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UNIVERSITA’ <strong>DEGLI</strong> <strong>STU<strong>DI</strong></strong> di <strong>CATANIA</strong><br />

Corso di Laurea in Biotecnologie Agrarie<br />

BARBABIETOLA DA ZUCCHERO<br />

E<br />

CANNA DA ZUCCHERO<br />

Prof. re: Luciano Cosentino Studente:Antonella Pesce<br />

Anno Accademico 2012/2013


BARBABIETOLA DA ZUCCHERO<br />

2


1.0 Origine e diffusione<br />

L’attuale barbabietola da zucchero avrebbe due centri di origine, uno nel bacino del<br />

Mediterraneo ed Isole Canarie o del Capo Verde e l’altro in Asia sud-occidentale.<br />

Nell’antichità la barbabietola veniva coltivata solo come pianta da orto per utilizzarne<br />

le foglie, in seguito per utilizzarne foglie e radici per l’alimentazione zootecnica.<br />

La sua importanza saccarifera risale all’inizio del XVIII secolo, quando il chimico<br />

tedesco Marggraf scoprì che lo zucchero estratto dalla bietola era simile a quello di canna<br />

importato dalle regioni tropicali e subtropicali e perciò costoso e disponibile solo per pochi<br />

privilegiati. Qualche decennio dopo, Achard, allievo e successore di Marggraf, cominciò a<br />

sperimentare diversi tipi di bietola, iniziò le prime coltivazioni e mise a punto i procedimenti<br />

di estrazione dello zucchero.<br />

In Italia i primi passi della coltura si ebbero nel 1870-71 con l’apertura dei primi<br />

zuccherifici a Rieti e Anagni, accompagnati dai primi insuccessi. Questi insuccessi erano<br />

dovuti al fatto di voler coltivare la barbabietola con gli stessi metodi seguiti al Nord: semina<br />

in aprile e raccolta con inizio in autunno. La soluzione al problema per l’Italia si ebbe con<br />

Maraini che suggerì di anticipare la semina in marzo e iniziare la raccolta nella prima metà di<br />

agosto e di concluderla entro settembre evitando gli inconvenienti di rivegetazione e sosta sui<br />

campi.<br />

In duecento anni sia la fase agricola, che quella industriale del settore bieticolo-<br />

saccarifero hanno subito profondi cambiamenti tanto che oggi la bietola provvede a circa il<br />

45% della produzione mondiale di zucchero.<br />

Tuttavia in Italia, negli ultimi anni, si assiste ad una diminuzione delle superfici<br />

coltivate, scese a poco più di 60.000 ha nel 2010 rispetto ai 250.000 del 2000 (Eurostat,<br />

2010). Per quanto riguarda il quadro generale della produzione europea, Francia e Germania<br />

sono le nazioni che fanno registrare la produzione più alta, con una produzione di 35.493<br />

milioni di tonnellate e 25.028 milioni di tonnellate rispettivamente, che rappresentano il<br />

53,1% della produzione totale in tutta l’Europa a 27 stati (Eurostat, 2010).<br />

3


2.0 Aspetti agronomici<br />

La barbabietola è una pianta biennale, che nel primo anno rimane in fase vegetativa,<br />

sviluppa un ampio apparato fogliare e una radice fittonante dove si accumula il saccarosio; nel<br />

secondo anno, dopo un periodo di vernalizzazione, emette uno scapo fiorale, ramificato, con<br />

foglie piccole, sul quale si formeranno le infruttescenze chiamate glomeruli.<br />

Nelle colture industriali, l’uomo interrompe il ciclo della pianta estirpando la radice<br />

già nel primo anno, per estrarne lo zucchero accumulato, mentre le colture destinate alla<br />

produzione di seme completano il ciclo biennale. La distribuzione della coltura in un’area<br />

geografica così vasta e in condizioni ambientali tanto differenti, da zone caldo aride ad oltre<br />

2000 metri di altitudine, indica la capacità della barbabietola, di adattarsi a diverse condizioni<br />

ecologiche. Tuttavia la bietola trova le condizioni più adatte nei climi temperati.<br />

2.1 Esigenze termiche<br />

Nelle condizioni ottimali, il seme assorbe acqua attraverso l’involucro esterno, che<br />

gliela cede lentamente, si rigonfia ed emette la radichetta che rompe l’involucro. Appena la<br />

radichetta è uscita e si sta ancorando al suolo, il fusticino si allunga spingendo il glomerulo<br />

lateralmente o in alto fino a liberare i cotiledoni che iniziano ad emergere. Tra la<br />

germinazione e l’emergenza, nelle condizioni migliori, intercorrono circa due giorni. La<br />

germinazione può iniziare a 5-6°C ma le condizioni ottimali si hanno con temperature intorno<br />

ai 20-25°C e umidità del terreno di circa il 50% della capacità idrica di campo. Se la<br />

temperatura è inferiore a 3°C la germinazione non avviene.<br />

Durante tutto il primo anno di vita si compie la fase vegetativa della pianta, nella quale<br />

si ha l’accumulo dei fotosintetati nell’organo di riserva. Le temperature maggiormente<br />

favorevoli per l’accumulo di zucchero sono comprese tra i 10 e i 20°C; con valori superiori a<br />

25°C il ritmo di assimilazione decresce, fino a cessare coi 35°C.<br />

2.2 Fotoperiodo<br />

La barbabietola è una pianta lungi diurna, il fotoperiodo è importante oltre che per il<br />

meccanismo di fioritura anche per l’accumulo di zucchero infatti, in tal senso hanno molta più<br />

rilevanza le ore di luce ricevute quotidianamente, piuttosto che l’intensità luminosa. Nei paesi<br />

nordici, dove le giornate estive sono lunghe, si ritiene che sia proprio la durata del fotoperiodo<br />

a supplire alla deficienza termica. In clima mediterraneo invece, l’intensità luminosa<br />

eccessiva (al di sopra dei 14.000 lux) può essere controproducente, soprattutto se<br />

accompagnata da temperature troppo elevate ed insufficiente disponibilità idrica, per<br />

l’insorgere di fenomeni accentuati di foto traspirazione.<br />

4


2.3 Esigenze idriche<br />

Le produzioni di sostanza secca e di saccarosio dipendono molto dalla quantità di<br />

acqua traspirata. La bietola traspira più del 98% dell’acqua assorbita, utilizzandone per la<br />

crescita solo circa il 2%. La bietola può usufruire dell’umidità del terreno fino a circa 1,5 m di<br />

profondità, ma di solito quasi tutta la totalità dell’acqua viene assorbita dai 70-100 cm più<br />

superficiali. In generale l’irrigazione incrementa quasi sempre la produzione di radici ma<br />

spesso riduce il contenuto di zucchero e di melassi geni. L’entità degli effetti è però variabile.<br />

A titolo di esempio può essere il fatto che irrigazioni tardive favoriscono un’intensa attività<br />

vegetativa con incremento del peso del fittone e abbassamento del tenore zuccherino; b)<br />

l’irrigazione esalta gli effetti della concimazione azotata favorendo aumenti del peso radicale,<br />

riduzione del contenuto zuccherino e limitando l’accumulo di azoto nocivo; c) nei terreni con<br />

rizomania l’irrigazione può favorire la diffusione della malattia; d) l’efficacia dell’irrigazione<br />

è di solito maggiore ritardando gli estirpamenti e variabile a seconda della tipologia<br />

produttiva delle cultivar.<br />

In generale, la quantità di acqua da apportare (volume di intervento e stagionale)<br />

dovrebbe essere calcolata sulla base di parametri oggettivi come ET, umidità del terreno, stato<br />

della coltura.<br />

2.4 Tecniche colturali<br />

La barbabietola, è sicuramente la coltura più esigente ed in generale richiede<br />

lavorazioni più profonde rispetto alle altre colture. La necessità di lavorazioni profonde nasce<br />

dal fatto che la radice della barbabietola raggiunge a volte i 30-40 cm di profondità, ma ha<br />

scarsa capacità di penetrazione e quindi richiede ottima sofficità anche in profondità e soffre<br />

nei terreni costipati e zollosi nei quali il fittone si incurva o si ramifica. In Italia, è anche da<br />

considerare che la bieticoltura viene effettuata prevalentemente su terreni argillosi che, a<br />

parità di tutte le altre condizioni, richiedono una maggiore profondità di aratura per favorire<br />

l’aereazione e la circolazione dell’acqua in profondità. Riguardo all’epoca di aratura, quella<br />

migliore nei terreni argillosi è l’estate fino a settembre, in modo da permettere al terreno di<br />

trarre maggiore beneficio dall’azione degli agenti atmosferici. Le terre sabbiose e povere di<br />

materiali argillosi, invece, possono essere lavorate più tardi.<br />

Se l’azione degli agenti atmosferici sui terreni arati è stata efficace nello sminuzzare e<br />

rendere friabili le zolle, allora le lavorazioni complementari possono essere limitate ad una<br />

energica erpicatura.<br />

5


3.5 Concimazioni<br />

I tre principali elementi di fertilità (azoto, fosforo e potassio) esplicano effetti diversi<br />

nelle differenti fasi del ciclo sui valori quantitativi e qualitativi della produzione. L’azoto è<br />

l’elemento nutritivo in grado più di tutti di influenzare la produzione; agisce favorendo li<br />

sviluppo dell’apparato aereo. L’efficacia dell’azoto è contrastata da due possibili conseguenze<br />

negative ad esso connesse: a) eccessivo sviluppo fogliare; b) la non trasformazione in<br />

sostanza proteiche. In generale la barbabietola risponde bene alla concimazione azotata con<br />

incrementi della produzione in radici, ma la dose e la tecnica ottimale è molto diversa a<br />

seconda delle situazioni pedoclimatiche e colturali.<br />

3.0 Applicazioni biotecnologiche<br />

Il miglioramento genetico della barbabietola da zucchero, ha riguardato per lungo<br />

tempo, l’aumento delle dimensioni della radice e l’aumento del contenuto in saccarosio. In<br />

seguito sono stati presi in considerazione anche altri aspetti come la resistenza agli erbicidi, la<br />

resistenza alle avversità, l’adattabilità alle semine autunnali e la monogermia.<br />

3.1 Resistenza agli erbicidi: barbabietola Roundup ready<br />

La barbabietola da zucchero soffre molto la competizione delle erbe infestanti come<br />

Papaver rhoeas, Veronica persica e Sinapis arvensis; in passato venivano eseguite delle<br />

sarchiature per il controllo meccanico delle infestanti, oggi è molto diffuso il diserbo chimico<br />

per mezzo di erbicidi selettivi in pre-semina, pre-emergenza e post-emergenza. Una<br />

sarchiatura tuttavia, è sempre considerata utile per eliminare le infestanti, ma maggiormente<br />

per favorire la penetrazione dell’acqua nel terreno, diminuire l’evaporazione ed arieggiare il<br />

terreno.<br />

Un gruppo di ricercatori tedeschi della compagnia KW Saat AG hanno ideato, su idea<br />

della multinazionale Monsantoto, delle piante transgeniche di barbabietola per la resistenza<br />

agli erbicidi a base di glyphosate (H-7). Le colture aventi questa resistenza vengono dette<br />

Roundup ready (RR), prendendo il nome dall’erbicida Roundup brevettato dalla Monsanto.<br />

Il glyposate è un erbicida sistemico ad ampio spettro, che agisce inibendo l’enzima<br />

EPSP coinvolto nella biosintesi degli aminoacidi aromatici triptofano, fenilalanina e tirosina.<br />

6


La resistenza al glyphosate è stata ottenuta inserendo nel genoma vegetale, il gene<br />

dell’enzima EPSPS, isolato da Agrobacterium tumefaciens ceppo C4, che ha la caratteristica<br />

di essere poco inibito dal glyphosate stesso.<br />

La trasformazione delle piante è stata attuata con trasferimento mediato da A. tumefaciens.<br />

Il batterio A. tumefaciens possiede un plasmide denominato Tumor inducing, dove si<br />

distingue una regione (T-DNA) nella quale sono presenti i geni per la sintesi di auxine,<br />

citochinine e opine. La porzione del T-DNA è quella che durante l’infezione, viene escissa dal<br />

plasmide e va ad insediarsi nel genoma vegetale.<br />

<br />

Prima della trasformazione, il plasmide Ti è stato disarmato, cioè sono stati tolti i geni<br />

responsabili della formazione del tumore (auxine e citochinine) i geni della sintesi e del<br />

catabolismo delle opine. Non vengo tolti invece le regioni LB e RB che rappresentano le<br />

estremità del T-DNA le quali, assieme ai geni di virulenza, sono fondamentali per il<br />

7


trasferimento del DNA nel genoma vegetale. Nel plasmide disarmato è stato inserito il gene<br />

EPSPS, i marcatori che hanno permesso l’individuazione delle cellule trasformate e delle<br />

piantine trasformate. Il plasmide così costruito è stato inserito in A. tumefaciens. Una<br />

sospensione dei batteri trasformati è stata messa a contatto con frammenti di foglia per<br />

avviare la trasformazione. Da questi pezzetti di foglia sono state ottenute delle piante che<br />

portano il gene EPSPS.<br />

La coltivazione di piante geneticamente modificate per il gene della resistenza al glyphosate è<br />

autorizzata negli USA dal 2005 ma è stata realmente attivata nel 2008.<br />

Il più grande vantaggio delle colture RR consiste essenzialmente in un controllo semplificato<br />

delle erbe infestanti, riducendo l’uso di erbicidi chimici in pre-emergenza, in favore di quelli<br />

in post-emergenza come il glyohosate che è considerato meno pericoloso rispetto agli altri.<br />

3.2 Adattabilità alle semine autunnali<br />

Poter regolare il tempo di fioritura è fondamentale per massimizzare la capacità<br />

produttiva della pianta.<br />

I ricercatori dell’Umea Plant Science Center e della società Sygenta seed, studiando il<br />

gene che normalmente nelle altre piante stimola la fioritura, hanno scoperto che nella sua<br />

evoluzione, la barbabietola ha sviluppato un gene fratello con funzione opposta, ossia quella<br />

di inibire la fioritura e che in natura viene silenziato solo in seguito alle basse temperature<br />

invernali. Si tratta di due geni FT-like denominati BvFT1 e BvFT2 il cui meccanismo<br />

d’espressione è stato studiato mediante la costituzione di diverse linee transgeniche.<br />

Inizialmente sono state costituite due linnee transgeniche per la sovra espressione di<br />

BvFT1 e BvFT2 mediante due cassette d’espressione portanti le sequenze codificanti una per<br />

BvFT1 e l’altra per BvFT2 ed i promotori costitutivi Ubi3 (S15 da Arabidopsis) e CaMV 35S.<br />

Questa cassetta di espressione è stata successivamente inserita in un vettore binario che porta<br />

la PMI (fosfo-mannosio isomerasi) come marcatore e ocs e mas che sono promotori sintetici<br />

da octopine e mannopine. Costruito il vettore d’espressione sono state trasformate le piante di<br />

barbabietola mediante A. tumefaciens.<br />

Nelle piante BvFT2-ox è stata raggiunta la fioritura dopo un periodo di otto settimane,<br />

e l’espressione di BvFT1 era agli stessi livelli dei Wt. Si è dimostrato quindi che la sovra<br />

espressione di BvFT2 portava alla fioritura anche senza un periodo di vernalizzazione e che<br />

BvFT2 non è un repressore di BvFT1.<br />

Nelle piante BvFT1-ox annuali LD, non si aveva la comparsa di scapi fiorali per più di<br />

sei mesi, inoltre l’espressione di BvFT2 era inferiore rispetto al Wt, suggerendo così che<br />

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BvFT1 è un repressore di BvFT2. Nelle piante BvFT1-ox biennali, anche dopo il periodo di<br />

vernalizzazione, si aveva un ritardo della fioritura di circa sei mesi rispetto al Wt.<br />

Sono state effettuate altre prove su due linee transgeniche, in una di esse, mediante<br />

RNA interference, era inibito il gene BvFT1 e nell’altra il gene BvFT2. Nelle piante in cui era<br />

stato inibito il gene BvFT2 non si è avuta la comparsa di scapi fiorali per più di quattrocento<br />

giorni, mentre i livelli di BvFT1 erano uguali a quelli dei Wt. Questi ultimi esperimenti hanno<br />

dimostrato che la mancata fioritura era dovuta all’assenza di BvFT2 e non alla presenza di<br />

BvFT1.<br />

Manipolando il gene della fioritura, è possibile dunque controllare pienamente il<br />

tempo di fioritura consentendo di sviluppare un tipo di barbabietola che possa essere piantata<br />

in autunno e che continui a crescere nelle stagione seguente senza che fiorisca (Kraft, 2010).<br />

Una barbabietola invernale rappresenta un’importante opportunità per i coltivatori, dato che si<br />

stima che sia in grado di aumentare la resa del 25% consentendo allo stesso tempo un periodo<br />

più esteso di raccolta, cosa che non si è ancora riuscita ad ottenere con gli incroci tradizionali.<br />

3.3 Resistenza allo stress idrico<br />

La siccità rappresenta il più grande fattore limitante per la produzione di tante colture,<br />

compresa la barbabietola. Un gruppo di ricercatori dell’Università della California ha studiato<br />

un metodo per migliorare la resistenza alla siccità, mediante la costituzione di linee<br />

transgeniche di barbabietola per la produzione di fruttani batterici. I fruttani sono dei polimeri<br />

del fruttosio che assumono un duplice interesse visti gli aspetti nutrizionali e le funzioni eco-<br />

fisiologiche svolte. Le prime prove che dimostravano che i fruttani hanno un ruolo importante<br />

nella resistenza alla siccità erano state condotte su tabacco.<br />

In barbabietola si è inserito esattamente lo stesso costrutto genetico che era stato<br />

inserito in tabacco costituito da:<br />

trasformazione.<br />

gene SacB dal Bacillus subtilis per la biosintesi dei fruttani<br />

CPY yeast vacuolar targeting sequence<br />

promotore costitutivo CaMV 35S<br />

Il plasmide binario costruito è stato poi inserito in A.tumefaciens che ha mediato la<br />

Sono state costituite 14 linee transgeniche che hanno mostrato un accumulo di<br />

fruttani sia nelle radici che nelle foglie; in queste ultime l’accumulo di fruttani era dipendente<br />

dall’età, cioè vi era una maggiore quantità di fruttani nelle foglie più vecchie rispetto alle<br />

foglie più giovani. Le linee transgeniche ottenute sono state confrontate con i Wt riguardo alle<br />

performance in condizioni di siccità.<br />

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Il risultato maggiore che si è ottenuto in questo studio è che con l’introduzione del<br />

gene per la biosintesi dei fruttani da Bacillus subtilis, si è avuta una maggiore resa in<br />

biomassa sotto condizioni di siccità.<br />

Inoltre i fruttani dovrebbero non influenzare la concentrazione di saccarosio in<br />

quanto il livelli sono identici, se non maggiori a quelli del Wt.<br />

10


CANNA DA ZUCCHERO<br />

11


1.0 Origine e diffusione<br />

La canna da zucchero è la più importante specie saccarifera coltivata al mondo.<br />

La FAO stima che nel 2010 sono stati coltivati circa 23,8 milioni di ettari in oltre 90<br />

paesi del mondo con un raccolto di 1.690 milioni di tonnellate. I paesi maggiori<br />

produttori risultano essere il Brasile, India, Cina, Thailandia, Pakistan e Messico.<br />

2.0 Aspetti agronomici<br />

La canna da zucchero si adatta bene ad una vasta gamma di suoli. In linea<br />

generale, i più adatti sono i suoli argillosi e limosi ben drenati. La canna si mostra<br />

molto tollerante anche nei confronti della reazione del suolo, adattandosi bene sia a<br />

quelli acidi (ph 4.5-5.0) che a quelli basici (ph 8.0-8.2).<br />

giorno corto.<br />

Per quanto riguarda il fotoperiodo, la canna fiorisce solo in condizioni di<br />

La temperatura può assumere un ruolo fondamentale ai fini della buona riuscita<br />

della coltura, quella ottimale per l’accrescimento della pianta e l’assorbimento dei<br />

nutrienti oscilla intorno ai 27°C.<br />

Le disponibilità idriche sono molto importanti in quanto condizionano i<br />

processi fisiologici che controllano lo sviluppo della pianta e la quantità e la qualità<br />

delle produzioni. Infatti, nelle zone con elevata umidità, la pianta tende a produrre una<br />

elevatissima quantità di sostanza verde avente però un basso contenuto in saccarosio;<br />

perché venga l’accumulo di zuccheri è necessario che l’attività vegetativa venga<br />

rallentata.. Di contro in carenza di umidità, la pianta fornisce scarse produzioni.<br />

sarebbero:<br />

In definitiva, le caratteristiche climatiche ideali per la coltura della canna,<br />

a) periodo caldo abbastanza lungo e sufficienti disponibilità idriche,<br />

per favorire la crescita e lo sviluppo delle piante;<br />

b) periodo asciutto e non molto caldo, ma con assenza di gelate,<br />

durante la maturazione e la raccolta, per promuovere la conversione<br />

in zuccheri riduttori in saccarosio e favorirne l’accumulo.<br />

12


3.0 Aspetti biotecnologici<br />

Ciò che oggi, attraverso le biotecnologie, si cerca di ottenere nella canna da<br />

zucchero sono: resistenza ai virus (es mosaic virus), tolleranza agli erbicidi e<br />

resistenza ad alcuni lepidotteri (es. Pyarausta nubilalis).<br />

In Brasile è stata costituita una linea transgenica per la tolleranza agli erbicidi a<br />

base di glyphosate, mediante inserimento del gene EPSPS di A. tumefaciens ceppo 4, e<br />

per la resistenza ai lepidotteri, mediante l’inserimento della proteina Cry 2 A di<br />

Bacillus thuringiensis.<br />

Le prove sono state condotte sulla varietà commerciale RB867515, che<br />

rappresenta la varietà maggiormente coltivata nel Brasile del sud.<br />

La trasformazione è stata mediata da A. tumefaciens nel quale è stato inserito il<br />

plasmide binario pUC 8301 contenente i geni per la resistenza a glyohosate e<br />

lepidotteri.<br />

Dei genotipi creati sono stati valutati i livelli di espressione dei due geni in radici,<br />

foglie e steli. Nelle diverse prove in campo e nelle analisi che sono state eseguite si è visto<br />

che:<br />

a) non sono stati riscontrati effetti di pleiotropia o epistasi;<br />

b) i geni mostrano stabilità sia nei livelli di espressione che nella localizzazione<br />

genomica<br />

c) non sono stati osservati effetti avversi tra i due geni.<br />

Questi nuovi genotipi gm di canna da zucchero denominati SC25-1, si adatterebbero<br />

molto bene alle condizioni climatiche del Brasile, anche se i maggiori risultati produttivi si<br />

sono avuti nelle regioni del nord est del paese.<br />

13


Non c’è ancora l’autorizzazione di poter coltivare la varietà SC25-1, in quanto,<br />

nonostante l’impatto positivo che questa potrebbe avere per il minor uso di erbicidi ed<br />

insetticidi, ci sono ancora molte riserve legate ad una diminuzione degli altri organismi di bio<br />

controllo.<br />

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Bibliografia<br />

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modified to Herbicide and Insect Resistance- ILSI Brazil. Enviromental Risk<br />

Assesment Workshop. August 2008.<br />

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Biochem. (1999) vol 37 (4) pp 313-317<br />

Pierre A. Pin, Reyes Benlloch, Dominique Bonnet, Elisabeth Wremerth-<br />

Weich, Thomas Kraft, Jan J. L. Gielen, Ove Nilsson - An antagonist pair of FT<br />

homologs mediates the control of flowering time in sugar beet- Science (2010)<br />

vol. 330 no 6009 pp 1397-1400<br />

Remingo Baldini, Luigi Giardini- Coltivazioni erbacee. Piante oleifere, da<br />

zucchero, da fibra, orticole e aromatiche- Patròn editore (2001) pp 162-<br />

www.gmo-compass.org<br />

Sitografia<br />

15

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