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Le due anime del cardinale Lercaro

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ministrativo — si sa — è previsto da una legge <strong>del</strong> 1915.<br />

Di quartieri e di decentramento aveva cominciato a parlare<br />

Dozza all'Assemblea costituente, anche se abbandonò quasi subito<br />

il tema. La cosa era stata ripresa da Ardigò e infine da Dossetti,<br />

il quale caricò i quartieri di un contenuto religioso e politico, prima<br />

ancora che amministrativo. La sua Casa comunale di quartiere avrebbe<br />

dovuto ospitare gli uffici decentrati di stato civile, quelli tributari,<br />

quelli sanitari e altro ancora.<br />

Lui non lo sapeva, ma nel 1919 la prima amministrazione socialista<br />

di Bologna — allora l'ottanta per cento degli abitanti viveva all'interno<br />

<strong>del</strong>la cerchia di mura — aveva istituito quattro Delegazioni<br />

in altrettante frazioni periferiche, nelle quali furono decentrati<br />

i servizi di stato civile, tributari e sanitari, per non dire <strong>del</strong>le biblioteche<br />

che vi vennero allestite. Questi lontani parenti degli attuali<br />

Consigli di quartiere furono smobilitati nel 1921 dai fascisti 131 .<br />

La sinistra bolognese non ha mai contestato a Dossetti il merito<br />

di avere riaperto il dibattito sul decentramento amministrativo,<br />

dopo anni di silenzio. Ha solo negato che sia l'inventore dei quartieri.<br />

La sua proposta <strong>del</strong> 1956 era vecchia di una quarantina d'anni.<br />

La verità è che Dossetti conosceva poco o nulla <strong>del</strong>la città che<br />

voleva conquistare. Se avesse conosciuto meglio la storia di Bologna,<br />

quasi certamente non si sarebbe illuso di poter vincere le elezioni<br />

e diventare sindaco dopo pochi mesi di una sia pure intensa<br />

e intelligente campagna elettorale 132 .<br />

Come avrebbe potuto sgelare l'anima pagana di Bologna — ammesso<br />

che fosse tale — e ridare alla città il volto « cristiano e petroniano<br />

», se ignorava quasi tutto dei bolognesi? Forse sapeva<br />

tutto di S. Petronio, ma poco dei suoi discendenti, anche se una<br />

certa conoscenza <strong>del</strong>la città doveva pur averla. Aveva cominciato a<br />

frequentarla nel 1945 quando si era legato, spiritualmente e politicamente,<br />

a un gruppo di giovani intellettuali cattolici, tra i quali<br />

Ardigò, Cavallaro, Pecci e Giovanni Galloni. Uscivano tutti dalla<br />

Resistenza ed erano schierati su posizioni di sinistra. Alcuni si autodefinivano<br />

« cristiani laburisti ». Ma militavano nella DC.<br />

Un altro errore fu quello di considerare solo la sinistra come interlocutore<br />

e, all'interno <strong>del</strong>la sinistra, solo il PCI. Se disprezzava<br />

il PSI, aveva una scarsa considerazione <strong>del</strong> PSDI, PLI e PRI, i cui<br />

voti, in caso di vittoria <strong>del</strong> centro, gli erano indispensabili. Per<br />

questa sorta di aristocratico distacco da tutti, ebbe tutti contro,<br />

compreso il PSI che pure era preoccupato di salvare il dialogo con<br />

la DC per il dopo-Dossetti 133 . Ebbe contro anche PSDI, PLI e<br />

PRI i quali mal digerivano l'idea di un sindaco-cardinal legato, pur<br />

essendo consapevoli che la vittoria, dal momento che non crede-<br />

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