Le due anime del cardinale Lercaro
Le due anime del cardinale Lercaro
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<strong>del</strong> PCI al mondo cattolico. In quel periodo il sindaco era molto<br />
ammalato. Alla fine degli anni Cinquanta era stato colpito da un<br />
embolo al cervello e nonostante le cure — aveva fatto un lungo<br />
soggiorno in una clinica di Padova, lontano da occhi indiscreti —<br />
non aveva più ricuperato. <strong>Le</strong> sue condizioni di salute, sia pure tra<br />
alti e bassi, peggioravano ogni giorno di più. La sua proverbiale<br />
forza di volontà e la vivace intelligenza si andavano spegnendo lentamente.<br />
Il tribuno vigoroso e l'oratore facondo e trascinatore di<br />
un tempo era costretto a biascicare le parole. La consapevolezza<br />
<strong>del</strong>l'irreversibilità <strong>del</strong> male lo aveva sprofondato in uno stato di<br />
grave depressione psicologica con frequenti crisi di pianto.<br />
Toccò a un uomo che non disponeva più <strong>del</strong>la propria forza, fisica<br />
e morale, ma deciso a far rispettare la legge, il compito di firmare<br />
la lettera di diffida che il 28 dicembre intimava l'interruzione<br />
dei lavori. Rimasta senza risposta anche una seconda diffida, il 3<br />
febbraio 1962 il comune elevò una contravvenzione di mezzo milione<br />
di lire al seminario. Contemporaneamente — quale gesto di<br />
buona volontà — il rettore fu invitato ad acquistare i terreni circostanti.<br />
Per aggirare l'ostacolo — nonostante la disponibilità <strong>del</strong> comune,<br />
il quale si guardò bene dall'esigere il pagamento <strong>del</strong>l'ammenda —<br />
il seminario preparò un nuovo progetto e lo presentò direttamente<br />
al governo. Fu così che, su pressione di Roma, il 27 aprile la Sovrintendenza<br />
ai monumenti informò il comune che il nuovo progetto<br />
— anche se uguale al primo — era valido.<br />
Il comune — rimasto solo dopo la defezione <strong>del</strong>la Sovrintendenza<br />
— non rinunciò. Inviò altre diffide e, visto vano ogni tentativo,<br />
il 30 maggio annunciò che avrebbe fatto demolire il fabbricato. I<br />
fatti non tennero dietro alle parole e il 26 settembre furono i carabinieri<br />
a intervenire per fare sospendere i lavori. Ma si trattò di una<br />
sosta brevissima perché i militari furono ritirati quasi subito. Con<br />
il pretesto di avere presentato un terzo progetto — che prevedeva<br />
una copertura di 55.770 metri cubi — la direzione <strong>del</strong> seminario<br />
riaprì il cantiere. A frustrare le resi<strong>due</strong> speranze <strong>del</strong> comune provvide<br />
il Consiglio di stato che il 16 settembre dichiarò nulli tutti i<br />
provvedimenti amministrativi adottati contro il nuovo seminario.<br />
Il comune si arrese il 23 gennaio 1963. Rilasciò una licenza edilizia<br />
per 55.770 metri cubi e pose <strong>due</strong> condizioni, anche se consapevole<br />
che sarebbero state eluse. Chiese al seminario di acquistare<br />
almeno 22 mila metri quadrati di terreno e alla curia di impegnarsi<br />
a non eseguire lavori di ampliamento nella vicina villa Revedin, la<br />
sede estiva <strong>del</strong> <strong>cardinale</strong>. La direzione <strong>del</strong> seminario non acquistò<br />
un metro di terra e, una volta ultimati i lavori, ebbe il cattivo gusto<br />
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