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Le due anime del cardinale Lercaro

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me Dossetti, Alberigo, Raniero La Valle, Ardigò e Luigi Pedrazzi<br />

— prima o poi dovrà porsi qualche domanda in proposito.<br />

Alle difficoltà proprie di un'operazione che aveva poche possibilità<br />

di successo in una città di cattolici papalini e tridentini come<br />

quelli bolognesi, nel 1956 se ne aggiunse un'altra a rendere più<br />

aspra la fatica di Dossetti: la designazione a capolista <strong>del</strong>la DC.<br />

Pur essendo consapevole di compiere un errore, si lasciò distogliere<br />

dalla sua missione.<br />

Dopo di che resta da chiedersi che tipo di sindaco sarebbe stato,<br />

se avesse vinto. Cioè, che politica avrebbe fatto. Alcuni sostenevano<br />

che avrebbe potuto essere un « sindaco santo », come La Pira a<br />

Firenze. La cosa era possibile, in via d'ipotesi, perché entrambi<br />

— partendo dal presupposto che il Vangelo è un libro sacro, ma<br />

politico — miravano alla creazione di una società comunitaria e<br />

teocratica nella quale fosse possibile risolvere le esigenze spirituali<br />

dei cattolici e l'ansia di liberazione <strong>del</strong> proletariato. Impregnati com'erano<br />

di spirito cristiano di tipo « ascetico volontaristico », credevano<br />

in una chiesa « capace di essere, nella purezza, forte evangelizzatrice<br />

specie di giovani, intellettuali, operai » 121 . Come usava<br />

dire allora erano <strong>due</strong> « pesci rossi che nuotavano nell'acqua santa ».<br />

Avevano in comune anche un'altra scelta, sia pure di segno opposto,<br />

fatta contemporaneamente. Nel 1952 Dossetti aveva abbandonato<br />

la vita politica perché non gli venivano offerti gli strumenti<br />

per la costruzione di una società basata su principi cristiani. L'anno<br />

precedente La Pira era stato eletto sindaco di Firenze e nel 1956,<br />

mentre Dossetti tentava la scalata a Palazzo d'Accursio, aveva presentato<br />

un bilancio con poche realizzazioni e un passivo enorme.<br />

È difficile supporre che La Pira potesse essere un buon mo<strong>del</strong>lo<br />

per Dossetti, al quale non doveva essere sfuggito che a Firenze non<br />

era stata fatta una politica favorevole alle esigenze popolari. Era<br />

arduo trovare qualcosa negli atti di La Pira che si richiamasse al<br />

pensiero sociale cristiano. Pertanto, come poteva rappresentare un<br />

buon esempio per un uomo che nella sua breve parentesi politica<br />

aveva cercato un mo<strong>del</strong>lo che fosse alternativo sia al comunismo<br />

che al capitalismo? Non si deve dimenticare che, dopo la vittoria<br />

elettorale <strong>del</strong> 1948, Dossetti — unico nella DC — si era illuso<br />

di vedere in quel voto una indicazione per « la speranza germinale<br />

di una nuova vita democratica » che doveva essere per la DC « la<br />

premessa e il condizionamento fondamentale <strong>del</strong>la determinazione<br />

<strong>del</strong> suo programma e <strong>del</strong>la sua futura opera di governo ». Per<br />

l'Azione cattolica quel voto era « il risultato indiretto <strong>del</strong> suo sforzo<br />

di restaurazione cristiana individuale e sociale, e insieme il limite<br />

al suo intervento diretto nei rapporti politici » e per il « Cristiane-<br />

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