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personaggio. Una figura eterna, quasi mitologica, appartenente alle più antiche forme di espressione dell’umanità e ancora presente in popolazioni primitive ed evolute. E’ colui che non distingue il bene dal male, non premedita le proprie azioni ma le impronta all’ironia, suscitando in chi vede e ascolta il riso e il timore. E’ dunque rintracciabile un legame tra il clown moderno e la figura del clown-saltimbanco del passato, legame estendibile anche alla figura del folle tipicamente shakespiriano, l’antagonista delle regole, colui che per mezzo della pazzia e della stoltezza mostra una diversa prospettiva della realtà. L’acrobata e il clown sono figure nate nei secoli, dal buffone medievale passato attraverso la Commedia dell’Arte e la penna di Shakespire, fino a giungere nelle piste dei circhi o nei cabaret, dove lo ritroviamo tuttora, memore dell’originario legame con la strada, le piazze e la cultura popolare. 8
Il giocoliere nella letteratura italiana… Nel corso del tempo molti scrittori hanno fatto ricorso a figure o immagini che indirettamente si collegano alla giocoleria. Fra questi i futuristi in particolare maturarono una vera e propria passione per le esibizioni circensi, considerate la principale alternativa al teatro tradizionale che il manifesto marinettiano “Il teatro di varietà” avrebbe bersagliato. Il clown futurista, come scrisse Maria Vittoria Vittori in un saggio dedicato a questo argomento, è l’espressione del «dinamismo di forma e di colore» che il gruppo andava inseguendo. Inoltre una larga schiera di poeti che raccoglievano l’eredità dei simbolisti francesi e belgi affermava: «tali immagini sono il travestimento e la maschera con i quali il poeta sottolinea la sua non appartenenza al gusto e al costume dell’Italia dannunziana». Non si deve poi dimenticare la commistione di incanto e materialità che nasce sotto i tendoni dei circhi: la favola e l’illusione delle acrobazie si scontrano con lo sforzo fisico di chi le esegue, con la fatica e la scarsezza di denaro. Il medesimo contrasto esiste tra gli stessi acrobati e il pubblico, e così sotto lo stesso tendone si mescolano due mondi opposti. E come accade agli intellettuali, sono gli stessi acrobati al servizio del pubblico a vivere l’esclusione, vittime della loro realtà. L’estraneità del clown al mondo borghese e alle sue regole di comportamento ne fa la figura adatta ad esprimere la rivolta nei confronti della realtà seria ed assoluta del secolo passato e diventa immagine del poeta che si serve del riso per contestare ogni posa, per opporsi al bagaglio ideologico e letterario ottocentesco e alle sue norme codificate. Le avanguardie storiche hanno così riunito in questa figura «il riso, il gioco e la distruzione» e, insieme, l’emarginazione che tale infrazione comporta. Uno fra gli artisti che maggiormente hanno agito in questo senso fu senza dubbio lo scrittore futurista Aldo Giurlani, meglio noto come Aldo Palazzeschi (Firenze, 1885 – Roma, 1974). Il periodo in cui è vissuto lo colloca al centro della fase di transizione dal Crepuscolarismo al Futurismo. La definizione di poeti crepuscolari risale al 1909, quando Giuseppe Antonio Borgese parlò sul quotidiano “La stampa” di “una voce crepuscolare, la voce di una gloriosa poesia che si spegne”. In effetti, i poeti crepuscolari incarnano la fine della poesia decadente ottocentesca, che aveva annoverato esponenti quali D’Annunzio e Pascoli. La poesia, essendo ormai priva di messaggi eccezionali e onnicondivisi da proporre, si presentava come esperienza minore, se non inutile. In realtà i poeti crepuscolari non si diedero mai un programma definito, ma rimanevano accomunati dall’espressione, in diversi modi e sotto differenti aspetti, della crisi dei valori poetici borghesi. 9
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