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Le due anime del cardinale Lercaro

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esserne membro, ma non confuso con gli altri membri ».<br />

Per <strong>Le</strong>rcaro, quindi, il sacerdote doveva andare in fabbrica non<br />

per lavorare, ma per essere « un maestro di fronte ad una scolaresca<br />

spesso prevenuta da pregiudizi, oscurata da errori, resa talora anche<br />

presuntuosa da quelle vie facili <strong>del</strong> sapere che sono i mezzi odierni<br />

di comunicazione » 45 . Nello stesso convegno, don Antonio Toldo,<br />

il massimo esperto <strong>del</strong>la curia in problemi <strong>del</strong> lavoro, sostenne che<br />

la fabbrica è « profondamente infetta di immoralità, di anticlericalismo,<br />

di irreligiosità e di materialismo » 46 .<br />

Per portare un poco di luce in questi ambienti moralmente malsani,<br />

<strong>Le</strong>rcaro diede vita ai sacerdoti addetti agli operai, meglio noti<br />

come i cappellani di fabbrica, anche se da qualche anno operavano<br />

i cappellani <strong>del</strong> lavoro <strong>del</strong>l'ONARMO. Li aveva organizzati il suo<br />

predecessore e secondo monsignor Ferdinando Bal<strong>del</strong>li, direttore<br />

<strong>del</strong>l'organizzazione, avrebbero dovuto « essere truppe di avanguardia<br />

e di rottura per ricondurre le <strong>anime</strong> dei lavoratori a Cristo » 47 .<br />

Come quelli <strong>del</strong>l'ONARMO, anche i sacerdoti inviati in fabbrica<br />

da <strong>Le</strong>rcaro non riuscirono a sfondare. Ebbero un esordio infelice<br />

alla Ducati, allora il massimo complesso operaio bolognese, quando<br />

don Giulio Salmi accettò l'ufficio che, sino al giorno prima, aveva<br />

ospitato la commissione interna alla quale era stato dato lo sfratto.<br />

I tre sindacati reagirono in modo diverso l'uno dall'altro. La<br />

CISL, a maggioranza cattolica, si mostrò favorevole, ma non entusiasta.<br />

La CGIL non espresse giudizi, mentre la UIL, controllata<br />

dal PSDI, si dichiarò contraria. Il 9 ottobre 1955 il sindacato socialdemocratico,<br />

in una circolare intitolata « Fuori i preti dalla fabbrica<br />

», invitò i lavoratori a « rendere difficile la permanenza <strong>del</strong><br />

Clero nei luoghi di lavoro usando qualsiasi mezzo possa essere ritenuto<br />

idoneo allo scopo ». <strong>Le</strong>rcaro indicò nei dirigenti <strong>del</strong>la UIL<br />

i « responsabili di qualunque eventuale attentato alla vita, alla dignità<br />

e alla libertà dei Sacerdoti addetti agli operai » e invitò i cappellani<br />

a « fronteggiare con dignità di apostoli la situazione » 48 .<br />

Il segretario socialista <strong>del</strong>la CGIL bolognese, Ermanno Tondi, intervenne<br />

nella disputa sostenendo che l'iniziativa dei cappellani era<br />

legittima e che la circolare <strong>del</strong>la UIL era « redatta in tono e con un<br />

frasario tipicamente provocatori ». Ma se era giusto che ai cappellani<br />

fosse consentito l'ingresso in fabbrica, lo stesso diritto andava<br />

riconosciuto anche ai sindacati. Libertà d'apostolato per i sacerdoti<br />

come per i sindacalisti, scrisse Tondi, anche se il giudizio finale<br />

spettava ai lavoratori 49 .<br />

La UIL non ebbe la forza di insistere e preferì chiudersi in un<br />

prudente silenzio. La CISL continuò a disinteressarsi <strong>del</strong>la cosa e i<br />

sindacalisti <strong>del</strong>la CGIL vennero tenuti ancora fuori dalle fabbriche,<br />

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