Le due anime del cardinale Lercaro
Le due anime del cardinale Lercaro
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atificare un'operazione illegittima per almeno tre motivi: non era<br />
stata indetta una regolare asta d'appalto con più partecipanti; non<br />
era stato interpellato l'ufficio tecnico erariale per la stima <strong>del</strong> complesso;<br />
non era stata chiesta al governo l'autorizzazione speciale<br />
per vendere il complesso a un ente privato. Ma l'aspetto più scandaloso<br />
di tutta l'operazione era un altro. La colonia, valutata 400<br />
milioni, venne svenduta per soli 200, dei quali 50 pagati in contanti<br />
e il resto rateizzato in dieci anni.<br />
Quando lo scandalo <strong>del</strong>la colonia finì in consiglio comunale, tutti<br />
i partiti criticarono il comportamento <strong>del</strong>la curia, meno la DC. Non<br />
si conosce l'opinione di Dossetti — il capogruppo <strong>del</strong>la DC non<br />
doveva certo essere all'oscuro <strong>del</strong>la cosa, essendo l'uomo di fiducia<br />
<strong>del</strong> <strong>cardinale</strong> 69 — solo perché una settimana prima aveva abbandonato<br />
la politica, per la seconda volta nella sua vita, e si era fatto<br />
monaco. È più che probabile che avrebbe difeso l'operato <strong>del</strong> <strong>cardinale</strong><br />
e ignorato le ragioni <strong>del</strong> comune, come gli altri consiglieri<br />
cattolici, uno dei quali sostenne che da quel momento i ragazzi che<br />
frequentavano la colonia avrebbero avuto una maggior assistenza<br />
spirituale. Un altro propose al sindaco, se proprio ci teneva ad<br />
averla, di accordarsi con la curia per affittarla 70 .<br />
Non si può certo dire che <strong>Le</strong>rcaro avesse dei dubbi quando fiutava<br />
un affare. Se fosse stato per lui, sarebbe finita sotto il piccone<br />
demolitore la chiesa di S. Giorgio, un tempio sconsacrato che rappresenta<br />
un perfetto esempio di barocco bolognese, costruito nel<br />
Seicento nella centrale via Nazario Sauro. Contro la demolizione <strong>del</strong>l'ex<br />
chiesa — al cui posto avrebbe dovuto sorgere il solito condominio<br />
— insorsero gli ambienti culturali bolognesi. Al termine di<br />
una vivace polemica, fu acquistata da una banca, restaurata e trasformata<br />
in un « contenitore » per mostre e conferenze.<br />
Episodi come questo, confermano la contraddittorietà di un uomo<br />
che pure amava l'arte e aveva il culto <strong>del</strong> bello, in modo particolare<br />
quando era coinvolto in prima persona. Nella quarta cappella<br />
di sinistra di S. Petronio si può ammirare un bronzo fuso da Giacomo<br />
Manzù, raffigurante <strong>Le</strong>rcaro in grandezza naturale. L'opera,<br />
considerata dai critici in modo favorevole, ha sempre fatto una<br />
brutta impressione ai fe<strong>del</strong>i costretti a pregare sotto l'effigie di un<br />
<strong>cardinale</strong> vivente. Era stata collocata nella chiesa nel 1954 — a<br />
ricordo <strong>del</strong>la cerimonia <strong>del</strong>la consacrazione di S. Petronio — su<br />
commissione di un generoso mecenate romano, amico <strong>del</strong> <strong>cardinale</strong>,<br />
il cui nome allora era quasi sconosciuto.<br />
La sua identità si ricava da una scritta latina collocata nel piedistallo:<br />
« Posterum memoria hoc signo » si legge « commendatala<br />
volvit quod Jacobus Manzù finxerat Humberti Ortolani eq sump-<br />
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