Le due anime del cardinale Lercaro
Le due anime del cardinale Lercaro
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mutato da allora, si profonde in attestazioni di ostentata cortesia a<br />
questi stessi comunisti che, in riconoscenza (e ne hanno ben donde)<br />
gli hanno conferito la cittadinanza onoraria <strong>del</strong>la città.<br />
Deplorevoli poi certe affermazioni pubbliche su colleghi in Episcopato,<br />
come quella su Mons. Staffa ("un condensato di ammuffita<br />
tradizione"), quella sul Card. Siri di Genova ("un cardinalone inetto,<br />
con la mentalità di un parrocuzzo di campagna"), quella sul Card.<br />
Bacci ("una cariatide inutile a sostegno <strong>del</strong>la lingua di Cicerone") che<br />
peccano per lo meno di cattivo gusto.<br />
Ora, di molto menomato nelle sue possibilità fisiche, da una arteriosclerosi<br />
preoccupante, ha giornate di depressione, nelle quali<br />
è irascibile, [omissis]. Un uomo in declino, insomma, molto discusso,<br />
che lascia pochi buoni ricordi: unico, forse, non piccolo invero,<br />
quello <strong>del</strong>la sua carità <strong>del</strong>la quale soprattutto i giovani usciti da<br />
Villa San Giacomo gli debbono riconoscenza ».<br />
Dopo un commento <strong>del</strong> giornale, che forse stava al posto di un<br />
brano omesso, la relazione così concludeva: « Al termine <strong>del</strong>la missione<br />
affidataci, mentre stiliamo in queste righe di relazione la<br />
nostra obiettiva indagine secondo verità e coscienza, non possiamo<br />
celare la nostra opinione che la successione di questa personalità si<br />
presenti, per uno stato di fatti, di situazioni, di impegni economici<br />
contratti, di iniziative avviate, estremamente difficile e impegnativa<br />
per un qualsiasi Presule che non abbia doti coraggiose di radicale<br />
riforma » 28 .<br />
La sostanza di questo documento, vero o no che sia, è vera. Riferiva<br />
con abbondanza di particolari le cose che da tempo a Bologna<br />
si sussurravano contro <strong>Le</strong>rcaro. Ma doveva essere autentico, cioè<br />
la relazione di un visitatore apostolico, se Paolo VI si affrettò a<br />
ordinare un'inchiesta per sapere chi l'avesse trafugato per passarlo<br />
a un giornale. Ovviamente, il responsabile non saltò fuori 29 .<br />
Che fosse vero lo avevano capito subito anche i padri dehoniani<br />
di Bologna. Dopo avere tentato invano di procurarsene una copia,<br />
si rivolsero a chi di dovere per invocare una smentita o una conferma.<br />
In una nota dal titolo « Ci auguriamo una smentita » e firmata<br />
« Il Centro Dehoniano » — il che coinvolgeva tutto il gruppo<br />
religioso e non solo i redattori de « Il Regno » — scrissero testualmente:<br />
« Ben consapevoli che se mai di un documento ufficiale si<br />
trattasse, la sua disponibilità per la pubblicazione rappresenterebbe<br />
un fatto assai grave (al di là <strong>del</strong> periodico su cui appare e al di là<br />
di ogni opinione sul suo contenuto), siamo perciò stesso convinti che<br />
si tratti di un falso. Ma di un falso di tal natura, per il carattere<br />
"ufficiale" di cui pretende ammantarsi, da rendere auspicabile, a<br />
nostro giudizio, per la chiarezza dei fatti e per la serenità <strong>del</strong>le co-<br />
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