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Le due anime del cardinale Lercaro

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Dozza, nella speranza di riuscire a offuscare la personalità e il prestigio<br />

di un uomo che non gli era superiore per cultura e che non<br />

aveva caratteristiche tali da essere o sembrare invincibile. Se mai,<br />

era popolare. E lo era perché aveva bene amministrato la città<br />

in un periodo molto difficile.<br />

Non aveva capito che in una società di massa, lo scontro, più<br />

che tra <strong>due</strong> uomini, deve avvenire tra schieramenti che propugnano<br />

valori diversi, ma non necessariamente inconciliabili. Dozza era<br />

l'esponente <strong>del</strong> mondo <strong>del</strong> lavoro — il proletariato e i ceti medi<br />

produttivi ed emergenti — i cui interessi andavano affermati e<br />

difesi con lotte sociali rivolte in molte direzioni, ma non contro<br />

la chiesa. Al contrario, <strong>Le</strong>rcaro rappresentava valori spirituali che<br />

potevano essere affermati e difesi senza ledere quelli <strong>del</strong> lavoro.<br />

Il suo fu un errore tanto più grave perché identificò il male nella<br />

sinistra, proprio quando PCI e PSI avevano oramai abbandonato<br />

i toni e le argomentazioni anticlericali di un tempo e affermavano<br />

che la religione è un fatto privato che riguarda la coscienza dei<br />

singoli e non quella collettiva <strong>del</strong>le masse. Sostenendo che la sinistra<br />

e Satana erano la stessa cosa, avrebbe allargato il solco che divideva<br />

il mondo <strong>del</strong> lavoro dalla chiesa, nel momento in cui PSI<br />

e PCI erano disponibili ad aprire un dialogo, senza dimenticare che,<br />

in occasione dei grandi appuntamenti politici di questo secolo, la<br />

gerarchla religiosa bolognese si era sempre schierata con l'altra<br />

parte. Sia all'avvento <strong>del</strong> fascismo che durante la Resistenza 80 .<br />

A questo errore politico e di strategia, ne aggiunse un altro tattico,<br />

quello di personalizzare lo scontro. In fin dei conti non gli<br />

dispiaceva di essere considerato un don Camillo cittadino, anche<br />

se sarebbe sbagliato credere che si battesse contro la sinistra solo<br />

a colpi di « frati volanti ».<br />

Quando si muoveva sul piano politico era attentissimo e non gli<br />

sfuggivano le sfumature. Compì un gesto clamoroso — per Bologna,<br />

dato i precedenti — il 25 aprile 1954 quando fece celebrare una<br />

messa nell'anniversario <strong>del</strong>la Liberazione. Che non si trattasse di<br />

un fatto episodico lo si comprese l'anno dopo, quando il rito venne<br />

ripetuto.<br />

Quel gesto — ma non va dimenticato che a Genova aveva preso<br />

parte alla lotta antifascista — gli consentiva di prendere con più<br />

naturalezza le distanze dalla sinistra. Nel marzo 1955, quando il<br />

congresso di Torino <strong>del</strong> PSI decise di avviare la politica <strong>del</strong> « dialogo<br />

con i cattolici » per favorire « l'apertura a sinistra », <strong>Le</strong>rcaro<br />

si schierò decisamente contro.<br />

Il 27 novembre 1955, parlando all'assemblea <strong>del</strong>l'Azione cattolica<br />

bolognese, disse: « Nella odierna situazione confusa e per tanti<br />

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