Taddei XP 7 - Antichità e Tradizione Classica
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LA COLONNA DI ARCADIO A COSTANTINOPOLI 89<br />
81-82 segue quella che, per certi versi, costituisce la prima trattazione<br />
sistematica della storia del monumento e delle fonti documentarie a esso<br />
pertinenti. L’influenza del metodo di lavoro di Gyllius e della sua esegesi<br />
ragionata delle fonti risulta evidente 133 , sebbene la strutturazione del testo<br />
adottata da Du Cange appaia decisamente enciclopedica, un portato dei<br />
tempi che, per forza di cose, è assente nell’opera dell’albigese. Ciononostante,<br />
proprio tale caratteristica fa sì che il repertorio topografico di Du<br />
Cange possa apparire decisamente più vicino ad alcuni parametri della<br />
Quellenforschung contemporanea. Tanto più che è su Du Cange, piuttosto<br />
che su Gyllius, che vengono modellati i contributi scientifici sulla colonna<br />
a partire dalla fine del XIX secolo, un fatto che ha indubbiamente condizionato<br />
le scelte successive a favore di un’impostazione storica ed esegetica,<br />
a detrimento dell’attenzione concessa ai risvolti più marcatamente<br />
archeologici della colonna coclide e del complesso arcadiano in genere.<br />
La tendenza a costruire un Glossarium erudito delle antichità bizantine<br />
di Costantinopoli sottrasse probabilmente attenzione alla documentazione<br />
dell’effettivo stato del monumento, tanto che, alla p. 79, compare<br />
una restituzione del tutto approssimativa della colonna, sostanzialmente<br />
priva di valore in quanto le figurazioni del fregio sono in gran parte di<br />
fantasia. La didascalia, comunque, recita: «Columna C[onstantino]poli<br />
quam historiatam vocant/ gradibus intus pervia et crebris terrae motibus/<br />
pluribus in locis diffracta ac labefacta». Il disegno in questione, che<br />
Du Cange aveva ricevuto dal Padre du Molinet dell’abbazia di Sainte-<br />
Geneviève a Parigi, fu poi ripubblicato (dopo molte esitazioni) nell’Imperium<br />
Orientale del raguseo Anselmo Maria Banduri (1671-1743), apparso<br />
a Parigi nel 1711, senza che il dotto benedettino, numismatico nonché<br />
appassionato studioso di manoscritti, avesse potuto ricontrollare l’originale,<br />
il quale risultava ormai disperso 134 .<br />
EBERSOLT, Constantinople byzantine et les voyageurs cit., pp. 169 n. 2, 170; GIGLIOLI, La<br />
colonna di Arcadio, cit., fig. 22; BECATTI, La colonna coclide istoriata cit., p. 159.<br />
133 Si noti che anche Du Cange, sulla scia di Gyllius ma con più decisione,<br />
legge il passo di Cedreno sulla similitudine fra Tauros e Xerolophos nel senso di una<br />
mera comparazione formale fra le due colonne coclidi: «Omnino similem fuisse<br />
columnae seu statuae, quae in Tauro stetit, indicat Cedrenus […]. Quae verba non de<br />
Foro, sed de Columna accipienda sunt: nam columnam Tauri, cui imposita fuit<br />
Theodosii Magni statua, Cochlidem fuisse constat, perinde ac Arcadianam, in qua<br />
insculpta fuisse praeclara Arcadii praelia […]»: DU CANGE, Constantinopolis Christiana<br />
cit., I, p. 81.<br />
134 A. BANDURI, Imperium Orientale, sive Antiquitates Constantinopolitanae, II, Paris<br />
1711, p. 509; GEFFROY, La colonne d’Arcadius cit., p. 123.