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L'uovo di Colombo - Tullio e Vladimir Clementi

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domenica <strong>di</strong> passione<br />

29 settembre 1991<br />

Dalle parti <strong>di</strong> Latina, sua santità Karol Wojtyla rispolvera l’immagine <strong>di</strong> Maria Goretti (morta<br />

vergine a 12 anni), e la usa per rilanciare - in società con il vescovo Ruini - la campagna della<br />

nuova Madonna pellegrina.<br />

A Sirmione, invece, Bonifazio ottavo (alias: Arnaldo il biancofior Forlani), che con<strong>di</strong>vide con<br />

Maria Goretti il pellegrinaggio migratorio dalla riviera adriatica (da Pesaro uno, da Ancona l’altra)<br />

alle palu<strong>di</strong> pontine, esalta la purezza (se non proprio la santità) dell’ormai attempata Democrazia<br />

cristiana, insi<strong>di</strong>ata anch’essa dalle libi<strong>di</strong>nose brame del Lupo mannaro (e fors’anche da Cappuccetto<br />

rosso)...<br />

E dalla Gazzetta <strong>di</strong> Pran<strong>di</strong>ni, infine, il fedele madonnaro <strong>di</strong> corte, Eugenio professor Fontana, dopo<br />

aver tessuto lo<strong>di</strong> al pianista da saloon, Andreotti, al martellatore Gava («che impietosamente ha<br />

picchiato su vetero e neo comunismo») ed al costruttore <strong>di</strong> pace Mario Scelba, ci gratifica pure, con<br />

somma beatitu<strong>di</strong>ne, <strong>di</strong> un pensiero del buon Forlani: «è sempre attuale l’esercizio del rigore,<br />

dell’intransigenza morale e della solidarietà [quella certamente si, ma è più conosciuta con altro<br />

nome - n.d.r.], ad incominciare dal partito».<br />

Post scriptum: da L’Unità della domenica successiva si apprende che il pianista Andreotti,<br />

commemorando la canonizzazione <strong>di</strong> santa Brigida ne ha citato quella parte <strong>di</strong> pensiero rivolto alle<br />

«persone che si presumono dabbene», alle quali la Santa avrebbe de<strong>di</strong>cato parte delle sue famose<br />

rivelazioni, a proposito della «miseria morale <strong>di</strong> un perbenismo fondato esclusivamente sul rispetto<br />

delle convenzioni sociali...». E chissà quanto acquisterebbero ancora le rivelazioni dell’antica<br />

nobildonna svedese, se avesse vissuto tanto quanto il suo <strong>di</strong>scepolo (anch’egli iscritto all’or<strong>di</strong>ne del<br />

santo Salvatore) Andreotti!<br />

tutto d’un pezzo<br />

1 ottobre 1991<br />

La prima metafora ci viene dal “Fedro”, <strong>di</strong> Platone: «...si rassomiglia [l’anima] alla potenza<br />

connaturata <strong>di</strong> una biga alata [...] i cavalli e gli aurighi degli dei sono tutti buoni e figliuli <strong>di</strong> buoni,<br />

quegli degli altri misti. E, in primo luogo, in noi il conduttore regge un tiro <strong>di</strong> cavalli <strong>di</strong>seguali [...]<br />

<strong>di</strong>fficile perciò e gravoso, necessariamente, è per noi condurre il cocchio». La più famosa, invece, è<br />

probabilmente quella descritta da Robert Louis Stevenson nel suo “Lo strano caso del dottor Jekyll<br />

e del signor Hyde”.<br />

Ma la letteratura ha straripato in ogni epoca, con immensa ricchezza narrativa e profonda capacità<br />

<strong>di</strong> indagine, attorno al tema affascinante dello sdoppiamento della personalità umana, in tutte le sue<br />

espressioni più drammatiche o bizzarre: dal “Faust” <strong>di</strong> Goethe («ahime, nel mio petto <strong>di</strong>morano due<br />

anime») al “Sosia” <strong>di</strong> Dostoevskij; dal “Lupo della steppa” (ma anche “Narciso e Boccadoro”, e<br />

altri ancora) <strong>di</strong> Hermann Hesse fino al “Visconte <strong>di</strong>mezzato” <strong>di</strong> Calvino.<br />

Eppure l’immagine più bella e più piena (più armonica, oseremmo <strong>di</strong>re) si trova ne “Il profeta” <strong>di</strong><br />

Kahlil Gibran: «you are good when you are one whit yourself». Immagine che perde un po’ della<br />

sua efficacia nella traduzione, poiché il <strong>di</strong>re «in pace con te stesso» («tu sarai buono quando sarai<br />

in pace con te stesso») non è la stessa cosa che il <strong>di</strong>re (come verrebbe in senso letterale) «uno con te<br />

stesso». Potenza del linguaggio quando non è me<strong>di</strong>ato da altro che dalla necessità <strong>di</strong> esprimere il<br />

pensiero con la massima efficacia!<br />

E tuttavia ci lascierebbe alquanto perplessi l’accostamento fra l’essere uno con se stesso e, invece,<br />

l’essere uomo tutto d’un pezzo. Per non <strong>di</strong>re dell’insolente equivalenza fra uno e intero.

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