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Le due anime del cardinale Lercaro

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negli anni <strong>del</strong> seminario a Genova. Il giovane seminarista stava<br />

studiando la Bibbia e la liturgia come momenti creativi, quando<br />

i fulmini antimodernisti colpirono duramente il fratello don Amedeo,<br />

rettore <strong>del</strong> seminario, e i suoi insegnanti fautori <strong>del</strong>la riforma<br />

liturgica. Anche se tutti piegarono il capo, quella vicenda lasciò un<br />

segno nell'animo <strong>del</strong> giovane, senza cancellare il suo interesse per<br />

la liturgia. Scrisse molto, in argomento, e quello che non poté fare<br />

a Genova, quando era parroco, lo fece a Bologna con la porpora.<br />

Vi era arrivato da poco più di un anno quando, il 22 novembre<br />

1953, prendendo lo spunto dalla ricorrenza <strong>del</strong> cinquantenario <strong>del</strong><br />

Motu proprio di Pio X « Intra sollecitudini », indirizzò una Notificazione<br />

ai fe<strong>del</strong>i per ricordare che sarebbe stato possibile apportare<br />

piccole riforme alla messa, da lui considerata un momento assembleare<br />

<strong>del</strong> « popolo di Dio » 22 .<br />

Due anni dopo modificò il Direttorio liturgico allo scopo di favorire<br />

la « partecipazione attiva dei fe<strong>del</strong>i ai Sacri Misteri », anche<br />

se di quel diritto o concessione si parlò poco nella chiesa bolognese.<br />

Il <strong>cardinale</strong> illustrò la riforma ai parroci, i quali la illustrarono ai<br />

fe<strong>del</strong>i, i quali l'accettarono non senza difficoltà e resistenze. L'1<br />

aprile 1956 divenne obbligatoria, senza essere stata discussa.<br />

La grossa novità <strong>del</strong>la piccola riforma bolognese era l'introduzione<br />

<strong>del</strong>la lingua italiana in alcuni punti <strong>del</strong> rito perché, come<br />

scrisse, il « popolo non comprende il latino ». Per la chiesa, i cui<br />

riti erano immutati da secoli, era un po' forte. Per questo non<br />

mancarono perplessità e piccole resistenze. Poiché la riforma investiva<br />

parti non secondarie <strong>del</strong>la messa, fe<strong>del</strong>i e sacerdoti temevano<br />

di finire « fuori ».<br />

Pur non sottovalutando le difficoltà, <strong>Le</strong>rcaro procedette con decisione<br />

e si comportò come se, prima di lui, i cattolici non avessero<br />

sentito il rito <strong>del</strong>la messa. E questo non piacque. « Indubbiamente »<br />

scrisse « quando le nostre popolazioni avranno compreso che cosa<br />

è la Messa e la sentiranno non più come un'azione incomprensibile<br />

e quasi magica <strong>del</strong> sacerdote, ma invece come cosa loro, nella quale<br />

hanno parte e donde ricevono un ricco apporto di vita spirituale,<br />

sarà facile persuaderli <strong>del</strong>la doverosità di adempiere il precetto: più<br />

che un precetto, anzi, la Messa festiva diventerà un bisogno <strong>del</strong>lo<br />

spirito, com'è, per il corpo, il pane quotidiano » 23 .<br />

Questo nel settembre 1955. Il 27 novembre, parlando all'Azione<br />

cattolica disse: « Voi dovete spezzare una mentalità troppo individualistica<br />

e ricostruire il senso <strong>del</strong>la comunità cristiana in una preghiera<br />

che "non abhorret a compagine membrorum" (S. Agostino)<br />

» [...] Queste sono le mie direttive. A voi seguirle con metodo,<br />

intelligenza e amore » 24 .<br />

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