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Le due anime del cardinale Lercaro

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forte di un'assicurazione verbale fattami dal <strong>cardinale</strong> <strong>Le</strong>rcaro a<br />

chiedergli l'autorizzazione a dar corpo a tali opere. Don Dossetti,<br />

evidentemente però, era di parere contrario per cui non ci fu verso<br />

di fargli cambiare idea. Nel secondo, invece, mi feci portavoce dei<br />

parrocchiani interessati alla decisione di affiancare al parroco il suo<br />

ex cappellano quale coadiutore con diritto di successione. Io sapevo<br />

che i <strong>due</strong> non avrebbero potuto coesistere e che questo, quindi,<br />

avrebbe creato difficoltà nel ministero parrocchiale. Questo sapevo<br />

e questo esposi a Don Dossetti che ascoltò con attenzione quanto<br />

gli esposi. Alla fine, però, mi disse che ormai era stato deciso in<br />

modo diverso. Io allora gli feci presente la situazione oggettiva che<br />

si sarebbe venuta a creare e lui, picchiando il pugno sul tavolo, mi<br />

ribadì le sue tesi e mi congedò dicendo che era contrario alla sua<br />

natura cambiare le decisioni che aveva già prese » 6 .<br />

« Una persona autoritaria don Dossetti? ». Si chiese don Silvano<br />

Stanzani, rispondendo alla domanda <strong>del</strong>lo stesso giornalista. E rispose:<br />

« No, direi proprio di no. Direi anzi che era una persona<br />

aperta ad ogni tipo di dialogo e che la sua maggiore forza risiedeva<br />

nell'assoluta sincerità. Piuttosto aveva un difetto — se così si può<br />

chiamare —: la sua mente era sempre rivolta troppo in alto per<br />

cui, quando doveva calarsi nella realtà quotidiana <strong>del</strong>le piccole cose,<br />

era destino che prendesse <strong>del</strong>le solenni cantonate » 7 .<br />

In curia, molti ricordano la strapazzata che diede a un parroco<br />

di S. Lazzaro di Savena, quando gli sottopose il progetto di alcune<br />

opere parrocchiali che avrebbero dovuto sorgere accanto alla chiesa.<br />

« Ho da parte dei risparmi », disse quando don Dossetti gli<br />

chiese come avrebbe pagato quei lavori. « Un sacerdote » gli rispose<br />

gelido il provicario « non può avere da parte dei risparmi,<br />

anche se quei soldi provengono dalla sua famiglia ».<br />

« Era selettivo ». Dice oggi don Giulio Camerini, uno storico<br />

<strong>del</strong>la chiesa bolognese. « Chi non gli andava bene lo allontanava.<br />

Era nevrotico, astratto e astruso. Teorico e negato per le cose pratiche.<br />

Non accettava i preti vecchio stile, ma solo quelli moderni.<br />

Era un dittatore ideologico ».<br />

I duri giudizi dei sacerdoti bolognesi su Dossetti giunsero presto<br />

alle orecchie dei cardinali curiali i quali non avevano certo bisogno<br />

di essere convinti <strong>del</strong>la necessità di affiancare a <strong>Le</strong>rcaro un vescovo<br />

che fosse meglio accetto in basso e in grado di succedergli, quando<br />

fosse giunto il momento. Ovviamente non bisognava trovare un<br />

successore qualsiasi, ma un uomo dotato di determinate caratteristiche<br />

e disposto a stare con Roma e non con Bologna. La scelta cadde<br />

su Poma, vescovo di Mantova, un compagno di seminario di<br />

Civardi.<br />

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