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Le due anime del cardinale Lercaro

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scrisse una cosa diversa. Quando Dozza chiese di vederlo « <strong>Le</strong>rcaro<br />

non era a Bologna, ma al rientro in città si portò sollecitamente<br />

all'ospedale per intrattenersi con l'antico avversario ». Era il 30<br />

settembre 1974. « La conversazione, a un tratto — dopo avere toccato<br />

vari argomenti — divenne più sommessa e riservata. È probabile<br />

che <strong>Le</strong>rcaro, sentendosi in quel momento come in ogni altro<br />

<strong>del</strong>la sua vita soprattutto ministro dei doni di Dio, abbia toccato<br />

il punto che gli stava più a cuore: quello religioso, collegato alle<br />

sovrane certezze che illuminano il mistero <strong>del</strong>la vita e <strong>del</strong>la morte.<br />

Per <strong>Le</strong>rcaro, Dozza era in quell'istante un'anima che Dio gli aveva<br />

affidato. Che cosa si sono detti in quell'ultimo colloquio? Nessuno<br />

lo sa. Il <strong>cardinale</strong> <strong>Le</strong>rcaro porta con sé nella tomba questo segreto<br />

» 9 .<br />

<strong>Le</strong> cose andarono in modo <strong>del</strong> tutto diverso. «Verso la fine di<br />

settembre Suor Giuseppina, » ha scritto Mario Giovannini, il genero<br />

di Dozza « la caposala <strong>del</strong> reparto nuove patologie <strong>del</strong> Sant'Orsola,<br />

chiese a Luce {la figlia di Dozza, n.d.a.) se una visita <strong>del</strong><br />

<strong>cardinale</strong> sarebbe stata gradita dai familiari. La risposta fu affermativa.<br />

Si fissò il giorno per il 30 settembre e il <strong>cardinale</strong> venne. Un<br />

altro <strong>cardinale</strong>, Poma, venne successivamente da Dozza per una visita<br />

di cortesia » 10 .<br />

Come risulta scorrendo le frasi che si scambiarono — trascritte<br />

da una nipote <strong>del</strong>l'ex sindacò — fu solo e semplicemente l'incontro<br />

di <strong>due</strong> pensionati che, dopo anni di scontri politici, avevano stretto<br />

buoni rapporti di amicizia personale, come usa tra persone civili.<br />

Erano divenuti soliti scambiarsi gli auguri di fine anno e stringersi<br />

la mano quando avevano occasione di incontrarsi. Ma arrivare da<br />

questo a ipotizzare una conversione di Dozza in articulo mortis ce<br />

ne corre. Se fosse avvenuta, non ci sarebbe nulla di male o di vergognoso.<br />

Solo che non ci fu. Tentare di accreditare un simile merito<br />

a <strong>Le</strong>rcaro, per dimostrare che spettò a lui l'ultima parola, oltre che<br />

la vittoria nella famosa crociata religiosa di un tempo, è stucchevole<br />

e al limite <strong>del</strong> ridicolo. Simili versioni non scalfiscono la memoria<br />

di Dozza, come non aiutano la causa di <strong>Le</strong>rcaro.<br />

È in ogni caso prematuro cercare di capire se è questa la strada<br />

lungo la quale si tenta di ricuperare <strong>Le</strong>rcaro, anche perché la chiesa<br />

— come sua abitudine — non ha fretta e lavora sui tempi lunghi.<br />

Per ora è possibile dire con certezza una cosa sola. <strong>Le</strong>rcaro è morto<br />

nel cuore <strong>del</strong>la stragrande maggioranza dei cattolici bolognesi — anche<br />

se potrebbe trattarsi di un'opera di rimozione — e solo pochi sono<br />

rimasti fe<strong>del</strong>i al suo insegnamento. I giovani lo ignorano. Lo ha dimenticato<br />

anche il suo vecchio amico Karol Wojtyla. Il 18 aprile<br />

1982, in occasione <strong>del</strong>la visita a Bologna, non pronunciò il suo nome,<br />

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