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02.06.2013 Views

significa che anche la minima variazione causa la fine dell’esercizio. Inoltre bisogna ricordare che per utilizzare un elevato numero di oggetti è necessario effettuare lanci di alcuni metri e in tali condizioni una variazione di soli due o tre gradi dell’angolo di lancio determina uno spostamento della posizione di caduta della palla di alcune decine di centimetri. La capacità dei giocolieri di coordinare ritmicamente e alla stessa frequenza gli arti è oggetto di studio in quanto può fornire interessanti informazioni circa il movimento umano. I concetti matematici che vi si celano dietro trovano applicazione nella teoria degli oscillatori accoppiati, il cui fenomeno chiave è la sincronizzazione, ovvero la tendenza di due arti a muoversi in sincronia. Nonostante ciò vi sono fattori che rendono impossibile l’esecuzione di due lanci perfettamente uguali: - l’oscillazione delle mani non è esattamente uniforme, poiché compiono movimenti in parte tenendo una palla, in parte vuote; - la sincronizzazione delle mani dipende dalla vista e dalla coordinazione occhio-mano. Per i giocolieri rimane comunque l’opportunità di controllare alcune variabili (angolo di lancio, velocità di lancio, altezza del lancio) che permettono di compiere correzioni, modifiche e trovate spettacolari. Tali opportunità decrescono però con l’aumentare degli oggetti: generalmente gli esercizi con sette o più attrezzi possono essere eseguiti in un’unica maniera. Inoltre si dilatano incredibilmente i tempi di apprendimento: studi condotti in materia mostrano come i principianti riescano a imparare a giocolare con tre palle in poche ore o giorni ma necessitino di settimane o mesi per passare a quattro e anche anni per padroneggiarne abilmente cinque. Per un giocoliere non vi è nulla di più utile che imparare a comprendere la posizione in cui effettuare una presa nel minor tempo possibile, osservando solo una piccola porzione di traiettoria. Nel 1974 Howard A. Austin, ricercatore del M.I.T., si propose di capire quanto ampio dovesse essere il percorso di traiettoria osservato da un giocoliere per effettuare una presa corretta. I suoi esperimenti dimostrarono che è possibile afferrare una palla anche quando sono visibili soltanto due centimetri e mezzo della parte culminante della traiettoria; questo dato corrisponde a un tempo di visione di soli 50 millisecondi. Altri esperimenti nel medesimo ambito furono condotti da Tony A. M. van Santvoord nel 1994 presso la “Free University” di Amsterdam. I risultati misero in luce il fatto che con il crescere dell’allenamento diminuisce l’importanza associata all’osservazione delle palle in aria. In generale i principianti dipendono profondamente dalle informazioni visive, mentre i giocolieri esperti si basano sulla sensazione che deriva dal contatto delle palle con le mani. Già nel 1890 James William, come scrisse nel suo libro “The principles of psychology”, notò la capacità di un certo Jean-Eugene Robert-Houdin di giocolare con quattro palle leggendo contemporaneamente un libro. 22

Inoltre numerosi giocolieri esperti sono in grado di eseguire alcuni esercizi con gli occhi bendati anche per diversi minuti. L’applicazione degli studi sulla giocoleria alla robotica potrebbe portare alla realizzazione di avanzati sistemici automatici, capaci di prevedere situazioni e organizzare correzioni ogni volta diverse in base alle nuove condizioni. Colui che per primo si dedicò a tali esperimenti fu appunto Shannon, con un robot in grado di far rimbalzare tre sfere d’acciaio su una superficie elastica. Le sfere venivano colpite al culmine della loro traiettoria, laddove la velocità è prossima al valore 0: questo semplificava il sistema. Le correzioni erano apportate grazie ad una scanalatura posta al termine dei bracci meccanici. Alcuni anni dopo Christopher G. Atkeson e Stefan K. Schaal del “Georgia Institute of Technology” costruirono un robot simile capace di utilizzare cinque sfere. Benché queste apparecchiature siano già straordinariamente avanzate, robot capaci di utilizzare tre sfere lanciate verso l’alto devono ancora essere costruiti. Sono però stati inventati robot capaci di giocolare in due dimensioni, sfruttando cioè un piano di appoggio. E’ quanto ha realizzato negli anni ’80 Marc D. Donner dell’“IBM Research Center”: un piano inclinato dotato di fori dai quali far soffiare dell’aria per ridurre al minimo l’attrito, equipaggiato con due meccanismi di lancio fissati sul lato inferiore. Risultati ancora migliori sono poi stati ottenuti da Martin Bühler della “Yale University” nel 1989, grazie un diverso tipo di robot, costituito da un singolo braccio rotante con dischi di gomma imbottiti sulla parte terminale e controllato da un “algoritmo riflesso”. Questo algoritmo è in grado di realizzare un movimento periodico delle palle attraverso l’analisi di due dati: la traiettoria e la loro energia. La traiettoria delle palle viene confrontata in tempo reale con una traiettoria di riferimento; i movimenti del braccio sono controllati e modificati secondo un’equazione non lineare. Questa soluzione non richiede l’analisi di dati sulla posizione precisa delle palle al momento dell’impatto, dati che sono difficili da ottenere realmente. Inoltre per stabilizzare il moto verticale delle stesse viene analizzata l’energia acquisita e confrontata con quella ideale di un lancio perfetto. Combinando le due informazioni il programma del robot stabilisce quando e con quanta forza la palla debba essere colpita. I frutti di questo esperimento sono stati sintetizzati da Daniel E. Koditschek e Alfred A. Rizzi della “University of Michigan” per la realizzazione di un robot ulteriormente più avanzato: si tratta di un braccio meccanico in grado di mantenere indefinitamente due palle in un moto verticale. 23

significa che anche la m<strong>in</strong>ima variazione causa la f<strong>in</strong>e dell’esercizio. Inoltre bisogna ricordare che<br />

per utilizzare un elevato numero di oggetti è necessario effettuare lanci di alcuni metri e <strong>in</strong> tali<br />

condizioni una variazione di soli due o tre gradi dell’angolo di lancio determ<strong>in</strong>a uno spostamento<br />

della posizione di caduta della palla di alcune dec<strong>in</strong>e di centimetri.<br />

La capacità <strong>dei</strong> <strong>giocolieri</strong> di coord<strong>in</strong>are ritmicamente e alla stessa frequenza gli arti è oggetto di<br />

studio <strong>in</strong> quanto può fornire <strong>in</strong>teressanti <strong>in</strong>formazioni circa il movimento umano. I concetti<br />

matematici che vi si celano dietro trovano applicazione nella teoria degli oscillatori accoppiati, il<br />

cui fenomeno chiave è la s<strong>in</strong>cronizzazione, ovvero la tendenza di due arti a muoversi <strong>in</strong> s<strong>in</strong>cronia.<br />

Nonostante ciò vi sono fattori che rendono impossibile l’esecuzione di due lanci perfettamente<br />

uguali:<br />

- l’oscillazione delle mani non è esattamente uniforme, poiché compiono movimenti <strong>in</strong> parte<br />

tenendo una palla, <strong>in</strong> parte vuote;<br />

- la s<strong>in</strong>cronizzazione delle mani dipende dalla vista e dalla coord<strong>in</strong>azione occhio-mano.<br />

Per i <strong>giocolieri</strong> rimane comunque l’opportunità di controllare alcune variabili (angolo di lancio,<br />

velocità di lancio, altezza del lancio) che permettono di compiere correzioni, modifiche e trovate<br />

spettacolari. Tali opportunità decrescono però con l’aumentare degli oggetti: generalmente gli<br />

esercizi con sette o più attrezzi possono essere eseguiti <strong>in</strong> un’unica maniera. Inoltre si dilatano<br />

<strong>in</strong>credibilmente i tempi di apprendimento: studi condotti <strong>in</strong> materia mostrano come i pr<strong>in</strong>cipianti<br />

riescano a imparare a giocolare con tre palle <strong>in</strong> poche ore o giorni ma necessit<strong>in</strong>o di settimane o<br />

mesi per passare a quattro e anche anni per padroneggiarne abilmente c<strong>in</strong>que.<br />

Per un giocoliere non vi è nulla di più utile che imparare a comprendere la posizione <strong>in</strong> cui<br />

effettuare una presa nel m<strong>in</strong>or tempo possibile, osservando solo una piccola porzione di traiettoria.<br />

Nel 1974 Howard A. Aust<strong>in</strong>, ricercatore del M.I.T., si propose di capire quanto ampio dovesse<br />

essere il percorso di traiettoria osservato da un giocoliere per effettuare una presa corretta. I suoi<br />

esperimenti dimostrarono che è possibile afferrare una palla anche quando sono visibili soltanto due<br />

centimetri e mezzo della parte culm<strong>in</strong>ante della traiettoria; questo dato corrisponde a un tempo di<br />

visione di soli 50 millisecondi.<br />

Altri esperimenti nel medesimo ambito furono condotti da Tony A. M. van Santvoord nel 1994<br />

presso la “Free University” di Amsterdam. I risultati misero <strong>in</strong> luce il fatto che con il crescere<br />

dell’allenamento dim<strong>in</strong>uisce l’importanza associata all’osservazione delle palle <strong>in</strong> aria. In generale i<br />

pr<strong>in</strong>cipianti dipendono profondamente dalle <strong>in</strong>formazioni visive, mentre i <strong>giocolieri</strong> esperti si<br />

basano sulla sensazione che deriva dal contatto delle palle con le mani. Già nel 1890 James<br />

William, come scrisse nel suo libro “The pr<strong>in</strong>ciples of psychology”, notò la capacità di un certo<br />

Jean-Eugene Robert-Houd<strong>in</strong> di giocolare con quattro palle leggendo contemporaneamente un libro.<br />

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