di</strong>ffidenza da parte delle<br />

altre strutture dell’esercito, e pur tra carenze <strong>di</strong> uomini e <strong>di</strong> bilancio,


ebbero la prima “prova del fuoco” in Libia, nell'11. Istruzioni, cifrari,<br />

norme per la corrispondenza degli informatori, uso <strong>di</strong> inchiostri simpatici,<br />

istruzioni a consolati, <strong>di</strong>sposizioni per la censura e la stampa e progetti<br />

<strong>di</strong> mobilitazione erano prassi già operative grazie al lavoro dei<br />

comandanti succedutisi, il col. Vincenzo Garioni e il col. Silvio Negri.<br />

Nonostante ciò, e il buon supporto logistico all’esor<strong>di</strong>o del Corpo <strong>di</strong><br />

spe<strong>di</strong>zione, l’Ufficio I uscì dal conflitto con le ossa rotte per non aver<br />

saputo prevedere la resistenza in<strong>di</strong>gena. L’esperienza però non fu <strong>di</strong><br />

lezione.<br />

Si arriva al 24 maggio del 1915 con una struttura così organizzata (che,<br />

oltretutto, in pochi mesi dovette rivoluzionare <strong>di</strong> 180 gra<strong>di</strong> il proprio<br />

raggio d’azione per il cambio d’alleanza dell’Italia, dalla Triplice<br />

Alleanza alla Triplice Intesa):<br />

- capo del servizio, col. Rosolino Poggi<br />

- un ufficio centrale, sette uffici <strong>di</strong> frontiera, un solo centro <strong>di</strong><br />

raccolta informazioni all'estero, in Svzzera;<br />

- nessun servizio <strong>di</strong> controspionaggio e <strong>di</strong> polizia militare, nessun piano<br />

<strong>di</strong> sabotaggio al nemico, un vecchio servizio d'intercettazione e nessun<br />

servizio crittografico.<br />

A fronte, il servizio segreto austroungarico, l’Evidenzbureau, al comando<br />

del gen. Max Ronge, vantava ben <strong>di</strong>versa professionalità e un’esperienza<br />

secolare. Aveva efficienti se<strong>di</strong> periferiche <strong>di</strong> spionaggio presso i<br />

consolati <strong>di</strong> Venezia, Napoli e Milano e nell'imminenza dell'inizio delle<br />

ostilità le potenziò tutte, trasferendo da Trieste in Svizzera, a Zurigo,<br />

la "Sezione sabotaggio" dell'Evidenzbureau-Marina, col compito <strong>di</strong><br />

organizzare attentati alle navi da guerra e delle installazioni italiane.<br />

Inoltre, a <strong>di</strong>fferenza dei nostri servizi, quello austriaco contemplava tra<br />

i suoi compiti quello <strong>di</strong> organizzare la sovversione e seminare il terrore<br />

nei territori alle spalle del nemico nonché <strong>di</strong> mantenere i contatti con<br />

ambienti italiani contrari alla guerra, sostenendone l'attività <strong>di</strong><br />

propaganda per seminare sfiducia nell’opinione pubblica.<br />

Il duello dunque iniziava impari, tanto da far <strong>di</strong>chiarare al nostro<br />

sconfortato ambasciatore a Berna, marchese Paolucci <strong>di</strong> Calboli, “…le<br />

nostre spie vengono per lo più dalla polizia, non parlano che italiano e<br />

se parlano il francese Dio ce ne guar<strong>di</strong>! Lo spionaggio, l'alto spionaggio<br />

internazionale, è per noi un libro chiuso”.<br />

<strong>Ci</strong>ò costrinse in nostri a rilanciare e ridefinire tutta la sua<br />

organizzazione. Infatti, in pochi mesi:<br />

- l'ufficio centrale si trasferisce ad U<strong>di</strong>ne e viene articolato in<br />

segreteria, due sezioni informazioni (1^ giulio-carnica e 2^ tridentina),<br />

una sezione <strong>di</strong> controspionaggio e polizia militare, una sezione cifra, una<br />

stampa, una traduzioni, una <strong>di</strong> riserva ufficiali;


- gli uffici <strong>di</strong>staccati in frontiera vengono fusi d'imperio con gli uffici<br />

informazione d'armata;<br />

- l'ufficio <strong>di</strong> Milano <strong>di</strong>venta unità speciale, con compiti <strong>di</strong><br />

controspionaggio e dei contatti con l'ufficio <strong>di</strong> Berna, in Svizzera.<br />

Non va, però, <strong>di</strong>menticato che l'Ufficio I non era l'unico a svolgere<br />

funzioni <strong>di</strong> servizio segreto: la Presidenza del consiglio, il Ministero<br />

della guerra, il Ministero della marina (la cui efficienza verrà<br />

confermata dal colpo a Zurigo) e il Ministero degli esteri avevano proprie<br />

strutture che non vollero mai far centralizzare, <strong>di</strong>minuendo cosi<br />

l'efficacia dell'azione. A ciò si aggiungevano gli attriti tutti interni<br />

al Comando Supremo, segnatamente con l’Ufficio Situazione (struttura che<br />

accentrava le notizie sul nemico fornite da Ufficio I, addetti militari,<br />

ufficiali in zona <strong>di</strong> guerra): il promemoria "<strong>di</strong> situazione" fornito dai<br />

due uffici, ben <strong>di</strong> rado concordava. Inoltre personalismi e <strong>di</strong>vergenze<br />

riuscirono a boicottare per due anni la felice fusione tra Ufficio I e<br />

Uffici I d’armata.<br />

A fronte <strong>di</strong> tutto questo, fu comunque infittita la rete d'informatori,<br />

rinforzato l'ufficio in Svizzera, impiantati centri a Londra, Parigi,<br />

l'Aia, acquistati mezzi crittorafici e d'intercettazione ra<strong>di</strong>o telefonica,<br />

stanziati fon<strong>di</strong> per la propaganda.<br />

Sin dai primi giorni <strong>di</strong> guerra nostri agenti intercettarono ra<strong>di</strong>ogrammi<br />

nemici, ma faticavano a decrittarli. Furono solo l’iniziativa e l’ingegno<br />

<strong>di</strong> un capitano <strong>di</strong> S.M. e <strong>di</strong> un tenente del genio a “provocare” la nascita<br />

del "Riparto crittografico". Parallelamente prendeva corpo il servizio<br />

intercettazione telefonica, che raggiunse la piena operatività ai primi<br />

del 1916 tanto da in<strong>di</strong>viduare, in meno <strong>di</strong> sei mesi, 5.200 fonogrammi tra<br />

Vipacco e Rombon. Da parte sua, un'altro neonato ufficio, il propaganda,<br />

controbatté l'attività politica serbo croata, svolta soprattutto in casa<br />

dell’alleato britannico, tesa a favorire la presenza slava in alto<br />

adriatico a danno delle aspirazioni italiane. Sempre nel medesimo campo,<br />

l'Ufficio I sfruttò le <strong>di</strong>fferenze etniche presenti tra le armi<br />

austroungariche e, mobilitando agitatori boemi e croati, anche col lancio<br />

aereo <strong>di</strong> manifestini in zona <strong>di</strong> guerra, indusse alla <strong>di</strong>serzione interi<br />

reparti nemici (e all’in<strong>di</strong>gnata levata <strong>di</strong> scu<strong>di</strong> membri del Parlamento<br />

italiano). Parallelamente, il neonato servizio <strong>di</strong> controspionaggio lavorò<br />

per <strong>di</strong>struggere la rete <strong>di</strong> agenti nemici tessuta durante la neutralità,<br />

che stava provocando danni soprattutto alle installazioni e alle unità<br />

navali. Valido auto trovò nel citato blitz <strong>di</strong> Zurigo, ma anche<br />

nell’incessante e professionale opera <strong>di</strong> censura della corrispondenza.<br />

In due anni <strong>di</strong> guerra - dalle quattro battaglie dell'Isonzo, all'offensiva<br />

austriaca sul Trentino, alla presa italiana <strong>di</strong> Gorizia - il nostro<br />

servizio uscì comunque onorevolmente. Il generale Cadorna scrisse <strong>di</strong> aver<br />

ricevuto quasi sempre notizie esatte e tempestive. Spetta infatti<br />

all'Ufficio I l'aver garantito informazioni sui movimenti austriaci che<br />

resero possibili le prime battaglie sul fronte orientale con una assoluta<br />

garanzia alle spalle. E fu l'Ufficio I a sbugiardare gli alleati franco-


itannici che, per farci <strong>di</strong>chiarare subito guerra alla Germania (sarebbe<br />

accaduto solo il 26 agosto del 1916), avevano comunicato un falso<br />

movimento <strong>di</strong> truppe austro-tedesche sul Trentino. Solo nei primi mesi del<br />

1916, quando effettivamente il generale Conrad preparò l'attacco da Nord,<br />

i servizi italiani lanciarono l’allarme: ai primi d'aprile i coman<strong>di</strong><br />

italiani vennero informati <strong>di</strong> tutti i dettagli dell'offensiva che si<br />

sarebbe scatenata <strong>di</strong> lì a poco (e senza i tedeschi). Successivamente<br />

all’offensiva, fu ancora l’Uffcio I a segnalare la ritirata dagli<br />

altipiani, informando il Comando Supremo <strong>di</strong> un “defilato ma imponente”<br />

movimento <strong>di</strong> truppe austriache in senso inverso, dal Trentino al Tirolo,<br />

circostanza che consentì a Cadorna <strong>di</strong> scatenare l'offensiva per la<br />

conquista <strong>di</strong> Gorizia, “mentre gli austroungarici sfilano in parata sulle<br />

Alpi”.<br />

Nel frattempo, a partire dall’ottobre del 1915, il nuovo capo del servizio<br />

segreto, il col. Giovanni Garruccio, aveva progressivamente riorganizzato<br />

l'Ufficio I, rivedendo l’or<strong>di</strong>namento (a regime dal settembre ‘16) e<br />

<strong>di</strong>videndo in due sezioni il campo delle informazioni. La prima, I.T.O.,<br />

Informazioni presso le Truppe Operanti, affidate all'Ufficio Situazione<br />

(al quale cedette le sezioni 1^ e 2^ e devolse gli Uffici I d'Armata). La<br />

seconda, Tenuta e raccolta delle informazioni dalle Retrovie e dall'Estero,<br />

affidata al resto dell'Ufficio I, che <strong>di</strong>ventava ora S.I. (Servizio<br />

Informazioni del Comando Supremo), a sua volta <strong>di</strong>viso in tre sezioni: R<br />

(Roma, informazioni economica, <strong>di</strong>rezione censure, polizie militari e<br />

controspionaggio), U (U<strong>di</strong>ne, collegamento con il Comando Supremo,<br />

controspionaggio nelle retrovie), M (Milano, accentramento e smistamento<br />

delle informazioni alle altre due sezioni). Sempre a Milano rimaneva il<br />

controspionaggio e i contatti con la Svizzera, mentre l’ufficio R <strong>di</strong>venta<br />

il cervello operativo.<br />

Il 1917 fu un anno <strong>di</strong> passione per l’S.I. Lo strisciante processo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sgregazione morale, la minaccia germanica, gli eclatanti atti <strong>di</strong><br />

sabotaggio degli austriaci. La propaganda <strong>di</strong>sfattista e pacifista tra le<br />

forze combattenti, sfiancate dai massacri sull'Isonzo, fu il primo<br />

obiettivo. A decine furono gli agit-prop identificati dall'azione <strong>di</strong><br />

intelligence e allontanati dal fronte. Inoltre vennero costituiti, anche<br />

presso le Armate, uffici propaganda e si escogitò inoltre l'impiego <strong>di</strong><br />

mutilati presso le unità combattenti, costituendo quelle che, veramente<br />

benemerite, furono denominate la "Legione dei Mutilati" e la "Legione<br />

Sacra".<br />

In parallelo l'azione si concentrò sul controspionaggio: fu l'anno della<br />

citata brillante "operazione Zurigo". Ma fu anche l'anno <strong>di</strong> Caporetto.<br />

Che ruolo ebbero i servizi?, riuscirono a prevederlo?<br />

Cadorna alla Commissione d'inchiesta sulla battaglia, <strong>di</strong>chiarò <strong>di</strong> essere<br />

stato informato in tempo e la stessa Commissione rilevò che non mancarono<br />

tempestive notizie.


L'evidenza dell’attacco nemico si impose al nuovo capo del servizio,<br />

appena subentrato, il col. Odoardo Marchetti, tra il 13 settembre e il 24<br />

ottobre 1917 (data dell’offensiva). Protagonisti, il centro informazioni<br />

<strong>di</strong> Berna e la sezione Milano, tanto che dal 10 ottobre era ormai certa ai<br />

nostri alti coman<strong>di</strong> una grande offensiva sul me<strong>di</strong>o Isonzo. Il tutto,<br />

mentre il servizio segreto francese assicurava ancora ai nostri che nulla<br />

sarebbe accaduto e che le truppe tedesche presenti in area avrebbero<br />

dovuto <strong>di</strong>fendere Trieste.<br />

Fatti e conseguenze <strong>di</strong> Caporetto <strong>sono</strong> ben noti. Basti aggiungere che anche<br />

i contemporaneo attacco a tenaglia nella zona <strong>di</strong> Asiago del 12 novembre<br />

era stato segnalato dai servizi segreti.<br />

Il 1918 fu l'anno della decisione. L’S.I. nei primi sei mesi fu<br />

ad<strong>di</strong>rittura elogiato dalla Commissione su Caporetto come il migliore <strong>di</strong><br />

tutti gli alleati.<br />

Superato il periodo d'incertezza susseguente alla rotta, il Servizio si<br />

risettò. L'affiatamento col Comando Supremo, la cura dello spirito delle<br />

truppe, il rior<strong>di</strong>namento degli uffici, la propaganda tra i soldati nemici,<br />

l’azione <strong>di</strong> controspionaggio furono tutti intensificati nei primi sei<br />

mesi.Nel febbraio del '18, si ottenne <strong>di</strong> trasferire il capo dei servizi e<br />

la sua segreteria presso il Comando Supremo (in Abano), circostanza che<br />

consentì al vertice <strong>di</strong> partecipare finalmente, con pari <strong>di</strong>gnità, alle<br />

conferenze settimanali sulla "situazione", cui prendevano parte il<br />

sottocapo <strong>di</strong> stato maggiore e i responsabili degli ITO (ciò conferma la<br />

fatica che fece ad imporsi la concezione <strong>di</strong> unicità del servizio segreto e<br />

della complementarietà <strong>di</strong> quest'organo nell’ambito del Comando Supremo).<br />

La sezione Milano, nel frattempo, assorbì il controspionaggio e <strong>di</strong>venne<br />

scuola d'informatori. L'estensione della zona <strong>di</strong> guerra impose la nascita<br />

<strong>di</strong> nuovi uffici a Genova e Torino. Per la propaganda tra le truppe nemiche<br />

si iniziò a ricorrere a <strong>di</strong>sertori, scelti tra i prigionieri avversi agli<br />

austriaci (cechi, slovacchi, polacchi, ungheresi, ma anche sloveni e<br />

croati). Altra novità introdotta furono le missioni in territorio nemico<br />

con ufficiali volontari paracadutisti. Sperimentati con successo nel<br />

giugno del 1918, furono impiegati specialmente dalla 3^ armata (assieme ai<br />

noti piccioni “staffetta” per il rientro delle notizie raccolte oltre le<br />

linee). Non altrettanto, ad onor del vero, accadde sul fronte occidentale,<br />

ove imprese simili non riuscirono mai. Parimenti, massimo sviluppo fu dato<br />

al servizio ra<strong>di</strong>ogoniometrico, tanto da dotare ogni ITO <strong>di</strong> una stazione<br />

d'ascolto e <strong>di</strong> un reparto crittografico, e alle azioni <strong>di</strong> polizia militare,<br />

che fruttarono decine <strong>di</strong> arresti (alcuni seguiti da condanne a morte).<br />

La previsione esatta dell'offensiva (stroncata) dell’11^ armata<br />

austroungarica sul Piave, che doveva avvenire il 15 giugno del 1918, fu il<br />

capolavoro finale dell’S.I: non mancò qui l'elogio più gra<strong>di</strong>to, quello del<br />

capo <strong>di</strong> S.M. dell'esercito austroungarico Von Arz, il quale ammise<br />

pubblicamente la superiorità dello spionaggio italiano.<br />

L'epilogo della guerra era vicino. Non così però la pensavano gli alleati<br />

franco britannici, i cui servizi paventavano riscosse improvvise della


Triplice Alleanza. Il nostro servizio invece, sin da luglio del ‘18, fu<br />

costantemente convinto che la guerra volgesse al termine. Valga il<br />

rapporto del 4 agosto: “L’Esercito Austriaco è in via <strong>di</strong> riorganizzazione<br />

con pre<strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong>fensive. Poche truppe austriache, le meno fidate,<br />

<strong>sono</strong> state inviate elle retrovie del fronte occidentale. Poche truppe<br />

germaniche trovansi nell'interno della Monarchia austro ungarica per il<br />

servizio d’or<strong>di</strong>ne pubblico. Pochi elementi germanici erano stati inviati<br />

in Tirolo per rincuorare gli Austriaci, ma si è gia cominciato a<br />

rispe<strong>di</strong>rli alla fronte occidentale, dove, dal 18 luglio, il Maresciallo<br />

francese Foch (generalissimo degli eserciti anglo-belga-francesi) è<br />

passato alla controffensiva. Le notizie <strong>di</strong> trasporti germanici alla nostra<br />

fronte <strong>sono</strong> tutte false". Un quadro rivelatosi esatto a tre mesi dalla<br />

Vittoria, e che porterà i nostri agenti ad<strong>di</strong>rittura a pianificare la<br />

prossima apertura <strong>di</strong> se<strong>di</strong> in Baviera.<br />

Li <strong>di</strong>ssuaderà solo l’armistizio chiesto dall’Imperatore sulla linea <strong>di</strong><br />

confine.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

- “Il servizio informazioni militare italiano dalla sua costituzione alla<br />

fine della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale”, 1957 - Stato Maggiore della Difesa,<br />

Sifar.<br />

- Giuseppe De Lutiis, “Storia dei Servizi Segreti in Italia”, 1991-<br />

E<strong>di</strong>tori Riuniti.<br />

- Gen. Luigi Cadorna, “La Guerra alla Fronte Italiana”<br />

- Gen. Luigi Capello, “Note <strong>di</strong> Guerra”<br />

- Gen. Odoardo Marchetti, “Il Servizio Informazioni dell’Esercito Italiano<br />

nella Grande Guerra”<br />

- “Aloisi e l’operazione Zurigo”, articolo <strong>di</strong> Luigi Romersa su Il Secolo<br />

d’Italia<br />

- Eddy Bauer, “Storia dello Spionaggio: dalle guerre mon<strong>di</strong>ali ai segreti<br />

atomici”. vol. 1° La prima guerra mon<strong>di</strong>ale. Istituto Geografico De<br />

Agostini - Novara - 1971<br />

- “Relazione Generale della Commissione d'inchiesta sul sinistro della<br />

Regia Nave Leonardo da Vinci” - Tipografia del Senato - 1917<br />

- “Zurigo 1916: un Colpo risolutivo” - Il Servizio Segreto della Regia<br />

Marina in azione. articolo <strong>di</strong> Marco Gemignani<br />

- Fer<strong>di</strong>nando Martini: “Diario 1914-1918” - Mondadori E<strong>di</strong>tore 1966


- Max Ronge: “Spionaggio” - Società E<strong>di</strong>trice Tirrena - Napoli 1930<br />

- Arrigo Petacco: “La Regina del Sud” - Mondadori E<strong>di</strong>tore 1992

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