Le due anime del cardinale Lercaro
Le due anime del cardinale Lercaro
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mondo a cambiare, solo se prima fosse stata capace di cambiare<br />
se stessa. <strong>Le</strong> tendenze storiche di quegli anni gli diedero ragione.<br />
Nel quadro internazionale, il disgelo USA-URSS era un'inderogabile<br />
necessità e la sola strada praticabile. Così come andava favorita,<br />
in ogni caso non ostacolata, la lotta per l'indipendenza dei<br />
popoli coloniali. Non ultimo il problema dei rapporti tra capitalismo<br />
e classi lavoratrici, che non andava visto, come in passato,<br />
come una riconquista cattolica di masse scristianizzate. Non si trattava<br />
di ricuperare un'apostasia di massa, ma di favorire — da una<br />
posizione neutrale — un incontro tra mondi che si erano sempre<br />
duramente scontrati sul terreno <strong>del</strong>la lotta di classe.<br />
Se Pio XII era stato il papa che aveva riconfermato il rapporto<br />
privilegiato tra chiesa e mondo borghese, Giovanni XXIII si era<br />
attirato i fulmini <strong>del</strong> Vaticano nel 1957 quando aveva rivolto, come<br />
patriarca di Venezia, un innocente, ma pubblico e quindi significativo<br />
saluto al XXXII congresso <strong>del</strong> PSI che si teneva in quella città.<br />
Il papa avvertiva l'importanza dei mutamenti in atto nella società<br />
americana, in quei giorni travagliata da una selvaggia nomination<br />
che nel 1960 avrebbe portato alla Casa bianca il cattolico Kennedy.<br />
Così come avvertiva l'importanza <strong>del</strong> terremoto provocato in URSS<br />
dalla destalinizzazione avviata da Kruscev. Che poi, sul lungo periodo,<br />
le « nuove frontiere » di Kennedy siano risultate irraggiungibili<br />
e la destalinizzazione una generosa, ma inutile battaglia, che<br />
avrebbe finito per travolgere lo stesso Kruscev, è un altro discorso.<br />
L'importante è che, in quel momento, il nuovo papa fosse consapevole<br />
che il destino <strong>del</strong> mondo si giocava su quei temi e che agisse<br />
di conseguenza. Ma quale risposta avrebbe potuto dare alla chiesa<br />
e la chiesa al mondo, se avesse continuato a camminare lungo la<br />
vecchia strada?<br />
La risposta a quell'interrogativo la diede il 25 gennaio 1959<br />
quando annunciò il « Concilio Ecumenico per la Chiesa Universale<br />
» a una congregazione straordinaria di cardinali, i quali non riuscirono<br />
a nascondere sorpresa e incredulità e alcuni un certo smarrimento,<br />
se non addirittura timore. A meno di tre mesi dal conclave<br />
il papa aveva messo in moto un meccanismo destinato a mettere<br />
in discussione la posizione <strong>del</strong>la chiesa su tutti i grandi temi <strong>del</strong><br />
mondo contemporaneo: dalla vita sociale all'economia, dalla politica<br />
alla famiglia, dalla sessualità alla cultura 5 .<br />
L'annuncio <strong>del</strong> Concilio ebbe a Bologna un'eco molto modesta<br />
e non suscitò particolare emozione 6 . Il primo a restare pressoché<br />
indifferente e a mostrarsi scarsamente entusiasta fu <strong>Le</strong>rcaro, anche<br />
se alcuni suoi collaboratori sostengono che la cosa è « poco significativa<br />
». Si mostrò poco entusiasta anche quando parlò ai fe<strong>del</strong>i<br />
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