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Le due anime del cardinale Lercaro

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Il 25 luglio 1967, quando lesse in S. Pietro una Notificazione<br />

per annunciare l'arrivo di Poma, <strong>Le</strong>rcaro disse che sin dall'ottobre<br />

precedente, con la partenza di Bettazzi, si era posto il problema <strong>del</strong><br />

successore, anche se era incerto tra un vescovo coadiutore, cui<br />

spettava automaticamente il diritto di successione, e un ausiliare<br />

che quel diritto non ha. Scelta la forma <strong>del</strong>la coadiutoria — è sempre<br />

<strong>Le</strong>rcaro che parla — presentò « una rosa di nomi, tra i quali<br />

fu scelto quello Veneratissimo di S.Ecc. mons. Antonio Poma, Vescovo<br />

di Mantova e già mio collaboratore nella Commissione pastorale<br />

e liturgica <strong>del</strong>la Conferenza episcopale italiana ».<br />

Tutto era pronto per l'annuncio — concluse — quando una grave<br />

e prolungata malattia di Poma mandò il progetto all'aria. « Fu allora<br />

» disse « che pregai il rev.mo prof. don Giuseppe Dossetti ad<br />

assumere il compito di Pro-Vicario, dato che il Decreto Conciliare<br />

"Christus Dominus" riserva al Coadiutore, per diritto, le mansioni<br />

<strong>del</strong> Vicario Generale; e decisi, frattanto, di attendere che le condizioni<br />

<strong>del</strong> già eletto Coadiutore consentissero di dare corso alla nomina<br />

» 8 .<br />

<strong>Le</strong> cose non si svolsero proprio così. È vero che scelse la forma<br />

<strong>del</strong>la coadiutura, ma solo perché pensava a Dossetti come al suo<br />

unico e solo candidato. Pare che abbia presentato una rosa nella<br />

quale, in ogni caso, non figurava il nome di Bettazzi come è stato<br />

scritto in più di un'occasione.<br />

Dopo il no secco <strong>del</strong>la curia romana alla candidatura di Dossetti<br />

— mentre i nomi che proponevano da Roma erano quelli di Poma<br />

e di monsignor Staffa, l'alto prelato <strong>del</strong>la curia Vaticana nemico<br />

dichiarato <strong>del</strong>la chiesa bolognese — <strong>Le</strong>rcaro ripiegò sulla formula<br />

<strong>del</strong> pro-vicario per guadagnare tempo, anche se non gliene lasciarono<br />

molto. La Congregazione concistoriale, infatti, si affrettò a<br />

sottoporgli una rosa di nomi. Erano tre i candidati: Poma, monsignor<br />

Enrico Bartoletti arcivescovo di Lucca e segretario <strong>del</strong>la CEI<br />

e Baroni vescovo di Reggio Emilia ed ex vescovo ausiliare di Bologna.<br />

Costretto a scegliere e quindi a dover rinunciare per sempre a<br />

Dossetti, <strong>Le</strong>rcaro andò per esclusione. Cancellò il nome di Baroni,<br />

un sacerdote tradizionalista che avrebbe fatto fare alla diocesi passi<br />

indietro lungo il cammino <strong>del</strong> progressismo conciliare. Rinunciò anche<br />

a Bartoletti, un sacerdote di grandissima cultura e di pietà ascetica,<br />

ma inadatto per il lavoro pastorale. Restava Poma, un moderato<br />

di scarsa personalità, noto per essere un mediatore nato. Non<br />

era il successore che avrebbe desiderato, ma almeno — così pensava<br />

— era un amico. Per questo decise di attenderlo, quando si<br />

ammalò. Di lui ricordava il caloroso saluto resogli il 6 giugno 1965<br />

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