Le due anime del cardinale Lercaro
Le due anime del cardinale Lercaro
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stintive e caratteristiche non sono di facile lettura, per via <strong>del</strong>le stratificazioni<br />
interne. A differenza di Viale Prelà — il quale aveva<br />
dovuto fare i conti con una classe molto agguerrita sul piano culturale,<br />
ma disposta a cedere sulla fede, se non si fosse riaperto il discorso<br />
<strong>del</strong>la terra — <strong>Le</strong>rcaro aveva di fronte una classe incolta,<br />
sprovveduta e meschina. Almeno la considerava tale.<br />
Ne era talmente convinto che, nel marzo 1952, presentando il libro<br />
di don Lorenzo Bedeschi, <strong>Le</strong> malefatte <strong>del</strong>la rossa Emilia, scrisse<br />
queste considerazioni sui comunisti di Runco, un comune ferrarese:<br />
« Povera gente! Non sono cattivi; avrebbero cuore, lavorano, soffrono...<br />
Ma una triste propaganda, sfruttando il loro disagio e la<br />
loro ignoranza, li ha traditi e li avvelena »[...] « Avvelenati! Non<br />
sanno più godere con gioia; non sanno più soffrire con pazienza;<br />
credono, ma con una fede cieca, irragionevolmente testarda fino ad<br />
essere beata, alle panzane più evidenti; sperano l'impossibile e, peggio,<br />
l'orribile, e attendono con una certezza e costanza che sconcerta...<br />
Ma non amano, non sanno più amare! Questa è la loro grande<br />
sventura, che porta in sé un riflesso <strong>del</strong>l'Inferno: non sapere più<br />
amare, né Dio, né, conseguentemente, i fratelli » 17 .<br />
Da queste parole esce la conferma che Dio e Satana erano, per<br />
così dire, i protagonisti <strong>del</strong> contrasto politico in Emilia-Romagna.<br />
E poiché la vittoria di Dio sul maligno era scontata, per <strong>Le</strong>rcaro, altrettanto<br />
scontata era o doveva essere la sconfitta <strong>del</strong>lo schieramento<br />
di sinistra, solo perché materialista e ateo.<br />
Per illustrare ai bolognesi il significato di quell'equazione politico-religiosa<br />
e il suo risultato matematico, <strong>Le</strong>rcaro si rivolse a padre<br />
Riccardo Lombardi, un gesuita famoso in quegli anni. Il « microfono<br />
di Dio » — che aveva collocato Dio sul versante <strong>del</strong>la destra<br />
politica — tenne alcune prediche in S. Petronio per invitare i cattolici<br />
a « iniziare qui un mondo migliore » da costruire sulle rovine<br />
di quello ateo. Sostenne che l'obiettivo <strong>del</strong>la crociata — il cui « programma<br />
lo farà a poco a poco l'Arcivescovo » — era la redenzione<br />
morale e materiale <strong>del</strong>la regione « che oggi davanti al mondo pare la<br />
terra <strong>del</strong> diavolo perché alza la sua bandiera ». Dopo avere bollato<br />
i comunisti di « traditori e nemici <strong>del</strong>l'Italia », chiese ai fe<strong>del</strong>i:<br />
« come si può tollerare che alzino ancora la bandiera tra noi? ».<br />
Dobbiamo combatterli e vincerli, disse, ma dobbiamo soprattutto<br />
salvare la loro anima « ed è per questo che alziamo la bandiera di<br />
Dio davanti alla bandiera <strong>del</strong> demonio ». E proseguì, con un tono e<br />
un argomentare tipici <strong>del</strong>le contese politico-religiose di quegli anni<br />
in Italia: « Cari fratelli, c'è un drago rosso che combatte contro<br />
Dio. Ciò che è esigenza giusta <strong>del</strong>la terra, quello lo vogliamo tutti:<br />
ma il drago ha il colore <strong>del</strong> demonio perché è contro Dio ». Il di-<br />
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