Le due anime del cardinale Lercaro
Le due anime del cardinale Lercaro
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tibus ». Il che, tradotto a braccio, vuol dire che Manzù aveva fatto<br />
il lavoro e che il cavaliere Ortolani, quell'eq sta per cavaliere, aveva<br />
pagato il conto.<br />
Vincendo le resistenze di alcuni sacerdoti, <strong>Le</strong>rcaro era riuscito<br />
a farla collocare accanto all'altare. E lì è rimasta sino a quando,<br />
all'indomani <strong>del</strong> suo allontanamento dalla curia, fu trasferita nel<br />
luogo appartato dove si trova ancora. Dimenticata per anni, la statua<br />
è salita alla ribalta <strong>del</strong>la cronaca all'inizio degli anni Ottanta,<br />
quando si scoprì che il generoso mecenate era un capo <strong>del</strong>la P2.<br />
Aveva fatto discutere e non poco un'altra decisione di <strong>Le</strong>rcaro,<br />
quando collocò un suo grande ritratto a olio nell'atrio <strong>del</strong>la curia.<br />
Erano piccole vanità alle quali non sapeva sottrarsi. Nel 1964, quando<br />
lo scultore Mario Scorzelli gli dedicò un bronzo artistico, scrisse<br />
ai « figli » da Roma: « ... mi raffigura in abiti pontificali in atto di<br />
tenere l'omelia: è una meraviglia » 71 . L'anno dopo, quando il solito<br />
Ortolani gli regalò un servizio di piatti, con lo stemma cardinalizio,<br />
scrisse che si trattava di « una sciccheria » 72 .<br />
Bisogna dargli atto che il suo interesse per l'arte aveva anche<br />
altri risvolti. Fu lui, infatti, che nel 1955 aveva promosso il primo<br />
congresso nazionale di arte sacra e fu sempre lui a fondare il Centro<br />
arcivescovile bolognese di studio e informazione per l'arte sacra.<br />
D'intesa con la curia di Milano curò la pubblicazione di « Chiesa e<br />
quartiere », un periodico d'arte e architettura sacra che uscì dal<br />
1956 al 1968, quando fu soppresso dal successore.<br />
Oltre che un amatore, era un vero esperto d'arte sacra e qualcuno<br />
lo ha definito un « designer di liturgia ». Per questo spesso<br />
metteva le mani nei progetti <strong>del</strong>le chiese. Quando gli sottoposero<br />
quello <strong>del</strong>la villa S. Giacomo — da erigere sulla collina <strong>del</strong>la Ponticella<br />
a S. Lazzaro di Savena e dove avrebbe abitato con la « famiglia<br />
» — modificò sia la sistemazione <strong>del</strong>la cappella che la posizione<br />
<strong>del</strong>l'altare 73 .<br />
La « famiglia » di <strong>Le</strong>rcaro<br />
La sua « famiglia » era quella <strong>del</strong>l'Opera Madonna <strong>del</strong>la fiducia<br />
e i « figli » quelli ai quali aveva aperto la porta di casa. Lo chiamavano<br />
« papà ». Era nata a Ravenna quando aveva ospitato tre<br />
giovani senza mezzi ed era aumentata all'indomani <strong>del</strong>l'alluvione<br />
<strong>del</strong> Po nel 1951. La portò a Bologna e nel 1961 la chiamò Opera<br />
Madonna <strong>del</strong>la fiducia, dopo aver ottenuto il pieno riconoscimento<br />
civile e la personalità canonica.<br />
« Per me » — disse molti anni dopo, quando venne invitato a<br />
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