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L'uovo di Colombo - Tullio e Vladimir Clementi

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Hai cercato <strong>di</strong> non far mancare ai figli un supporto morale e un bagaglio culturale, per quanto<br />

limitato dalle possibilità (che sono state comunque superiori alle generalità dei tuoi simili in virtù <strong>di</strong><br />

un privilegio consolidato all’interno della stessa classe sociale), un bagaglio culturale che li<br />

aiutasse ad affrontare con maggior coscienza <strong>di</strong> se la loro porzione <strong>di</strong> vita, e scopri invece <strong>di</strong> averli<br />

resi terribilmente fragili e vulnerabili alle angosce esistenziali.<br />

Ti sei ostinato fino all’impossibile a voler onorare nella pratica quoti<strong>di</strong>ana quei principi sui quali si<br />

fondava la tua idea <strong>di</strong> comunismo e <strong>di</strong> pari opportunità (che a ragion veduta sono veramente pari<br />

soltanto fra gli esclusi), ed ora sei l’unico ad avere qualche ragione <strong>di</strong> autocompiacimento (il<br />

cinismo che precede la <strong>di</strong>ssoluzione) per l’estrema coerenza, mentre i problemi continuano a<br />

rimanere insoluti finché continua a mancare la libertà economica, e gli stessi tuoi principi ti<br />

vengono imputati (forse non a torto) come forme caparbie <strong>di</strong> egoismo.<br />

Nello stesso tempo altri hanno percorso senza troppi patemi le scorciatoie del pragmatismo e della<br />

<strong>di</strong>sinvolta modernità e tuttavia, perfino quando queste scorciatoie sono sconfinate nel doroteismo <strong>di</strong><br />

chi utilizza la propria collocazione politico-sociale per piazzare figli e nipoti e aggiustare in tal<br />

modo le frustrazioni, i sensi <strong>di</strong> colpa e le doppiezze sessual-familiari, rimane innegabile (per quanto<br />

conosco gli uomini) il fatto che il loro impegno sociale non è stato certamente inferiore al tuo, così<br />

come l’onestà <strong>di</strong> fondo, intesa nel senso più <strong>di</strong>ffuso e tra<strong>di</strong>zionale.<br />

Seconda: cosa ne resta? Resti tu, solo come un cane e costretto a torcerti le budella per il resto dei<br />

giorni.<br />

sconcertante<br />

9 maggio 1992<br />

Se assumiamo il concetto dell’osmosi fra sviluppo del pensiero e struttura delle fonti culturali (cosa<br />

sulla quale non v’è alcun valido motivo per dubitare), nel senso che una mente sarà influenzata<br />

dalle letture ma, allo stesso modo, la scelta delle letture sarà determinata dagli interessi alimentati<br />

nella stessa mente, credo <strong>di</strong> aver sperimentato un fenomeno alquanto sconcertante.<br />

Pensavo giusto stamattina a quanto sarebbe interessante (oltre che utile, naturalmente) convivere<br />

con il dolore giu<strong>di</strong>candolo freddamente, come un compagno <strong>di</strong> viaggio inseparabile ma subalterno,<br />

anzi, come occasione per affermare la supremazia della mente sulle cose, dovendosi confrontare<br />

soltanto con lo spessore della membrana che separa la gestione del dolore dalla produzione del<br />

pensiero, ed ecco che mi capita fra le mani (stava da tempo nel mucchio <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nato delle possibili<br />

letture), accidentalmente, il libro <strong>di</strong> Dostoevskij, “Ricor<strong>di</strong> dal sottosuolo” (una delle più feroci e<br />

irriverenti satire sulle convulsioni dell’animo umano): una vecchia e<strong>di</strong>zione Longanesi (prezzo <strong>di</strong><br />

copertina 350 lire) acquistata chissà quando e messa poi nel mucchio in funzione <strong>di</strong> una ricerca<br />

psicologica sullo sdoppiamento della personalità.<br />

Insisto: l’unico requisito conosciuto (attraverso una brevissima recensione) mi faceva considerare il<br />

libro solamente come una sorta <strong>di</strong> completamento del “Sosia”.<br />

Ed ecco che improvvisamente, su un libro aperto così, con più senso <strong>di</strong> ozio che convinzione, ci si<br />

trova in prima pagina con una affermazione <strong>di</strong> questo tenore: «...tuttavia, se non mi curo è<br />

ugualmente per malvagità. Ho male al fegato; ci ho gusto, possa venirmi ancora <strong>di</strong> più!».<br />

una traccia<br />

10 maggio 1992<br />

É mezza vita, ormai, che mi arrovello per cercar <strong>di</strong> capire cos’è che fa la <strong>di</strong>fferenza fra un oratore e<br />

uno scrittore.

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