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Le due anime del cardinale Lercaro

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Giacomo <strong>del</strong>la Chiesa, e quello di mezza età formatosi tra le <strong>due</strong><br />

guerre con Nasalli Rocca 21 . I primi avevano una maggiore apertura<br />

mentale e una non minore attitudine ad affrontare i problemi <strong>del</strong>la<br />

fede, forse perché avevano vissuto il dramma <strong>del</strong> modernismo.<br />

Nei preti anziani era vivo il ricordo di don Giulio Belvederi, il<br />

segretario di Svampa, anche lui accusato di modernismo, rimosso e<br />

trasferito a Roma con sospetto di eresia. Nominato segretario <strong>del</strong>l'Istituto<br />

di archeologia sacra, visse sempre in odore di modernismo<br />

e morì senza ravvedersi. Anche don G.B. Trombelli e soprattutto<br />

don Olindo Marella avevano conosciuto i duri provvedimenti antimodernisti<br />

di Pio X.<br />

Il clero di mezza età era cresciuto in un clima conformista nel<br />

quale non circolavano idee nuove e dove la discussione su certi<br />

temi era ridotta al minimo. Erano le conseguenze <strong>del</strong>la campagna<br />

antimodernista, oltre che <strong>del</strong>la dittatura politica. « L'autarchia culturale<br />

era spaventosa », ricorda monsignor Catti e la « responsabilità<br />

era anche <strong>del</strong> regime fascista che impediva, per parte sua, una<br />

certa circolazione <strong>del</strong>le idee ». In quegli anni a Bologna si leggevano<br />

solo <strong>due</strong> copie di « Esprit », la prestigiosa rivista dei cattolici<br />

francesi. Arrivavano a monsignor Cesare Sarti e all'ex deputato cattolico<br />

Fulvio Milani.<br />

Se il clero attendeva il Concilio con fede mista a diffidenza, i<br />

fe<strong>del</strong>i, abituati ad obbedire, lo attendevano più indifferenti che<br />

diffidenti. Tra essi i fermenti erano scarsi, ma, come sempre, avrebbero<br />

detto sì al parroco. In testa a tutti marciava il <strong>cardinale</strong>. Se<br />

faticava a liberarsi di un bagaglio di idee vecchie e logore, cominciava<br />

a intravedere una luce diversa da quella che gli aveva illuminato<br />

sempre la strada.<br />

<strong>Le</strong> idee vecchie e nuove di <strong>Le</strong>rcaro<br />

<strong>Le</strong>rcaro, quando entrò in Concilio, era in ritardo su tutte le decisioni<br />

che saranno prese, meno quella <strong>del</strong>la liturgia. La faticata<br />

riforma liturgica conciliare l'aveva anticipata da anni e realizzata,<br />

sia pure a piccole dosi, per superare resistenze e diffidenze tra il<br />

clero e i fe<strong>del</strong>i.<br />

Era sempre stato un sostenitore <strong>del</strong>la « partecipazione comunitaria<br />

» dei fe<strong>del</strong>i alla messa quali soggetti attivi e non passivi, quasi<br />

fossero degli spettatori. Per lui erano protagonisti e quindi dovevano<br />

partecipare al rito divenendo dei celebranti. Considerava il<br />

« popolo di Dio » come un « popolo di sacerdoti ».<br />

Questo tema <strong>Le</strong>rcaro lo aveva affrontato e vissuto tragicamente<br />

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