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Gestione sostenibile delle erbe infestanti - dispa - Università degli ...

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA<br />

DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLE PRODUZIONI AGRARIE E<br />

ALIMENTARI<br />

Corso di laurea in:<br />

Scienze e Tecnologie agrarie<br />

GESTIONE SOSTENIBILE DELLE TECNICHE AGRONOMICHE<br />

Docente: Prof. Cosentino Salvatore<br />

“GESTIONE SOSTENIBILE DELLE ERBE INFESTANTI”<br />

Relazione compilativa<br />

A cura di:<br />

Crimi Mario Donato<br />

D’Agata Claudia<br />

Scurria Giuseppa


-INDICE-<br />

2<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

1. Introduzione pag. 3<br />

2. Cenni storici pag. 4<br />

3. Piante <strong>infestanti</strong> pag. 4<br />

3.1. Definizioni pag. 5<br />

4. Classificazioni pag. 5<br />

4.1. Classificazione per gruppi biologici pag.5<br />

4.2. Classificazione per gruppi ecofisiologici pag. 8<br />

4.3. Classificazione ecologica: Le Comunità di mal<strong>erbe</strong> in Europa pag. 9<br />

5. Danni causati dalle <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong> pag. 9<br />

6. Controllo <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong> pag. 11<br />

7. <strong>Gestione</strong> integrata pag. 12<br />

8. Metodi di controllo <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong> pag. 13<br />

8.1. Obiettivi e principi del controllo pag. 13<br />

8.2. Tecniche di controllo pag. 14<br />

8.2.1. Mezzi meccanici pag. 15<br />

8.2.2. Mezzi fisici pag. 17<br />

8.2.3. Mezzi chimici o diserbo pag. 19<br />

8.2.4. Mezzi biologici pag. 24<br />

8.2.5. Mezzi ecologici pag. 28<br />

9. La funzione positiva <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong> pag. 32<br />

10. Bibliografia pag. 34


1. Introduzione<br />

3<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

Definire cosa sia una pianta è più difficile di quanto non sembri a prima vista.<br />

Linneo divise i viventi in piante ed animali e come carattere discriminante considerò la sensibilità,<br />

raggruppando così tutti gli organismi privi di sensibilità ossia i vegetali sotto il nome di piante.<br />

D’ altra parte Linneo rivolgeva la sua attenzione alle piante superiori ovvero quelle organizzate in<br />

fusto, radici e foglie, ma di fatto la nozione di pianta non sta nel singolo carattere discriminante<br />

bensì nella presenza di un complesso di caratteri.<br />

Accingendoci a parlare di piante superiori e data la sterminata varietà di ambienti differenti che<br />

sono esistiti e che esistono nel nostro pianeta, ognuno contraddistinto da proprie e specifiche<br />

caratteristiche, si comprende come l’insediamento in ognuno di essi abbia favorito o determinato<br />

l’ affermarsi in natura di una quantità pure sterminata di specie diverse, ognuna contraddistinta da<br />

proprie e specifiche organizzazioni fisiologico – strutturali del corpo.<br />

Naturalmente, mentre alcuni di questi ambienti nonostante lo scorrere del tempo hanno<br />

conservato o lievemente mutato le proprie caratteristiche, altri all’opposto si sono via via<br />

profondamente modificati, quindi in alcuni ambienti hanno potuto sopravvivere organismi simili a<br />

quelli che colonizzavano un tempo gli stessi luoghi, in altri sono risultati indispensabili più o meno<br />

profonde modifiche , senza le quali sarebbe stata messa in forse la stessa sopravvivenza di quel<br />

dato organismo.<br />

Nelle piante troviamo tutta un’ampia serie di gradi organizzativi della morfologia del corpo, i tre<br />

maggiori livelli organizzativi sono Protofite, Tallofite, Cormofite.<br />

Il livello <strong>delle</strong> Protofite corrisponde a quello dei più antichi organismi cellulari;<br />

Le Tallofite comprendono forme sia unicellulari che pluricellulari, i talli filamentosi riunendosi tra<br />

di loro danno origine a pseudo tessuti;<br />

le Cormofite hanno corpo costituito da tre organi fondamentali: radici, fusto e foglie.<br />

Data la definizione di pianta, si sente l’esigenza sin dal medioevo della sistemazione in qualche<br />

modo <strong>degli</strong> individui tutti e quindi anche per i vegetali. Il numero di specie note non era molto<br />

elevato quindi non vi era la necessità di riunirli in taxa di ordine superiore, successivamente nel<br />

‘500 fu un medico italiano, Andrea Cisalpino che propose di ordinare le 1500 specie vegetali a lui<br />

note nell’Opera De Plantis Libri XVI scritta ne 1583 che riuniva le specie vegetali in 20 classi,<br />

definite sulla base dei caratteri morfologici.<br />

La vera Pietra miliare della biologia sistematica fu Carl von Linnè , che considerava il sistema come<br />

uno strumento per giungere alla identificazione <strong>degli</strong> organismi.


4<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

L’intero universo di oggetti sensibili li divide in viventi e non viventi, tra i viventi in piante ed<br />

animali. Il sistema, struttura logica di cui ci serviamo per organizzare in classi un qualsiasi insiemi di<br />

oggetti; nel sistema di classificazione <strong>delle</strong> piante, gli individui sono riuniti in specie, le quali a loro<br />

volta sono riuniti in genere, famiglie ecc., quello linneano è strutturato gerarchicamente ed è<br />

divisivo, procedendo dall’ alto verso il basso per successive divisioni.<br />

Si deduce come le <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong> essendo piante di natura superiore siano inserite nel sistema di<br />

classificazione.<br />

2. Cenni storici<br />

La necessità di tenere sotto controllo le <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong>, si manifesta sin dai tempi del Neolitico<br />

(circa 10.000 anni fa), quando l'uomo inizia con la coltivazione di alcune forme primitive di cereali<br />

e di altre piante spontanee, per provvedere ai suoi bisogni alimentari. Gradualmente, l'uomo<br />

innesca una profonda trasformazione nelle antiche associazioni vegetali naturali modificando così<br />

il suo rapporto con l' ambiente e con l' uso del territorio (Hausman, 1986).<br />

Sulla base di questa premessa, il concetto stesso di infestante, è mutato nel corso della storia,<br />

contestualmente allo sviluppo ed alla diffusione di sistemi colturali caratterizzati da produzioni<br />

sempre più specializzate ed intensive.<br />

3. Piante <strong>infestanti</strong><br />

Quando si parla di <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong>, ci si riferisce a tutte quelle <strong>erbe</strong> che in qualche modo<br />

alterano il rendimento della pianta coltivata.<br />

La definizione di pianta infestante che viene oggi più frequentemente utilizzata è quella di :<br />

“pianta che cresce dove non è desiderata, che interferisce con gli obiettivi e le esigenze dell’uomo”<br />

(European Weed Research Society 1975).<br />

Il concetto di pianta infestante rimane comunque relativo e non assoluto in quanto, spesse volte la<br />

stessa specie in alcune condizioni si rivela utile, mentre in altri contesti risulta assai dannosa.<br />

Tra gli esempi che potrebbero essere fatti, quello più emblematico riguarda il Lolium temulentum<br />

(zizzania o loglio) che può deprimere una coltura destinata all’alimentazione umana, ma anche<br />

fornire un buon foraggio per il bestiame


3.1. Definizioni<br />

Le definizioni sono molteplici in quanto ci si riferisce a diversi argomenti.<br />

5<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

Definizione ecologica: una pianta è una malerba se in una specifica area geografica, la sua<br />

popolazione cresce interamente o in maniera preponderante in ambienti marcatamente<br />

disturbati dall’uomo. (Baker, 1965)<br />

Definizione malerbologica: “è infestante ogni pianta o vegetazione, escluso i funghi, che<br />

interferisce con gli obiettivi dell’uomo” ( European Weed Research Society, EWRS ).<br />

Definizione Ecologica Malerbologica: “ Le mal<strong>erbe</strong> sono piante adattate agli habitat<br />

modificati dall’uomo e che interferiscono con le attività umane ( Holzener, 1982).<br />

4. Classificazioni<br />

Si avverte quindi, anche nello studio <strong>delle</strong> piante <strong>infestanti</strong> la necessità di una classificazione e<br />

questa viene fatta a seconda <strong>degli</strong> obiettivi:<br />

Distinzione tra mal<strong>erbe</strong> a foglia:<br />

Larga: ovvero le dicotiledoni<br />

Stretta: ovvero le monocotiledoni<br />

- Classificazione per gruppi biologici<br />

- Classificazione per gruppi ecofisiologici<br />

- Classificazione ecologica<br />

- Classificazione botanica<br />

4.1. Classificazione per gruppi biologici :<br />

Classificazione adottata da Montegut nel 1984. Suddivide le piante in gruppi biologici sulla<br />

base della modalità con cui superano il momento sfavorevole dell’annata, seme o gemma, e sulla<br />

posizione <strong>delle</strong> gemme rispetto alla superficie del terreno (Sistema di RAUNKIAER ). La posizione<br />

<strong>delle</strong> gemme sulla pianta dipende dal tipo di strategia che la pianta ha adottato per la sua<br />

sopravvivenza.


Forme biologiche di Raunkiaer<br />

6<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

Terofite (T): piante annuali che superano la stagione avversa allo stato di seme.<br />

In relazione all’epoca di emergenza si distinguono:<br />

Specie annuali d’estate (Th1)<br />

Specie annuali d’inverno (Th2)<br />

Specie indifferenti (Th1-Th2)<br />

Le piante Terofite sono tipiche dei terreni con struttura e tessitura favorevole, che vengono<br />

sottoposti ad un rivoltamento completo dello strato lavorato e nei quali si pratica un<br />

avvicendamento intensivo di colture annuali senza inserimento di maggese o <strong>delle</strong> colture<br />

foraggere.<br />

Idrofite (I): piante perenni acquatiche con gemme sommerse<br />

Geofite (G): piante perenni con gemme sotterranee, contenute entro bulbi e rizomi: sono<br />

piante vivaci, nelle quali la riproduzione vegetativa dinamica è assicurata da un organo<br />

sotterraneo. Si adattano a tutti i terreni e i tipi di lavorazione, ma la loro presenza è<br />

superiore nei terreni non lavorati ed argillosi.<br />

Emicriptofite (H): piante perenni con gemme al livello del terreno, con portamento a<br />

rosetta, oppure cespugliose o anche con fusto ben sviluppato. Si propagano oltre che per<br />

seme per mezzo di gemme poste appena sotto la superficie del terreno. Sono a ciclo<br />

annuale, ma il cespo è pluriennale. Sono specie tipiche dei prati e dei tappeti erbosi<br />

permanenti, <strong>degli</strong> arboreti dove si insediano lungo i filari, grazie ai disturbi meno intensi<br />

che il terreno subisce in quella zona. La presenza di emicriptofite in un terreno lavorato sta<br />

a significare che il terreno è stato mal lavorato o lavorato poco profondamente.<br />

Camefite (Ch): piante perenni, alla base legnose, con gemme a meno di 2-3 cm di altezza<br />

dal suolo; si distinguono in camefite striscianti, succulente, a cuscinetto, suffruticose, ecc.<br />

Sono piante a riproduzione sessuata. In funzione della lignificazione <strong>degli</strong> organi che<br />

portano le gemme e dell’altezza a cui sono situate rispetto al terreno si distinguono:


7<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

Camefite erbacee, generalmente stolonifere e di altezza inferiore ai 25 cm: le gemme<br />

producono prima dell’inverno dei getti che portano al di sopra del terreno <strong>delle</strong> gemme<br />

svernanti;<br />

Camefite legnose che presentano gemme nettamente sopra il terreno<br />

Fanerofite (P): piante perenni legnose con gemme a più di 3 cm di altezza dal suolo:<br />

tipicamente gli alberi ed i grossi cespugli;<br />

intermedi tra questo gruppo e il precedente sono gli arbusti nani (nano fanerofite), che<br />

sono piante arbustive a crescita basitona, formanti cespugli di 50-200 cm di altezza.<br />

Epifite: sono specie vegetali parassite, incapaci di condurre una vita autotrofa<br />

indipendente (Orobanche spp).<br />

Elofite ed idrofite: ne fanno parte le specie vegetali adattate a vivere nell’acqua:<br />

il primo gruppo è formato da specie semiacquatiche dotate di gemme perennanti sotto la<br />

superficie dell’acqua (Alisma plantago);<br />

il secondo gruppo è formato da piante acquatiche che vivono completamente sommerse,<br />

con foglie e fiori che galleggiano sulla superficie dell’acqua (Potamogeton spp.).<br />

Schema <strong>delle</strong> forme biologiche di Raunkiaer


4.2. Classificazione per gruppi ecofisiologici<br />

8<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

Questa classificazione, proposta da Montegut (1975), si basa sulla constatazione che le<br />

mal<strong>erbe</strong> nate da seme, sia annuali o pluriennali, emergono in periodi dell’anno ben precisi in<br />

funzione di un insieme specifico di esigenze ecofisiologiche.<br />

Specie indifferenti: Sono in grado di emergere in tutte le stagioni dell’anno grazie ad<br />

esigenze germinative molto varie. Vengono distinte in tre sottogruppi:<br />

- Totalmente indifferenti: in grado di germinare a temperature comprese tra 0 e 30-33°C<br />

(Senecio vulgaris, Poa annua). Sono dette anche annuali da 100 giorni in quanto in poco<br />

più di tre mesi vanno a seme.<br />

- Parzialmente indifferenti: specie la cui germinazione non avviene al di sotto dei 5° C. Le<br />

emergenze sono generalmente concentrate ad inizio autunno e a fine inverno.<br />

- Apparentemente indifferenti: specie che germinano tutto l’anno per l’elevata<br />

eterogeneità fisiologica dei semi. Vi afferiscono alcune Brassicacee.<br />

Specie autunnali: Sono le specie che devono subire l’effetto vernalizzante <strong>delle</strong> basse<br />

temperature. Vengono distinte in tre sottogruppi:<br />

- Specie a germinazione autunnale stretta, indifferenti al fotoperiodo, che fioriscono in<br />

inverno e germinano all’arrivo <strong>delle</strong> prime piogge autunnali (es. Poaceae).<br />

- Specie a germinazione autunnale preferenziale che combinano il bisogno di freddo per<br />

la vernalizzazione con il bisogno di giorno lungo (alcune brassicacee).<br />

- Specie a germinazione occasionalmente autunnale e preferenziale post-invernale:<br />

sono specie biennali e di taglia elevata (alcuni chenopodi).<br />

Specie invernali: hanno semi dormienti che vengono indotti alla germinazione dalle basse<br />

temperature o germinano con temperature comprese tra 0-5 °C.


9<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

Specie primaverili: per le quali il superamento della dormienza richiede la permanenza dei<br />

semi a temperature di 0-5°C per 4-6 settimane. Per germinare richiedono una temperatura<br />

superiore ai 10°C.<br />

Specie estive: i cui semi possono essere dormienti. Sulla base <strong>delle</strong> esigenze termiche si<br />

possono distinguere due sottogruppi: specie subtermofile e termofile.<br />

4.3. Classificazione ecologica: Le comunità di mal<strong>erbe</strong> in Europa<br />

In Europa l’infestante principale è la stellaria media (Stellarietea mediae) che va a costituire la<br />

classe a seguire gli ordini Chenopodiun album (Chenopodietalia albi) - Centaurea cyanus<br />

(Centauretalia cyani). Le Alleanze che si vengono a costituire sono :<br />

1. Sisymbrium officinale<br />

2. Agrostis spica-venti<br />

3. Caucalis platicarpos<br />

4. Lolium - Linum<br />

5. Polygonum sp-Chenopodium sp.<br />

6. Panicun sp.-Setaria sp.<br />

5. Danni causati dalle <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

In maniera intuitiva si capisce che le mal<strong>erbe</strong> causano dei danni alla produzione agraria in<br />

quanto si vengono ad instaurare <strong>delle</strong> competizioni interspecifiche tra queste e le piante coltivate.<br />

Le specie più dannose a livello mondiale sono circa 250 ed il 40% di queste appartiene a tre sole<br />

famiglie e cioè le Graminecae, le Compositae e le Cyperaceae. La presenza <strong>delle</strong> piante <strong>infestanti</strong><br />

nonostante i vari metodi di lotta applicati, causa annualmente nel mondo una perdita di<br />

produzione <strong>delle</strong> colture agrarie di circa il 10% di quella potenziale ottenibile.


I danni causati dalle mal<strong>erbe</strong> possono essere di varia natura:<br />

10<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

- Diretti: competizione per sottrazione in volume di terreno, di acqua e di sostanze<br />

nutritive, di luce e di aria; azione di soffocamento da parte di <strong>erbe</strong> rampicanti (veccia,<br />

poligono, latiro); parassitismo con deperimento <strong>delle</strong> piante attaccate (cuscuta e<br />

orobanche); imposizione di certi ordinamenti produttivi con preclusione di particolari<br />

colture (es. fava in campi infestati da orobanche); attrazione <strong>degli</strong> insetti pronubi verso<br />

le specie <strong>infestanti</strong> anziché le specie da impollinare; emissione di tossine;<br />

modificazione della microflora del terreno.<br />

- Indiretti: si riscontrano nel peggioramento della qualità del seme a causa: della<br />

presenza di mal<strong>erbe</strong> nelle sementi che ne diminuisce il valore o addirittura ne<br />

impedisce la commercializzazione se non previa esecuzione di costose operazioni di<br />

cernita o essiccazione; caratteri negativi possono essere impartiti ai prodotti da seme o<br />

piante <strong>infestanti</strong>: gusto amaro alle farine per presenza di Picris hieracioides e Thlaspi<br />

arvense. Inoltre i danni si hanno nella minore efficienza lavorativa <strong>delle</strong> macchine<br />

agricole con conseguente impossibilità di impiegare la mietitrebbiatrice su cereali<br />

infestati da <strong>erbe</strong> verdi, o le zappatrici su terre infestate da mal<strong>erbe</strong> rizomatose; si<br />

riduce l’ efficienza dei mezzi produttivi(concimi, varietà, irrigazione); aumentano i costi<br />

di produzione e le lavorazioni eccessive per numero o per intensità imposte dalla<br />

presenza di <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong> spesso danneggiano il terreno e/o le colture.<br />

- Diffusioni di malattie, insetti o nematodi: le mal<strong>erbe</strong> possono ospitare nemici, animali o<br />

vegetali, <strong>delle</strong> coltivazioni; ad esempio le ruggini del grano vengono ospitate da<br />

graminacee spontanee e dal B<strong>erbe</strong>ris vulgaris.<br />

- Avvelenamento del bestiame: può essere provocato da numerose piante che<br />

contengono sostanze tossiche come alcaloidi, glucosidi cianogenetici, saponine,<br />

elementi minerali (selenio, nitrati) ecc. Specie velenose abbastanza comuni sono la<br />

ferula, la cicuta, molti ranuncoli ecc. Altre piante producono semi velenosi, come la<br />

Agrostemma githago, Lolium temulentum.


11<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

- Svalutazione del terreno: l’infestazione di un terreno, specialmente da parte di<br />

rizomatose (Cynodon dactylon o gramigna, Agropyron repens, sorgo d’Aleppo, ecc.),<br />

ma anche di altre mal<strong>erbe</strong> (Orobanche, ad esempio) può avere forti ripercussioni<br />

negative sul suo valore di mercato<br />

6. Controllo <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong>:<br />

Viste le molteplici tipologie di danno, nasce la necessità di intervenire sul controllo <strong>delle</strong><br />

mal<strong>erbe</strong>; per questo motivo si procede ad una valutazione economico – temporale determinando<br />

la “soglia d’intervento” che definisce il momento opportuno per intervenire, basandosi su:<br />

- la valutazione economica dell’opportunità dell’intervento;<br />

- scelta del momento opportuno.<br />

Per poter gestire queste due decisioni è necessario definire la “soglia d’infestazione” ed il “periodo<br />

critico”.<br />

L’incremento della densità <strong>delle</strong> piante <strong>infestanti</strong> provoca una riduzione proporzionale della resa<br />

della coltura. Tale relazione viene espressa matematicamente, oppure tramite:<br />

- valutazione visiva o soggettiva: adottata da agricoltori e tecnici che dopo una stima visiva<br />

della densità <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong>, decide in base alla propria esperienza e competenza,<br />

l’opportunità dell’intervento chimico.<br />

- intensità della competizione: è la densità d’infestazione alla quale la competizione inizia a<br />

manifestarsi e al di sotto della quale non si verifica alcuna perdita produttiva.<br />

- valutazione biologica o statistica: densità d’infestazione alla quale le perdite produttive<br />

diventano statisticamente significative.<br />

- soglia economica d’intervento (SEI): è la densità alla quale il costo del trattamento<br />

eguaglia il beneficio ottenuto con l’eliminazione <strong>delle</strong> mal<strong>erbe</strong> nell’anno considerato<br />

(Walker, 1983). La soglia così calcolata varia in funzione del valore del prodotto della<br />

coltura, del tipo di infestante, del costo del trattamento e della sua efficacia erbicida.


12<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

- soglia economica ottimale (SEO): è la densità al di sopra della quale le <strong>infestanti</strong><br />

dovrebbero essere controllate ottenendo benefici economici non solo nell’anno in corso<br />

ma anche nei successivi.<br />

- soglia di previsione: è la densità alla quale dovrebbero essere prese misure di controllo<br />

per evitare che l’infestazione raggiunga un dato livello ad una certa data.<br />

A parità di densità, le piante <strong>infestanti</strong> provocano un danno produttivo diverso in funzione del<br />

periodo in cui vengono lasciate convivere con la coltura. Di fatti qualunque coltura in dipendenza<br />

<strong>delle</strong> sue caratteristiche eco-fisiologiche, presenta un periodo in cui è particolarmente sensibile<br />

alla competizione <strong>delle</strong> piante <strong>infestanti</strong>. Per esempio alcune colture come frumento, orzo, riso<br />

non subiscono danni elevati dalla presenza <strong>delle</strong> mal<strong>erbe</strong> nelle fasi iniziali del ciclo, viceversa<br />

diventano estremamente sensibili durante la levata. Altre colture come la lattuga, aglio a causa del<br />

loro lento sviluppo iniziale sono sensibilmente danneggiate sia dalle piante <strong>infestanti</strong> che<br />

emergono contemporaneamente ad esse sia da quelle che emergono tardivamente.<br />

Per tali motivazioni, è necessario determinare:<br />

a. la durata della competizione tollerata (DCT): periodo massimo di convivenza <strong>delle</strong><br />

<strong>infestanti</strong> con la coltura perché si abbiano danni produttivi inferiori ad una soglia<br />

limite fissata a priori;<br />

b. il periodo richiesto di assenza <strong>delle</strong> mal<strong>erbe</strong> (PRAM): periodo minimo di tempo a<br />

partire dall’emergenza, durante il quale la coltura deve rimanere priva di mal<strong>erbe</strong><br />

affinché subisca danni produttivi inferiori alle stessa soglia limite.<br />

c. Durata della competizione tollerata (DCT): è influenzata da tipo ed entità<br />

7. <strong>Gestione</strong> integrata<br />

dell’infestazione, coltura, tecnica colturale applicata ad essa, andamento climatico e<br />

natura del fattore limitante.<br />

E’ l’insieme di tutte le tecniche possibili per mantenere una flora equilibrata, mediante:<br />

- gestione agronomica: prevede un insieme di pratiche di tipo preventivo:<br />

avvicendamento colturale e la scelta di tecniche colturali adeguate che aumentino la<br />

competitività <strong>delle</strong> piante coltivate verso quelle <strong>infestanti</strong>;


13<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

- applicazione di mezzi alternativi al diserbo chimico e loro integrazione;<br />

- razionalizzazione dell’impiego <strong>degli</strong> erbicidi impiegando l’erbicida quando necessario<br />

(definizione e applicazione <strong>delle</strong> soglie di infestazione); scegliendo le molecole in<br />

funzione della flora presente; riducendo la dose di impiego (trattamenti precoci, uso di<br />

additivi); assicurando la distribuzione regolare dei prodotti.<br />

8. Metodi di controllo <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

La presenza, sia pur controllata, <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong> può risultare utile in molti casi in quanto esse<br />

possono contribuire, direttamente o indirettamente, a conseguire il fine principale al quale deve<br />

mirare l’agricoltore e cioè la creazione di un agro-ecosistema aziendale che sia il più possibile<br />

stabile e complesso.<br />

Infatti, è possibile affermare che:<br />

le <strong>infestanti</strong> poco temibili, comunque esercitano una certa concorrenza verso le specie di<br />

difficile controllo eventualmente presenti;<br />

distolgono alcuni parassiti della pianta coltivata;<br />

consentono l'insediamento <strong>degli</strong> insetti utili;<br />

proteggono il terreno diminuendo i fenomeni erosivi e il dilavamento <strong>degli</strong> elementi minerali<br />

più solubili.<br />

8.1. Obiettivi e principi del controllo<br />

Per quanto detto in precedenza, appare chiaro che gli interventi di controllo andrebbero<br />

eseguiti soltanto:<br />

nei confronti <strong>delle</strong> specie più competitive, cioè quelle ritenute in grado di esercitare una<br />

rilevante concorrenza sulla coltura in atto e/o in quelle previste nella rotazione.<br />

nel periodo in cui tale concorrenza si realizza e causa il maggior danno quantitativo e<br />

qualitativo.


8.2. Tecniche di controllo<br />

14<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

Permettono di limitare lo sviluppo della flora spontanea nelle colture; possono suddividersi in:<br />

a) Preventive o indirette: quando aumentano la naturale predisposizione della coltura ad<br />

essere competitiva nei confronti <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong>;<br />

b) Dirette: se agiscono in maniera diretta sullo sviluppo <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong>.<br />

Le prime fanno riferimento ai mezzi agronomici e sono rappresentate da tutte quelle pratiche che<br />

permettono alla coltura di insediarsi e ricoprire il campo in modo uniforme, nel più breve tempo<br />

possibile e con la massima capacità di estrinsecare la competizione con le <strong>infestanti</strong>. In particolare,<br />

una razionale tecnica d’impianto della coltura, può contribuire in modo importante a limitare<br />

l’infestazione che può svilupparsi nel campo.<br />

Tra i fattori da tenere in considerazione, quelli principali sono:<br />

- evitare l’ introduzione di <strong>infestanti</strong> con macchinari sporchi;<br />

- evitare la maturazione del seme <strong>delle</strong> mal<strong>erbe</strong> (sfalci precoci: fossi, tare, incolti);<br />

- correzione dei difetti del suolo (ristagno, pH);<br />

- rotazioni o avvicendamento: l’avvicendamento colturale consiste nell’alternanza nel<br />

tempo di colture diverse in uno stesso appezzamento. L’importanza dell’avvicendamento,<br />

per il controllo <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong>, risiede soprattutto nel fatto che esso rappresenta una<br />

tecnica preventiva che, correttamente associata ad altre pratiche, consente di mantenere<br />

un campo ben equilibrato anche sotto il profilo malerbologico.<br />

- lavorazioni del suolo:<br />

a. modalità di semina o di trapianto: la semina può avere <strong>degli</strong> effetti positivi sul controllo<br />

<strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong>, infatti, seminando ad una profondità adeguata, la piantina emergerà e<br />

si accrescerà velocemente superando più agevolmente la competizione <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong><br />

che, al momento dell’emergenza, è sempre molto forte. Inoltre, se si utilizzano<br />

strumenti meccanici per il controllo diretto dell’infestazione (sarchiature, spazzolature,<br />

erpicature, eccetera), è bene seminare ad una profondità che assicuri alle piantine un<br />

buon ancoraggio al terreno. Tra i fattori più importanti, la densità di impianto è quella<br />

che maggiormente condiziona lo sviluppo <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong> in quanto la disposizione <strong>delle</strong><br />

piante sul terreno influenza la loro capacità competitiva verso le mal<strong>erbe</strong>;<br />

b. scelta della cultivar: sono da preferire quelle più competitive nei confronti <strong>delle</strong><br />

<strong>infestanti</strong>: nella maggior parte dei casi, ciò è ottenibile preferendo cultivar idonee alla


15<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

crescita nei nostri ambienti. Inoltre, in caso di semina, è indispensabile accertarsi della<br />

purezza del seme al fine di non portare già artificialmente specie <strong>infestanti</strong> in campo.<br />

- aumento della competitività <strong>delle</strong> colture:<br />

a. epoca di impianto: può influire positivamente sulla riduzione dell’infestazione e/o sul<br />

livello di competitività di quest'ultima. Infatti, l’impiantare la coltura in un’epoca<br />

ottimale, nella quale le condizioni climatiche sono tali da garantire un veloce e vigoroso<br />

accrescimento <strong>delle</strong> piante consente alla coltura stessa di essere molto competitiva nei<br />

confronti <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong>.<br />

b. concimazione localizzata<br />

c. irrigazione a goccia<br />

I metodi diretti di lotta sono invece rappresentati da tutte quelle tecniche che agiscono in maniera<br />

diretta sullo sviluppo della flora infestante e comprendono l’impiego di mezzi diversi, tra questi<br />

ricordiamo quelli meccanici, fisici, chimici e biologici:<br />

8.2.1. Mezzi meccanici: alcuni di questi metodi possono causare danni diretti alle mal<strong>erbe</strong><br />

attraverso la loro rimozione completa o attraverso una lesione letale. Altre tecniche<br />

possono, invece, alterare l'ambiente circostante eliminando la luce, aumentando la<br />

temperatura del suolo, o privando la pianta di anidride carbonica, ossigeno ed elementi<br />

nutritivi. Gli interventi meccanici che è possibile mettere in atto per il controllo <strong>delle</strong><br />

<strong>infestanti</strong>, sono:<br />

- Lavorazioni del terreno: possono essere attuate secondo diverse modalità e<br />

intensità di esecuzione. Ognuna di queste tecniche è in grado di esercitare<br />

una diversa influenza sullo sviluppo <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong>, sia diretta che indiretta.<br />

Tra queste ricordiamo:<br />

a) Arature: risultano particolarmente efficaci nei riguardi <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong><br />

perenni, le quali sono caratterizzate dalla presenza di organi di propagazione<br />

sotterranei (rizomi, stoloni, tuberi eccetera) che sono portati in superficie ed<br />

esposti all’azione <strong>degli</strong> agenti atmosferici. In tal senso, assumono<br />

particolare efficacia le lavorazioni effettuate prima <strong>delle</strong> gelate o dei periodi<br />

caldi e asciutti e non seguite da alcuna operazione di affinamento del<br />

terreno.<br />

b) Minima lavorazione o non lavorazione: ai fini di un ottimale controllo della<br />

vegetazione spontanea, è preferibile l’utilizzo di erpici a denti flessibili;


16<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

questi, infatti, determinano lo sradicamento e quindi la distruzione <strong>delle</strong><br />

<strong>infestanti</strong> annuali, e, con interventi ripetuti, si ottiene un buon controllo<br />

anche della flora perenne.<br />

c) Lavorazione al buio: effettuando le lavorazioni al buio o utilizzando<br />

apparecchiature appositamente schermate, si limita la germinazione <strong>delle</strong><br />

plantule.<br />

d) Erpicatura: permette un soddisfacente controllo della flora avventizia o<br />

almeno riesce a rallentarne lo sviluppo. L’efficacia maggiore dell’erpicatura<br />

si rivela nei confronti di plantule di <strong>infestanti</strong> dicotiledoni annuali.<br />

e) Rincalzatura: ha il compito di eliminare l’infestazione presente nell’ interfila<br />

della coltura e, spesso, rende inutile l’esecuzione della sarchiatura<br />

ottenendo così il risultato di diminuire il numero di passaggi e di operazioni<br />

sul terreno. In ogni caso, i risultati migliori si ottengono abbinando le due<br />

tecniche.<br />

f) Sarchiatura: è una <strong>delle</strong> più importanti, in quanto colpisce gli apparati<br />

radicali <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong> anche a stadi di sviluppo avanzati.<br />

g) Spazzolatura: si basa sull'utilizzazione di attrezzature dotate di spazzole<br />

rotanti attorno ad un asse disposto trasversalmente alla direzione di<br />

avanzamento o in posizione verticale. Quest’operazione, per essere efficace<br />

deve essere effettuata su <strong>infestanti</strong> ai primi stadi di sviluppo e operare a<br />

profondità di almeno 2 cm. Inoltre, la velocità di avanzamento non deve<br />

essere molto elevata, valori non superiori a 4 km/h, in quanto si causerebbe<br />

un’eccessiva polverizzazione del suolo. (Weber, 1994).<br />

I lati negativi di questa tecnica, sono la scarsa capacità lavorativa <strong>delle</strong><br />

macchine attualmente in commercio e il grado di controllo che sicuramente<br />

è inferiore di quello ottenibile con la sarchiatura.<br />

h) Sfalcio: è applicabile solo nelle colture erbacee poliennali quali il carciofo e<br />

l’asparago e nelle colture arboree. In queste colture tale intervento può<br />

essere attuato nelle interfile per impedire soprattutto la disseminazione<br />

<strong>delle</strong> specie presenti e contenere la vegetazione <strong>delle</strong> specie perennanti.


17<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

- Falsa semina: prevede l’adozione di tutte quelle tecniche che consentono di<br />

stimolare la germinazione di un alto numero di semi e quindi la successiva<br />

eliminazione <strong>delle</strong> plantule prima che venga impiantata la coltura. Consiste<br />

in una lavorazione accurata del terreno, eseguita ad una profondità tale che<br />

permetta di portare in superficie un congruo numero di semi, seguita dall’<br />

umettamento del terreno, al fine di stimolare l’emergenza anche con<br />

l’acqua; ed infine nell’eliminazione <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong> emerse quando queste<br />

sono ancora piccole.<br />

8.2.2. Mezzi fisici: quelli a cui facciamo spesso ricorso per il controllo <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong> sono<br />

parecchi, tra questi ricordiamo:<br />

- Pacciamatura: si effettua ricoprendo il terreno con uno strato di materiale (residui<br />

vegetali secchi oppure film sintetici neri) che consente di non far passare la luce,<br />

fattore indispensabile allo sviluppo <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong>. Ha inoltre lo scopo di<br />

mantenere l'umidità nel suolo, proteggere il terreno dall'erosione, dall'azione della<br />

pioggia battente, evitare la formazione della cosiddetta crosta superficiale,<br />

diminuire il compattamento, mantenere la struttura e innalzare la temperatura del<br />

suolo.<br />

- Solarizzazione: è una tecnica di trattamento termico del terreno che sfrutta<br />

l’energia solare. Inizialmente, è stata ideata per controllare malattie di origine<br />

fungina, mentre successivamente se ne sono visti i vantaggi anche relativamente al<br />

controllo di <strong>infestanti</strong> e nematodi. Consiste nel ricoprire il terreno con un film<br />

plastico trasparente durante il periodo estivo, per una durata di 3-4 settimane. La<br />

presenza del film determina un innalzamento della temperatura del terreno,<br />

soprattutto nei primi 10 cm, cosi da raggiungere massime anche di 40 °C. Al fine,<br />

comunque del contenimento <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong>, non sembra avere notevole<br />

importanza la temperatura massima, quanto piuttosto il totale di ore con<br />

temperature al di sopra di una soglia critica. A questo riguardo, va tuttavia ricordato<br />

che il raggiungimento di una soglia di temperatura non sufficiente a devitalizzare i<br />

semi, potrebbe addirittura determinare un incremento della germinazione di<br />

questi.


18<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

- Irrigazione: ha di norma l’effetto di aumentare l’infestazione presente in un<br />

terreno. E’ pertanto una pratica che, anche per quanto riguarda la gestione della<br />

flora spontanea, deve essere utilizzata in maniera molto razionale se non si vuole<br />

che agisca negativamente sull’equilibrio del campo. Il metodo irriguo più idoneo a<br />

limitare al massimo lo sviluppo <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong> è quello localizzato a microportata di<br />

erogazione. Con tale sistema di distribuzione dell’acqua viene bagnata solo la fila<br />

sulla quale è presente la coltura, mentre l’interfila rimane asciutta e, quindi, libera<br />

da <strong>infestanti</strong> i cui semi non riescono a germinare. L’associazione della pacciamatura<br />

sulla fila al metodo irriguo a microportata di erogazione, consente, nelle colture<br />

dove è possibile usare le due tecniche insieme, di controllare in maniera ottimale lo<br />

sviluppo della flora avventizia.<br />

- Diserbo termico: consiste nel danneggiare le <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong> esponendole all’azione<br />

di alte temperature, (pirodiserbo) basse temperature (criodiserbo), onde<br />

elettromagnetiche a bassa frequenza (microonde), scariche elettriche.<br />

Il pirodiserbo è una tecnica di difesa dalle piante <strong>infestanti</strong>, mediante l’azione<br />

diretta (fiamma fuoriuscita da uno o più bruciatori) o indiretta del fuoco (raggi<br />

infrarossi prodotti dal surriscaldamento di un elemento irradiante). Si basa su un<br />

veloce innalzamento della temperatura all’interno dei tessuti della pianta da<br />

eliminare, provocando la distruzione <strong>delle</strong> membrane cellulari e la coagulazione<br />

<strong>delle</strong> proteine. Per ottimizzare tale intervento la fiamma viene regolata in modo da<br />

scottare le piante fino al colletto in modo da impedirne la ricrescita. Il passaggio<br />

della fiamma è rapido, e al contrario del semplice incenerimento non brucia<br />

completamente le piante. Può essere effettuato, a tutto campo o localizzato (sulla<br />

fila o nell’interfila), sia in «pre» (semina, emergenza o trapianto) che in «post»<br />

(emergenza o trapianto). Nel caso di localizzazione, il trattamento può essere fatto<br />

sia sulla fila per una larghezza di circa 10-15 cm, che nell’interfilare.<br />

Il Criodiserbo è invece una tecnica molto recente che consiste nel devitalizzare le<br />

<strong>infestanti</strong> impiegando le basse temperature. In seguito alla formazione di cristalli di<br />

ghiaccio nel protoplasma si verifica la distruzione <strong>delle</strong> cellule Gli abbassamenti<br />

termici possono arrivare fino a -196 °C, attraverso l’impiego di azoto liquido (Sakai e<br />

Larcher, 1987).


19<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

Le onde elettromagnetiche a bassa frequenza provocano la disorganizzazione <strong>delle</strong><br />

cellule <strong>delle</strong> piante <strong>infestanti</strong>. La macchina in grado di realizzare questo lavoro è<br />

munita di un telaio semovente che porta generatori elettrici e alcuni diffusori di<br />

onde. Lo strato di terreno interessato dal trattamento è abbastanza limitato,<br />

pertanto, tale tecnica ha una scarsa efficacia nei confronti <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong> in grado<br />

di riprodursi anche per bulbi e rizomi.<br />

Le Scariche elettriche consentono di devitalizzare le <strong>infestanti</strong> che vengono a<br />

contatto con elettrodi attraversati da un’alta tensione.<br />

8.2.3. Mezzi chimici o diserbo:<br />

La lotta alle piante <strong>infestanti</strong> è una necessità primaria nella pratica agronomica. Le mal<strong>erbe</strong><br />

infatti, in mancanza di interventi, possono causare alla produzione agricola danni che raggiungono<br />

il 50%. Le tecniche tradizionali di aratura, estirpatura e sarchiatura diventano sempre più onerose<br />

per il costo della mano d'opera; per tale motivo si fa sempre più ricorso al diserbo chimico. La<br />

pratica del diserbo chimico trova oggi una discreta diffusione. La lotta chimica alle piante <strong>infestanti</strong><br />

si esegue mediante l’uso di formulati chiamati erbicidi o diserbanti chimici.<br />

Con il termine diserbante o erbicida, si intende una sostanza chimica usata per l’eliminazione <strong>delle</strong><br />

<strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong> o nocive. La maggior parte di essi è impiegata in agricoltura per proteggere i<br />

raccolti.<br />

Formulazione dei fitofarmaci:<br />

la composizione della maggior parte dei diserbanti è data da:<br />

PRINCIPIO ATTIVO + COFORMULANTI + COADIUVANTI<br />

Il principio attivo (p.a.) o sostanza attiva (s.a.) è la sostanza (chimica o biologica) che<br />

produce l’effetto tossico.<br />

I Coformulanti sono sostanze inerti che servono per ridurre la concentrazione del p.a. (max<br />

3 per prodotto) [acqua, talco, diluenti, solventi,..]<br />

I Coadiuvanti sono invece sostanze non attive che svolgono la funzione di:


20<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

- attivanti (incrementano l’attività biologica del p.a. facilitando la penetrazione e la<br />

diffusione nei tessuti vegetali);<br />

- adesivanti (aumentano la persistenza del p.a. sulla vegetazione);<br />

- tensioattivi o bagnanti (diminuiscono la tensione superficiale della soluzione<br />

migliorandone l’adesione sulla vegetazione);<br />

- stabilizzanti o emulsionanti (permettono una maggiore stabilità della miscela tra<br />

prodotto formulato e liquido solvente).<br />

Caratteristiche di un erbicida (ideotipo): esso deve essere<br />

molto selettivo;<br />

deve avere ampio spettro d’azione;<br />

non dannoso per uomo e ambiente (ecocompatibile);<br />

flessibile e conveniente;<br />

avere elevata efficacia rapportata al costo per unità di superficie;<br />

miscibile con altri prodotti;<br />

non deve lasciare residui nella coltura di interesse;<br />

non deve esplicare azione fitotossica per le colture in avvicendamento.<br />

Classificazione dei diserbanti: effettuata tramite una serie di parametri, quali:<br />

A. Selettività: legata alla natura del composto, potendo dipendere dalla sua tossicità selettiva<br />

o dalla velocità di assorbimento variabile da un'erba all'altra, oppure alla concentrazione<br />

della sostanza, alle modalità di applicazione sul terreno o sulla pianta, al tipo di veicolo<br />

utilizzato. In base ad essa possono essere suddivisi in due grandi categorie: selettivi e non<br />

selettivi, a seconda che distruggano tutte o solo alcune <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> che crescono sulla<br />

superficie trattata.<br />

B. Trattamenti: si suddividono in base al momento in cui vengono applicati nel terreno:


21<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

- Pre-semina: applicati nel terreno prima della semina (prevengono la germinazione<br />

dei semi <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong>)<br />

- Pre-emergenza: vengono immessi nel terreno dopo la semina, ma prima della<br />

germinazione <strong>delle</strong> varie colture (in questo caso agiscono sulle <strong>erbe</strong> appena<br />

germogliate, che si trovano in condizioni particolarmente sensibili all’azione<br />

dell’erbicida anche in piccole dosi)<br />

- Post-emergenza: vengono applicati sulle foglie <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> dopo il loro sviluppo (in<br />

questo caso l’agricoltore ha il vantaggio di poter osservare quali sono le <strong>erbe</strong><br />

<strong>infestanti</strong> che deve eliminare e può così sceglierne un tipo selettivo).<br />

C. Azione: agiscono per:<br />

- Contatto: in questa categoria sono racchiusi prodotti che eliminano la parte che è<br />

stata colpita dal prodotto, lasciando inalterato l’apparato radicale. Questo diserbo è<br />

utile per le <strong>infestanti</strong> annuali.<br />

- Traslazione: questi prodotti, detti anche sistemici, permettono al principio attivo di<br />

entrare in circolo alla pianta e di eliminare anche l’apparato radicale. Questi<br />

prodotti agiscono prevalentemente sul meristema della pianta, impedendo la<br />

fotosintesi e la riproduzione <strong>delle</strong> cellule. Si tratta di un sistema più lento del<br />

precedente ma garantisce una buona riuscita anche sulle piante perenni con un<br />

apparato rizomatoso.<br />

- azione residuale: comunemente chiamati antigerminello, impediscono al seme di<br />

germinare, eliminano le infestati al primissimo stadio di sviluppo. A differenza dei<br />

precedenti questi prodotti posso coprire periodi molto più lunghi, garantendo una<br />

parziale pulizia del terreno.<br />

I diserbanti a contatto e quelli traslocabili vengono distribuiti sulla foglia, e assorbiti<br />

attraverso gli stomi della foglia, mentre quelli ad azione residuale vengono distribuiti sul<br />

terreno.<br />

D. Modalità di distribuzione: possono essere applicati:<br />

- sul fogliame: agendo sia localmente, esercitando un'azione lesiva sui tessuti fogliari<br />

e sulle gemme, sia con meccanismo generale, previo assorbimento e trasporto della<br />

sostanza nelle parti radicali della pianta (erbicidi sistemici o erbicidi per trasporto).


22<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

- sul terreno: attraverso un danneggiamento diretto dell'apparato radicale oppure<br />

per impedimento della germinazione dei semi.<br />

Vantaggi e svantaggi del diserbo<br />

A. Vantaggi<br />

• Possibilità di controllo di molte specie <strong>infestanti</strong>;<br />

• Alcuni diserbanti hanno azione sistemica;<br />

• Alcuni sono selettivi, innocui per le specie coltivate;<br />

• I diserbanti possono essere applicati rapidamente;<br />

• Consentono minori lavorazioni del suolo e quindi riducono i fenomeni erosivi.<br />

B. Svantaggi<br />

• Possono essere tossici per gli uomini ed altri viventi;<br />

• Possono influenzare negativamente l’ecosistema del suolo;<br />

• Possono essere trasportati dalle acque di superficie o contaminare le falde acquifere;<br />

• Possono persistere nel terreno e danneggiare le colture;<br />

• Se impropriamente usati possono danneggiare le colture;<br />

• Possono indurre lo sviluppo di specie vegetali resistenti agli erbicidi stessi;<br />

• La loro efficacia induce gli agricoltori a preferirli ad altre tecniche;<br />

• Il loro uso induce all’abbandono <strong>delle</strong> rotazioni colturali, con maggiore diffusione di<br />

insetti e patologie specie-specifiche;<br />

Effetti sull'ambiente<br />

L'impiego sempre più esteso <strong>degli</strong> erbicidi provoca per contro anche effetti indesiderabili sia<br />

direttamente a carico <strong>delle</strong> colture agrarie sia sull'ambiente. Il principale rischio connesso<br />

all'impiego <strong>degli</strong> erbicidi deriva dalla loro elevata fitotossicità che non si manifesta, se non in


23<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

seguito a errori di applicazione, sulle colture per le quali vengono impiegati, ma spesso su quelle<br />

successive nella rotazione dei campi. Infatti l'attività erbicida è selettiva solo nei riguardi di ben<br />

determinate specie, per cui diviene molto delicata la programmazione <strong>degli</strong> avvicendamenti<br />

colturali in rapporto ai prodotti impiegati e alla loro persistenza. Infine gli erbicidi possono<br />

determinare danni a colture anche lontane dal loro punto di applicazione quando, in seguito al<br />

dilavamento, inquinano le acque di irrigazione, oppure quando vengono trasportati dal vento.<br />

Resistenza agli erbicidi<br />

E’ la capacità acquisita e trasmissibile geneticamente da parte di una popolazione di <strong>infestanti</strong> di<br />

tollerare un erbicida precedentemente non tollerato e di completare il proprio ciclo vitale quando<br />

l’erbicida è usato alla dose normale di campo.<br />

Tipi di resistenza<br />

La resistenza evolve a causa di una selezione persistente per genotipi pre-esistenti o meno in una<br />

popolazione. Se ne possono avere diversi tipi, quali:<br />

1. Resistenza per modificazione del bersaglio (target-site resistance): modificazione del sito<br />

di attività dell’erbicida (enzima), che impedisce all’erbicida di esplicare la sua azione. E’ il<br />

tipo più comune.<br />

2. Resistenza incrociata (cross-resistance): un singolo meccanismo di resistenza conferisce<br />

resistenza a diversi erbicidi con la stessa modalità d’azione (ad es. resistenza incrociata per<br />

modificazione del bersaglio: target-site cross-resistance, ad es. resistenza all’inibizione<br />

dell’ACCasi per arilossifenossipropionati e cicloesandioni).<br />

3. Resistenza dovuta ad altri meccanismi (non target-site resistance): ad es. catabolismo<br />

accelerato, riduzione della traslocazione, sequestramento.<br />

Riducono la quantità di erbicida che raggiunge il bersaglio.<br />

4. Resistenza incrociata dovuta ad altri meccanismi (non target-site cross-resistance):<br />

quando un singolo meccanismo conferisce resistenza ad erbicidi con differenti modalità<br />

d’azione (ad es. citocromo P450-monossigenasi, glutatione-transferasi).<br />

5. Resistenza multipla (multiple-resistance): quando due o più meccanismi conferiscono<br />

resistenza ad erbicidi in un individuo o popolazione.


Meccanismi di azione e impatto ambientale<br />

24<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

Gli erbicidi agiscono secondo meccanismi molto complessi, che determinano una serie di<br />

alterazioni fisiologiche, sia biofisiche e sia biochimiche.<br />

I meccanismi di azione sono classificati in funzione dell'enzima o del passaggio biochimico che<br />

viene alterato dall'erbicida:<br />

- Inibitori dell' ACCasi, enzima attivo nella produzione dei lipidi di membrana, agiscono sul<br />

sistema meristematico.<br />

- Inibitori dell' enzima ALS, responsabile della produzione di aminoacidi quali valina, leucina<br />

e isoleucina, agiscono sul sistema meristematico.<br />

- Inibitori <strong>degli</strong> enzimi ESPs, attivi nella produzione <strong>degli</strong> aminoacidi triptofano, fenilalanina,<br />

tirosina, agiscono sull'intera pianta.<br />

- Inibitori del Fotosistema II, riducono il flusso di elettroni dall'acqua al NADPH durante la<br />

fotosintesi legando il sito per la Qb sulla proteina D2, impedendone il legame e favorendo<br />

l'accumulo di elettroni sulla clorofilla producendo reazioni di ossidazione che danneggiano<br />

la pianta.<br />

- Auxine sintetiche, interferiscono sui naturali regolatori della crescita della pianta.<br />

Se da un lato il loro impiego è stato di fondamentale importanza per il raggiungimento di elevati<br />

rendimenti nelle moderne coltivazioni agricole, dall’altro lato un uso incontrollato <strong>degli</strong> stessi può<br />

variare profondamente l’habitat naturale, con pericolo di estinzione <strong>delle</strong> specie rare,<br />

sterilizzazione del terreno, migrazione di animali verso i centri urbani, inquinamento.<br />

Si è cercato pertanto di utilizzare nella lotta contro le <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong> i mezzi biologici (bioerbicidi).<br />

Inizialmente sono stati impiegati gli insetti, in seguito sono stati presi in considerazione altri<br />

agenti, quali funghi, batteri, virus e nematodi.<br />

8.2.4. Mezzi biologici:<br />

Quel particolare tipo di intervento cosciente dell'uomo sull'equilibrio naturale che<br />

chiamiamo ‛lotta biologica' ha avuto forte impulso negli ultimi decenni;<br />

anche in passato tuttavia è stato oggetto di studio e ha avuto ampia attuazione pratica.<br />

Sembra sia stato Erasmus Darwin, nonno del più celebre Charles, a proporre per primo, nel 1800,<br />

veri e propri metodi di lotta organizzata contro <strong>degli</strong> afidi.


25<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

A tradurre in opera i primi esperimenti, con promettenti risultati, fu l'americano C. V. Riley,<br />

pioniere dell'importazione negli Stati Uniti di predatori e parassiti di specie di insetti nocivi alle<br />

colture americane (1880-1890).<br />

Malgrado l'interesse destato da questi primi tentativi, la lotta biologica è scienza giovane, e le<br />

tecniche con cui essa era applicata ai tempi <strong>degli</strong> studiosi che abbiamo appena ricordato sono<br />

state di recente rinnovate e moltiplicate: grazie a questi nuovi strumenti, la ricerca nel campo della<br />

lotta biologica sta oggi progredendo e si propone obiettivi più ambiziosi.<br />

Le ragioni di questo rinnovato interesse per la lotta biologica sono da ricercarsi in particolari<br />

situazioni, che riguardano la biologia, l'economia e, in larga misura, l'evolversi <strong>delle</strong> condizioni<br />

sociali e psicologiche del mondo moderno.<br />

Nell'uso comune, l' ‛oggetto' della lotta biologica è sottinteso, ma non viene specificato, anche<br />

perché la sua definizione comprende una lunga lista di organismi, che va dai Virus, alle Piante, ai<br />

Vertebrati.<br />

La lotta biologica non è che uno dei vari tipi di lotta contro gli organismi nocivi (pest control).<br />

Questa viene definita dal Beirne come ‟qualsiasi azione che viene deliberatamente intrapresa,<br />

continuata o intensificata dall'uomo e che ha come oggetto la prevenzione, la riduzione o<br />

l'eliminazione del danno causato dall'organismo nocivo" (v. Beirne, 1967, p. 27).<br />

Per quanto riguarda il controllo <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong>, in taluni casi il controllo biologico si perpetua nel<br />

tempo senza ulteriori interventi da parte dell’uomo, aggiungendo al vantaggio ambientale<br />

l’assenza di residui chimici e la profittabilità economica rispetto ad altre tecniche convenzionali.<br />

I principali limiti della lotta biologica, soprattutto quella classica, sono legati agli elevati<br />

investimenti necessari all’individuazione dell’agente biologico ed alla precisa valutazione della sua<br />

specificità di bersaglio nell’ambiente di rilascio.<br />

Inoltre, gli effetti, non sono sempre rapidi e possono quindi conciliarsi male con l’esigenza di<br />

intervenire nel periodo critico di competizione come nel caso del controllo <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong> nelle<br />

colture agrarie.<br />

Altro limite non secondario è talvolta legato alla scarsa biodiversità offerta dall’ambiente di<br />

coltivazione, che può pregiudicare il successo nell’introduzione dell’agente biologico.<br />

Si possono riconoscere quattro tipi fondamentali di lotta biologica (Wapshere et al., 1987), ovvero:


26<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

Lotta biologica CLASSICA O INOCULATIVA: È la tecnica più utilizzata, con la maggiore<br />

probabilità di successo. Adatta ad ambienti poco disturbati (pascoli o colture perenni), si<br />

presta a controllare <strong>infestanti</strong> filogeneticamente distanti dalle piante coltivate.<br />

Consiste nell'importare un insetto fitofago (o microrganismi patogeni in rari casi) per<br />

controllare una specie esotica infestante introdotta in un habitat biologico in cui non sono<br />

presenti predatori o antagonisti naturali ad essa.<br />

Presupposto indispensabile è il preventivo studio della biologia e dell’ecologia dell’agente<br />

biologico, la verifica della sua specificità verso l’ospite bersaglio e la capacità di<br />

adattamento dell’organismo introdotto nel nuovo ambiente (Klingman e Coulson, 1982).<br />

Tale sistema di lotta è stato vincente in Australia dove una pianta ornamentale importata<br />

accidentalmente nel 1900, l'Opuntia polyacanthia, aveva invaso rapidamente i pascoli.<br />

Nel 1926 furono introdotte larve di Cactoblastis cactorum, un lepidottero di origine<br />

argentina, parassita della cactacea in questione che si dimostrò molto efficace nel<br />

controllare l'agente bersaglio.<br />

È il metodo che conta il maggior numero di esperimenti positivi soprattutto su pascoli e<br />

specie arbustive (molto raramente sulle biennali e tanto meno sulle annuali, che<br />

rappresentano ecosistemi maggiormente disturbati).<br />

Solitamente si impiegano insetti dell'ordine dei lepidotteri, coleotteri ed omotteri.<br />

Le similitudini ecologiche tra l'ambiente d'origine e quello di destinazione devono essere<br />

marcate ai fini della sopravvivenza, ma soprattutto dell'azione positiva del bioagente.<br />

Lotta biologica AUMENTATIVA O INONDATIVA: Ha come bersaglio specie <strong>infestanti</strong><br />

indigene e per tale ragione si presta meglio alle colture annuali e alle condizioni<br />

agroambientali presenti in Europa.<br />

Il metodo si basa sull'individuazione di fitofagi o, meglio ancora, di agenti patogeni indigeni<br />

che siano facili da moltiplicare in laboratorio e specifici su definite <strong>infestanti</strong>.<br />

Dopo la loro moltiplicazione vengono diffusi massicciamente sulla coltura, talvolta anche<br />

con interventi ripetuti, in modo da raggiungere un livello di dannosità tale da ridurre la<br />

nocività <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong> bersaglio verso le piante coltivate ed anche il loro potenziale<br />

riproduttivo.<br />

Il gruppo di patogeni più adatti allo scopo risultano essere le crittogame autoctone tramite<br />

l'impiego di formulati denominati micoerbicidi.


27<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

Ad esempio, per il controllo dell'infestante <strong>delle</strong> risaie denominata Aeschinomene virginia<br />

negli USA è disponibile il formulato Collego, polvere secca a base di conidi del fungo<br />

Colletotrichum gloeosporiodes.<br />

Il trattamento, che risulta più lento di un diserbo chimico, non ha effetti residui e la<br />

popolazione del fungo non mostra incrementi sensibili e stabili nel tempo.<br />

L'impiego di questi prodotti costituisce una risposta più di tipo tecnologico che ecologico,<br />

ed infatti si usano come fossero fitofarmaci, eseguendo una o più applicazioni l'anno, a<br />

differenza del controllo biologico classico con il quale invece, se l'introduzione riesce, non<br />

si ha più bisogno di nuovi interventi.<br />

Dato che spesso si tratta di ceppi virulenti, è necessario valutarne la selettività di azione,<br />

ma dato il rilascio massiccio di spore, conidi, preparati di micelio o prodotti della<br />

fermentazione, si deve testare il possibile rischio per la salute umana, specialmente <strong>degli</strong><br />

operatori, e per questo i micoerbicidi sono sottoposti alle stesse norme e procedure di<br />

registrazione <strong>degli</strong> altri presidi fitosanitari.<br />

Altro micoerbicida è il DeVine, formulato a base di clamidospore della crittogama<br />

Photophthora palmivora. Viene utilizzato negli agrumeti per il controllo dell'infestante<br />

Morrenia odorata.<br />

In questo caso però il micelio del fungo si può mantenere vivo anche per un periodo di 5<br />

anni, comportamento che può causare un possibile rischio di attacco dell'agente patogeno<br />

a specie suscettibili di contaminazione quali alcune cucurbitaceae (cocomeri, zucchino e<br />

melone) o piante ornamentali (rododendri, begonie e bocche di leone).<br />

La consociazione di micoerbicidi naturali a piccole quantità di erbicidi chimici si è rilevata<br />

molto soddisfacente e questo esperimento può aprire la strada alla produzione e messa in<br />

vendita di erbicidi bio-chimici.<br />

Attualmente è il sistema di lotta più interessante nelle colture a ciclo breve ma tale metodo<br />

comporta un costo più elevato rispetto al diserbo chimico, accompagnato inoltre da una<br />

minore efficacia e un ristretto campo di applicazione.<br />

Inoltre, è molto simile al diserbo chimico che, a differenza del metodo classico, prevede 2-3<br />

applicazioni annue, come nel caso di trattamenti fitosanitari.<br />

Lotta BIOLOGICA CONSERVATIVA: si basa sulla conservazione e l'incremento della<br />

popolazione <strong>degli</strong> agenti indigeni, parassiti o patogeni alle <strong>infestanti</strong>.


28<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

Per raggiungere tale obiettivo si interviene in maniera indiretta limitando gli organismi che<br />

in natura sono antagonisti dell'agente biologico.<br />

Tale sistema non ha avuto applicazioni pratiche anche se di notevole interesse.<br />

Lotta biologica a LARGO SPETTRO: Tale sistema di controllo non rispetta il requisito<br />

fondamentale della specificità richiesto ad un valido metodo di lotta biologica.<br />

Esso si basa su un controllo non selettivo effettuato da esseri viventi che non siano<br />

forzatamente insetti; trae le sue origini da tempi molto remoti quando animali di<br />

allevamento venivano utilizzati per controllare la vegetazione ai margini dei campi e per<br />

brucare le stoppie dopo la raccolta dei cereali. A tutt'oggi vengono ad esempio utilizzati<br />

animali da cortile per ripulire gli orti da semi di mal<strong>erbe</strong> e da uova di larve o di parassiti.<br />

Attualmente però, gli esempi più interessanti si riferiscono al controllo della vegetazione<br />

acquatica in situazioni particolari, tipo bacini artificiali o canali per l'irrigazione.<br />

Interessante è stata ad esempio l'introduzione dei lamantini (Trichechus lanatus), grossi<br />

mammiferi acquatici erbivori, in bacini idroelettrici di zone subtropicali, con il duplice<br />

scopo di limitare la vegetazione di tipo pelagico (Typha spp., Eichornia crassipes (Mart.)<br />

Solms, etc.) e di proteggere il trichechide dal pericolo dell'estinzione.<br />

8.2.5. Mezzi Ecologici:<br />

Si possono definire dei metodi di lotta biologica indiretta in quanto l'azione benefica che<br />

essi apportano non è portata avanti da un agente biologico, ma da un'operazione agronomica che<br />

consiste nell'impianto di colture di copertura (cover crops).<br />

Le colture di copertura possono essere seminate contemporaneamente alla coltura redditizia, a<br />

tutto campo oppure a file, e poi essere distrutte prima che la competizione con la specie da<br />

reddito diventi troppo elevata (consociazioni temporanee).<br />

L'azione di contenimento <strong>delle</strong> mal<strong>erbe</strong> è legata alla copertura del terreno operata dalle specie<br />

seminate. Infatti, una copertura vegetale opportunamente gestita limita le emergenze <strong>delle</strong><br />

<strong>infestanti</strong> e la loro capacità di disseminazione.<br />

In un'agricoltura che, come quella biologica, ha nella biodiversità e, negli equilibri naturali tra<br />

specie, valori fondamentali, non dovremmo definire con le parole <strong>infestanti</strong> o mal<strong>erbe</strong> le essenze<br />

vegetali che nascono e crescono nelle piante coltivate.<br />

Definizioni più appropriate, da un punto di vista ecologico, sono senz'altro quelle di flora<br />

spontanea o piante che accompagnano le coltivazioni.


29<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

Si tratta di un diverso approccio al problema che scaturisce da una diversa consapevolezza del<br />

ruolo ecologico svolto dalle essenze spontanee nel campo coltivato.<br />

Indubbiamente una cattiva gestione <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong> procura forti riduzioni <strong>delle</strong> produzioni e<br />

un peggioramento qualitativo <strong>delle</strong> stesse.<br />

Nell'agricoltura convenzionale si è sempre più fatto ricorso all'uso di diserbanti con un progressivo<br />

abbandono <strong>delle</strong> tecniche agronomiche tradizionali, funzionali al contenimento, senza tener conto<br />

dei costi ambientali, ma puntando essenzialmente su uno sfruttamento dell'ecosistema suolo.<br />

In Agricoltura Biologica quindi l'obiettivo non è quello di eliminare dal campo coltivato tali<br />

essenze, ma di contenerne la presenza ad un livello tale da non compromettere la redditività della<br />

pianta coltivata. D'altronde va anche sottolineato che nessuna molecola chimica è mai riuscita ad<br />

eliminare una specie spontanea, al massimo si è assistito ad un momentaneo successo, ma a costi<br />

economici ed ambientali molto alti.<br />

Nell’agricoltura tradizionale queste colture venivano utilizzate soprattutto come prati o erbai per<br />

la produzione di foraggio fresco o insilato per il bestiame aziendale.<br />

Oggi possono avere destinazioni più ampie, secondo i criteri dell'agricoltura ecocompatibile.<br />

In tale contesto la lotta alle mal<strong>erbe</strong> avviene essenzialmente grazie all'effetto pacciamante della<br />

biomassa disseccata che rimanendo sulla superficie del terreno da luogo a fenomeni di allelopatia.<br />

Si definisce Allelopatia un fenomeno naturale che indica un’interazione tra piante di specie<br />

diverse; tale comunicazione avviene liberando nell’ambiente <strong>delle</strong> sostanze chimiche naturali, che<br />

sono in grado di condizionare significativamente la vita <strong>delle</strong> piante.<br />

I meccanismi allelopatici sono tutt'ora oggetto di studi e di ricerca: dai dati finora ottenuti, emerge<br />

che i biomessaggeri allelopatici agiscono sulle piante bersaglio su due livelli ben distinti:<br />

1. potenziando l'attività <strong>degli</strong> ormoni vegetali presenti nelle piante in quantità ridotte, ma<br />

fondamentali per il controllo del ciclo vitale;<br />

2. agendo sulle membrane <strong>delle</strong> cellule intervenendo così sul metabolismo energetico.<br />

Le classi di appartenenza di tali sostanze sono: amminoacidi, proteine con reazione difensiva,<br />

terpenoidi, flavonoidi, ormoni vegetali, vitamine, inibitori, altre molecole segnale e<br />

biocatalizzatori.<br />

Esse sono prodotte nelle radici o nelle foglie di alcune piante e vengono disperse nel terreno, dove<br />

possono svolgere un'azione tossica nei confronti di altre specie vegetali.


- Sostanze prodotte da piante superiori:<br />

30<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

Ad es: le foglie in decomposizione del noce (Juglan nigra) liberano diversi composti, tra cui lo<br />

juglone, che penetrando nel terreno, inibiscono la crescita dei germogli di molte specie<br />

vegetali, tra cui il pomodoro e l'erba medica.<br />

Altro esempio è fornito da molte specie del genere Salvia: i cespugli di tali piante sono spesso<br />

circondati da zone completamente spoglie di vegetazione che li separano dalle <strong>erbe</strong><br />

circostanti.<br />

Alcuni terpeni prodotti dalle foglie (una categoria di composti organici che comprende anche la<br />

canfora), oltre alla funzione di attrarre gli insetti impollinatori (in particolare le api),<br />

possiedono un'attività tossica nei confronti di altre specie, di cui limitano o addirittura<br />

impediscono l'accrescimento.<br />

È interessante il caso dell'assenzio (Artemisia absinthium): questa pianta officinale produce nei<br />

peli ghiandolari un composto, l'absintina, altamente tossico per alcune piante. La sostanza è<br />

trasportata dalla pioggia sul terreno e quindi la tossicità del terreno è costantemente<br />

rinnovata.<br />

La capacità naturale di difesa <strong>delle</strong> piante può essere sfruttata per ridurre la necessità di<br />

trattamenti erbicidi nelle colture. Si è alla ricerca di cultivar che, producendo sostanze<br />

allelopatiche, possano essere coltivate senza l'intervento del diserbo.<br />

Un esempio di questa azione è fornito da alcune varietà selezionate di avena che producono<br />

un essudato, la scopoletina, in quantità superiore alle normali varietà. Tale sostanza riduce<br />

l'accrescimento del rafano, una crucifera che spesso è infestante <strong>delle</strong> colture.<br />

Alcuni composti contenuti nel fusto e nelle foglie del girasole hanno un'azione inibente contro<br />

le <strong>infestanti</strong> dicotiledoni e non contro le graminacee: infatti, dopo alcuni anni la densità ed il<br />

numero <strong>delle</strong> <strong>infestanti</strong> appare ridotto se nel campo si è coltivato girasole.<br />

- Sostanze prodotte da microrganismi:<br />

L’isolamento <strong>delle</strong> gibberelline dal fungo Gibberella fujikuroi da parte di alcuni ricercatori<br />

giapponesi (Kurosawa, 1926) ha fatto pensare che la ricerca sulle sostanze bioattive ottenute<br />

dai microrganismi potesse fornire in agricoltura risultati simili a quelli raggiunti nel campo<br />

farmaceutico con l’individuazione di composti antibiotici.


31<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

In realtà gli studi in questo settore, soprattutto per quanto riguarda il controllo della flora<br />

infestante, hanno fornito risultati inferiori alle attese, anche se in qualche caso sono state<br />

poste le premesse per la messa a punto di specifici erbicidi di sintesi.<br />

Le strategie adottate dai laboratori di ricerca per l’individuazione e l’isolamento di fitotossine<br />

sono state prevalentemente orientate verso due indirizzi operativi:<br />

- ricerca di nuovi microrganismi o selezione di ceppi di microrganismi noti con l’obiettivo<br />

di aumentare le probabilità di trovare nuovi metaboliti o di disporre di organismi in<br />

grado di produrre metaboliti noti di maggior purezza o in quantità più elevata.<br />

Particolare attenzione viene ad esempio dedicata ai batteri presenti negli organi<br />

digerenti <strong>degli</strong> insetti e ai ficomiceti marini. Finora questo approccio ha fornito risultati<br />

poco entusiasmanti a causa dei costi elevati e dei tempi lunghi richiesti;<br />

- studio di microrganismi che occupano particolari nicchie ecologiche (ad esempio<br />

micorganismi presenti in zone desertiche): il presupposto di tale criterio operativo si<br />

basa sul fatto che in queste condizioni il microrganismo deve con molte probabilità il<br />

suo successo competitivo alla disponibilità di composti allelochimici; questa strategia<br />

ha però portato prevalentemente all’individuazione di sostanze ad azione battericida e<br />

fungicida. Molti composti isolati dall’attività metabolica dei microrganismi hanno<br />

dimostrato di possedere una scarsa selettività nei riguardi <strong>delle</strong> colture agrarie<br />

permettendo un impiego solo come erbicidi ad azione totale. Numerose fitotossine<br />

sono state isolate dai processi metabolici di batteri del genere Streptomyces. La tossina<br />

che ha avuto il maggior successo sul piano pratico è il bialafos, una sostanza prodotta<br />

da Streptomyces viridochromogenes, in grado di trasformarsi rapidamente all’interno<br />

<strong>delle</strong> piante in fosfinotricina, composto caratterizzato da una elevata azione erbicida.<br />

L’individuazione della fosfinotricina ha permesso all’industria chimica di sintetizzare il<br />

glufosinate, erbicida totale non residuale ad azione di contatto.<br />

- Sostanze prodotte da animali:<br />

Le ricerche per l’isolamento di sostanze ad azione erbicida prodotte da animali hanno<br />

finora fornito risultati alquanto modesti. Di qualche interesse è apparsa solo la cantaridina


32<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

prodotta dal dittero Lytta vesicatoria, che ha dimostrato di inibire lo sviluppo del coleoptile del<br />

frumento.<br />

Di qualsiasi tipologia esse siano, il passo più importante sta nell'individuazione chimica <strong>delle</strong><br />

sostanze inibitrici (allelopatiche), per poterle ottenere sinteticamente, e dei geni che ne codificano<br />

la produzione.<br />

Gli studi sono promettenti, anche se sono maggiormente indirizzati ad altri tipi di competizione,<br />

come quelli tra ospite e fungo parassita.<br />

L'obiettivo è quello di caratterizzare tali geni, magari ottenuti da specie selvatiche, che<br />

opportunamente manipolati potrebbero essere inseriti nelle specie coltivate per creare varietà<br />

resistenti alle mal<strong>erbe</strong>.<br />

9. La funzione positiva <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

Le piante spontanee sono in competizione con la coltura per acqua, luce e nutrienti,<br />

possono causare inquinamenti del prodotto, possono contribuire a creare e mantenere un<br />

microclima umido ideale per lo sviluppo di molti patogeni e sono spesso ospiti intermedi per<br />

diversi fitofagi.<br />

D’altro canto però, rappresentano un rifugio per insetti utili, un’ “alternativa alimentare” per gli<br />

insetti nocivi, contengono i fenomeni erosivi del terreno, ne migliorano la struttura, sottraggono<br />

alcuni nutrienti in eccesso dalla lisciviazione e, nel caso <strong>delle</strong> leguminose, contribuiscono<br />

all’arricchimento del suolo con l’azotofissazione.<br />

Non va poi dimenticato che la composizione della flora spontanea può dare utili informazioni sulle<br />

caratteristiche fisico chimiche dei suoli, poiché diverse specie sono indicatrici della reazione del<br />

suolo, della sua tessitura, della ricchezza in nutrienti o della presenza di suole di lavorazione.<br />

Una corretta gestione della vegetazione spontanea dovrà permettere di ridurre al minimo la sua<br />

potenziale dannosità, tentando allo stesso tempo di massimizzare i suoi aspetti positivi.<br />

Questo significa imparare ad accettare la presenza di alcune <strong>infestanti</strong> nel campo coltivato e a ciò<br />

si lega strettamente il concetto di soglia di danno o di intervento ovvero la quantità di piante<br />

spontanee al di sotto della quale la coltura non riporta danni e al di sotto della quale non sono<br />

necessari interventi di controllo.<br />

La definizione della soglia è variabile in funzione <strong>delle</strong> specie considerate, della coltura e della<br />

situazione della singola azienda.


33<br />

<strong>Gestione</strong> <strong>sostenibile</strong> <strong>delle</strong> <strong>erbe</strong> <strong>infestanti</strong><br />

Gli interventi possibili per una corretta gestione <strong>delle</strong> spontanee sono diversi, ma il concetto<br />

fondamentale per un valido controllo è che la coltura deve essere:<br />

• ben insediata<br />

• in grado di competere vigorosamente con la flora spontanea<br />

• capace di coprire rapidamente il terreno<br />

E’ dimostrato infatti che una volta che la coltura ha coperto la fila, sia l’emergenza dei semi che la<br />

crescita <strong>delle</strong> plantule di spontanee è notevolmente ridotta.<br />

In conseguenza di ciò le specie che presenteranno maggiori problemi sono quelle che hanno<br />

una germinazione lenta. Per queste specie, quando è possibile, è meglio preferire il trapianto alla<br />

semina; sono inoltre validi tutti gli accorgimenti agronomici volti ad accelerare la<br />

germinazione (bagno dei semi, irrigazioni, copertura con tessuto non tessuto, ecc.).


10. Bibliografia<br />

34<br />

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(http://www.agr.unifi.it/materialedidattico/INFESTANTI2P.pdf)

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